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Silvia Federici
UOC di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Istituto Auxologico Italiano, Milano

(aggiornato al 25 settembre 2022)

 

Il trattamento ormonale di affermazione di genere (GAHT) avviene nei soggetti AFAB (Assigned Female at Birth) mediante somministrazione di testosterone e in quelli AMAB (Assigned Male at Birth) mediante somministrazioni di estrogeni e di farmaci anti-androgeni, utilizzati almeno fino all’intervento di orchiectomia.
È ben noto che gli ormoni sessuali hanno un importante effetto al livello del metabolismo osseo e dell’unità muscolo-scheletrica. Gli ormoni steroidei sessuali possono agire direttamente, stimolando i propri recettori nucleari espressi nel tessuto osseo, oltre che attraverso altre vie di segnale (1). Questo spiega in parte come esista un dimorfismo di genere nella struttura ossea.
I cambiamenti strutturali, in linea con l’aumento degli steroidi sessuali, avvengono in gran parte durante la pubertà, con l’acquisizione del picco di massa ossea, cui segue poi una fase di mantenimento. Al picco di massa ossea i soggetti di sesso maschile presentano una massa ossea totale maggiore, ascrivibile soprattutto alle maggiori dimensioni ossee, dovute a una maggiore apposizione periostale, probabilmente a causa dell'effetto anabolico del testosterone (1). Durante l'età adulta il turn-over osseo aumenta in entrambi i sessi, ma successivamente il tasso di perdita ossea risulta maggiore nelle donne cisgender in post-menopausa, in ragione del calo repentino degli estrogeni. In questa fase si osserva un aumento del rischio fratturativo, non presente nel maschio, i cui livelli di estrogeni vengono mantenuti sostanzialmente stabili tramite l’aromatizzazione del testosterone. È ben noto, inoltre, che esiste un aumentato rischio di frattura in condizioni di ipogonadismo.
In considerazione della lunga durata delle terapie ormonali nei soggetti transgender, è quindi necessario interrogarsi sulle implicazioni e possibili complicanze a lungo termine a livello scheletrico.

 

Salute ossea nei soggetti AMAB
Prima del trattamento ormonale di affermazione di genere, i soggetti AMAB risultano avere una massa ossea sensibilmente ridotta rispetto ai maschi cisgender (2,3), associata ad alta prevalenza di ipovitaminosi D e minor massa magra. Questi risultati potrebbero derivare da uno stile di vita poco attivo, anche come conseguenza di un certo grado di isolamento sociale.
Dagli studi condotti emerge nel breve termine un effetto della terapia ormonale femminilizzante sulla BMD neutro o lievemente positivo (4), associato positivamente ai livelli medi di estrogeni e alla supplementazione di vitamina D (4), con riduzione dei marcatori di turn-over osseo (5). È stato tuttavia suggerito che la soppressione dell’attività anabolica del testosterone possa portare alla perdita di massa muscolare e a riduzione dell’apposizione ossea periostale (6), nonostante un successivo studio simile abbia dimostrato come lo stato scheletrico risultasse preservato durante il trattamento ormonale, con stabilità della geometria ossea (7).
Nel trattamento a lungo termine è stata descritta stabilità della BMD rispetto al basale, correlata positivamente con i livelli di estrogeni (2). Dopo gonadectomia, è stato evidenziato come sia la durata complessiva della GAHT, sia il tempo trascorso dalla gonadectomia fossero associati a diminuzione della BMD nelle donne transgender, con correlazione inversa tra livelli di gonadotropine e BMD (8), e che fino al 40% dei soggetti AMAB sottoposti a gonadectomia presenti ridotta massa ossea rispetto al riferimento per genere di nascita, correlata con i valori di estradiolo e con la compliance alla GAHT (9). Pertanto, l’osservato calo della BMD potrebbe essere ascrivibile a inadeguata terapia sostitutiva dopo gonadectomia.
In sintesi, la BMD nei soggetti AMAB tende a migliorare con la terapia estrogenica entro i primi due anni e a rimanere sostanzialmente stabile nel lungo termine, ma sembra fortemente associata all’adeguatezza della terapia estrogenica.

 

Salute ossea nei soggetti AFAB
I soggetti AFAB sembrano avere una BMD simile o leggermente superiore (10) rispetto alle donne cisgender.
Nel trattamento con testosterone a breve termine è stata osservata stabilità o lieve aumento della BMD (4,10,11). Tuttavia, la BMD risulta maggiormente incrementata nei soggetti AFAB > 50 anni, insieme alla riduzione del turn-over osseo, rispetto agli individui più giovani, in virtù del fatto che al basale i primi risultano in post-menopausa, e quindi, dopo somministrazione di testosterone le concentrazioni di estradiolo risultano aumentate per aromatizzazione, mentre nei soggetti più giovani solo i livelli di testosterone aumentano a seguito del trattamento (4,5). Questi dati indicherebbero che la variazione della BMD e del turn-over osseo è principalmente funzione della variazione delle concentrazioni di estradiolo, piuttosto che degli effetti diretti del testosterone. D'altro canto, altri studi, analizzando i cambiamenti strutturali dell’osso (12), suggeriscono anche un effetto osseo diretto del testosterone.
Infine, dopo GAHT di lungo corso è stata riscontrato che la massa ossea è stabile, inversamente associata con i livelli di gonadotropine, a conferma di quanto già discusso in precedenza (8). Inoltre, anche in questo caso, gli individui più anziani mostravano un maggior beneficio sull’aumento della BMD rispetto a quelli più giovani (2).
In sintesi, dopo il trattamento con testosterone la BMD risulta stabile o migliorata, se la terapia è condotta con dosaggi adeguati, soprattutto a seguito di gonadectomia. Il beneficio è particolarmente accentuato negli AFAB in età più avanzata, in virtù della mancata esposizione alla perdita ossea tipica della menopausa.

 

Salute ossea negli adolescenti transgender
Negli adolescenti transgender, il trattamento con GnRH agonisti induce l’arresto della progressione puberale e conseguentemente dello sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie indesiderate del sesso assegnato alla nascita. Come detto, la pubertà costituisce un momento cruciale nello sviluppo scheletrico. Pertanto, il turn-over osseo e la BMD possono essere influenzati durante il trattamento, interferendo con la normale acquisizione del picco di massa ossea, e gli effetti sulla salute ossea a lungo termine rappresentano una delle principali preoccupazioni in questi soggetti.
Gli studi ad oggi disponibili (13-15) mostrano complessivamente che a seguito del trattamento con analoghi del GnRH l’acquisizione ossea non è ottimale e c’è una riduzione del turn-over, con un successivo recupero, seppure parziale, a seguito dell’induzione della pubertà con steroidi sessuali congruenti con l’identità di genere. Tuttavia, sono necessari studi di follow-up a lungo termine per determinare l’impatto a lungo termine e le implicazioni per il rischio di frattura.

 

Valutazione densitometrica
La diagnosi densitometrica si basa sulla valutazione della densità minerale ossea (BMD), raffrontata a quella media di soggetti adulti sani. Nei pazienti di età < 50 anni deve essere utilizzato lo Z-score (la differenza espressa in deviazioni standard tra la BMD misurata rispetto alla media dei soggetti dello stesso sesso ed età), mentre nelle donne in post-menopausa o negli uomini di età > 50 anni si deve utilizzare il T-score (che è rapportato alla media dei soggetti dello stesso sesso al picco di massa ossea).
Per quanto riguarda la popolazione transgender, non ci sono sufficienti studi per stabilire quale popolazione di riferimento sia più opportuno utilizzare per il calcolo dello Z-score e del T-score, se il sesso assegnato alla nascita o il genere affermato. Sebbene alcuni autori propongano di utilizzare il sesso assegnato alla nascita, supponendo che il picco di massa ossea venga solitamente raggiunto prima dell’inizio del trattamento ormonale, questa valutazione dovrebbe tenere conto del momento di inizio del percorso di transizione, sempre più precoce, e della durata dell’esposizione al trattamento (16,17). A tale proposito, recentemente la International Society for Clinical Densitometry ha formulato delle raccomandazioni specifiche (18): si raccomanda che il T-score venga calcolato utilizzando come riferimento un database normativo femminile caucasico unico per tutti gli individui transgender di età ≥ 50 anni, indipendentemente dallo stato ormonale; il calcolo dello Z-score dovrebbe essere effettuato utilizzando il database normativo corrispondente all'identità di genere dell'individuo o, se ritenuto opportuno in specifiche situazioni, al sesso registrato alla nascita. La scelta della popolazione di riferimento rifletterà ovviamente una differente stima del rischio fratturativo, risultando estremamente rilevante dal punto di vista clinico.

 

Conclusioni
Dai dati disponibili non emergono evidenze suggestive per un particolare rischio aggiuntivo dal punto di vista osseo in tutti i soggetti transgender. Pertanto, non appare giustificato un regolare monitoraggio della BMD e dei marcatori di metabolismo osseo.
Sulla base di quanto suggerito dalle linee guida, la BMD dovrebbe essere stimata in presenza di fattori di rischio noti per osteoporosi, in particolare nei soggetti sottoposti a gonadectomia con scarsa aderenza alla GAHT, oppure nei soggetti di età > 60 anni (16-19). Inoltre, andrebbe valutata l’opportunità di un monitoraggio più intensivo nei soggetti di genere non conforme non binario, nei quali il regime terapeutico ormonale impiegato possa risultare meno sicuro dal punto di vista osseo. Per quanto riguarda gli adolescenti transgender trattati con analoghi del GnRH, le linee guida propongono un monitoraggio della BMD all’inizio del trattamento e ogni 1-2 anni, fino almeno al completamento dell’induzione puberale (16,17). Andrebbero sempre valutati anche altri fattori, quali l’apporto dietetico di calcio, i livelli di vitamina D e la presenza di isolamento sociale e stile di vita poco attivo.

 

Bibliografia

  1. Almeida M, Laurent MR, Dubois V, et al. Estrogens and androgens in skeletal physiology and pathophysiology. Physiol Rev 2017, 97: 135-87.
  2. Wiepjes CM, de Jongh RT, de Blok CJM, et al. Bone safety during the first ten years of gender-affirming hormonal treatment in transwomen and transmen. J Bone Miner Res 2019, 34: 447-54.
  3. Van Caenegem E, Taes Y, Wierckx K, et al. Low bone mass is prevalent in male-to-female transsexual persons before the start of cross-sex hormonal therapy and gonadectomy. Bone 2013, 54: 92-7.
  4. Wiepjes CM, Vlot MC, Klaver M, et al. Bone mineral density increases in trans persons after 1 year of hormonal treatment: a multicenter prospective observational study. J Bone Miner Res 2017, 32: 1252-60.
  5. Vlot MC, Wiepjes CM, de Jongh RT, et al. Gender-affirming hormone treatment decreases bone turnover in transwomen and older transmen. J Bone Miner Res 2019, 34: 1862-72.
  6. Lapauw B, Taes Y, Simoens S, et al. Body composition, volumetric and areal bone parameters in male-to-female transsexual persons. Bone 2008, 43: 1016-21.
  7. Van Caenegem E, Wierckx K, Taes Y, et al. Preservation of volumetric bone density and geometry in trans women during cross-sex hormonal therapy: a prospective observational study. Osteoporos Int 2014, 26: 35-47.
  8. Dobrolińska M, van der Tuuk K, Vink P, et al. Bone mineral density in transgender individuals after gonadectomy and long-term gender-affirming hormonal treatment. J Sex Med 2019, 16: 1469-77.
  9. Motta G, Marinelli L, Barale M, et al. Fracture risk assessment in an Italian group of transgender women after gender-confirming surgery. J Bone Miner Metab 2020, 38: 885-93.
  10. Haraldsen IR, Haug E, Falch J, et al. Cross-sex pattern of bone mineral density in early onset gender identity disorder. Horm Behav 2007, 52: 334-43.
  11. Van Caenegem E, Wierckx K, Taes Y, et al. Body composition, bone turnover, and bone mass in trans men during testosterone treatment: 1-year follow-up data from a prospective case-controlled study (ENIGI). Eur J Endocrinol 2015, 172: 163-71.
  12. Van Caenegem E, Wierckx K, Taes Y, et al. Bone mass, bone geometry, and body composition in female-to-male transsexual persons after long-term cross-sex hormonal therapy. J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2503-11.
  13. Vlot MC, Klink DT, den Heijer M, et al. Effect of pubertal suppression and cross-sex hormone therapy on bone turnover markers and bone mineral apparent density (BMAD) in transgender adolescents. Bone 2017, 95: 11-9.
  14. Klink D, Caris M, Heijboer A, et al. Bone mass in young adulthood following gonadotropin-releasing hormone analog treatment and cross-sex hormone treatment in adolescents with gender dysphoria. J Clin Endocrinol Metab 2015, 100: E270-5.
  15. Schagen SEE, Wouters FM, Cohen-Kettenis PT, et al. Bone development in transgender adolescents treated with GnRH analogues and subsequent gender-affirming hormones. J Clin Endocrinol Metab 2020, 105: e4252-63.
  16. Coleman E, Radix AE, Bouman WP, et al. Standards of care for the health of transgender and gender diverse people, version 8. Int J Transgender Health 2022, 23 suppl 1: S1-S259.
  17. Hembree WC, Cohen-Kettenis PT, Gooren L, et al. Endocrine treatment of gender-dysphoric/gender-incongruent persons: an Endocrine Society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab 2017, 102: 3869-903.
  18. Rosen HN, Hamnvik OPR, Jaisamrarn U, et al. Bone densitometry in transgender and gender non-conforming (TGNC) individuals: 2019 ISCD official position. J Clin Densitom 2019, 22: 544-53.
  19. Fisher AD, Senofonte G, Cocchetti C, et al. SIGIS-SIAMS-SIE position statement of gender affirming hormonal treatment in transgender and non-binary people. J Endocrinol Invest 2022, 45: 657-73.
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Gennaro Selvaggi
University of Gothenburg, The Sahlgrenska Academy, Institute of Clinical Sciences, Department of Plastic Surgery, Sahlgrenska University Hospital, Gothenburg, Sweden

(aggiornato al 25 settembre 2022)

 

Scopo del trattamento chirurgico
Alla luce dell’evidenza scientifica presente in letteratura, la World Professional Association of Transgender Health (WPATH) considera la chirurgia per l’Affermazione di Genere come parte integrante del cosiddetto “trattamento combinato”, composto da psico-terapia, terapia ormonale e terapia chirurgica. Scopo ultimo del trattamento combinato è annullare o ridurre la Disforia di Genere (1). Quindi, poiché la chirurgia ha un fine terapeutico, molti sistemi sanitari nazionali (SSN), così come varie compagnie assicurative, retribuiscono tali chirurgie. È verosimile anche che alcune di queste chirurgie, in individui specifici, abbiano l'effetto di migliorare la qualità di vita (QoL), senza annullare o ridurre la Disforia di Genere. Un esempio di tale situazione potrebbe essere rappresentato dalla masto-plastica additiva in individuo trans donna, che ha già sviluppato mammelle di un certo volume in seguito a terapia ormonale; in tal caso, il SSN, o una specifica compagnia assicurativa, potrebbero non retribuire l'intervento che, comunque, potrebbe essere effettuato in regime privato.
Verosimilmente, la chirurgia altera l’anatomia presentata da un individuo e la rende congrua con l’identità di genere affermata dall’individuo stesso.
Gli interventi chirurgici richiesti variano in base alle esigenze individuali. La tabella 1 elenca gli interventi oggi tecnicamente eseguibili (2,3). Non tutti i pazienti richiedono l’intera serie di interventi qui elencati: la decisione è personale ed è il risultato di un percorso informativo, a cui l’individuo giunge di solito dopo numerosi incontri con specialisti chirurgo/i e psicologo/i. Infatti, ciascun intervento chirurgico - e, per ciascun intervento, la tecnica chirurgica specifica - presenta vantaggi, svantaggi, limiti e possibili complicanze. È fondamentale, quindi, che l’individuo comprenda correttamente, aiutato dal team multi-disciplinare (4), come i risultati (ad esempio funzione sessuale) e le sequele (ad esempio vaste cicatrici) conseguenti a una specifica tecnica chirurgica possano avere impatto sulla propria Disforia di Genere e QoL.

 

Tabella 1
Interventi chirurgici
Trans donne Femminizzazione del volto: riduzione delle bozze frontali, riduzione della rima orbitaria superiore, rino-plastica riduttiva, riduzione della distanza narici - labbro superiore, riduzione angoli della mandibola, mento-plastica, trapianto di capelli, ecc.
Condro-laringoplastica (cioè riduzione della cartilagine tiroidea o pomo d’ Adamo).
Femminizzazione della voce (intervento chirurgico sulle corde vocali).
Masto-plastica additiva.
Femminizzazione dei genitali (penectomia, orchiectomia, vagino-clitoro-labio-plastica).
Liposuzione/lipofilling per ridistribuzione del grasso (esempio: glutei).
Trans uomini Mastectomia.
Istero-annessiectomia.
Vaginectomia.
Ricostruzione di pene (con fallo-plastica o metoidio-plastica), sacco scrotale e uretra.
Impianto di protesi per l’erezione e di protesi testicolari.
Liposuzione/lipofilling (esempio: fianchi, esterno cosce, torace).
Mascolinizzazione del volto (raramente eseguita).

 

A complicare tale percorso decisionale è l’assenza di una letteratura scientifica adeguata, che possa aiutare gli specialisti a fornire informazioni complete ai pazienti. Nello specifico, la letteratura scientifica manca di follow-up a lungo termine, particolarmente per le tecniche chirurgiche più recenti (in genere introdotte nell’ultimo decennio) e tecnicamente più avanzate. Tuttavia, è percezione comune a tutti gli “esperti” del settore che la chirurgia migliori la QoL e contribuisca ad annullare (o ridurre) la disforia nella grande maggioranza degli individui che decidono di sottoporvisi (livello di evidenza V: expert opinion) (3).
Indipendentemente dal numero di persone che giungono alla conclusione di sottoporsi a uno o più interventi chirurgici - e per fare ciò si recano nei centri altamente specializzati, spesso a migliaia di chilometri dal loro domicilio -, quasi la totalità dei pazienti necessita di accedere a informazioni sulle diverse possibilità chirurgiche, e su come queste possano avere un impatto nella vita quotidiana. Scopo di prendere una decisione informata è anche quello di evitare pentimenti, dal momento che la chirurgia di “riconversione” (uomo - donna – uomo, o donna - uomo - donna) non può riportare allo status ante. A tal proposito, i centri che oggi adottano le linee guida del WPATH (Standards of Care) (1) riportano che la percentuale di pazienti che si pentono (regret) di aver effettuato interventi chirurgici per affermazione di genere è < 1% (5).
A completamento del gruppo di pazienti che richiedono tali chirurgie, bisogna aggiungere le persone che si auto-definiscono come “gender non-conforming”, o “non-binary”. Queste spesso presentano verosimilmente una Disforia di Genere, e quindi richiedono - almeno una parte - della chirurgia (3).

 

Tempistiche degli interventi chirurgici per affermazione di genere
Come suggerito dagli Standards of Care del WPATH, dopo diagnosi confermata di Disforia di Genere dovrebbe essere eseguito uno specifico intervento chirurgico.
Dal punto di vista legale, ogni Paese ha leggi che regolano la possibilità di eseguire uno specifico intervento chirurgico.
Dal punto di vista tecnico, gli interventi chirurgici al volto, la mastectomia nei trans uomini, gli interventi di riposizionamento del grasso, gli interventi alle corde vocali e la condro-laringo-plastica non presentano necessità particolari (a parte la conferma della diagnosi), e non sono soggetti a regole e tempistiche specifiche.
La masto-plastica additiva nelle trans donne dovrebbe essere eseguita dopo almeno un anno di terapia ormonale, al fine di valutare come la ghiandola mammaria risponda alla terapia ormonale, e di scegliere di conseguenza l’approccio chirurgico (tecnica chirurgica, protesi) più adeguato.
Gli interventi ai genitali devono essere eseguiti dopo almeno un anno di terapia ormonale e un anno di “real life experience”, al fine di ridurre al massimo il rischio di pentimento:

  • l’intervento di istero-annessiectomia è in genere eseguito precedentemente agli interventi di ricostruzione peniena ed uretrale, ed alla vaginectomia;
  • gli interventi di ricostruzione peniena - metoidoio-plastica (allungamento del clitoride per ottenere un micro-pene) e fallo-plastica (ricostruzione del pene con lembi peduncolati locali o con lembi distanti con tecniche microchirurgiche) - sono in genere eseguiti in più tempi chirurgici.

 

Interventi chirurgici per affermazione di genere
Le informazioni sulla chirurgia qui presentate sono aggiornate sulla base della 8° versione degli Standards of Care del WPATH (2022) e sulla base della letteratura scientifica più recente (maggio 2022).
La tabella 2 riporta i rischi comuni a tutti gli interventi chirurgici.

 

Tabella 2
Rischi comuni a tutti gli interventi chirurgici
Infezione, sepsi.
Dolore.
Sanguinamento, ematoma.
Ritardata guarigione delle ferite.
Cicatrici diastasate, ipertrofiche o cheloidee; cicatrici asimmetriche.
Asimmetrie/irregolarità della forma dei tessuti.
Rischi legati all’anestesia generale e alla ridotta mobilità, per interventi avanzati: trombosi venosa profonda, embolia polmonare.

 

 

Nelle tabelle 3 e 4 sono riportati i rischi e le conseguenze specifiche alle varie tecniche chirurgiche oggi eseguite in modo routinario, e che presentano almeno un livello V (expert opinion) di evidenza scientifica.

 

Tabella 3
Chirurgia per trans donne
Interventi chirurgici Rischi e conseguenze specifiche
Femminizzazione del volto (riduzione delle bozze frontali, riduzione della rima orbitaria superiore, rino-plastica riduttiva, riduzione della distanza narici - labbro superiore, riduzione angoli mandibola, mento-plastica, trapianto di capelli, ecc) Iper/ipo-correzione.
Lesione nervi (sensitivi e motori) in varie parti del volto.
Alopecia.
Difficoltà respiratorie.
Emicrania/sinusite.
Condro-laringo-plastica (riduzione della cartilagine tiroidea o pomo d’Adamo) Cambio (mascolinizzazione) del tono della voce in caso di riposizionamento delle corde vocali, in seguito a frattura della cartilagine (raro).
Femminizzazione della voce (intervento chirurgico sulle corde vocali) Iper/ipo-correzione della voce.
Masto-plastica additiva Contrazione capsulare.
Infezione protesi
Linfoma anaplastico a grandi cellule.
Femminizzazione genitali (penectomia, orchiectomia, clitoro-labio-vagino-plastica) Danno al retto/fistola retto-vaginale (2–10%).
Danno a uretra e vescica (rari).
Infezioni urinarie.
Incontinenza.
Assenza di sensibilità erogena.
Dispareunia.
Cavità vaginale con larghezza e/o profondità non adeguate alle richieste dell’individuo.
Progressiva stenosi e accorciamento della cavità vaginale.
Neurinoma.
Secrezioni vaginali continue e maleodoranti.
Presenza di follicoli piliferi all’interno del canale vaginale.
Incapacità procreativa in seguito a orchiectomia.
Liposuzione/lipofilling per ridistribuzione del tessuto grasso Iper/ipo-correzione.
Asimmetrie.
Irregolarità cutanee e di forma.

 

 

Tabella 4
Chirurgia per trans uomini
Interventi chirurgici Rischi e conseguenze specifiche
Mastectomia Necrosi del complesso areola-capezzolo.
Asimmetrie/irregolarità di forma.
Perdita di sensibilità del complesso areola-capezzolo.
Impossibilità di allattamento.
Istero-annessiectomia Incapacità procreativa.
Impossibilità gestazionale.
Prolasso vescicale/incontinenza.
Vaginectomia Procreazione per via vaginale impossibile.
Prolasso vescicale/incontinenza.
Ricostruzione di pene e sacco scrotale (con fallo-plastica o con metoidio-plastica) Cicatrice e/o alterata sensibilità della zona donatrice del lembo utilizzato per la ricostruzione peniena.
Coito impossibile (per dimensioni inadeguate o flaccidità del pene ricostruito).
Ricostruzione uretra Incapacità di svuotare completamente il tratto urinario ricostruito.
Perdita di urine.
Fistole (50–90%) /stenosi urinaria (10–30%).
Infezioni urinarie frequenti (> 50%).
Difficoltà di cateterizzare il paziente per via urinaria, se necessario in caso di emergenza futura (bisognerà cateterizzare per via sovra-pubica).
Rischio di futura uretro-perineo-stomia permanente.
Impianto di protesi testicolare Dolore.
Infezione.
Estrusione della protesi.
Impianto di protesi peniena Dolore.
Infezione.
Estrusione della protesi.
Rottura della protesi.
Coito doloroso.
Liposuzione/lipofilling per ridistribuzione del tessuto grasso Iper/ipo-correzione.
Asimmetrie.
Irregolarità cutanee e di forma.

 

 

La tabella 5 mette a confronto vantaggi e svantaggi funzionali delle diverse tecniche chirurgiche di vagino-plastica.

 

Tabella 5
Vantaggi e svantaggi funzionali delle diverse tecniche chirurgiche per intervento di clitoro-labio-vagino-plastica
Tecnica chirurgica Vantaggi Svantaggi
Clitoro-labio-plastica senza cavità vaginale Assenza di rischio di danno rettale e fistola retto-vaginale.
Non necessità di dilatazioni nel post-operatorio.
Rapporto penetrativo vaginale impossibile.
Necessità di dilatazioni nel post-operatorio.
Lembo penieno invertito Rapporto penetrativo vaginale possibile. Necessità di dilatazioni nel post-operatorio.
Necessità di lubrificazione pre- dilatazione e rapporto penetrativo.
Rischio di danno rettale e fistola retto-vaginale.
Lembo peno-scrotale invertito Rapporto penetrativo vaginale possibile. Necessità di dilatazioni nel post-operatorio.
Necessità di lubrificazione pre- dilatazione e rapporto penetrativo.
Rischio di danno rettale e fistola retto-vaginale.
Rischio di necrosi del lembo scrotale.
Rischio di prolasso del lembo scrotale.
Innesto cutaneo per vagino-plastica Rapporto penetrativo vaginale possibile. Necessità di dilatazioni nel post-operatorio.
Necessità di lubrificazione pre-dilatazione e rapporto penetrativo.
Rischio di danno rettale e fistola retto-vaginale.
Rischio di necrosi dell’innesto cutaneo, con possibilità di riduzione del diametro e della profondità vaginale originariamente creata.
Lembo di tratto intestinale per vagino-plastica Rapporto penetrativo vaginale possibile.
Non necessità di lubrificazione pre- dilatazione e rapporto penetrativo.
Necessità di dilatazioni nel post-operatorio.
Rischio di danno rettale e fistola retto-vaginale.
Rischio di necrosi del tratto intestinale allestito (raro).
Peritonite.
Produzione di marteriale fecaloide all’interno della neo-vagina.
Secrezioni maleodoranti.
Possibile necessità di controlli con metodi endoscopici in futuro.

 

 

La tabella 6 mette a confronto vantaggi e svantaggi funzionali delle diverse tecniche chirurgiche di ricostruzione peniena.

 

Tabella 6
Vantaggi e svantaggi funzionali delle diverse tecniche chirurgiche per la ricostruzione peniena
Tecnica chirurgica Vantaggi Svantaggi
Metoidoio-plastica senza uretro-plastica Esecuzione più rapida rispetto alle tecniche di fallo-plastica.
Assenza di morbilità del sito donatore.
Solitamente ottima sensibilità tattile ed erogena.
Pene di piccole dimensioni.
Capacità penetrativa quasi mai possibile.
Fallo-plastica con lembo inguinale Il sito donatore può essere relativamente più nascosto rispetto alle altre tecniche di fallo-plastica. Cicatrice del sito donatore.
Solitamente non ha sensibilità tattile.
Assenza di sensibilità erogena.
Non avendo sensibilità tattile, l’inserimento di protesi per l‘erezione presenta alto rischio di decubito ed estrusione della protesi.
Fallo-plastica con lembo antero-laterale di coscia Pene di maggiori dimensioni.
Presenta ottima sensibilità tattile ed erogena nel caso in cui si confezionino anastomosi nervose con il nervo clitorideo e con il nervo ileo-inguinale o ileo-ipogastrico.
Avendo sensibilità tattile, è possibile l’inserimento di protesi per l‘erezione.
Se non presenta grasso alcuno, può essere arrotolato su sé stesso (‘tube within a tube’) per creare un canale uretrale al suo interno.
Cicatrice del sito donatore.
Fallo-plastica con lembo radiale libero Pene di media dimensione
Presenta ottima sensibilità tattile ed erogena nel caso in cui si confezionino anastomosi nervose con il nervo clitorideo e con il nervo ileo-inguinale o ileo-ipogastrico.
Avendo sensibilità tattile, è possibile l’inserimento di protesi per l‘erezione.
Può essere arrotolato su se stesso (‘tube within a tube’) per creare un canale uretrale al suo interno.
Può essere utilizzato per ricostruire l’uretra in combinazione con altre tecniche chirurgiche (di solito lembo antero-laterale di coscia): in questo caso viene prelevato con dimensioni minori, e quindi con cicatrice ridotta a livello del sito donatore.
Cicatrice del sito donatore.
Se non presenta tessuto grasso al suo interno, può risultare in un pene di diametro stretto.
Rischio di necrosi completa del lembo (2%).
Fallo-plastica con lembo di muscolo gran dorsale libero Permette di urinare in posizione eretta.
Pene di medie o grandi dimensioni.
Presenta ottima sensibilità tattile ed erogena nel caso in cui si confezionino anastomosi nervose con il nervo clitorideo e con il nervo ileo-inguinale o ileo-ipogastrico.
Possibilità di irrigidimento volontario nel caso in cui si confezionino anastomosi nervose con nervo motorio della sede ricevente.
Cicatrice del sito donatore.
Danno funzionale (muscolare) del sito donatore.
La ricostruzione dell’uretra deve essere eseguita in più tempi chirurgici; non sempre è possibile ricostruirla fino alla parte più distale del pene.
L’irrigidimento volontario crea un accorciamento del pene stesso.
Rischio di necrosi completa del lembo (2%).
Uretro-plastica (in combinazione alle suddette tecniche chirurgiche) Permette di urinare in posizione eretta. Incapacità di svuotare completamente il tratto urinario ricostruito.
Perdita urine.
Fistole (50–90%) /stenosi urinarie (10–30%).
Frequenti infezioni urinarie (> 50%).
Difficoltà di cateterizzare il paziente per via urinaria, se necessario in caso di emergenza futura (bisognerà cateterizzare per via sovra-pubica).
Rischio di futura uretro-perineo-stomia permanente.

 

 

La tabella 7 elenca le tecniche chirurgiche oggi eseguite solo in modo sperimentale, che non hanno ancora un riscontro scientifico di validità, né per risultati funzionali, né per il loro impatto sulla Disforia di Genere.

 

Tabella 7
Tecniche chirurgiche oggi eseguite solo in modo sperimentale
Trans donne Vagino-plastica robotica.
Vagino-plastica con lembo peritoneale.
Vagino-plastica con innesto di mucosa intestinale.
Vagino-plastica con innesto di cute di pesce tilapia.
Plastica femminizzante delle ossa del bacino.
Trans uomini Mascolinizzazione del volto.
Impianto di protesi per muscoli pettorali.
Impianto di protesi per l’erezione in seguito a metoidoio-plastica.
Epitesi di pene (pene in silicone osseo-integrato alle ossa pubiche).
Plastica mascolinizzante delle ossa del bacino.
Gender non-conforming Interventi gender non-conforming per i genitali.

 

 

Bibliografia

  1. Coleman E, Radix AE, Bouman WP, et al. Standards of care for the health of transgender and gender diverse people, version 8. Int J Transgender Health 2022, 23 suppl 1: S1-S259.
  2. Selvaggi G, Bellringer J. Gender reassignment surgery: an overview. Nat Rev Urol 2011, 8: 274-82.
  3. Selvaggi G. Incongruenza di genere e chirurgia per l’affermazione di genere. In: Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica. Eds: Cervelli V, Longo B. Pacini, 2020.
  4. Selvaggi G, Giordano S. The role of mental health professionals in gender reassignment surgery: unjust discrimination or responsible care? Aesthetic Plast Surg 2014, 38: 1177-83.
  5. Bustos VP, Bustos SS, Mascaro A, et al. Regret after gender-affirmation surgery: a systematic review and meta-analysis of prevalence. Plast Reconstr Surg Glob Open 2021, 9: e3477.
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Andrea Garolla & Alberto Scala
Unità di Andrologia e Medicina della Riproduzione, Dipartimento di Medicina, Università di Padova

(aggiornato al 25 settembre 2022)

 

Negli ultimi dieci anni si è registrato un netto incremento della popolazione transgender, con una prevalenza di soggetti giovani che negli Stati Uniti è stimata tra lo 0.6% e il 3.2% della popolazione (1,2). Sempre più numerosi sono gli adolescenti che si identificano come transgender e la richiesta di trattamenti di affermazione di genere si verifica in età sempre più giovane, spesso in epoca adolescenziale (3). Nonostante l’aumento del fenomeno, la popolazione transgender spesso trova difficoltà nell’individuare medici esperti e il più delle volte si rivolge a professionisti che non hanno una competenza specifica (4).
Le principali Organizzazioni Nazionali e Internazionali raccomandano di eseguire in questi soggetti una consulenza sulla preservazione della fertilità (5-7). La preservazione dovrebbe essere eseguita mediante crio-conservazione dei gameti, da effettuare prima di avviare qualsiasi trattamento ormonale (5,8). Tuttavia, in questi soggetti il ricorso a procedure per la preservazione della fertilità è stato a lungo ignorato ed è ancora poco considerato.
Molti soggetti transgender desiderano avere figli biologici nel futuro e sono interessati a ricevere informazioni circa le modalità per la preservazione della fertilità (9,10). Anche se il tema della fertilità non era inizialmente una priorità per questi pazienti e per i medici, la letteratura scientifica recente riporta un crescente interesse verso questo tema. In particolare, alcuni studi che si basano su questionari auto-somministrati, rivelano che la richiesta di informazioni sulla funzione riproduttiva e sulle opportunità di preservazione della fertilità è sempre più frequente durante il processo di transizione (11). Anche se uno studio europeo ha stimato attorno al 50% la proporzione di soggetti che sceglierebbe di preservare la fertilità (9), meno del 10% di questa popolazione effettua la preservazione (12). Lo scarso ricorso a questa pratica ha un carattere multi-fattoriale basato sulle seguenti motivazioni (12-15):

  • priorità al desiderio di iniziare la terapia il prima possibile, rinunciando quindi alla preservazione;
  • paura che le procedure di preservazione possano causare l’acuirsi del tratto disforico;
  • aspetti economici legati all'alto costo di servizi non coperti dal Sistema Sanitario Nazionale;
  • barriere legate agli operatori sanitari talora inesperti del problema;
  • scarso interesse verso la genitorialità biologica e maggiore interesse verso strategie alternative come l'adozione.

 

Effetti dei trattamenti per l’affermazione di genere (GAHT)
I trattamenti ormonali, utilizzati nel percorso di affermazione di genere, sono in grado di sopprimere la produzione di ormoni gonadici e di alterare profondamente la spermatogenesi e la fertilità (16). Inoltre, molti soggetti si sottopongono a gonadectomia, trattamento medico che li rende sterili in maniera irreversibile (17). Pertanto, la preservazione della fertilità dovrebbe essere effettuata prima di iniziare questi trattamenti. Infatti, è stata riportata una peggiore funzione gonadica tra le persone transgender che avevano già ricevuto GAHT (18). Questo dato rivela l'importanza di discutere a fondo le opzioni di genitorialità con i pazienti subito dopo la diagnosi, al fine di indirizzare i soggetti alla preservazione prima di intraprendere qualsiasi trattamento. Tuttavia, è possibile effettuare questa procedura anche dopo l’inizio della terapia ormonale, ma in questo caso si rende necessaria la sospensione dei trattamenti per almeno tre mesi, tenendo conto che la qualità del materiale biologico conservato potrebbe essere comunque compromessa dalla terapia effettuata. Non sono stati ancora chiariti l'estensione e la reversibilità di tale effetto e il tempo necessario per il recupero della gametogenesi a partire dalla cessazione dei trattamenti.

 

Opzioni per la preservazione della fertilità nei soggetti AMAB
La preservazione della fertilità in questi soggetti si svolge prevalentemente attraverso la crio-conservazione del liquido seminale, raccolto tramite masturbazione in strutture dedicate ove sia disponibile una banca del seme. La preservazione prevede l’utilizzo di procedure di laboratorio attraverso le quali cellule o tessuto gonadico vengono crio-conservati a bassissime temperature in azoto liquido (8).
Attualmente, la preservazione della fertilità in questi soggetti si svolge esclusivamente attraverso la crio-conservazione degli spermatozoi, che è un'opzione sicura, veloce, non invasiva e ben standardizzata (9). Qualora la masturbazione per la raccolta del campione seminale sia fonte di intenso disagio o per altre ragioni non sia praticabile, il seme può essere raccolto a seguito di una stimolazione elettrica o vibratoria sulla superficie del pene (vibro-massaggio). In alternativa, specialmente nei casi di azoospermia o di aneiaculazione, può essere eseguita un’ago-aspirazione degli spermatozoi dal testicolo o un’estrazione chirurgica degli stessi tramite una piccola incisione sul testicolo (11).
Nei soggetti pre-puberi che eseguono terapia con GnRH agonisti, è possibile tentare di preservare il potenziale riproduttivo mediante la crio-conservazione del tessuto testicolare ottenuto al momento dell’intervento chirurgico di orchiectomia bilaterale; tuttavia, ad oggi questa procedura è ancora sperimentale (16).
Attualmente, non ci sono studi che riportino o confrontino i risultati dei diversi metodi di raccolta e preservazione di seme nei transgender.
L’impiego del seme crio-conservato richiede il ricorso all’utilizzo dell’utero di una partner. Nei casi di partner maschile o di assenza di partner, è necessario il ricorso ad altre soluzioni, quali l’utero surrogato o metodiche sperimentali come il trapianto di utero o l’utero artificiale (11,19,20).

La tabella 1 riporta le possibili opzioni per la preservazione della fertilità a seconda delle caratteristiche dei soggetti AMAB.

 

Tabella 1
Tecniche di preservazione della fertilità in soggetti AMAB
(modificato da 11)
Soggetti Materiale Metodo Procedura Esecuzione Applicazione
Post-puberi Liquido seminale Crio-conservazione liquido seminale Masturbazione. Tecnica ambulatoriale non invasiva.

Partner femminile: IUI, IVF o IVF/ICSI a seconda qualità seminale

Partner maschile/no partner: ovo-donazione e maternità surrogata

Eiaculazione assistita (ferti-care o elettro-stimolazione). Tecnica ambulatoriale mini-invasiva.
Spermatozoi intra-testicolari o epididimali Crio-conservazione spermatozoi Ago-aspirazione testicolare o epididimale. Tecnica ambulatoriale invasiva.
Pre-puberi  Tessuto testicolare Tubuli seminiferi Biopsia testicolare. Potenzialmente effettuabile durante chirurgia di affermazione. Ricovero.
Tecnica invasiva.
Tecnica sperimentale.
 

Partner femminile: maturazione in vitro
IVF/ICSI

Partner maschile/no partner: maturazione in vivo o in vitro
Ovo-donazione e maternità surrogata

Sospensioni cellulari Cellule staminali spermatogoniali

 

 

Opzioni per la preservazione della fertilità nei soggetti AFAB
Negli individui adulti la crio-conservazione degli ovociti rappresenta il metodo di scelta per preservare la fertilità prima di iniziare il trattamento ormonale. Dal 2014 sono stati pubblicati vari studi che riportano una percentuale di recupero di ovociti da uomini trans pre-trattamento comparabile a quella delle donne cisgender di pari età, così come comparabili sono le percentuali di gravidanza (21).
Il recupero degli ovociti richiede circa due settimane di stimolazione ovarica monitorata con ecografie e il recupero degli ovociti per via trans-vaginale. Gli ovociti reclutati vengono poi crio-conservati con tecniche di congelamento o vitrificazione (22). Tuttavia, questa scelta può comportare un ritardo nell’inizio della terapia ormonale e pertanto può non essere un’opzione per tutti i pazienti.
Negli ultimi anni vi è un interesse crescente per la possibilità di crio-conservare il tessuto ovarico. Tale procedura può essere programmata prima dell’inizio della terapia ormonale mediante un intervento chirurgico mini-invasivo, oppure dopo sospensione della terapia in soggetti candidati all’annessiectomia. Quest’ultima procedura sembra un’opzione particolarmente interessante, perché permette di evitare stimolazioni ormonali e potrebbe essere eseguita al momento della chirurgia. Sebbene l’esperienza clinica con il reimpianto di tessuto ovarico sia ancora limitata, in letteratura sono riportate oltre 200 gravidanze ottenute dopo reimpianto di tessuto ovarico (23). Questo percorso prevenderebbe però un arresto del trattamento ormonale di affermazione di genere. Una alternativa, ancora sperimentale, è la crescita e maturazione dei follicoli primordiali in vitro da tessuto ovarico prelevato e congelato (24).
Ulteriore strategia sperimentale è quella di raccogliere ovociti immaturi da follicoli pre-antrali e antrali del tessuto ovarico prima del congelamento. Questi ovociti possono essere fatti maturare in vitro e quindi vitrificati (25-27). Nei soggetti prepuberi, una possibilità potrebbe essere quella della stimolazione con gonadotropine per indurre lo sviluppo di ovociti maturi sul modello dell’ipogonadismo ipogonadotropo congenito. Tuttavia, per gli adolescenti trans in trattamento con GnRHa questa stimolazione con gonadotropine in vivo consisterebbe in una ripresa dello sviluppo dei caratteri sessuali femminili e quindi potrebbe essere inaccettabile. Un’altra opzione è quella di crio-conservare tessuto ovarico prima dell’inizio del trattamento con GnRHa, che prevede un successivo auto-trapianto di tessuto ovarico, in analogia di quello che si fa nelle giovani pazienti oncologiche (28). La stimolazione di tessuto ovarico di ovaie prepuberi in vitro per sviluppare ovociti maturi è ancora una tecnica molto sperimentale.
La tabella 2 riporta le possibili opzioni per la preservazione della fertilità a seconda delle caratteristiche dei soggetti AFAB.

 

Tabella 2
Tecniche di preservazione della fertilità in soggetti AFAB
(modificato da 11)
Soggetti Materiale Metodo Procedura Esecuzione Applicazione
Post-puberi Ovociti Crio-conservazione degli ovociti Stimolazione ovarica, prelievo per via trans-vaginale e crio-conservazione degli ovociti maturi Tecnica ambulatoriale invasiva.
Pre-trattamento o dopo sospensione GAHT.

Partner maschile: seme del partner; maternità surrogata se non ha utero

Partner femminile/no partner: donatore di seme; embrione può essere trasferito nell’utero del partner

Crio-conservazione embrionale Stimolazione ovarica, prelievo e fertilizzazione degli ovociti maturi e crio-conservazione degli embrioni Tecnica ambulatoriale invasiva.
Necessita di seme.
Pre-trattamento o dopo sospensione GAHT.
Pre-puberi Ovociti Crio-conservazione degli ovociti Stimolazione con gonadotropine della maturazione dei follicoli, prelievo per via trans-vaginale e crio-conservazione degli ovociti maturi Tecnica ambulatoriale invasiva.
Interruzione del blocco puberale.

Clinicamente dimostrato: trapianto autologo del tessuto crio-conservato e IVF

Sperimentale: maturazione in vitro e fecondazione con seme da partner o donatore

Partner maschile: seme del partner; maternità surrogata se non ha utero

Partner femminile/no partner: donatore di seme; embrione può essere trasferito nell’utero del partner

Follicoli immaturi Maturazione in vitro (IVM) Prelievo di ovociti immaturi con o senza stimolazione ovarica a basse dosi Tecnica ambulatoriale invasiva sperimentale
Tessuto ovarico Prelievo ex vivo di ovociti immaturi durante annessiectomia Intervento chirurgico sperimentale
Tessuto ovarico Crio-conservazione di tessuto ovarico Escissione chirurgica di tessuto ovarico per la crio-conservazione Tecnica ambulatoriale invasiva.
Senza stimolazione ovarica.
Prelievo di tessuto da annessiectomia Intervento chirurgico.
Senza stimolazione ovarica.

 

Aspetti medico-legali
I gameti crio-conservati possono essere impiegati con l’ausilio di tecniche di riproduzione assistita per indurre una gravidanza. Va precisato che la normativa italiana in tema (Legge n. 40/2004) consente l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita soltanto a coppie coniugate o conviventi di sesso diverso. Ciò significa che in Italia sono esclusi dall'accesso a tali trattamenti i singoli individui e le coppie omosessuali.
Per quanto concerne la restituzione dei gameti in seguito al cambio anagrafico, è importante che il giudice indichi nella sentenza che il paziente ha diritto al ritiro dei gameti crio-conservati sotto altro nome. Infine, non è previsto dalla legislazione italiana il caso in cui i soggetti decidano di preservare la fertilità dopo il cambio anagrafico.

 

Bibliografia

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  2. Nolan IT, Kuhner CJ, Dy GW. Demographic and temporal trends in transgender identities and gender confirming surgery. Transl Androl Urol 2019, 8: 184–90.
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  10. De Roo C, Tilleman K, Tsjoen G, De Sutter P. Fertility options in transgender people. Int Rev Psychiatry 2016, 28: 112–9.
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  16. Martinez F, Andersen CY, Barri PN, et al. Update on fertility preservation from the Barcelona International Society for Fertility Preservation–ESHRE–ASRM 2015 expert meeting: indications, results and future perspectives. Hum Reprod 2017, 32: 1802-11.
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  19. Allyse M, Amer H, Coutifaris C, et al. American Society for Reproductive Medicine position statement on uterus transplantation: a committee opinion. Fertil Steril 2018, 110: 605–10.
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Contraccezione

Infertilità

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Contraccezione

Infertilità

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Contraccezione femminile

Contraccezione maschile

Sterilizzazione

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Salvatore Monti, Maria Grazia Deiana, Vincenzo Toscano
UOC Endocrinologia, AO Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

 

Le caratteristiche di un metodo ideale di contraccezione sono:

  • efficacia (prevenire con certezza le gravidanze indesiderate);
  • sicurezza (assenza di effetti collaterali);
  • reversibilità (fertilità alla sospensione);
  • capacità di interagire positivamente con la salute della donna;
  • scelta tra diverse vie di somministrazione.

 

Indice di Pearl
Conosciuto anche come tasso di Pearl, è un indice utilizzato nella statistica clinica per valutare l'efficacia di un determinato metodo contraccettivo. Va precisato che questo metodo è indicativo. Si basa sul numero di gravidanze insorte in 100 donne che hanno usato un certo metodo contraccettivo nell'arco di un anno: più è basso l'indice di Pearl, più il metodo è sicuro. In tabella è riportata una stima dell’efficacia contraccettiva dei diversi metodi sulla base di un utilizzo tipico (nella normale pratica quotidiana) e perfetto.

 

Stima dell’efficacia contraccettiva dei diversi metodi
Metodo % di gravidanze indesiderate
entro il 1° anno di utilizzo
% di donne che continuano
l’utilizzo a 1 anno
Utilizzo tipico Utilizzo perfetto
Nessun metodo 85 58 -
Spermicidi (schiume, creme, gel, membrane) 28 18 42
Metodi “naturali” 24 - 47
Condom femminili 21 5 41
Condom maschili 18 2 43
Diaframmi 12 6 57
Contraccettivi orali combinati o solo progestinico 9 0.3 67
Contraccettivo transdermico 9 0.3 67
Anello vaginale 9 0.2 56
Iniezione MPA depot 6 0.2 56
IUD-Cu 0.8 0.6 78
IUD-levonorgestrel 0.2 0.2 80
Impianto sottocutaneo 0.05 0.05 84
Sterilizzazione femminile 0.5 0.5 100
Sterilizzazione maschile 0.15 0.1 100

 

La contraccezione reversibile a lungo termine, lo IUD (dispositivo intra-uterino) e l’impianto sottocutaneo sono attualmente le modalità più efficaci, seguite dall’utilizzo di contraccettivi combinati.

Contraccezione ormonale

Contraccezione di barriera

Contraccezione tramite dispositivi intra-uterini

Contraccezione d'emergenza

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Salvatore Monti, Maria Grazia Deiana, Vincenzo Toscano
UOC Endocrinologia, AO Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

 

La contraccezione ormonale femminile rappresenta attualmente uno dei metodi più efficaci di pianificazione familiare e prevenzione delle gravidanze indesiderate. Considerate le numerose modalità disponibili, le vie di somministrazione e la durata contraccettiva di ciascuna, è possibile adattare la terapia in base ai desideri della paziente.
La contraccezione ormonale non protegge dalle malattie sessualmente trasmissibili (MST), incluso l’HIV, per tale motivo sarebbe raccomandato l’uso corretto del condom. Il condom, se usato in maniera corretta, rappresenta il metodo più efficace contro le MST.

 

MECCANISMO DI AZIONE

Estrogeni
Sopprimono la secrezione di gonadotropine nella fase follicolare e inibiscono l’ovulazione.
Nel corso degli anni la dose di estrogeni contenuta nei preparati estro-progestinici è stata progressivamente ridotta, con lo scopo di ridurre il rischio cardio-vascolare. L’estrogeno maggiormente utilizzato è l’etinil-estradiolo (EE), a dosaggio variabile da 15 a 35 µg; i preparati a basso dosaggio sono quelli contenenti < 30 µg di EE.
Sin dagli anni ’70 sono state valutate inoltre formulazioni contenenti estrogeni naturali: l’estradiolo (17β-estradiolo, E2) ha un impatto epatico minore rispetto a EE. In commercio attualmente esistono due formulazioni contenenti estradiolo: una estradiolo valerato associato a dienogest (Klaira®) e l’altra estradiolo emi-idrato associato a nomegestrolo acetato (Naemis®, Zoely®). La prima è una pillola polifasica mentre la seconda monofasica, entrambe sembrano ridurre le alterazioni metaboliche correlate all’uso degli estro-progestinici.
L’estetrolo (E4) è un estrogeno prodotto dal fegato fetale a partire dall’estriolo (E3) di origine materna, è considerato un prodotto finale in quanto non viene ulteriormente metabolizzato. E4 è attualmente in studio come nuova molecola per la contraccezione e la terapia sostitutiva ormonale; è 18-20 volte meno attivo rispetto a EE, è biodisponibile per via orale e ha una lunga emivita (24 ore). Essendo un SERM agisce a livello di osso ed endometrio ma non a livello mammario.

 

Progestinici
Agiscono come contraccettivi a diversi livelli:

  • inibiscono l’ovulazione, inibendo la secrezione di LH;
  • modificano l’endometrio, rendendolo inadatto all’impianto;
  • alterano la motilità delle tube;
  • modificano il muco cervicale, rendendolo meno permeabile al passaggio degli spermatozoi.

I progestinici sono suddivisi a seconda dell’affinità per altri recettori oltre quello del progesterone: il recettore degli androgeni (AR), il recettore degli estrogeni (ER), il recettore dei glucocorticoidi (GR) o il recettore mineralcorticoide (MR).
La prima generazione di progestinici deriva dal testosterone e dal 17-idrossiprogesterone e causa effetti indesiderati legati all’azione simil-androgenica e simil-glucorticoide (acne, riduzione di HDL, gonfiore e ritenzione idrica). Lo scopo nel corso degli anni è stato quello di creare un progestinico che abbia un effetto progestinico e anti-estrogenico sull’endometrio, accoppiato a un effetto inibitorio sulle gonadotropine ma nessun effetto androgenico o glucorticoide. I progestinici vengono così suddivisi:

  • prima generazione: Noretindrone acetato, Noretisterone, Etinodiolo diacetato, Linestrenolo, Noretinodrel;
  • seconda generazione (ad attività androgenica): Norgestrel, Levonorgestrel;
  • terza generazione (privi di attività androgenica): Desogestrel, Gestodene, Norgestimate;
  • ad attività anti-androgenica: Ciproterone acetato, Medrossiprogesterone acetato e Clormadinone acetato (derivati del 17-OH progesterone), Drospirenone, Dienogest;
  • ad attività anti-mineralcorticoide: Drospirenone.

 

FORMULAZIONI COMBINATE

Contengono sia una componente estrogenica che progestinica. Le modalità di somministrazione possono essere per via orale o non orale: transdermica e vaginale (anello vaginale). Nel caso delle formulazioni non orali non vi è passaggio epatico, pertanto sono maggiormente indicate nelle donne con patologie croniche, per esempio nella fibrosi cistica (aumentato rischio di colelitiasi), nella talassemia (sovraccarico marziale a livello epatico) e nelle patologie gastrointestinali (alterazioni nell’assorbimento e quindi nell’efficacia contraccettiva).
Sono presenti numerose formulazioni, che variano nella componente estrogenica, nella componente progestinica e nel numero delle compresse attive da assumere per ciascun ciclo terapeutico.
Effetti collaterali comuni sono rappresentati dai sanguinamenti irregolari o spotting, soprattutto nei primi tre mesi, e da dolenzia mammaria. Ben noto è l’aumentato rischio di trombosi venosa profonda, variabile a seconda del progestinico incluso nella formulazione; nelle pazienti con elevato rischio cardio-vascolare (fumo, obesità, ipertensione, patologie ipercoagulative) è necessario, quindi, orientarsi verso una contraccezione non combinata ma solamente a base progestinica.

Somministrazione orale
Le pillole di combinazione vengono distinte in monofasiche o multifasiche, a seconda del diverso dosaggio di ormoni contenuto in ogni pillola; lo scopo è stato quello di ridurre gli effetti collaterali, quali nausea e cefalea, e di mimare il più possibile il ciclo mestruale fisiologico.

  • Monofasica: il dosaggio ormonale è costante per tutta la durata del ciclo. Tutte le pillole sono uguali tra di loro e devono essere assunte per 21 giorni consecutivi con sospensione di 7 giorni, durante i quali compare un flusso simil-mestruale.
  • Bifasica: i dosaggi di estrogeno e progestinico non sono costanti, perché nei primi 7 giorni è più alto il dosaggio estrogenico, nei successivi 15 giorni è più elevato quello progestinico. Le pillole sono colorate in modo diverso.
  • Trifasica: contiene tre diversi dosaggi di estrogeno e progestinico. L’estrogeno è inizialmente basso per 6 giorni, più alto nei successivi 5 giorni, per poi tornare ai livelli di partenza negli ultimi 10 giorni; il progestinico invece incrementa costantemente nelle tre fasi di dosaggio. Le pillole sono colorate in modo diverso.

Le preparazioni multifasiche non sembrano avere vantaggi clinici rispetto alle monofasiche.
La formulazione e l’utilizzo comune è quello dell’assunzione di 21-28 compresse. Nel caso delle formulazioni a 28 compresse, le ultime 7 sono costituite da placebo. In realtà alcuni studi hanno riscontrato che, durante l’intervallo libero da pillola, le ovaie possono riprendere la loro funzione, riducendo quindi potenzialmente l’efficacia contraccettiva, soprattutto nelle formulazioni a più basso dosaggio. Pertanto, in alcune formulazioni da 28 compresse, le pillole contenenti placebo sono state ridotte a 4. Il sanguinamento mestruale avviene a distanza di 4-7 giorni dall’interruzione della terapia, per le formulazioni a 21 compresse.
Nelle situazioni in cui sia necessario ridurre la sindrome premestruale, la dismenorrea, l’emicrania o la durata del sanguinamento mestruale, è possibile l’assunzione in continuo dell’estroprogestinico. La FDA ha infatti approvato nel 2003 l’utilizzo dello schema continuo con 84 compresse di EE 30 µg/Levonorgestrel (LNG) 0.15 mg e 7 di placebo (Seasonique®) e nel 2007 lo schema annuale con EE 20 µg/LNG 0.09 mg in 28 compresse (Lybrel®) assunte 365 giorni all’anno senza sospensione con conseguente amenorrea.

 

Somministrazione transdermica
Il cerotto transdermico (Evra®) rilascia EE 20 µg/die e norelgestromina 150 µg/die. Viene auto-posizionato una volta a settimana per tre settimane, con 7 giorni di interruzione. Nel caso in cui ci si dimentichi di riposizionare il cerotto, è possibile farlo entro 24 ore, garantendo in questo modo la sua efficacia anti-concezionale; nel caso in cui dovessero trascorrere più di 24 ore va comunque riposizionato ma è necessario l’uso di altri metodi anti-concezionali.

 

Somministrazione vaginale
Si tratta di un anello (Nuvaring®) trasparente, flessibile, costituito da etilene-vinilacetato, con un diametro esterno di 54 mm e una sezione trasversale di 4 mm. Rilascia EE 15 µg/die e etonogestrel 120 µg/die. Viene inserito ogni 3 settimane, seguito da una settimana di sospensione. È necessario rimuoverlo lo stesso giorno della settimana e alla stessa ora in cui è stato inserito.

Entrambe le formulazioni non orali hanno un profilo di sicurezza maggiore, in quanto non hanno passaggio epatico. Si caratterizzano per una maggior compliance, vista la modalità di somministrazione settimanale o mensile; sono anche caratterizzate da una minor fluttuazione dei livelli ormonali, in quanto il rilascio è costante e l’assorbimento non è influenzato dalla presenza di disturbi gastroenterici. Questo permette un profilo di sicurezza maggiore in termini di efficacia nella contraccezione.

 

Efficacia degli estroprogestinici
I preparati EP presentano una buona efficacia contraccettiva se assunti correttamente: il tasso teorico di fallimento è dello 0.1%. Nella pratica il tasso reale di fallimento è dell’8%, dovuto alla mancata assunzione di alcune compresse o al prolungamento dell’intervallo di sospensione di 7 giorni. In donne in sovrappeso od obese il rischio di “fallimento” della terapia sembra essere aumentato, per una possibile soppressione incompleta dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, con conseguente ovulazione.
L’effetto contraccettivo dei preparati a basso dosaggio di E (15-20 µg) sembra essere sovrapponibile a quello dei preparati a più alto dosaggio; con bassi dosaggi è comunque più frequente la possibilità di sanguinamenti anomali, anche se non si sa se questo effetto collaterale sia dovuto alla quota di E contenuta o al diverso P utilizzato. Inoltre, bisogna tenere conto del fatto che il metabolismo dei contraccettivi ormonali può essere alterato, più spesso accelerato, dall’assunzione concomitante di altri farmaci: anti-epilettici (tranne gabapentin, lamotrigina, levetiracetam); rifampicina (unico antibiotico di cui è stata provata l’interazione con i CO, mentre non esistono evidenze che dimostrino che altri antibiotici ne alterino la farmacocinetica); iperico o erba di S. Giovanni (fitoterapico che induce il citocromo p450); fluconazolo (riduce il metabolismo degli E).

 

FORMULAZIONI PROGESTINICHE

Minipillola
Per le pazienti che presentano controindicazioni all’utilizzo degli estrogeni (rischio cardio-vascolare, emicrania con aura, patologie autoimmuni, morbo di Crohn o RCU di grado severo, nefropatie con rischio ipertensivo, allattamento), è possibile utilizzare un progestinico per via orale (Desogestrel 75 mg, Cerazette®), che tuttavia è necessario assumere ogni giorno alla stessa ora; questo tipo di contraccezione è gravato dagli stessi effetti collaterali dei progestinici, tra cui sanguinamenti irregolari.

 

Impianto sottocutaneo
Prevede l’inserimento sottocutaneo a livello del braccio di un bastoncino flessibile di materiale polimerico, in grado di rilasciare etonogestrel (Nexplanon®), attivo per 3 anni, ma che può essere rimosso in qualsiasi momento. Un applicatore contiene un impianto per uso subdermico di 68 mg di etonogestrel, che rilascia 60-70 µg/die dalla 5°-6° settimana e diminuisce progressivamente: circa 35-45 µg/die alla fine del primo anno, circa 30-40 µg/die alla fine del secondo anno, e circa 25-30 µg/die alla fine del terzo anno. Il suo funzionamento è basato sull’inibizione dell’ovulazione, ma la sua attività può anche essere riconducibile a un effetto additivo, dovuto all’ispessimento del muco cervicale e ad alterazioni dello spessore endometriale. Ha un’efficacia del 99% ed è considerato pertanto uno dei metodi reversibili più efficaci in assoluto. L’effetto collaterale più comune è lo spotting, soprattutto nei primi 3 mesi di utilizzo.

 

Medrossi-progesterone acetato iniettabile
Modalità iniettiva di un progestinico depot a rilascio prolungato (150 mg/mL DepoProvera®), in grado di produrre un’efficace contraccezione per 11-13 settimane, al termine della quale è necessario ripetere la somministrazione. Al pari degli altri metodi progestinici, è in grado di provocare spotting e sanguinamenti irregolari nei primi 3-9 mesi, e successivamente causa amenorrea. È possibile l’aumento di peso in alcune pazienti, soprattutto nel primo anno di utilizzo. Nel caso in cui si osservasse un incremento del peso corporeo > 5% nei primi sei mesi (“early gainers”), può essere necessario cambiare modalità di contraccezione, in quanto tali pazienti sono tendenzialmente più a rischio di aumentare di peso con questa terapia.

 

Dispositivi intra-uterini medicati con Levonorgestrel: vedi capitolo IUD 

 

 

EFFETTI METABOLICI DEGLI ESTRO-PROGESTINICI

Possono coinvolgere il metabolismo lipidico, glucidico ed emo-coagulativo.
A livello del metabolismo lipidico, gli estrogeni aumentano i valori di VLDL e HDL e riducono quelli di LDL per una maggiore captazione epatica e quindi, come risultante finale, determinano un aumento dei trigliceridi e una riduzione del colesterolo totale. L’entità di tale effetto è dovuta sia alla potenza dell’estrogeno utilizzato, che all’eventuale azione androgenica del progestinico. I progestinici antagonizzano l’azione degli estrogeni. Le nuove formulazioni EP, invece, contengono progestinici potenti ma con scarse proprietà androgeniche (gestodene, desogestrel), e determinano poche conseguenze a carico del metabolismo lipidico, anzi, spesso, incrementano i livelli di HDL. Gli estrogeni naturali incrementano i livelli di HDL senza aumentare quelli di VLDL, garantendo un effetto protettivo sul profilo metabolico.
A livello del profilo emocoagulativo l’assunzione degli EP orali aumenta i livelli circolanti di fibrinogeno, protrombina, D-dimero, plasminogeno, proteina C coagulativa e riduce quelli di anti-trombina e PAI. L’EE modifica la produzione di proteine a livello epatico e modifica i fattori della coagulazione, indipendentemente dalla via di somministrazione; tali effetti sono minori utilizzando dosi più basse di EE (20 µg invece di 30 µg) o utilizzando l’estradiolo valerato e non avvengono se i progestinici vengono somministrati da soli.
Per quanto riguarda il metabolismo glucidico, il progesterone, somministrato per via orale, sembra avere un ruolo importante nel segnale di secrezione insulinico e nella funzione pancreatica, suggerendo un possibile ruolo sulla predisposizione al diabete. I progestinici aumentano l’insulino-resistenza, in particolare il levonorgestrel è un potente stimolatore della secrezione insulinica. La combinazione di estradiolo valerato con dienogest non sembra invece avere impatto sul metabolismo glucidico.

 

 

CONTROINDICAZIONI ALL’USO DEGLI ESTRO-PROGESTINICI

Secondo i criteri di eleggibilità del trattamento con contraccettivi orali del WHO 2015, esistono 4 categorie di rischio:

  • categoria 1: può essere usato sempre;
  • categoria 2: generalmente può essere usato, i vantaggi superano gli svantaggi;
  • categoria 3: non è raccomandato, eccetto in caso non siano disponibili metodi più adeguati, i rischi superano i vantaggi;
  • categoria 4: non deve essere usato, rischi inaccettabili.

Secondo la maggior parte delle società scientifiche, prima di prescrivere gli EP è necessario eseguire un’attenta anamnesi, misurare la PA e calcolare il BMI. Non è necessario chiedere esami ematici di screening, se non sono presenti condizioni cliniche che lo richiedano (obesità, sedentarietà, fumo e comorbilità), tantomeno lo screening generalizzato per la trombofilia, in quanto la possibilità di trovare una mutazione è rara rispetto al costo dell’esecuzione dello screening a tappeto. Potrebbe essere indicato eseguire lo screening nel caso di anamnesi familiare positiva per trombosi venosa profonda (TVP) associata a trombofilia nota.
Per quanto riguarda le donne obese, non vi è una controindicazione assoluta all’uso degli EP, vengono infatti considerate di categoria 2, sebbene sia noto che le donne obese in terapia con EP hanno maggior incidenza di TVP rispetto a quelle che non li utilizzano. È importante escludere altri fattori di rischio che ne controindichino l’assunzione. Durante il trattamento con EP non vi è un aumento di peso maggiore rispetto alle donne non obese.

La tabella 1 riporta le controindicazioni e la 2 gli effetti collaterali.

 

Tabella 1
Controindicazioni all’uso di EP
Condizione Note
Età ≥ 35 anni in paziente fumatrice < 15 sigarette/die: categoria 3
≥ 15 sigarette/die: categoria 4
Presenza di multipli fattori di rischio per malattie cardio-vascolari Età avanzata, fumo, diabete mellito, ipertensione, dislipidemia nota
Allattamento < 6 settimane dal parto: categoria 4
tra 6 settimane e 6 mesi: categoria 3
Ipertensione arteriosa Sistolica ≥ 160 mmHg o diastolica ≥ 100 mmHg: categoria 3 nel caso in cui la pressione sia scarsamente controllabile
Tromboembolia venosa in atto e pregressa  
Intervento chirurgico maggiore con immobilizzazione prolungata  
Trombofilia Se mutazioni note, screening generalizzato non raccomandato
Anamnesi positiva per cardiopatia ischemica e/o ictus  
Valvulopatia cardiaca complicata Ipertensione polmonare, rischio di fibrillazione atriale, storia di endocardite batterica
Lupus eritematoso sistemico Compresa la sola positività per anticorpi anti-fosfolipidi
Emicrania con aura, senza aura se età ≥ 35 anni  
Cancro della mammella  
Diabete mellito complicato Neuropatia/ Retinopatia/ Nefropatia/ altre malattie vascolari o se durata di malattia > 20 anni
Cirrosi epatica scompensata, adenoma epatocellulare ed epatocarcinoma  
Epatite virale in atto È sconsigliato l’inizio della terapia ma può essere continuata
Tumore vescicale in atto o trattato con terapia medica Categoria 3

 

 

Tabella 2
Effetti collaterali degli estroprogestinici
Legati al farmaco Cefalea
Disturbi dell’umore
Calo della libido e dispaurenia
Ritenzione idrica con lieve aumento di peso
Mastodinia
Legati alla somministrazione orale Nausea, dispepsia
Aumento delle transaminasi e della bilirubina
Colelitiasi
Legati alla somministrazione transdermica Fenomeni irritativi allergici nel sito di applicazione
Legati alla via transvaginale Dispareunia
Cistiti o vaginiti ricorrenti

 

Gli effetti collaterali legati al farmaco tendono a migliorare con il tempo.
Per quanto riguarda il follow-up della terapia, non vi sono indicazioni, ma è necessario sicuramente valutare la paziente caso per caso.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Sitruk-Ware R, et al. Contraception technology: past, present and future. Contraception 2013, 87: 319–30.
  2. Sitruk-Ware R, Nath A. Characteristics and metabolic effects of estrogen and progestins contained in oral contraceptive pills. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 2013, 27: 13-24.
  3. Borgelt LM, Martell CW. Estradiol valerate/dienogest: a novel combined oral contraceptive. Clin Ther 2012, 34: 37-55.
  4. Richards MJ, Buyers E. Update on adolescent contraception. Adv Pediatr 2016, 63: 429-51.
  5. Christin-Maitre S. History of oral contraceptive drugs and their use worldwide. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 2013, 27: 3–12.
  6. Medical eligibility criteria for contraceptive use. 5th edition 2015.
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Maria Grazia Deiana, Salvatore Monti, Vincenzo Toscano
UOC Endocrinologia, AO Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

 

PRESERVATIVO O CONDOM

Cosa è. Originariamente era costituito da intestino di animale, conosciuto come dispositivo di controllo delle nascite già da molti secoli. A partire dal 1920, la maggior parte dei condom è in lattice. Attualmente la maggior parte dei condom continua ad essere prodotta in lattice, sebbene siano presenti in commercio anche condom in poliuretano, indicati nei soggetti allergici al lattice, ma con maggior rischio di rottura e potenza contraccettiva minore. Attualmente la produzione dei condom è soggetta a un controllo di qualità standardizzato, secondo le direttive WHO 2004.

Come funziona. Il condom consiste in una sottilissima guaina che avvolge completamente il pene in erezione, evitando il contatto diretto con l’apparato genitale della donna, influendo in modo minimo sulla sensibilità di entrambi. Alcuni uomini però riferiscono una riduzione del piacere sessuale e difficoltà nel suo utilizzo.

Modalità. L’efficacia dipende dal buon utilizzo. Deve essere posizionato sul pene in erezione prima di qualsiasi contatto con l’apparato genitale della donna e non al momento dell’eiaculazione, in quanto l’uomo, già all’inizio dell’erezione, può emettere alcune gocce di secrezione che potrebbero contenere spermatozoi. L’uomo deve ritirare il pene dalla vagina prima che l’erezione cessi, per evitare che lo sperma refluisca fuori dal preservativo. Si può, per maggiore precauzione, utilizzare in associazione al preservativo un prodotto spermicida. Secondo Nieschlag, 19 coppie su 100 concepiscono nel primo anno di utilizzo del condom, dato sicuramente migliore rispetto all’85% di concepimenti nel caso di rapporti sessuali non protetti.

Vantaggi: comodità d’uso, libera vendita, riduzione del rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili (MST), soprattutto nei confronti dell’infezione da HIV.

 

DIAFRAMMA

Cosa è. È una cupola di gomma o silicone, fissata su un anello flessibile di metallo, che la donna posiziona sul fondo della vagina, in modo da coprire la portio e il tratto superiore della vagina ed impedire agli spermatozoi di penetrarvi.

Come funziona. Il diaframma deve essere posizionato 2-3 ore prima del rapporto sessuale e deve essere mantenuto in sede per 6-8 ore (la permanenza più prolungata può causare infezioni e irritazioni). Successivamente, potrà essere riutilizzato dopo pulizia con acqua fredda e sapone neutro, asciugato e riposto con cura all’interno di una scatola.
Il diaframma può essere utilizzato con un prodotto spermicida, in modo da aumentarne l’efficacia contraccettiva.

Modalità e indicazioni. Viene prescritto dal ginecologo dopo visita, poiché deve adattarsi anatomicamente e quindi deve essere dell’esatta misura: in commercio esistono diaframmi di diametro variabile da 50 a 150 mm.
L’uso del diaframma è più indicato nelle nullipare, soprattutto in coloro che non hanno partorito per via naturale, in quanto dopo il parto vaginale compaiono modificazioni dell’utero che rendono più difficile l’adattamento del metodo e ne riducono l’efficacia. Può essere utilizzato durante l’allattamento o nei casi in cui l’uso del contraccettivo orale è controindicato. Non è indicato nelle adolescenti, poiché richiede una notevole conoscenza della propria anatomia ed esperienza.
La sicurezza nell’uso del diaframma dipende dall’addestramento della donna.

Controindicazioni. Malformazioni o malposizioni della vagina o del collo dell’utero (prolasso uterino, cistocele o rettocele), allergia alle creme spermicide e/o al lattice, nelle donne che hanno avuto un parto vaginale. Considerando che ha un’efficacia solo relativa nel proteggere dalle MST, è controindicato nel caso di infezione da HIV nota.

Effetti collaterali: irritazioni vaginali (bruciore, dolore, reazioni allergiche, disturbi urinari) per sensibilità agli spermicidi. Questi ultimi, inoltre, possono modificare la flora vaginale facilitando l’insorgenza di vaginiti o infezioni delle vie urinarie.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Nieschlag E, et al. Andrology, Male reproductive health and dysfunction. Springer 2010.
  • Zanoio L, et al. Ginecologia e ostetricia. Editrice Masson. Edizione 2009.
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Maria Grazia Deiana, Salvatore Monti, Vincenzo Toscano
UOC Endocrinologia, AO Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

 

La contraccezione intra-uterina (IUC) è una tecnica reversibile a lunga durata, che si avvale dell’utilizzo di un dispositivo costituito da una struttura di plastica prevalentemente a “T”, in grado di veicolare diversi metalli, più comunemente rame (IUD-Cu) ma anche oro o argento. Lo IUD può essere in grado di rilasciare gradualmente anche un progestinico nella cavità uterina, più frequentemente il levonorgestrel (IUD-LNG).
L’aggiunta del Cu e del LNG ha aumentato l’efficacia anti-concezionale. Infatti, l’efficacia della IUC, in termini di % di gravidanze non desiderate entro il primo anno di utilizzo di contraccezione, è dello 0.8% per lo IUD-Cu e dello 0.2% per lo IUD-LNG; questo metodo anti-concezionale non richiede infatti alcuna aderenza alla terapia, al contrario della pillola, anello o cerotto che richiedono l’applicazione giornaliera, mensile o settimanale.
L’utilizzo di questo metodo contraccettivo è in aumento, attualmente il 10.3% delle donne negli USA lo utilizza, mentre non è molto usato nelle adolescenti di età compresa tra i 15-19 anni (2.8%).

 

Meccanismo d’azione
IUD-Cu
: vi è la presenza di una marcata reazione da corpo estraneo, associata a un’azione citotossica degli ioni rame sugli spermatozoi a livello del muco cervicale, del fluido tubarico e uterino. La presenza di IUD-Cu determina inoltre maggior rilascio di prostaglandine e riduzione di ossido nitrico, inducendo modifiche della microcircolazione endometriale. A questo potrebbe essere correlato l’incremento del sanguinamento e la dismenorrea nei primi mesi dopo l’inserimento. Porre attenzione nelle donne che assumono terapia anti-coagulante o che presentano trombocitopenia o nella sindrome di Wilson.
IUS-LNG
: vi è una modifica del muco cervicale, che diventa sfavorevole per la penetrazione degli spermatozoi. La down-regulation dei recettori per estrogeni e progesterone determina un effetto anti-proliferativo, l’utero non è responsivo agli estrogeni e risulta di spessore ridotto, con un quadro di ipotrofia-atrofia. Nell’endometrio vi è inoltre una reazione da corpo estraneo. Esistono in commercio due tipi di IUS-LNG, con rilascio di 20 µg/die e 6 µg/die di LNG.

 

Indicazioni
Tutte le donne, indipendentemente dalla parità e dall’età (< 20 anni: categoria di rischio 2; ≥ 20 anni: categoria di rischio 1), che richiedono un contraccettivo reversibile, di lunga durata.
Donne che non gradiscono l’assunzione giornaliera, settimanale o mensile e le terapie orali.
Controindicazioni all’uso degli estrogeni.
Contraccezione sicura in seguito a IVG, nel post-partum.
Tutte le donne fumatrici, obese, ipertese, o con molteplici fattori di rischio (sempre utilizzabile IUD-Cu, IUS-LNG vantaggi superiori agli svantaggi).
Familiarità di 1° grado per trombosi venosa profonda o embolia polmonare.
Donne con trombosi venosa superficiale, cefalea, emicrania con aura (IUD-Cu categoria rischio 1, IUS-LNG: l’inizio della terapia pone la paziente nella categoria di rischio 2, la sua continuazione la pone nella categoria di rischio 3).
La IUD-Cu è maggiormente indicata in tutti quei casi in cui è controindicato l’uso della terapia ormonale: tumore mammario in terapia, tumore epatico, epatite in atto, LES con LAC positivi, trombosi venosa o embolia polmonare in atto, allattamento nell’immediato post-partum e contraccezione d’emergenza. La IUS-LNG è invece particolarmente indicata in tutte quelle condizioni in cui si possa sfruttare l’azione del progestinico LNG: flussi mestruali abbondanti, sindrome premestruale, endometriosi, miomi non endocavitari e iperplasia dell’endometrio.

 

Controindicazioni generali
Gravidanza, malattia pelvica infiammatoria (PID) in atto o recente (meno di 3 mesi), malattie sessualmente trasmissibili, tubercolosi pelvica, sepsi post-aborto o del puerperio, cervicite purulenta, sanguinamenti anomali e patologia maligna dell’utero, miomi e dismorfismi uterini.
Classi di donne particolari sono: le donne HIV-positive, in cui non vi è una controindicazione all’utilizzo; donne con AIDS è controindicato l’inserimento ma non il mantenimento.
Donne nullipare soprattutto se adolescenti andrebbero incoraggiate all’uso di un metodo anti-concezionale di lunga durata, proprio per prevenire gravidanze indesiderate e aborti ripetuti; grazie alla presenza in commercio di dispositivi di dimensioni variabili, è possibile il posizionamento senza il rischio di espulsione, mentre in passato questa complicanza era frequente nelle nullipare.

 

Consigli pratici per l’utilizzo
Se vi è la certezza dell’assenza di una gravidanza in corso, è possibile inserire il device in ogni momento del ciclo, immediatamente dopo aborto spontaneo o IVG e a distanza di 4 settimane dal parto, sia naturale che con taglio cesareo. L’inserimento viene effettuato dal ginecologo in regime ambulatoriale ed è solitamente ben accettato dalle pazienti; può provocare moderato dolore, mentre è molto basso il rischio di perforazione, espulsione ed infezione. Tuttavia nei primi 20 giorni vi è un rischio aumentato di PID, che successivamente torna agli stessi livelli della popolazione generale; tale rischio è comunque basso (1.6 casi per 1000 donne/anno) e sembra essere minore per IUS-LNG rispetto a IUD-Cu.
Non è necessaria la rimozione in caso di insorgenza di malattie sessualmente trasmissibili (MST) e non è necessaria la terapia antibiotica dopo il posizionamento, sebbene sia necessaria un’attenta valutazione infettivologica per le donne con anamnesi positiva per MST asintomatica, che andrebbero trattate se positive.
Il controllo del posizionamento del dispositivo viene effettuato dalla paziente, confermando la presenza del filo. La rimozione del dispositivo può avvenire in qualsiasi momento del ciclo, con ripristino immediato della fertilità, informando la paziente della possibilità di una gravidanza per rapporti sessuali avuti 7 giorni prima e nei 17 giorni successivi alla rimozione. Al momento della rimozione è possibile inserire nuovamente un contraccettivo intra-uterino.
Non ci sono evidenti rischi di dislocazione, perforazione o espulsione del dispositivo nel caso si effettui una RMN.

 

Bibliografia

  • Arisi E, et al. Linee Guida italiane su l’efficacia e l’uso appropriato della contraccezione intrauterina. Ital J Gynecol Obst 2014, 26.
  • Richards MJ, Buyers E. Update on adolescent contraception. Adv Pediatr 2016, 63: 429-51.
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Maria Grazia Deiana, Salvatore Monti, Vincenzo Toscano
UOC di Endocrinologia, AO Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

 

Definizione
La contraccezione d’emergenza (CE) è un metodo contraccettivo che le donne possono usare per prevenire la gravidanza in seguito a un rapporto non protetto o inadeguatamente protetto. Tale metodo deve essere considerato come una misura occasionale e non può sostituirsi a un adeguato metodo anti-concezionale, pertanto non può essere usato dopo ogni rapporto sessuale.
Si tratta di un farmaco che, impropriamente, viene chiamato “pillola del giorno dopo” o “pillola dei cinque giorni dopo”: consiste in una compressa da assumere subito dopo un rapporto a rischio di gravidanza indesiderata, e comunque non oltre le 72 o 120 ore, a seconda delle formulazioni.

 

Metodi disponibili in Italia e modalità d’utilizzo

  • Preparati orali progestinici contenenti levonorgestrel (LNG) (NorLevo® e Levonelle®), introdotti a partire dal 2000.
  • Preparati contenenti ulipristal acetato (UPA) (EllaOne®) e dispositivi intra-uterini al rame (IUD-Cu), introdotti a partire dal 2009.

Nel maggio 2015 l’AIFA ha introdotto la possibilità di acquistare l’UPA senza la necessità di prescrizione medica (in precedenza era necessaria prescrizione medica e test di gravidanza negativo), con il risultato che in un solo mese l’uso di tale farmaco è passato da 3900 a 10000 casi. Attualmente in Italia sia LNG che UPA possono essere acquistati in farmacia, senza prescrizione medica, da donne di età > 18 anni.
Le formulazioni contenenti LNG 1.5 mg devono essere assunte precocemente, entro le 72 ore dal rapporto. Le formulazioni contenenti UPA 30 mg devono essere assunte in un’unica somministrazione precocemente, entro le 120 ore dal rapporto. Lo IUD-Cu deve essere introdotto entro le 48 ore dal rapporto.

 

Meccanismo d’azione
LNG e UPA impediscono la fecondazione nel caso in cui il rapporto sessuale sia avvenuto nelle ore o nei giorni che precedono l’ovulazione, mentre se questa è già iniziata, solo UPA può ritardare l’ovulazione. Nel caso in cui vi sia già stata fecondazione, i farmaci non sono efficaci. Lo IUD-Cu agisce prevenendo la fecondazione, riducendo il numero e la motilità degli spermatozoi.
È importante ricordare come sia necessario intraprendere un metodo anti-concezionale adeguato successivamente alla CE, poiché la CE orale non è un metodo di protezione per successive gravidanze. Lo IUD-Cu al contrario, oltre ad essere un metodo di CE, è anche un metodo anti-concezionale per almeno 10 anni dopo il suo posizionamento.

 

Efficacia
In 39 studi clinici, analizzando circa 18.000 donne, il tasso di gravidanza dopo l’uso di queste due misure è compreso tra 0-6.5%.
La CE può ridurre il rischio di gravidanza in una percentuale tra il 75% ed il 99%, in relazione al metodo usato. L’inserzione di uno IUD al rame è il metodo di CE più efficace (99%), seguito dalle pillole di UPA. Le pillole per la CE al LNG riducono il rischio di gravidanza almeno alla metà e forse fino all’80-90%. L’efficacia della CE per via orale è correlata al momento del ciclo in cui viene assunta. La donna che assume un metodo orale deve essere avvisata che le gravidanze possono comunque avvenire, nonostante venga assunto il trattamento. L’efficacia della CE orale, soprattutto di LNG rispetto a UPA, potrebbe essere minore nelle donne obese, sebbene il dato non sia stato confermato dal WHO. Sicuramente l’utilizzo di IUD-Cu sembra essere il miglior metodo di CE nelle donne obese, garantendo una buona efficacia.

 

Interazioni farmacologiche

  • IUD-Cu: non ci sono interazioni farmacologiche rilevanti.
  • UPA e LNG: farmaci induttori enzimatici (alcuni anti-epilettici, anti-retrovirali e prodotti a base di erbe, l’Hypericum perforatum) aumentano il metabolismo della CE orale e ne riducono l’efficacia. Nelle donne in terapia con farmaci induttori enzimatici viene spesso consigliato di raddoppiare la dose di LNG, anche se le evidenze a favore del raddoppio non sono forti.

 

Controindicazioni

  • LNG: non ci sono restrizioni mediche all’uso del LNG nella CE.
  • UPA: precauzione nelle donne con asma severo non controllato, disfunzione epatica, intolleranza al galattosio ereditaria, carenza di lattasi o malassorbimento di glucosio-galattosio, ipersensibilità all’UPA. L’allattamento al seno deve essere evitato per sette giorni dopo l’uso di UPA; l’UPA non deve essere utilizzato per due o più volte nello stesso ciclo mestruale.
  • IUD-Cu: l’uso nella CE implica gli stessi criteri di eleggibilità dell’inserzione routinaria di uno IUD-Cu.

 

Effetti collaterali
Non sono stati segnalati effetti collaterali gravi né casi di morte.
Il principale effetto collaterale di LNG e UPA sembra essere il cambiamento delle caratteristiche del ciclo mestruale successivo (ipermenorrea, poli-oligomenorrea). Altri effetti collaterali sono nausea, vomito, cefalea ed emicrania, di solito di modesta intensità. Nel caso in cui il vomito dovesse comparire entro 2-3 ore dall’assunzione della dose è, secondo alcuni autori, utile riassumere il farmaco oppure accedere a una CE con IUD-Cu. Nel caso in cui la mestruazione successiva dovesse ritardare di oltre 7 giorni, è consigliata l’esecuzione del test di gravidanza.
I fenomeni collaterali di uno IUD-Cu sono gli stessi di uno IUD inserito in condizioni di routine: disturbi all’inserimento, aumentato rischio di malattia infiammatoria pelvica nelle prime tre settimane, rischio di espulsione, dislocazione o perforazione, e sanguinamenti più abbondanti e dolorosi.

 

Bibliografia

  • Bastianelli C, et al. Emergency contraception: a survey of 1773 women. Eur J Contracept Reprod Health Care 2016, DOI: 10.1080/13625187.2016.1237630.
  • Cleland K, et al. Emergency contraception review: evidence-based recommendations for clinicians. Clin Obstet Gynecol 2014, 57: 741-50.
  • Raymond EG, et al. Clinical practice. Emergency contraception. N Engl J Med 2015, 372: 1342-8.
  • WHO. Medical eligibility criteria for contraceptive use. 5th edition 2015.
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Maria Grazia Deiana, Salvatore Monti, Vincenzo Toscano
UOC di Endocrinologia, AO Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

 

Circa un quarto delle coppie pratica la contraccezione attraverso metodi che riguardano il maschio e la percentuale di maschi che praticano la contraccezione è in aumento. I metodi contraccettivi riguardanti il maschio possono essere suddivisi secondo il meccanismo d’azione (tabella).

 

Metodi contraccettivi maschili
Prevenzione del trasporto attraverso le vie genitali femminili Coito interrotto
Astinenza periodica
Contraccezione di barriera
Sterilizzazione
Soppressione della spermatogenesi o prevenzione della maturazione o funzione dello sperma Contraccezione ormonale Androgeni
Androgeni combinati con GnRH agonisti
Androgeni più progestinico
Contraccezione non ormonale Gossipol

 

 

COITO INTERROTTO
Metodo praticato da più tempo, senza effetti collaterali nè costi. Richiede sicuramente autocontrollo e riduce il piacere sessuale. Il tasso di fallimento è alto, infatti con tale metodo vi è gravidanza in 19 donne su 100 all’anno.

 

ASTINENZA PERIODICA
Si basa sul limitare i rapporti sessuali ai giorni in cui la possibilità di concepimento è bassa, considerando il 13° giorno del ciclo mestruale della donna come il giorno di maggior rischio. Esistono metodi per valutare il giorno nel quale è necessario mantenere l’astinenza, che si basano sul dosaggio di LH e estrone-3-glucuronide nelle urine. Anche con questo metodo il tasso di fallimento è alto.

I metodi basati su soppressione della spermatogenesi o prevenzione della maturazione o funzione dello sperma sono attualmente in via di sperimentazione/valutazione.

 

CONTRACCEZIONE ORMONALE
Il rilascio pulsatile del GnRH ipotalamico stimola la liberazione ipofisaria di LH e FSH che, a sua volta, stimola le cellule di Leydig a produrre testosterone (T) e le cellule di Sertoli per la spermatogenesi. Il T, a sua volta, induce un feedback negativo a livello ipotalamo-ipofisario; pertanto, la somministrazione esogena di T inibisce la produzione endogena di T e la spermatogenesi testicolare. Questi effetti sono reversibili alla sospensione del trattamento. In realtà la somministrazione del solo T causa azoospermia solo nei due terzi dei casi; pertanto, diventa necessario l’uso di altre molecole, per esempio GnRH agonisti. L’azione contraccettiva si ottiene quando il numero di spermatozooi è < 1 milione/mL di eiaculato.

 

Androgeni: il limite nell’uso del T a scopo contraccettivo sta nella necessità di eseguire somministrazioni im e la necessità di lunghi periodi (diversi mesi talvolta un anno) per garantire un’adeguata soppressione della spermatogenesi. Tra le varie molecole valutate abbiamo il testosterone enantato e il testosterone undecanoato.

 

Androgeni combinati con analoghi del GnRH:

  • gli agonisti del GnRH, dopo una fase iniziale di stimolo sulle gonadotropine, successivamente le sopprimono, inducendo inoltre una down-regulation del recettore del testosterone intra-testicolare, ma non inducono un’adeguata contraccezione maschile;
  • gli antagonisti del GnRH non presentano la fase iniziale di stimolo sulle gonadotropine e inibiscono in maniera competitiva il recettore ipofisario del GnRH, causando un’immediata inibizione della spermatogenesi. Il limite all’uso è sicuramente la necessità di iniezioni quotidiane o settimanali e il costo.

 

Androgeni più progestinico: attraverso questa associazione si ottiene un effetto sinergico e additivo sulla soppressione delle gonadotropine e quindi della spermatogenesi, garantendo però il mantenimento di concentrazioni di T entro il range di riferimento. Tra i vari progestinici studiati abbiamo Levonorgestrel, Desogestrel, Ciproterone acetato, Medrossiprogesterone acetato depot, Norestisterone enantato.

 

 

CONTRACCEZIONE NON ORMONALE
Appartengono a questa categoria gli approcci che agiscono a livello testicolare, epididimario, sulla motilità degli spermatozoi, sulla fusione spermatozoo-ovocita e l’approccio immunologico. Allo stato attuale, ad eccezione del gossipolo, tutti gli altri metodi sono in via di sperimentazione, sebbene i dati su tossicità e reversibilità non siano incoraggianti.

 

BIBLIOGRAFIA

  • Kanakis GA, Goulis DD. Male contraception: a clinically-oriented review. Hormones 2015, 14: 598-614.
  • Amory JK. Male contraception. Fertil Sterility 2016, 106: 1303–9.
  • Nieschlag E, et al. Andrology, Male reproductive health and dysfunction. Springer 2010.
  • Lenzi A. Guida allo studio dell’andrologia. Società Editrice Universo 2012. ISBN: 9788865150689.
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Maria Grazia Deiana, Salvatore Monti, Vincenzo Toscano
UOC di Endocrinologia, AO Sant’Andrea, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma

 

La sterilizzazione non può essere considerata metodo contraccettivo propriamente detto, in quanto non è garantita la sua reversibilità; può essere presa in considerazione da coloro che decidono di rinunciare ad avere figli. È un metodo diffuso in alcuni paesi del mondo, mentre in Italia la sua regolamentazione giuridica non è ancora definitiva, sebbene alcune sentenze della Corte di Cassazione ne abbiano dimostrato la legalità. Non è pertanto reato né per chi la richiede né per chi la esegue. Ovviamente, il soggetto che la richiede deve essere nel pieno delle proprie facoltà mentali, tutelando la propria salute rilasciando un consenso libero e informato.

 

Maschile: vasectomia
È un metodo di contraccezione nato negli USA negli anni ’60, attualmente viene utilizzato nel 2.7% delle coppie (negli USA il 10%), per un totale di 40 milioni di uomini in tutto il mondo.
La vasectomia è una tecnica chirurgica mini-invasiva, che si esegue in regime ambulatoriale e consiste nella dissezione del dotto deferente attraverso una piccola incisione a livello dello scroto, previa anestesia locale, seguita da legatura ed elettrocoagulazione delle due estremità.
La vasectomia è sicuramente efficace, con un tasso di fallimento < 1%; il successo andrebbe valutato attraverso l’esecuzione di uno spermiogramma a distanza di 3 mesi dal trattamento.
Il rischio di complicanze è basso e queste possono essere suddivise sulla base del tempo di insorgenza:

  • complicanze di breve durata: sanguinamento, ematoma, infezione della ferita e epididimite;
  • complicanze di lunga durata: fallimento della procedura per ricanalizzazione del vaso, aumento della pressione all’interno del vaso, che può determinare fastidio a livello dello scroto e rottura del vaso con fuoriuscita dello sperma; è possibile formazione di granulomi.

La vasectomia è indicata in uomini che non desiderano fertilità futura e non è un metodo contraccettivo reversibile, sebbene sia possibile effettuare un trattamento di inversione della vasectomia, che prende il nome di vaso-vasostomia. Gli urologi consigliano la crio-conservazione prima dell’esecuzione della vasectomia. La ricanalizzazione dopo vasectomia è associata a percentuali di gravidanza che variano dal 30 al 60%, in relazione al tipo di intervento e agli anni trascorsi.
La presenza di anticorpi anti-spermatozoi, trovati nel 70% dei pazienti trattati con vasectomia, soprattutto complicata dalla formazione di granuloma, sembra essere la causa principale di infertilità post-vasectomia.

 

Femminile: legatura delle tube
La tecnica di legatura delle tube è iniziata negli anni ‘60 e successivamente si è diffusa come metodo di controllo delle nascite. Negli Stati Uniti circa 700.000 donne ogni anno si sottopongono a tale procedura.
La sterilizzazione femminile può avvenire per via laparotomica, laparoscopica e negli ultimi anni per via isteroscopica. Le tecniche chirurgiche laparotomiche/mini-laparotomiche/in corso di taglio cesareo e laparoscopiche agiscono sulla porzione istmica dell’ampolla, ma in realtà si può estendere fino a una salpingectomia totale. Le tube uterine sono sezionate e chiuse con la legatura, la diatermo-coagulazione o con vari dispositivi meccanici (fettucce elastiche e clip a molla). Poiché i dispositivi meccanici causano una minore distruzione tissutale, la sterilizzazione attuata in questo modo è potenzialmente più reversibile, ma, anche utilizzando tecniche di microchirurgia, la percentuale di gravidanze dopo la ricostruzione è solo di circa il 75%. È possibile effettuare la legatura delle tube durante il taglio cesareo, aumentando solo di poco il rischio operatorio, e in seguito ad aborto attraverso una mini-laparotomia. Nel 2002 la Food and Drug Administration americana ha approvato la tecnica isteroscopica, che consiste nel posizionare un microdispositivo costituito da fibre di polietilene tereftalato, avvolto intorno a un cilindro di acciaio con una spirale in titanio nell’interstizio di ciascuna tuba. La tecnica viene eseguita in ambulatorio sotto guida isteroscopica, senza necessità di anestesia e di incisioni chirurgiche. Il dispositivo così inserito determina fibrosi a livello tubarico; a distanza di 3 mesi viene eseguita un’isterosalpingografia per valutare l’occlusione tubarica. L’efficacia è stata valutata nello studio CREST, dove sono state analizzate 10.685 donne trattate con legatura delle tube, seguite per 14 anni. L’efficacia dipende sicuramente dalla tecnica usata, dall’età della paziente, dall’etnia: la probabilità di gravidanza dopo 10 anni era pari a 18.5 casi ogni 1000 procedure chirurgiche.
Le complicanze sono quelle caratteristiche di ogni intervento chirurgico (infezione, emorragia), mentre la mortalità (per cause legate principalmente all’anestesia) è di 1-2 casi ogni 100.000 trattamenti.

 

Bibliografia

  • Kanakis GA, Goulis DD. Male contraception: a clinically-oriented review. Hormones 2015, 14: 598-614.
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  • Bartz D, Greenberg JA. Sterilization in the United States. Rev Obstet Gynecol 2008, 1: 23-32.
  • Peterson HB, Xia Z, Hughes JM, et al. The risk of pregnancy after tubal sterilization: findings from the U.S. Collaborative Review of Sterilization. Am J Obstet Gynecol 1996, 174: 1161-8.
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Fernando Mazzilli, Michele Delfino, Rossella Mazzilli
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università Roma, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Roma

 

L’infertilità è definita come assenza involontaria del concepimento dopo almeno un anno di rapporti sessuali mirati o quantomeno non protetti. In realtà la definizione andrebbe rimodulata, distinguendo tra “sterilità” (che riguarda un numero ridotto di situazioni in cui non è possibile la risoluzione) e “ipofertilità” o “subfertilità”, dove è possibile risolvere il problema con opportuni presidi.
La condizione di ipofertilità/infertilità riguarda circa il 15-20% delle coppie. Ad accentuare il problema concorrono sicuramente, almeno nel mondo occidentale, fattori socio-economici che ritardano la pianificazione familiare verso fasce di età in cui la fertilità tende a essere fisiologicamente ridotta. In particolare, secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 35% dei casi risulta preponderante il fattore maschile, nel 35% dei casi risulta preponderante il fattore femminile, nel 15% vi è un fattore di coppia, ossia una condizione in cui coesistono una subfertilità maschile e femminile, e nel restante 15% l’eziologia rimane sine causa  (1).

 

 

ETÀ, STILE DI VITA E FATTORI AMBIENTALI

Età. La capacità riproduttiva della coppia subisce un declino con l’avanzare dell’età; il fattore età è però particolarmente importante nella partner femminile, per un esaurimento della riserva ovarica e un maggior rischio di anomalie cromosomiche fetali o di aborto.

Lifestyle. Uno stile di vita non corretto (fumo, alcol, sostanze stupefacenti, uso indiscriminato di farmaci anabolizzanti, distress), individuale o di coppia, può causare una significativa diminuzione del potenziale di fertilità nella coppia. Anche il peso può interferire in modo negativo sulla fertilità in entrambi i sessi, ma in particolare nella donna: alterazioni significative, sia in eccesso che in difetto, possono infatti essere concausa di disturbi dell’ovulazione.

Fattori ambientali. Anche “l’impatto ambientale” ha assunto “dignità” di possibile fattore patogenetico di ipofertilità. Vi sono numerose segnalazioni in letteratura, seppure non univoche, sugli effetti tossici da parte di alcuni inquinanti ambientali sempre più presenti nell’ambiente, definiti come “hormone-disrupting chemicals” o “impostori ormonali”, in grado di alterare l’asse ipotalamo-ipofisi gonadi.

 

Cause di infertilità
Maschili (35%) Pre-testicolari: ipogonadismo ipogonadotropo Congenite: s di Kallmann e simili
Acquisite: ipopituitarismo post-trauma o da lesioni espansive/infiltrative, o da NCH/RT
Testicolari da cause “pregresse" Congenite Anomalie genetiche
Microdelezioni del cromosoma Y
Criptorchidismo
Sindrome a sole cellule del Sertoli
Insensibilità recettoriale agli androgeni
Acquisite Orchi-epididimiti
Torsioni
Traumi
Neoplasie
con patologie “in atto” Flogosi e infezioni
Varicocele
Endocrinopatie
Autoimmunità
Stress ossidativo
idiopatiche
Post-testicolari (escretorie) Congenite: agenesia congenita bilaterale dei vasi deferenti e dei dotti eiaculatori
Acquisite: pregresse infezioni uretrali
Disturbi della sessualità e dell’eiaculazione: disfunzione erettile, eiaculazione precoce, eiaculazione retrograda, aneiaculazione
Femminili (35%) Disturbi dell’ovulazione Amenorree pre-ovariche (ipotalamo-ipofisarie) Congenite: s di Kallmann e simili
Acquisite: post-traumatiche e neoplastiche, post-pillola, dell’atleta, da DCA
ovariche anomalie cromosomiche: s di Turner e simili
PCOS
POF
Anovulatorietà IperPRL
PCOS
Endometriosi
LUF
Alterazioni ponderali
Polimenorrea o oligomenorrea
Fattore uterino Fibromiomi
Polipi endometriali
Malformazioni uterine
Fattore cervicale Ostilità cervicale
Alterazione della giunzione squamo-cellulare
Fattore tubarico Congenito
Acquisito: PID, endometriosi, microambiente biochimico
Microambiente peritoneale: PID, endometriosi
Poli-abortività: cause anatomiche, genetiche, endocrine (ipotiroidismo) e immunitarie
Di coppia (15%) Problemi di sessualità
Infertilità psicogena
Incompatibilità immunologica
Sine causa (15%)

 

FATTORE MASCHILE (35% dei casi)

Il fattore maschile è riconducibile a una condizione di dispermia, ossia un’alterazione di uno o più parametri seminali, che determina una condizione di ipofertilità di vario grado o di infertilità (2-11).

 

Cause pre-testicolari (secretorie): sono dovute ad anomalie ipotalamo-ipofisarie; si tratta di casi di ipogonadismo ipogonadotropo, con ridotti livelli di testosterone e di gonadotropine, e con azoospermia. Queste forme possono essere distinte in:

  • congenite: la forma più frequente è rappresentata dalla sindrome di Kallmann, con eredità X-linked, dovuta alla mutazione del gene Kal-1, e associata ad anosmia;
  • acquisite: frequentemente esiti di traumi cranici o interventi per neoplasie ipofisarie o ipotalamiche, spesso con un quadro di ipopituitarismo multiplo o di panipopituitarismo.

 

Cause testicolari (secretorie): dovute a vario grado di alterazione dei tubuli seminiferi, sono le più numerose e possono essere distinte in:

  • dispermie da cause “pregresse”, ossia con fattore eziopatogenetico ben identificabile, di natura congenita o acquisita. In tutte queste forme il quadro clinico è rappresentato generalmente da ipoplasia testicolare bilaterale, azoospermia o severa oligo-asteno-teratozoospermia, vario grado di ipotestosteronemia ed elevati livelli di gonadotropine. Possono essere ulteriormente distinte in:
    • congenite:
      • anomalie genetiche (12): rappresentate frequentemente dalla sindrome di Klinefelter (con cariotipo XXY e relativi mosaici) e dalle traslocazioni reciproche e robertsoniane; tra le altre anomalie, molto meno frequenti, la sindrome del maschio XX o quelle che riguardano specificamente gli spermatozoi (spermatozoi con testa a palla, per l’assenza dell’acrosoma, e spermatozoi a coda mozza);
      • microdelezioni del cromosoma Y, in corrispondenza della regione eucromatica, dove si trova il “fattore azoospermico” AZF;
      • criptorchidismo, ossia mancata discesa di uno o entrambi i testicoli nel sacco scrotale;
      • sindrome a sole cellule del Sertoli, senza elementi della linea spermatogenica nei tubuli;
      • sindrome da insensibilità recettoriale agli androgeni;
    • acquisite: il danno spermatogenetico può essere dovuto a:
      • esiti di orchi-epididimiti, di torsioni funicolari bilaterali, di traumi e di complicanze di interventi chirurgici;
      • neoplasie con successiva chemioterapia e/o radioterapia;
  • dispermie con patologie “in atto”, ossia situazioni in cui la patologia non è un fattore patogenetico certo ed esclusivo, ma può concorrere, con varie modalità, ad un quadro di alterazione spermatogenetica, generalmente di grado lieve/medio e con normale profilo ormonale. Tra queste, le più importanti sono rappresentate da:
    • flogosi e infezioni del tratto genitale (13), tra cui prostatiti, vescicoliti ed epididimiti, dovute a batteri, Chlamydia Trachomatis, Mycoplasma Hominis, ecc;
    • varicocele (14);
    • endocrinopatie, tra cui: disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo, iper- e ipotiroidismo, iperprolattinemia e malattie dismetaboliche (in particolare il diabete mellito);
    • autoimmunità anti-spermatozoo, dovuta all’incontro tra gli antigeni spermatici e il sistema immuno-competente (15);
    • stress ossidativo, dovuto a iperproduzione di specie reattive di ossigeno o all’inefficacia del sistema scavenger;
  • dispermie idiopatiche: situazioni in cui è presente il sintomo “dispermia”, ma non sono evidenziabili aspetti eziopatogenetici ben definiti, né clinicamente, né con i presidi diagnostici a disposizione.

 

Cause post-testicolari (escretorie): in questi casi la funzione spermatogenetica è integra, ma nell’eiaculato vi è una condizione di azoospermia, dovuta all’ostruzione o all’agenesia parziale delle vie seminali (16-17). Possono essere:

  • congenite: la più comune è l’agenesia congenita bilaterale dei vasi deferenti e dei dotti eiaculatori, dovuta frequentemente a mutazioni del gene CFTR della Fibrosi Cistica;
  • acquisite: pregresse infezioni uretrali, con interessamento retrogrado dei dotti eiaculatori e/o dei deferenti, che possono portare ad un quadro di ostruzione.

 

Disturbi della sessualità e dell’eiaculazione: situazioni del tutto peculiari costituite dalla disfunzione erettile e dall’eiaculazione precoce ante portam, che rendono problematica l’immissione in vagina dei gameti maschili. Le disfunzioni eiaculatorie includono invece l’aneiaculazione e l’eiaculazione retrograda in vescica urinaria, dovuta a una compromissione dello sfintere uretrale conseguente a pregressi interventi chirurgici in ambito pelvico o a neuropatia.

 

FATTORE FEMMINILE (35% dei casi)  (10,11,18-20)

Disturbi dell’ovulazione: possono essere riconducibili a condizioni di:

  • Amenorrea:
    • Cause pre-ovariche: si tratta di amenorrea, primaria o secondaria, di natura ipotalamica/ipofisaria. Vi sono forme:
    • Cause ovariche: le più frequenti sono rappresentate da:
      • anomalie cromosomiche, tra cui la sindrome di Turner con cariotipo 45,X0;
      • la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) (21);
      • precoce esaurimento della riserva ovarica ovocitaria (menopausa precoce), definita anche Premature Ovarian Failure (POF);
  • Anovulatorietà: in molti casi, pur in presenza di cicli mestruali regolari, vi è una condizione di anovulatorietà o di ovulazione “incompleta”. Tra le cause figurano:
    • iperprolattinemia, non necessariamente di origine adenomatosa ipofisaria;
    • micropolicistosi ovarica;
    • endometriosi ovarica, che con meccanismo patogenetico non del tutto conosciuto, rende problematico l’evento ovulatorio;
    • luteinizzazione senza rottura del follicolo (Luteinized Unruptured Follicle, LUF);
    • alterazioni ponderali, sia in eccesso che in difetto.

 

Polimenorrea o oligomenorrea: si tratta di condizioni frequenti, spesso legate a disfunzioni ormonali extra-ovariche (iperprolattinemia, distiroidismi) (22) o allo stress, che possono determinare ipofertilità, anche perché rendono più difficoltosa l’individuazione del periodo ovulatorio.

 

Fattore uterino: le patologie uterine non rappresentano di per sé causa di infertilità, ma rendono più probabile un mancato attecchimento o un aborto spontaneo, perché ne impediscono la fisiologica compliance. Esse sono rappresentate da:

  • fibromiomi uterini, singoli o multipli, intra-murali (se si sviluppano nello spessore della parete uterina), sotto-sierosi (se si sviluppano verso l’esterno dell’utero) e sotto-mucosi (se si sviluppano verso la cavità interna, e sono quelli che determinano maggiori problemi per l’attecchimento e per l’evoluzione della gravidanza). Possono essere determinati da cause ormonali o da mutazioni genetiche (in molti fibromi i geni che codificano le cellule muscolari uterine risultano alterati);
  • polipi endometriali, ossia una crescita iperplastica della mucosa uterina, a sua volta causata da un'anomala risposta agli stimoli ormonali;
  • malformazioni uterine, costitute da:
    • utero setto, ossia un setto fibroso che divide in due, completamente o in parte, la cavità uterina, con notevole riduzione della compliance; a seconda della lunghezza può essere definito sub-setto (che in genere non crea difficoltà di gestazione), parziale o completo;
    • utero bicorne: la parte superiore dell'utero è divisa in due corni separati che confluiscono in basso in un unico collo;
    • utero unicorne: la malformazione più rara, consiste nel fatto che c'è solo metà dell'utero;
    • utero didelfo: coesistono due uteri completamente distinti, cioè formati da due corni separati.

 

Fattore cervicale: si tratta di condizioni patologiche che compromettono la funzione della cervice uterina, e quindi un’alterata penetrazione nemaspermica nel muco cervicale:

  • alterazione qualitativa e quantitativa del muco (ostilità cervicale), spesso dovuta a infezioni vaginali e della cervice;
  • alterazione della giunzione squamo-cellulare congenita (ectopia) e acquisita (ectropion).

 

Fattore tubarico: è costituito dalla condizione di ostruzione tubarica bilaterale, che di fatto impedisce la progressione dello spermatozoo e dell’ovocita dopo la deiscenza e quindi l’incontro dei gameti. L’ostruzione delle tube può essere dovuta a condizioni congenite, ma più frequentemente è acquisita ed è dovuta a una condizione di:

  • Pelvic Inflammatory Disease (PID), innescata da malattie sessualmente trasmissibili, quali Chlamydia Trachomatis, Neisseria Gonorrhoeae e Mycoplasma Hominis o da altri microrganismi presenti nell'area genitale femminile;
  • endometriosi  (23-24); 
  • alterazione biochimica del microambiente tubarico, che rende problematico il processo di fecondazione.

 

Microambiente peritoneale: in caso di PID e di endometriosi peritoneale, vi può essere un’alterazione biochimica del fluido peritoneale, che può compromettere la capacità fecondante degli spermatozoi provenienti dalle tube e dell’ovocita post-deiscenza.

Poli-abortività: l’incidenza di aborti spontanei (prima della 20° settimana di gestazione) è sicuramente aumentata nel corso degli ultimi anni e sicuramente gran parte di questo incremento è legata all’età sempre più avanzata della donna al momento del concepimento. In questo computo sono comprese le gravidanze misconosciute, il cui fallimento è scambiato per un semplice ritardo mestruale. L’aborto ripetuto (2 episodi) e ricorrente (più di due episodi) possono essere più frequentemente dovuti a cause anatomiche, genetiche, endocrine (ipotiroidismo) e immunitarie.

 

FATTORE DI COPPIA (15% dei casi)(25-26)

Problemi di sessualità di coppia: le disfunzioni sessuali possono essere maschili (disfunzione erettile, eiaculazione precoce, ecc) e femminili (vaginismo, ecc) e possono essere di natura psicogena, organica e mista. A determinare una disfunzione erettile vi può essere anche un “disagio” sessuale derivante dalla consapevolezza dell’ipofertilità e quindi dalla necessità di rapporti “a comando” nel periodo ovulatorio della partner.

Infertilità psicogena di coppia: in questi casi, per fortuna non frequenti, i partner, a livello inconscio, vivono la gravidanza e/o l’essere genitori come “pericoli” per la propria integrità fisica e mentale. I fattori patogenetici sono verosimilmente di natura psico-sociale. La diagnosi è spesso assai difficoltosa, perché vi è un atteggiamento di “difesa” da parte della coppia.

Incompatibilità immunologica: l’incompatibilità immunologica di coppia è una condizione, non frequente, dovuta alla presenza nella donna di iso-anticorpi anti-spermatozoo verso il partner. Si tratta di una risposta anomala del sistema immunocompetente verso antigeni nemaspermici.

 

INFERTILITÀ DI COPPIA “SINE CAUSA” (15%)

Si tratta di una diagnosi di esclusione, che viene posta per una condizione di sterilità involontaria da almeno 2 anni, in cui l’iter diagnostico non ha messo in evidenza cause ben evidenti. Spesso la definizione è arbitraria, in riferimento soltanto alle indagini già eseguite e non a tutte quelle che dovrebbero essere eseguite. Vi è inoltre il problema della soggettività nell’interpretazione dei risultati di indagini diagnostiche, talvolta considerate erroneamente normali. Pertanto, le attuali possibilità di indagini sempre più sofisticate, se correttamente eseguite, ci permettono di arrivare quasi sempre a una diagnosi causale o quantomeno eziopatogenetica.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Quaderni del Ministero della Salute. Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione, diagnosi e cura delle patologie andrologiche, 2012.
  2. Conti C, Isidori A. Trattato di andrologia. Ed. Piccin, 1984.
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  10. Foresta C (coordinatore), et al. Il percorso clinico-diagnostico della coppia infertile. Coop. Libraria Editrice Università di Padova, 2011.
  11. Attanasio R, Borretta G, Papini E, et al. Manuale di Endocrinologia Clinica. Edizioni Medico Scientifiche, 2010.
  12. Krausz C, Escamilla AR, Chianese C. Genetics of male infertility: from research to clinic. Reproduction 2015, 150: R159-74.
  13. La Vignera S, Condorelli RA, Vicari E, et al. Microbiological investigation in male infertility: a practical overview. J Med Microbiol 2014, 63: 1-14.
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Rossella Mazzilli, Soraya Olana, Antongiulio Faggiano, Fernando Mazzilli
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Università “Sapienza”, Roma

(aggiornato al 28 aprile 2022)

 

ITER DIAGNOSTICO (1-10)

Per un efficace inquadramento è indispensabile un’accurata anamnesi, per la quale vanno presi in considerazione lo stile di vita (abitudini alimentari, fumo, alcool, sostanze stupefacenti, ecc) e l’eventuale utilizzo di farmaci, che possono avere un impatto negativo sull'oogenesi.
La determinazione del grado di fecondabilità si basa su esame obiettivo (fenotipo, apparato pilifero, genitali esterni, esplorazione vaginale e visualizzazione del collo dell’utero mediante speculum, segni eventuali di iperandrogenismo, quali irsutismo e acne, BMI), età, caratteristiche dei cicli mestruali, presenza di eventuali pregresse gravidanze e aborti.

 


A. INDAGINI DI LABORATORIO

A.1. Profilo ormonale per lo studio dell’amenorrea primaria e secondaria
Lo studio ormonale di base comprende il dosaggio di gonadotropine (FSH e LH) e 17ß-estradiolo (E2).

  • Patologie pre-ovariche: nell’ipogonadismo pre-ovarico (congenito o acquisito) vi sono ridotti livelli di gonadotropine e di E2. In questi casi è ovviamente indicato valutare gli altri ormoni ipofisari, per una diagnosi differenziale tra deficit selettivo della secrezione gonadotropinica e panipopituitarismo. Il test con GnRH è utile per differenziare le forme ipofisarie da quelle ipotalamiche.
  • Patologie ovariche: nelle forme di ipogonadismo primitivo (congenito o acquisito), con fattore eziopatogenetico ben identificabile, vi sono elevati livelli di gonadotropine e ridotti livelli di E2.
  • In caso di amenorrea con normali livelli di FSH, può essere utile effettuare il MAP (Medrossi-Progesterone Acetato) test, che prevede la somministrazione del progestinico per 5 giorni: nel soggetto normale il flusso mestruale compare dopo 3-5 giorni dalla sospensione; un mancato flusso può invece indicare una condizione di ipo-estrogenismo o di patologie uterine.

 

A.2. Studio dell’ovulazione
Nello studio ormonale dell’ovulazione vanno presi in considerazione FSH, LH, E2 e progesterone. I livelli di questi ormoni sono ovviamente variabili secondo le diverse fasi del ciclo. In cicli regolari, la tempistica dei prelievi è la seguente:

  • fase follicolare (tra il 2° ed il 5° giorno del ciclo mestruale): livelli basali di FSH, LH e E2;
  • fase ovulatoria: monitoraggio giornaliero di LH e E2 dal 10°-11° giorno del ciclo fino al picco pre-ovulatorio;
  • fase luteale: progesterone dopo il 21° giorno del ciclo (secondo la durata del ciclo mestruale). Un valore > 3 ng/mL indica che l’ovulazione è verosimilmente avvenuta (10).

Vi sono in commercio vari kit per l’individuazione del periodo ovulatorio. Si tratta di metodi colorimetrici in grado di evidenziare, seppure senza esaustiva affidabilità, il picco pre-ovulatorio di LH in un campione urinario. Lo studio sequenziale, in cicli regolari, inizia dal 9°-10° giorno del ciclo.
In caso di disturbi dell’ovulazione con contestuale presenza di irsutismo, acne e alopecia, è opportuno valutare il profilo degli ormoni ad attività androgenica (sia nel sospetto di PCOS, sia ad esclusione di iperandrogenismi surrenalici): testosterone totale, SHBG con calcolo del testosterone libero, androstenedione, DHEA-S e 17-OH-progesterone (eventualmente anche dopo test con ACTH), da eseguire in fase follicolare (tra il 3° e l’8° giorno) (11-12).

 

A.3. Studio della riserva ovarica (13-14)
Per riserva ovarica si intende il patrimonio follicolare, e quindi ovocitario, presente in un determinato momento della vita di una donna. Alla nascita, le ovaie contengono, in genere, complessivamente 1-2 milioni di follicoli; al momento della pubertà questo numero si riduce a circa 300-500 mila follicoli, all’età di 37 anni scende a circa 25 mila, mentre a 50 anni, cioè al momento in cui mediamente insorge la menopausa, il numero residuo è di circa 1000 follicoli.
Attualmente la riserva ovarica può essere valutata ecograficamente, mediante conta dei follicoli antrali (AFC) in fase follicolare precoce, o laboratoristicamente, tramite il dosaggio di FSH e ormone anti-mülleriano (AMH). Quest’ultimo è prodotto dai follicoli ovarici; i suoi livelli ematici si stabilizzano dopo la pubertà, intorno ai 18-20 anni (vn 0.4-1.2 ng/mL), per poi iniziare a decrescere dopo i 32 anni. In aggiunta, può essere utile il dosaggio dell’inibina B, prodotta dalle cellule della granulosa, che ha il ruolo di inibire la secrezione di FSH. In caso di ridotta riserva ovarica i valori potranno risultare ai limiti inferiori della norma.
Infine può essere effettuato il test al clomifene citrato, che consiste nella somministrazione di 100 mg/die dal 5° al 9° giorno del ciclo mestruale: valori elevati di FSH al 10° giorno indicano ridotta riserva ovarica.
L’Infertility Workup dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (10) ha definito come ridotta riserva ovarica la presenza di uno dei seguenti fattori:

  • AMH < 1 ng/mL;
  • AFC < 5-7 follicoli;
  • FSH > 10 UI/L in fase follicolare precoce;
  • anamnesi personale di ridotta risposta a stimolazione ovarica.

 

A.4. Assetto ormonale extra-gonadico (15)
È opportuno escludere la presenza di endocrinopatie che possono, in vario modo, interferire sul sistema riproduttivo femminile: iperprolattinemia o ipotiroidismo potrebbero causare quadri variabili, che si possono estrinsecare con un deficit luteinico, anovulatorietà e/o amenorrea.

 

A.5. Profilo biochimico e immunologico (16)
Più che per lo studio della fecondabilità, gli esami ematochimici vengono utilizzati come “fattori di prevenzione” per la pianificazione di una gravidanza:

  • gruppo sanguigno (essenziale per evitare l’iso-immunizzazione);
  • profilo lipidico e metabolico (OGTT), spesso alterato in donne con PCOS;
  • dosaggio di CA-125, che può essere considerato un marcatore, seppur aspecifico, di endometriosi.

In caso di abortività, infine, è opportuno effettuare uno screening per l’autoimmunità: anticorpi anti-nucleo (ANA), anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA), anti-mitocondrio (AMA), anti-nucleo estraibili (ENA), anti-RO/SSA e anti-RO/SSB, IgG e IgM anti ß2-glicoproteina, IgG e IgM anti-cardiolipina (ACA), anti-DNA nativo.

 

A.6. Indagini microbiologiche (17-18)
Se si sospetta un’infezione nel tratto genitale femminile, bisogna effettuare prelievo vulvare, vaginale ed endo-cervicale per la ricerca di germi comuni, Neisseriae Gonorrhoeae, Chlamydia Trachomatis, Mycoplasma, Trichomonas, HPV, HSV-2, miceti. Le infezioni da N. Gonorrhoeae e C. Trachomatis devono essere valutate con molta attenzione, dal momento che possono determinare un coinvolgimento pelvico e quindi creare seri problemi per la pervietà tubarica.

 

A.7. Studio genetico (19)
Le indagini più importanti per la partner femminile sono rappresentate da:

  • cariotipo, indicato nei casi di amenorrea e poli-abortività, che permette di evidenziare alterazioni dei cromosomi sessuali o autosomici (traslocazioni, ecc) e quadri di mosaicismo;
  • ricerca di mutazioni del gene CFTR (fibrosi cistica);
  • studio del gene FMR-1 (X-fragile).

Per quanto riguarda le malattie genetiche trasmissibili, non direttamente collegate con la funzione riproduttiva, il pannello “minimo” prevede:

  • elettroforesi dell’emoglobina (per la microcitemia);
  • glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD) (per il favismo);
  • fattori della coagulazione (prevenzione rischio trombogeno in gravidanza).

 

A.8. Esami cito-morfologici
Il PAP test (con le sue varianti) è indicato per escludere rischi neoplastici a carico del collo dell'utero (cervice uterina) e per evidenziare eventuali condizioni pre-cancerose rappresentate da:

  • cellule squamose atipiche (ASC);
  • cellule squamose atipiche di significato indeterminato (ASC-US);
  • cellule squamose atipiche che non possono escludere HSIL (ASC-H);
  • lesione intra-epiteliale di basso grado (LSIL) comprendente HPV/displasia lieve, CIN1;
  • lesione intra-epiteliale di alto grado (HSIL), comprendente displasia moderata e grave, carcinoma in situ, CIS, CIN2, CIN3.

Lo striscio citologico/ormonale sequenziale, invece, con l’indice eosinofilo (IE) (70-90% nel picco estrogenico) e lo striscio cariopicnotico (IK) (10-30% in fase luteinica) è stato quasi del tutto sostituito da indagini ormonali ed ecografiche.

 

A.9. Studio del muco cervicale (vedi infertilità di coppia).

 


B. INDAGINI STRUMENTALI

B.1. Rilievo della temperatura basale
L’incremento post-ovulatorio della temperatura corporea (di circa 0.5°C) è dovuto all’azione della norepinefrina sui centri termo-regolatori ipotalamici, il cui metabolismo è modificato dall’azione del progesterone luteale. La temperatura andrebbe rilevata la mattina al risveglio e sempre nella stessa sede corporea. Questa indagine non può essere considerata altamente indicativa di avvenuta ovulazione.

 

B.2. Esami ultrasonografici (20-22)
Ecografia pelvica trans-vaginale basale. L’ecografia pelvica è l’esame diagnostico di 1° livello; si esegue mediante sonde trans-vaginali da 7.5 MHz e permette di visualizzare la sede, le dimensioni e l’ecostruttura delle ovaie; l’aspetto e il volume possono variare molto a seconda dell’età e della fase del ciclo mestruale (volume ovarico massimo in età fertile: 20 mL). Tra le patologie evidenziabili a carico delle ovaie vi sono le cisti, le neoplasie ovariche e le lesioni endometriosiche. L’ecografia pelvica permette inoltre di valutare la morfologia uterina e quindi l’eventuale presenza di anomalie congenite o di lesioni, come fibromi, miomi o neoplasie. Le tube devono essere studiate con altri esami specifici (vedi oltre), ma l’esame ecografico può evidenziare un quadro di idro-salpinge o idro-salpingite.

Monitoraggio ecografico dell’ovulazione. Si tratta di una sequenza di esami ecografici (generalmente dall’8-9° giorno del ciclo fino alla deiscenza follicolare), che permette di valutare:

  • l’ecogenicità e l’evoluzione del follicolo dominante ovulatorio, il cui diametro ottimale di sviluppo è compreso tra 18 e 25 mm;
  • l’evoluzione dell’endometrio da proliferativo a secretivo;
  • la deiscenza follicolare, generalmente compresa tra l’11° e il 16° giorno del ciclo;
  • la visualizzazione di una falda liquida (fluido follicolare) che si raccoglie per gravità nello sfondato del Douglas.

Riserva ovarica. Può essere valutata ecograficamente mediante l’AFC (diametro circa 2-6 mm) e il calcolo del volume delle ovaie. L’indagine deve essere eseguita nei primi giorni del ciclo mestruale (dal 3° al 5° giorno). In condizioni di buona riserva si osservano, in genere, almeno 5 follicoli antrali in ogni ovaio; la presenza di un numero di follicoli < 5 può far sospettare una riduzione della riserva ovarica.

Flussimetria uterina. Si tratta di una tecnica ecografica Color Doppler, che valuta la circolazione e la vascolarizzazione dell’endometrio da parte dei vasi uterini. L’aumento della resistenza delle arterie uterine, valutata mediante il Pulsatility Index (PI) e il Resistance Index (RI) nel periodo post-ovulatorio, con conseguente diminuita irrorazione ematica dell’endometrio, sembrerebbe influenzare negativamente l’impianto dell’embrione.

 

B.3. Isteroscopia
La tecnica, previa distensione della cavità uterina mediante introduzione di anidride carbonica o soluzione fisiologica, permette di visualizzare la cavità uterina mediante l’isteroscopio, strumento formato da una sonda rigida sottile munita di lenti e collegata con una telecamera a un monitor. È indicata nei casi in cui si sospetta una malformazione uterina (utero setto, utero arcuato, ecc), la presenza di polipi, o un ispessimento dell’endometrio.

 

B.4. Colposcopia
Si tratta di un esame che permette la visione ingrandita (da 2 a 60 volte) della cervice uterina, consentendo di rilevare anomalie o eventuali lesioni, non agevolmente evidenziabili all’esame obiettivo. Nelle zone sospette può essere effettuata una biopsia, previa detersione con acido acetico e soluzione di Lugol.

 

B.5. Istero-salpingografia (ISG) (23-24)
È un esame radiologico che si avvale dell’introduzione di un mezzo di contrasto all’interno della cavità uterina, che normalmente viene drenato nella cavità peritoneale. L’esame consente quindi, mediante immagini radiologiche seriate, di evidenziare eventuali malformazioni e/o malposizioni uterine e, soprattutto, impervietà tubarica monolaterale o bilaterale. Deve essere eseguita nella fase proliferativa avanzata del ciclo mestruale.

 

B.6. Sono-isterosalpingografia (S-ISG) (25)
Di più recente sviluppo, alternativa all’ISG, permette la valutazione ecografica della morfologia della cavità uterina e delle tube mediante introduzione di soluzione fisiologica mista ad aria. Anche la S-ISG deve essere eseguita nella fase proliferativa avanzata del ciclo mestruale.

 

B.7. Laparoscopia (26)
Si tratta di una metodica chirurgico-diagnostica, che consente la visualizzazione diretta della cavità addominale e fornisce indicazioni di estrema importanza sullo stato degli organi pelvici (malattia infiammatoria pelvica - PID -, endometriosi) e sulla pervietà tubarica. Per la valutazione di quest’ultima si osserva il passaggio, attraverso le tube, di un colorante (blu di metilene), instillato nell'utero per via vaginale. La laparoscopia operativa viene utilizzata frequentemente per il trattamento delle cisti ovariche, delle lesioni endometriosiche e delle gravidanze extra-uterine.

 

B.8. Fertiloscopia (27)
La tecnica, messa a punto nel 1997, consente un'esplorazione mini-invasiva della pelvi combinando più procedure in sequenza:

  1. isteroscopia (vedi sopra);
  2. idro-laparoscopia trans-vaginale (introduzione di un trocar ottico nella pelvi attraverso il fornice posteriore della vagina, dopo infusione di 200-250 cc di soluzione fisiologica) per la visualizzazione della parte distale delle tube;
  3. cromo-salpingoscopia mediante soluzione di blu di metilene;
  4. salpingoscopia e micro-salpingoscopia, ossia ispezione ottica della parte ampollare delle tube.

 


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Rossella Mazzilli, Michele Delfino, Giuseppe Defeudis, Fernando Mazzilli

Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università Roma, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Roma
Dipartimento di Medicina, Unità di Endocrinologia, Università Campus Bio-Medico di Roma, Roma

(aggiornato al 28 aprile 2022)

 

Per un efficace inquadramento, è indispensabile un’accurata anamnesi, per la quale vanno presi in considerazione anche lo stile di vita (fumo, alcool, sostanze stupefacenti, ecc) e l’eventuale utilizzo di farmaci (ad es. steroidi anabolizzanti per attività sportive, anti-ipertensivi, inibitori di pompa protonica, ecc), che possono avere un impatto negativo sulla spermatogenesi e che devono quindi essere corretti (1-5).
Lo studio della potenzialità fecondante si basa sull’esame obiettivo (fenotipo, BMI, caratteri sessuali primari e secondari) (fig 1) anche in relazione all’età, ma soprattutto sullo studio seminologico, che deve essere effettuato in centri specialistici, dal momento che a tutt’oggi, malgrado le linee guida del WHO, non vi è ancora una standardizzazione soddisfacente per la valutazione dei parametri seminali, con inevitabili ripercussioni interpretative nella loro valutazione.

 

Figura 1. Orchidometro di Prader per la determinazione volumetrica testicolare

 


A. INDAGINI DI LABORATORIO

A.1. Esame standard del liquido seminale e diagnostica differenziale seminologica (6-14)
L’esame del liquido seminale è considerato il gold standard per la valutazione della fertilità maschile (11-12). L’esame dovrebbe essere eseguito almeno 2 volte, a distanza di 3 mesi l’uno dall’altro, per evitare indicazioni insufficienti dovute alla variabilità dei parametri seminali.
Il nuovo manuale del WHO (12) ha mantenuto la stratificazione dei valori dei parametri seminali in percentili, basati su un’ampia popolazione fertile (> 3500 pazienti) che ha ottenuto una gravidanza nei 12 mesi precedenti. Il manuale sottolinea, tuttavia, come tali valori non siano da intendersi come valori di riferimento.
Inoltre, una delle maggiori novità del WHO 2021 è stata la reintroduzione della valutazione della motilità nemaspermica, distinguendo gli spermatozoi progressivi rapidi da quelli lenti. Infine, ulteriore novità ha riguardato l’inserimento di nuove metodiche, definite “esame allargato”, tra cui test immunologici, test di frammentazione, studio delle interleuchine, ed “esame avanzato”, tra cui lo studio dello stress ossidativo e l’analisi funzionale del flusso ionico trans-membrana.
La tabella 1 elenca la principale terminologia in ambito seminologico. Sebbene si tratti in parte di terminologia superata sulla base del nuovo manuale WHO, nella pratica clinica alcune definizioni sono utili per la diagnostica seminologica.

 

Tabella 1
Terminologia e diagnostica seminologica
Parametri Definizioni Indicazioni diagnostiche
  Normospermia: normalità di tutti i parametri seminali 
Aspetto Acquoso Scarsa componente cellulare.
Torbido Flogosi
Torbido ematico Emospermia
Volume Aspermia (assenza di eiaculato) Ipogonadismo, fattori psicogeni, eiaculazione retrograda, ostruzione del tratto terminale delle vie seminali.
Ipospermia o ipoposia (volume ridotto) Ostruzione dei dotti eiaculatori (con pH acido per la pressoché esclusiva componente prostatica), ipogonadismo.
Iperspermia o polispermia (volume aumentato) Flogosi delle ghiandole accessorie del tratto genitale (MAGI)
pH Acido Ostruzione dei dotti eiaculatori (con azoospermia e ipoposia).
Viscosità Aumentata MAGI; espressione minima di Fibrosi Cistica.
Concentrazione nemaspermica Normozoospermia (≥ 15 x 106/mL): normale concentrazione nemaspermica 
Oligozoospermia (ridotta concentrazione di spermatozoi) Di grado lieve-medio (5-15 x 106/mL): lifestyle (fumo, alcool, stress), varicocele, MAGI, criptorchidismo, disordini endocrini e metabolici (diabete mellito), stress ossidativo, presenza di anticorpi anti-spermatozoo.
Di grado severo (< 5 x 106/mL): oltre alle precedenti, è dovuta a anomalie genetiche, esiti di orchiti, traumi, chemio/radioterapia, ecc.
Criptozoospermia (presenza di spermatozoi solo dopo centrifugazione) Come nell’oligozoospermia di grado elevato.
Azoospermia (assenza di spermatozoi nell’eiaculato) Secretoria Ipogonadismo ipogonadotropo, ipotalamico o ipofisario (con LH e FSH ridotti e ipotestosteronemia): s. di Kallmann, ecc.
Danno tubulare con FSH elevato e normali LH e testosterone: esiti di traumi, neoplasie, chemio/radioterapie, orchiti, ecc.
Ipogonadismo ipergonadotropo (con ipotestosteronemia e con LH e FSH elevati): oltre alle precedenti da danno tubulare, disordini congeniti con o senza alterazione del cariotipo, quali s. di Klinefelter, s. a sole cellule del Sertoli, arresti maturativi, ecc.
Insensibilità recettoriale agli androgeni (con testosterone e gonadotropine elevati).
Escretoria (o ostruttiva) Ostruzioni delle vie seminali di natura congenita (fibrosi cistica) o acquisita (esiti di infezioni retrograde); il profilo ormonale è nei limiti.
Motilità Normocinesia (PR ≥ 32% o PR + NP ≥ 40%): normale motilità nemaspermica 
Ipocinesia/discinesia (o astenozoospermia)(ridotta motilità degli spermatozoi) Di grado lieve-medio (PR 5-32%): come nell’oligozoospermia di grado lieve-medio.
Di grado severo (< 5%): come nell’oligozoospermia di grado severo.
Acinesia (assenza di motilità) Come nell’ipocinesia/discinesia di grado elevato; inoltre presenza di spermatozoi a code mozze o sindrome delle ciglia immobili nell’ambito della s. di Kartagener.
Morfologia Teratozoospermia (atipie > 96%) Come nell’oligozoospermia e nell’astenozoospermia di grado severo; inoltre, nelle forme genetiche monosomiche (teste a palla o round head sperm; spermatozoi a code mozze).
Oligoastenoteratozoospermia: alterazione del numero, della motilità e della morfologia nemaspermica  
Altro Globuli bianchi aumentati (> 1 x 106/mL) Flogosi/infezioni.
Zone di spermio-agglutinazione Flogosi, presenza di anticorpi anti-spermatozoo.

 

Alcuni autori hanno proposto particolari formule matematiche con l’elaborazione di un “indice di fertilità”. Attualmente questi indici sono in disuso, dal momento che non forniscono indicazioni cliniche valide. Sempre a tal riguardo, è stato recentemente proposto come indicatore del fattore maschile nell’infertilità la “concentrazione totale di spermatozoi mobili o Total Motile Sperm Count (TMSC), che si ottiene moltiplicando il numero totale/eiaculato per la percentuale di motilità progressiva. La suddivisione in 5 classi (a seconda del TMSC) determina il grado di potenzialità fecondante (13):

  • gruppo 1: TMSC < 1 × 106;
  • gruppo 2: TMSC 1–5 × 106;
  • gruppo 3: TMSC 5–10 × 106;
  • gruppo 4: TMSC 10–20 × 106;
  • gruppo 5: TMSC > 20 × 106.

 

Situazioni particolari
Nell’eiaculazione retrograda in vescica urinaria, dovuta a pregressi interventi chirurgici in ambito pelvico, a neuropatie, o a farmaci, la diagnosi si basa sull’evidenziazione di spermatozoi nelle urine post-orgasmiche (vedi tecniche di PMA).

 

Microscopia elettronica a trasmissione (TEM) (15-17)
In supporto alla microscopia ottica, lo studio TEM offre dettagli strutturali che possono essere dirimenti nella diagnosi differenziale tra acinesia/ipocinesia nemaspermica su base genetica e strutturale o metabolica. Infatti, la TEM si rivela particolarmente utile nella definizione morfologica dell’assonema, evidenziandone le anomalie dei micro-tubuli, che possono essere di tipo morfo-ultrastrutturale o di ordine numerico, con configurazioni variabili, quali 9+2 e 9+0 (meno frequenti) (fig 2).

 

Figura 2. Microscopia Elettronica a Trasmissione (TEM). A sinistra: normale aspetto ultrastrutturale dello spermatozoo umano. A destra: esempi di alterazioni della testa (a-c), del tratto intermedio (d,e) e della coda (f-h).
In: Visco V, Raffa S, Elia J, Delfino M, Imbrogno N, Torrisi MR, Mazzilli F. Morphological sperm defects analyzed by light microscopy and transmission electron microscopy and their correlation with sperm motility. Int J Urol 2010, 17: 259-66.

 

Biochimica seminale (14,18)
Il plasma seminale rappresenta il prodotto di secrezione del testicolo (10-15% dell’eiaculato), delle vescicole seminali (65-70%) e della prostata (20-25%). Alcune sostanze sono filtrate dal sangue a vari livelli del tratto genitale; altre sono invece sintetizzate o filtrate selettivamente in un determinato distretto e quindi rappresentano indici specifici per ciascun distretto. Pertanto, le determinazioni dell’alfa-glicosidasi e della L-carnitina (indici epididimari), del fruttosio (indice vescicolare) e dell’acido citrico (indice prostatico) possono essere utilizzate per la diagnosi differenziale tra azoospermie secretorie ed escretorie e della sede dell’eventuale ostruzione.

 

Tabella 2
Diagnostica differenziale delle azoospermie in base agli indici biochimici e al pH
  pH Indici biochimici
Carnitina Fruttosio Acido citrico
Azoospermia secretiva con normale testosteronemia Normale Normale Normale Normale
Azoospermia secretiva con ipotestosteronemia Normale Ridotta Normale/Ridotto Ridotto
Azoospermia ostruttiva intra-epididimaria o dei dotti deferenti Normale Ridotta Normale Normale
Azoospermia ostruttiva dei dotti eiaculatori Acido Ridotta/indosabile Ridotto/indosabile Aumentato

 

 

Test biologici e funzionali sullo spermatozoo (15,19-20)
Swelling test o test di rigonfiamento nemaspermico in ambiente ipo-osmotico, utilizzato per valutare la vitalità.

Test di frammentazione del DNA (che si esprime in percentuale di spermatozoi con frammentazione):

  • TUNEL test (terminal deoxynucleotidyl transferase–mediated fluorescein–dUTP nick end labeling): permette di evidenziare rotture singole o doppie nel filamento del DNA;
  • test all'arancio di acridina (Acridine Orange Test - AO): valuta le condizioni di resistenza della cromatina spermatica all'azione di agenti denaturanti;
  • altri test: Sperm Chromatin Structure Assay (SCSA); Single Cell Gel Electrophoresis assay (COMET); Sperm Chromatin Dispersion Test (SCD test - Halosperm); In Situ Nick Translation (ISNT).

Resta ancora estremamente dibattuto il ruolo all’esecuzione dei test di frammentazione nella pratica clinica, prevalentemente a causa della mancanza di uno specifico cut-off per la maggior parte dei test, per la ampia variabilità inter-laboratoristica e per la disponibilità (11).

Fluorescence In Situ Hybridization (FISH) per l’evidenziazione di aneuploidie spermatiche.

Test immunologici (11,21)
La ricerca di anticorpi anti-spermatozoo può essere indicata a seguito di episodi quali traumi, torsione del funicolo, infiammazioni, e può essere eseguita mediante:

  • metodiche indirette, atte a valutare l’attività biologica degli anticorpi circolanti: Gelatin Agglutination Test (GAT) e Tray Agglutination Test (TAT);
  • metodiche dirette, in grado di valutare la presenza di anticorpi direttamente adesi alla superficie dello spermatozoo: Mixed Antiglobulin Reaction (MAR) test diretto e Immunobead Test (IBT).

Altri test
I test sopra descritti non consentono di utilizzare gli spermatozoi testati nelle tecniche di PMA. Per questo motivo sono state proposte, soprattutto per i casi di teratozoospermia di grado severo, tecniche non invasive in grado di selezionare spermatozoi con maggiore potenzialità fecondante, per poi utilizzarli direttamente per la PMA:

  • Magnetic Activated Cell Sorting (MACS): servirebbe a bloccare spermatozoi in necrosi o in fase avviata di apoptosi;
  • birifrangenza: selezione basata sulla proprietà di birifrangenza dello spermatozoo funzionalmente integro, evidenziabile con microscopio invertito con luce polarizzata;
  • Motile Sperm Organelle Morphology Examination (MSOME): selezione basata sull’utilizzazione di un microscopio invertito ad alta risoluzione (fino ad oltre 6000x), che permette di utilizzare la cosiddetta Intracytoplasmic Morphologically-Selected Sperm Injection (IMSI).

Si tratta però di metodiche che hanno tuttora bisogno di una verifica di applicabilità su larga scala.

 

 

A.2. Profilo ormonale (11,22-24)
Lo studio del profilo ormonale è fondamentale per valutare la presenza di un disordine endocrino e per avere indicazioni valide sull’entità del danno testicolare e sulle possibilità di recupero della funzione spermatogenetica.
Lo studio ormonale di base comprende il dosaggio delle gonadotropine (FSH e LH) e del testosterone totale (il prelievo venoso per il dosaggio di questo, data la sua variazione circadiana, va effettuato nelle prime ore della mattina). Il dosaggio del testosterone totale può essere integrato dalla valutazione della quota libera (testosterone libero, F-T), che viene effettuata mediante un’equazione tra testosterone totale, albumina e SHBG, poiché il dosaggio diretto con dialisi dell’equilibrio o con la precipitazione con ammonio non è ancora ampiamente disponibile o attendibile.

 

Patologie pre-testicolari: vi sono ridotti livelli di gonadotropine e di testosterone. In questi casi è ovviamente indicato valutare gli altri ormoni ipofisari per una diagnosi differenziale tra deficit selettivo della secrezione gonadotropinica e panipopituitarismo. Il test al GnRH è utile per differenziare le forme ipofisarie da quelle ipotalamiche. Utile associare indagini genetiche (gene Kal1 per individuare la s. di Kallmann).

 

Patologie testicolari:

  • nelle forme di ipogonadismo con fattore eziopatogenetico ben identificabile (congenito o acquisito), vi sono elevati livelli di gonadotropine e ridotti livelli di testosterone;
  • nelle patologie selettive della componente tubulare, con dispermia severa, vi è FSH elevato con normali valori di LH e testosterone;
  • nelle dispermie di grado lieve-medio, i valori di FSH, LH e testosterone sono generalmente nei limiti della norma. Questo quadro riguarda tutte quelle condizioni patologiche che non rappresentano un fattore patogenetico certo ed esclusivo; tra queste le più frequenti sono rappresentate dal varicocele e dalle flogosi del tratto genitale.

Una menzione a parte merita l’inibina B, che è secreta nell’uomo dalle cellule del Sertoli e che ha un’azione inibitoria sulla secrezione di FSH. In realtà è poco utilizzata nella diagnostica andrologica, ma il suo dosaggio potrebbe essere utile come marcatore di spermatogenesi attiva. In particolare, un livello molto basso di inibina B indicherebbe una mancata produzione di spermatozoi e quindi sconsiglierebbe di procedere con prelievo intra-testicolare (TESE).

 

Patologie post-testicolari (14): i valori di gonadotropine e testosterone sono nel range di normalità. Utile lo studio biochimico del plasma seminale (vedi sopra).

 

Patologie endocrine extra-gonadiche: come esami di seconda linea, sulla base dei dati clinico-anamnestici e dei dati laboratoristici di base, può essere indicato lo studio della funzione tiroidea, il dosaggio della PRL, dell’estradiolo (E2), degli altri ormoni ipofisari (ACTH nei casi di s. adreno-genitale, ecc.) e del profilo metabolico (diabete mellito). Recentemente è stato ipotizzato che anche una carenza di vitamina D potrebbe avere un impatto negativo sui parametri seminali (24).

 

A.3. Infezioni e flogosi (11, 25-28)
Le infezioni più frequenti a carico del tratto genitale maschile sono dovute a germi comuni, Chlamydia Trachomatis e Mycoplasma. Per quanto riguarda specificamente i germi comuni, al contrario delle infezioni urinarie, sono più frequenti i batteri Gram-positivi (Enterococco e Streptococco Viridans) rispetto ai Gram-negativi (Escherichia Coli, Proteus Vulgaris, Proteus Mirabilis). Meno frequente è l’infezione da Neisseria Gonorrhoeae, che, se non trattata adeguatamente, può determinare ostruzione delle vie seminali. Per quanto riguarda i virus, è stata più volte segnalata la possibilità di dispermia da infezione da HIV; recentemente è stata segnalata l’importanza, anche nell’uomo, delle infezioni da HPV. Per l’accesso a tecniche di PMA, infine, il pannello prevede anche lo studio dell’epatite B e C e della sifilide.
Lo studio infettivologico viene effettuato mediante:

  • prelievo ematico per anticorpi anti-HIV, epatite B e C, sifilide, citomegalovirus, herpes virus;
  • liquido seminale (spermiocoltura) per germi comuni, miceti, HPV; Trichomonas a fresco;
  • tampone uretrale per germi comuni, Gonorrhoeae, C. Trachomatis, Mycoplasma, HPV; C. Trachomatis e Mycoplasma possono essere ricercati anche su campione di urine.

 

A.4. Indagini genetiche (11, 29-33)
Le indagini genetiche, dal punto di vista diagnostico, sono essenziali in casi di: oligozoo-asteno-teratozoospermia di grado severo (concentrazione < 5 milioni/mL), di criptozoospermia o di azoospermia. Le indagini più importanti per il partner maschile sono rappresentate da:

  • cariotipo, che permette di evidenziare alterazioni dei cromosomi sessuali (di cui la più frequente è la s. di Klinefelter) o di quelli autosomici (traslocazioni, ecc);
  • ricerca di microdelezioni del cromosoma Y (in corrispondenza della regione eucromatica, dove si trova il “fattore azoospermico” AZF);
  • ricerca di mutazioni del gene CFTR (Fibrosi Cistica), responsabili di una condizione di agenesia dei deferenti o dei dotti eiaculatori (Congenital Bilateral Absence of Vas Deferens– CBAVD). Questo test andrebbe richiesto in presenza di un quadro di azoospermia ostruttiva.

Queste stesse indagini vengono comunque eseguite per l’ingresso in programmi di PMA.
Nei casi di ipogonadismo ipogonadotropo, può essere indicato lo studio del gene Kal1 e di altri geni implicati.
Per quanto riguarda le malattie genetiche trasmissibili, non direttamente collegate con la funzione riproduttiva, il pannello “minimo” prevede l’elettroforesi dell’emoglobina (per la microcitemia) e la Glucosio-6-Fosfato-Deidrogenasi (G6PD).

 


B. INDAGINI STRUMENTALI (34-39)

B.1. Ecografia scrotale

 

B.2. Ecografia prostatica e vescicolare per via trans-rettale
Questo esame, eseguibile con sonda trans-rettale, consente di verificare le dimensioni e la morfologia delle ghiandole accessorie del tratto genitale (prostata e vescicole seminali, che contribuiscono per circa l’85% alla formazione del plasma seminale). Consente quindi di evidenziare una condizione di prostato-vescicolite, con inevitabili conseguenze negative sulla qualità dell’eiaculato, nonché la valutazione delle forme ostruttive.

 

B.3. Ago-aspirato testicolare
L’ago-aspirato testicolare (TESATEsticular Sperm Aspiration) è una procedura di rapida esecuzione e minimamente invasiva. Può essere effettuata in soggetti con sospetta azoospermia ostruttiva a scopo diagnostico (ricerca spermatozoi maturi o cellule immature come spermatogoni, spermatociti primari e secondari, spermatidi, o cellule del Sertoli) e terapeutico, utilizzando cioè gli eventuali spermatozoi recuperati per tecniche di PMA. Un’alternativa è l’ago-aspirato epididimario (MESA – Microsurgical Epididymal Sperm Aspiration).

 

B.4. Biopsia testicolare
La biopsia testicolare (TESETesticular Sperm Extraction) rappresenta una procedura finalizzata al prelievo e alla crio-conservazione di spermatozoi recuperati in pazienti azoospermici. L’esame istologico può mostrare un quadro di spermatogenesi conservata (indicativo di azoospermia post-testicolare), un’alterata spermatogenesi o un arresto della linea spermatogenetica. La micro-TESE è una procedura avanzata, che prevede anche l’utilizzo di un microscopio.

 

B.5. Deferento-vescicolografia
È un esame radiologico utilizzato per la diagnosi differenziale tra azoospermia secretoria ed escretoria, valuta cioè morfologia e pervietà intra-luminale delle vie seminali extra-testicolari: deferenti, vescicole seminali, ampolle deferenziali e dotti eiaculatori. È quasi in disuso per due motivi: falsi positivi e negativi a livello epididimario; sviluppo delle tecniche di prelievo di spermatozoi direttamente dal testicolo o dall’epididimo. È inoltre un esame cruento, in quanto il deferente deve essere isolato chirurgicamente e bisogna inserire un ago nel suo lume.

 

B.6. Risonanza magnetica dell’ipofisi (23)
Questa indagine risulta utile nei casi di ipogonadismo ipogonadotropo, per escludere la presenza di lesioni ipotalamo-ipofisarie.

 


BIBLIOGRAFIA

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Stampa

Fernando Mazzilli, Cristina Iorio, Virginia Zamponi, Rossella Mazzilli
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Università “Sapienza”, Roma.

(aggiornato al 28 aprile 2022)

 

Si deve procedere contemporaneamente con l’iter diagnostico-terapeutico specifico sia per il partner maschile che per la partner femminile (1-5).
Bisogna valutare nella coppia tre elementi imprescindibili per la riproduzione:

L’iter diagnostico diagnostico deve essere correttamente impostato tenendo conto di tanti fattori, inclusa la durata dell’infertilità e l’età della donna (5).


1. STUDIO DI INTERAZIONE MUCO CERVICALE-SPERMATOZOI (6-8)
Il muco cervicale nel periodo ovulatorio, sotto l’influenza di elevati livelli di estrogeni, presenta le migliori caratteristiche per la sopravvivenza e la penetrazione degli spermatozoi.
La valutazione delle proprietà del muco cervicale comprende lo studio della filanza (spinnbarkeit test), della cristallizzazione (ferning test), della consistenza e del pH.
Il punteggio cervicale viene determinato con la valutazione di volume, consistenza, cristallizzazione, filanza e cellularità.
Lo studio in vivo dell’interazione muco cervicale-spermatozoi è costituito dal post-coital test, che consiste nel valutare la presenza quantitativa e qualitativa degli spermatozoi nel muco cervicale dopo un rapporto sessuale. Sebbene il test sia di semplice esecuzione e non richieda costi elevati, ad oggi non viene eseguito routinariamente.
Il test di penetrazione nemaspermica in vitro nel muco cervicale può essere “diretto” (muco cervicale e spermatozoi dei due partner) o “crociato” (muco partner femminile-spermatozoi donatore; muco donatrice-spermatozoi partner). Il test è utile a differenziare un’inadeguatezza “funzionale” degli spermatozoi a penetrare oppure un“ostilità essenziale” del muco cervicale.
Tuttavia, il manuale WHO 2021 non ha più preso in considerazione queste metodiche, ritenendone limitata l’applicabilità nella pratica clinica (4).


 

2. COUNSELING GENETICO (9)
Può essere utile offrire alle coppie, in particolare a quelle che devono sottoporsi a programmi di PMA, un counselling genetico, con l’obiettivo di effettuare una diagnosi più accurata dell’infertilità e di rendere consapevole la coppia sul suo rischio riproduttivo (presenza in uno o entrambi i partner di un’anomalia numerica e/o strutturale dei cromosomi, avanzata età riproduttiva della donna, storia di aborti spontanei, ripetuti o ricorrenti, ripetuti fallimenti di impianto embrionale durante precedenti cicli di PMA) e sul rischio di trasmissione di una specifica malattia genetica alla prole (ad esempio in coppie portatrici o affette da fibrosi cistica, ß-talassemia, ecc).


3. INFERTILITÀ IMMUNOLOGICA (10)
L’incompatibilità immunologica di coppia è una condizione, non frequente, dovuta alla presenza nella donna di iso-anticorpi anti-spermatozoo verso il partner. Si tratta di una risposta anomala del sistema immuno-competente verso antigeni nemaspermici. La ricerca degli iso-anticorpi può essere effettuata nel muco cervicale e nel siero (vedi test immunologici in diagnostica dell'infertilità nell'uomo).


4. PROBLEMI DI SESSUALITÀ DI COPPIA E CONSULENZA PSICOLOGICA DI COPPIA (11-12)
L’infertilità può essere anche dovuta a disfunzioni sessuali maschili (disfunzione erettile, eiaculazione precoce), femminili (vaginismo, ecc) e problemi psicologici presenti in entrambi i componenti della coppia.
Soprattutto in queste condizioni, la diagnosi è spesso assai difficoltosa, perché vi è un atteggiamento di “difesa” da parte della coppia. Una particolare forma di ansietà è quella derivante dalla condizione stessa di infertilità, dalla consapevolezza dell’ipofertilità e quindi dalla necessità di rapporti “a comando” nel periodo ovulatorio della partner, e che complica a volte in modo determinante l’iter diagnostico-clinico della coppia. Può essere indicato in tali casi il ricorso a un counselling psico-sessuologico, oltre ovviamente all’ausilio di farmaci pro-erettili, prima di dover ricorrere a programmi di PMA.


BIBLIOGRAFIA

  1. Attanasio R, Borretta G, Papini E, et al. Manuale di Endocrinologia Clinica. Associazione Medici Endocrinologi (AME), 2010.
  2. Foresta C (coordinatore), et al. Il percorso clinico-diagnostico della coppia infertile. Coop. Libraria editrice Università di Padova, 2011.
  3. Quaderni del Ministero della Salute. Criteri di appropriatezza strutturale, tecnologica e clinica nella prevenzione, diagnosi e cura delle patologie andrologiche, 2012.
  4. World Health Organization. Laboratory manual for the examination and processing of human semen. 6th New York: Cambridge University Press, 2021.
  5. Garolla A, Pizzol D, Carosso AR, et al. Practical clinical and diagnostic pathway for the investigation of the infertile couple. Front Endocrinol (Lausanne) 2021, 11: 591837.
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  9. Krausz C, Escamilla AR, Chianese C. Genetics of male infertility: from research to clinic. Reproduction 2015, 150: R159-74.
  10. Lombardo F, Gandini L, Dondero F, et al. Antisperm immunity in natural and assisted reproduction. Hum Reprod Update 2001, 7: 450-6.
  11. Jannini EA, Lenzi A, Maggi M. Sessuologia medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità. Ed. Elsevier 2007.
  12. Elia J, Delfino M, Imbrogno N, et al. The impact of a diagnosis of couple subfertility on male sexual function. J Endocrinol Invest 2010, 33: 74-6.
  13. Zamponi V, Mazzilli R, Bitterman O, et al. Association between type 1 diabetes and female sexual dysfunction. BMC Womens Health 2020, 20: 73.
Stampa

Rossella Mazzilli, Fernando Mazzilli, Giuseppe Defeudis
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università Roma, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Roma
Dipartimento di Medicina, Unità di Endocrinologia. Università Campus Bio-Medico di Roma

(aggiornato al novembre 2022)

 


L’iter diagnostico-terapeutico, rivolto contestualmente a entrambi i partner, deve essere devoluto a risolvere possibilmente il problema con la fecondazione per via naturale (1-3).
Per prima cosa, bisogna cercare di tranquillizzare la coppia, spiegando che uno stato di subfertilità non significa affatto sterilità e che quindi ogni ciclo può risultare risolutivo. Fondamentale è anche il corretto management sui rapporti sessuali nel periodo “fertile”.

 

PREVENZIONE

Stile di vita
È opportuno, innanzitutto, osservare un sano stile di vita. Infatti, il fumo, l’alcool, l’uso di stupefacenti, l’utilizzazione indiscriminata di farmaci anabolizzanti e una condizione di stress, individuale o di coppia, può causare una significativa diminuzione del potenziale di fertilità nella coppia. È inoltre opportuna una sana ed equilibrata alimentazione, dal momento che un’alterazione significativa del peso, sia in eccesso che in difetto, può interferire in modo negativo sulla fertilità, soprattutto nella donna.

 

Crio-congelamento dei gameti
Per la conservazione del potenziale di fertilità, soprattutto nelle condizioni in cui una terapia o un intervento chirurgico possono mettere a rischio la spermatogenesi o l’ovogenesi, può essere opportuna la crio-conservazione dei gameti in azoto liquido a -196°C. In alcuni casi si può ricorrere anche alla crio-conservazione di tessuto ovarico o testicolare.

 

 


INFERTILITÀ MASCHILE

TERAPIA MEDICA

1. Dispermie pre-testicolari (ipogonadismo ipogonadotropo) (4-7)
La terapia medica è finalizzata a ripristinare i delicati equilibri dell’asse riproduttivo ormonale maschile, con l’uso delle gonadotropine (FSH e LH/hCG) o del GnRH.

 

1.A. Gonadotropine
Nei casi di infertilità si tratta di forme post-puberali “acquisite”, in fase di iter diagnostico oppure di soggetti già in trattamento sostitutivo con testosterone.
Si sospende la suddetta terapia e si procede mediante stimolazione con gonadotropine con nota 74 AIFA. Questa regolamenta il trattamento con gonadotropine, permettendone la prescrivibilità e rimborsabilità in presenza di FSH basso (o comunque < 8 U/L), secondo i seguenti schemi:

  • urofollitropina (FSH estrattivo) 75-150 UI, oppure follitropina-alfa (FSH ricombinante) 75-150 UI, oppure follitropina-beta (FSH ricombinante) 75-150 UI im o sc per 3 volte/settimana, in associazione con
  • gonadotropina corionica umana (hCG) 2000 UI 1-2 volte/settimana, im o sc.

La stimolazione deve essere effettuata per 3-4 mesi, fino a ottenere la spermatogenesi. Nei casi di risposte insoddisfacenti, va rimodulato il dosaggio.
Una volta ottenuto il ripristino della spermatogenesi, si cerca di ottenere la gravidanza per via naturale o, se indicato, mediante tecniche di PMA. Può essere inoltre opportuno, a scopo cautelativo per futuri programmi riproduttivi, ricorrere alla crio-conservazione del seme.
Non sono ad oggi disponibili evidenze su una maggiore efficacia delle formulazioni ricombinanti o estrattive (6).

 

1.B. GnRH
La somministrazione di GnRH è un’alternativa razionale all’utilizzo delle gonadotropine nelle forme terziarie (ipotalamiche). Tale terapia prevede una somministrazione pulsatile (25 ng/kg sc ogni 2 ore mediante pompa d’infusione). L’elevato costo e la difficoltà dell’attuazione ne limitano quasi completamente l’utilizzo.

 

2. Dispermie testicolari (4-10)
2.A. Trattamento ormonale con gonadotropine
Le gonadotropine possono essere utilizzate anche nelle dispermie testicolari da ipogonadismo funzionale, con normali livelli di FSH (< 8 UI/L, come da nota 74 AIFA). Questo quadro può essere determinato da alterazioni funzionali dell’asse ipotalamo-ipofisi, da ridotta attività funzionale dell’FSH (isoforme a ridotta attività e mutazione geniche della subunità β) o da alterazione del recettore per FSH (polimorfismi FSH-R).
La posologia è sovrapponibile a quella utilizzata per l’ipogonadismo ipogonadotropo, ma l’efficacia è ovviamente minore. In letteratura sono disponibili dati riguardanti l’effetto potenzialmente migliore di schemi alternativi (dosaggi o frequenza di somministrazione maggiori), ma sono necessari ulteriori studi a conferma (7).

 

2.B. Trattamenti ormonali off-label (11-12)
2.B.1. Anti-estrogeni
(terapia gonadotropinica “indiretta”)

  • Modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM): clomifene (25-50 mg/die) e tamoxifene (10-30 mg/die) sono stati proposti per il trattamento dell’oligo-asteno-zoospermia. Il razionale si basa sulla possibilità di interferire sul feed-back negativo esercitato dagli estrogeni a livello ipotalamo-ipofisario, inducendo quindi un aumento di GnRH e conseguentemente di gonadotropine. Possono inoltre essere utili nel trattamento dell’ipogonadismo indotto da utilizzo di steroidi anabolizzanti.
  • Inibitori dell'aromatasi (anastrozolo): riducendo l’aromatizzazione del testosterone a estradiolo, provocano una riduzione dei livelli di estrogeni (inibizione pre-recettoriale). Il razionale del loro utilizzo è pertanto analogo a quello dei SERM.

I dati presenti in letteratura in merito all’efficacia terapeutica degli anti-estrogeni non sono però univoci.

 

2.B.2. Rebound con testosterone: basato sul trattamento con testosterone fino all’inibizione della spermatogenesi, per sfruttare l’effetto rebound dopo circa 3-4 mesi dalla sospensione del trattamento e coadiuvarla con una stimolazione gonadotropinica. A causa del rischio di azoospermia persistente, questo protocollo terapeutico non è raccomandato. Al contrario, il trattamento con testosterone è sconsigliato in soggetti desiderosi di prole (12).

 

2.C. Infezioni e flogosi (13-15)
Il trattamento delle dispermie causate dalle infezioni didimo/epididimarie e delle ghiandole accessorie (prostata e vescicole seminali) prevede l’utilizzo di antibiotici e anti-flogistici. In particolare, per quanto riguarda la scelta dell’antibiotico ci si avvale, ove possibile, dell’antibiogramma. Bisogna a tal proposito tener conto che, se si tratta di un’infezione a carico della prostata, è opportuno utilizzare antibiotici che espletano la propria azione anche nel micro-ambiente acido della prostata. Comunque, gli antibiotici più indicati, sia per i germi comuni che per le infezioni da Chlamydia e Mycoplasma, sono rappresentati da macrolidi (azitromicina), chinolonici (ciprofloxacina) e tetracicline (doxiciclina).
Inoltre, per quanto riguarda le flogosi, sia in presenza che in assenza di infezioni, si può ricorrere all’utilizzo di FANS e, se necessario, di cortisonici. Un’alternativa, soprattutto nelle flogosi croniche clinicamente silenti, è rappresentata dall’utilizzo di fitoterapici ad azione anti-flogistica (ananas, curcuma, quercetina) e anti-edemigena (bromelina).

 

2.D. Iperviscosità seminale (16)
Rappresenta spesso la conseguenza di una flogosi/infezione del tratto genitale. È stata anche proposta un’ipotesi genetica, come espressione minima di una mutazione del gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator). Spesso, però, viene etichettata come “sine causa”: in questi casi può essere indicata una terapia a base di acetilcisteina (400-600 mg/die) per la sua azione mucolitica.

 

2.E. Infertilità immunologica (17)
Uno degli approcci è costituito dall’utilizzazione di cortisonici, in modo continuativo (15 mg/die di prednisone per 3-9 mesi) o in una fase del ciclo della partner (96 mg di prednisolone, sempre nel partner maschile, dal 1° al 7° giorno oppure dal 21° al 28° giorno del ciclo della partner).

 

2.F. Terapie empiriche (11,12,18-21)
2.F.1. Nutraceutica
Il termine “nutraceutica” deriva dall’unione di “nutrizione” e “farmaceutica” e indica componenti alimentari che possiedono un’attività biologica tale da posizionarli tra semplice alimento e farmaco. La nutraceutica è utilizzata in patologie a carico di numerosi apparati, tra cui quello riproduttivo.

  • Aminoacidi: fin dagli anni ‘70 è stata proposta l’utilizzazione dell’arginina (1000-2000 mg/die), aminoacido semi-essenziale, precursore della sintesi di spermina e spermidina. Queste protamine sono coinvolte nei processi di sostituzione degli istoni del DNA durante le fasi di condensazione e riduzione del volume del nucleo dello spermatide, svolgendo un ruolo importante come iniziatori nei processi di acquisizione della motilità nemaspermica. Più recentemente è stato proposto anche l’acido aspartico, come stimolante dei livelli plasmatici di LH e testosterone.
  • Anti-ossidanti: la produzione di Reactive Oxygen Species (ROS) ha un ruolo essenziale durante il processo di fertilizzazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo. Ma l’iperproduzione o l’ipoattivazione del sistema scavenger possono determinare una perossidazione lipidica della membrana spermatica da stress ossidativo e quindi un’alterazione della qualità spermatica. Questa condizione può essere valutabile con test biologici e biochimici in grado di evidenziare un’eventuale perossidazione della membrana o un danno a carico del DNA nemaspermico. Può essere perciò indicato ed efficace in queste condizioni un trattamento con principi anti-ossidanti:
    • non enzimatici: pentossifillina (400 mg/die), vitamina E (300 mg/die), coenzima Q10 (50 mg/die), glutatione (600 mg/die), vitamina C (500 mg/die), selenio, zinco, licopene, acido alfa-lipoico, altri;
    • enzimatici: di più recente utilizzazione in commercio, la superossido-dismutasi.
  • Energizzanti: nelle dispermie caratterizzate prevalentemente da deficit della cinetica nemaspermica può essere utilizzata la cosiddetta terapia “energizzante” empirica, con carnitina (1000-2000 mg/die), ubidecarenone (50 mg/die) e altri principi attivi. Il razionale è la loro interferenza positiva su alcune tappe del metabolismo energetico dello spermatozoo, oltre all’azione anti-ossidante. In particolare, la carnitina, a livello epididimario penetra con una captazione attiva negli spermatozoi, dove funge da trasportatore intra-mitocondriale per il gruppo acile ed è quindi essenziale per la β-ossidazione. L’ubidecarenone è invece essenziale come cofattore nella catena di trasporto degli elettroni a livello mitocondriale.
  • Altri principi: sono stati proposti la callicreina (100 mg/die) per il controllo della spermatogenesi e recentemente anche l’inositolo, per il suo coinvolgimento nella spermatogenesi e nel mantenimento dell’equilibrio osmotico.

Tuttavia, le segnalazioni in letteratura sull’efficacia della “nutraceutica” sono numerose, ma non del tutto convincenti, in quanto non controllate vs placebo nella maggior parte degli studi (10). Pertanto, non ci sono evidenze sufficienti per suggerire l’utilizzo di nutraceutici/anti-ossidanti per incrementare il tasso di gravidanza (21).

 

2.G. Forme ormonali extra-gonadiche
Le dispermie derivanti da fattori ormonali extra-gonadici (iperprolattinemie, ipotiroidismo, ecc) necessitano del trattamento specifico.

 

3. Dispermie post-testicolari (azoospermia ostruttiva)
Per le azoospermie ostruttive non è possibile una terapia medica. L’approccio micro-chirurgico per il ripristino della pervietà delle vie seminali è attualmente in disuso e il trattamento si basa pertanto sul recupero di spermatozoi dal testicolo o dall’epididimo con ricorso a tecniche di PMA.

 

4. Disfunzioni sessuali (22-25)
A determinare una disfunzione erettile vi può essere anche un “disagio” sessuale, derivante dalla consapevolezza dell’ipofertilità e quindi dalla necessità di rapporti “a comando” nel periodo ovulatorio della partner. In queste situazioni è indicato correggere con terapia farmacologica un’eventuale condizione di eiaculazione precoce ante-portam (dapoxetina 30-60 mg al bisogno) o di disfunzione erettile mediante farmaci pro-erettili per os (PDE5-inibitori) o per somministrazione intra-cavernosa (alprostadil). L’utilizzazione di queste molecole non sembra interferire negativamente sulla qualità dei parametri seminali.

 

TERAPIE INTERVENTISTICHE

A questo riguardo, vi sono gli interventi “preventivi” dell’infertilità maschile, quali l’orchidopessi per il criptorchidismo, da effettuare in età infantile, e la correzione del varicocele. L’indicazione all’intervento per il varicocele costituisce un argomento molto dibattuto. Le condizioni che ne suggeriscono l’indicazione sono l’ipoplasia testicolare, il peggioramento progressivo dei parametri seminali e l’età < 40 anni; inoltre, è sempre opportuno valutare l’età della partner (11). Non vanno sottovalutate, a tal riguardo, le complicanze dell’intervento, riconducibili a comparsa post-intervento di epididimiti o di idrocele.

 


INFERTILITÀ FEMMINILE (1-3,26-27)

TERAPIA MEDICA

1. Stimolazione dell'ovulazione (28-31)
1.A. Fase follicolare
Clomifene. È il trattamento più semplice per la stimolazione ovarica: 50 mg/die per 5 giorni dal 4°-5° giorno del ciclo; in caso di mancata efficacia, si può raddoppiare la dose. Quando vi è una condizione di ostilità del muco cervicale, accentuata dall’azione anti-estrogenica del clomifene, può essere di giovamento l’associazione con piccole dosi di etinil-estradiolo (5 µg dal 6° all’11° giorno del ciclo mestruale) e con preparati atti a modificare il micro-ambiente cervicale (ovuli o lavande).

Gonadotropine. In alternativa possono essere utilizzate le gonadotropine (nota 74 AIFA), in particolare:

  • FSH in mono-terapia (urofollitropina 75 UI, follitropina alfa 75 UI o follitropina beta 75 UI) oppure
  • FSH + LH: menotropina (FSH 75 UI + LH 75 UI), oppure urofollitropina 75 UI, follitropina alfa 75 UI o follitropina beta 75 UI in associazione con LH ricombinante.

La somministrazione è giornaliera, im o sc, dal 2°-3° giorno fino al 9°-10° giorno del ciclo. Se il dosaggio è insufficiente, può essere gradualmente rimodulato. Per evitare stimolazioni incongrue, è opportuno un controllo ecografico peri-mestruale, per evidenziare la presenza di eventuali follicoli residui relativi al ciclo precedente.

 

1.B. Fase pre-ovulatoria
In base alle indicazioni dei livelli di E2 o del monitoraggio ecografico (diametro del follicolo dominante pari a 20-25 mm), si somministra poi hCG 5000-10000 UI o coriongonadotropina ricombinante 250 µg/0.5 mL per stimolare la deiscenza follicolare.

 

1.C. Fase luteinica
Può essere indicato un trattamento con hCG (1 fl 2000 UI in 18° e 20° giornata del ciclo) o direttamente con progestinici (dal 18° giorno del ciclo) per favorire l’eventuale impianto dell’embrione.

 

1.D. Induzione dell’ovulazione multipla (vedi PMA)
I protocolli di stimolazione follicolare prevedono una combinazione di gonadotropine e agonisti o antagonisti del GnRH, con la finalità di inibire il processo di selezione spontaneo di un follicolo dominante e di permettere una crescita follicolare multipla. La scelta del protocollo, del farmaco e del suo dosaggio è valutata caso per caso, in base all’età della paziente, alla riserva ovarica e alle sue caratteristiche ovulatorie.

 

2. Trattamento dell'iperandrogenismo (32-34)
Una delle cause di anovulatorietà è rappresentata da una condizione di iperandrogenismo. Il trattamento prevede innanzitutto un intervento sullo stile di vita, con riduzione del peso corporeo, se in eccesso. Se è presente insulino-resistenza, può essere presa in considerazione la terapia con metformina.
Se è già pianificata una gravidanza, è indicato il trattamento con clomifene citrato per indurre l’ovulazione. Se tale stimolazione non risulta efficace, è ovviamente necessario procedere con la terapia anti-androgenica prima della gravidanza. Sono a tal proposito presi in considerazione:

  • per le forme lievi: estro-progestinici;
  • per le forme clinicamente più evidenti: anti-androgeni (ciproterone acetato 50-100 mg 1 cp dal 1° al 10° oppure dal 5° al 14° giorno del ciclo mestruale; flutamide 250 mg 1 cp/die; spironolattone 100 mg 1 cp dal 5° al 25°giorno) con eventuale associazione di un progestinico (noretisterone 10 mg, didrogesterone 10 mg, progesterone 100 mg dal 10°-25° giorno del ciclo mestruale). Se vi è una concomitante o preponderante componente di iperandrogenismo di origine surrenalica, può essere associato un trattamento cortisonico (desametasone 25 mg dal 10° al 20° giorno del ciclo mestruale).

 

3. Correzione dell’assetto ormonale extra gonadico (iperprolattinemie, iper/ipotiroidismo, ecc) (35)
Queste forme necessitano di trattamento specifico.
In presenza di alterazioni metaboliche, in particolare di iperinsulinemia, la correzione del disturbo può ripristinare l’ovulatorietà.

 

4. Infezioni genitali e Malattia Infiammatoria Pelvica (Pelvic Inflammatory Disease - PID) (15,36)
Le infezioni genitali sono piuttosto frequenti e possono essere causate da miceti, germi comuni, Neisseria Gonorrhoeae, Chlamidia Trachomatis, Mycoplasmi, Trichomonas, HSV e HPV. Possono interessare vulva, vagina, cervice uterina ed endometrio. La terapia è ovviamente specifica per ciascuna tipologia di infezione (anti-micotici, antibiotici, anti-virali) e può essere effettuata con trattamento topico (ovuli, creme, lavande) o sistemico. È consigliabile anche una terapia parallela per il partner.
In alcuni casi, soprattutto nelle infezioni da Neisseria Gonorrhoeae e Chlamidia Trachomatis, vi può essere un coinvolgimento pelvico, che determina quindi una PID. Tale condizione deve essere adeguatamente valutata e trattata (antibiotici e anti-flogistici), in quanto, se non rimossa, può creare seri problemi di pervietà tubarica.

 

5. Endometriosi (37-40)
La terapia di prima scelta dell'endometriosi è basata sull’utilizzo di progestinici o estro-progestinici, efficaci nel ridurre il dolore e bloccare la progressione, poiché, bloccando l’ovulazione, riducono il sanguinamento e l’infiammazione delle lesioni endometriosiche. Per quanto riguarda i progestinici, sono di più recente utilizzo il dienogest, agonista di 4° generazione per os, e i dispositivi medicati intra-uterini (levonorgestrel-releasing intrauterine device – LNG IUD).
Un’alternativa è rappresentata dal danazolo (androgeno orale, al dosaggio di 200-800 mg/die) e dagli agonisti del GnRH, utilizzati con lo scopo di bloccare la funzione ovarica e di conseguenza la progressione di malattia; ma gli effetti avversi, soprattutto del danazolo, non permettono un trattamento a lungo termine e definitivo.
Nel momento in cui subentra una pianificazione procreativa, l’eventuale terapia in atto va sospesa. Se non si ottiene la gravidanza in tempi ragionevoli, bisogna prendere in considerazione la terapia chirurgica conservativa, oppure si può ricorrere a tecniche di PMA, previo trattamento preliminare con agonisti del GnRH per almeno 3 mesi.

 

6. Nutraceutica (41)
Anche nell’apparato riproduttivo femminile, i ROS hanno un ruolo in alcune funzioni, quali la maturazione e la deiscenza follicolare. Uno squilibrio tra produzione di ROS e sistema anti-ossidante può pertanto rappresentare un fattore patogenetico in queste funzioni. Inoltre, il deficit di inositolo sembra essere coinvolto nell’insulino-resistenza. Per tali motivi, sembra particolarmente efficace un trattamento con inositolo (in grado di migliorare l’azione recettoriale dell’insulina), in associazione con folati e acido alfa-lipoico (per la loro spiccata azione anti-ossidante), soprattutto in donne affette da PCOS.

 

7. Ostilità cervicale
La condizione di ostilità del muco cervicale, che rende difficoltosa la penetrazione nemaspermica, oltre che da agenti infettivi, può dipendere da un’alterazione delle caratteristiche chimico-fisiche, per inadeguata risposta dell’epitelio allo stimolo estrogenico. In questi casi può essere opportuna una terapia locale (ovuli) ri-epitelizzante in associazione con piccole dosi di etinil-estradiolo (5 µg dal 6° all’11° giorno del ciclo mestruale).

 

TERAPIE INTERVENTISTICHE

Oltre che per l’endometriosi, possono essere indicati interventi chirurgici per malformazioni uterine, stenosi cervicali, occlusione tubarica, ecc. In particolare, per quanto riguarda le occlusioni e le sub-occlusioni tubariche sono proposte le idro-tubazioni.

 


 INFERTILITÀ DI COPPIA

Problemi di sessualità di coppia e infertilità psicogena di coppia (22)
Può essere indicato in tali casi il ricorso a un counselling psico-sessuologico o all’ausilio di farmaci pro-erettili, prima di ricorrere a programmi di PMA.

 

Tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA)
Nei casi di infertilità di coppia in cui il problema non è risolvibile con la fecondazione per via naturale, si può ricorrere, previo counselling psicologico e genetico, a programmi di PMA.

 


 

 

Terapie dell’infertilità
Maschili Ipogonadismo ipogonadotropo Gonadotropine
GnRH
Dispermie testicolari Gonadotropine
Anti-estrogeni SERM
Inibitori dell’aromatasi
Rebound con testosterone
Antibiotici e anti-flogistici
Acetil-cisteina
Glucocorticoidi
Nutraceutica Aminoacidi
Anti-ossidanti
Energizzanti
Callicreina, inositolo
Terapie specifiche per fattori ormonali extra-gonadi
Azoospermie ostruttive Recupero spermatozoi
Disfunzioni sessuali Dapoxetina
PDE5-inibitori
Alprostadil
Femminili Stimolazione dell'ovulazione Fase follicolare Clomifene
Gonadotropine
Fase pre-ovulatoria hCG
Fase luteinica hCG
Progestinici
Induzione ovulazione multipla Gonadotropine e analoghi o antagonisti del GnRH
Iperandrogenismo Metformina
Clomifene
Estro-progestinici
Anti-androgeni
Progestinici
Desametasone
Correzione dell’assetto ormonale extra-gonadico Iperprolattinemia: dopamino-agonisti
Distiroidismo: tiroxina o anti-tiroidei
Infezioni genitali e PID Anti-micotici
Antibiotici
Anti-virali
Anti-flogistici
Endometriosi Progestinici
Estro-progestinici
Danazolo
Agonisti del GnRH
Nutraceutica Inositolo
Folati e acido alfa-lipoico
Ostilità cervicale Terapia locale ri-epitelizzante + etinil-estradiolo

 

 


BIBLIOGRAFIA

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