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Marco Faustini Fustini
IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (ISNB), Ospedale Bellaria

(aggiornato al 10 dicembre 2015)

 

Premesse
L’iponatremia (sodiemia < 135 mmol/L) è il disordine elettrolitico più frequente nella pratica clinica. L’inquadramento generale delle condizioni morbose in grado di produrre iponatremia esula dagli scopi di questo paragrafo ed è stata ampiamente considerata in altre parti di Endowiki. Qui s’intende portare l’attenzione su una questione ancora ampiamente dibattuta e non ancora risolta nell’ambito dell’iponatremia: la diagnosi differenziale tra la sindrome da inappropriata antidiuresi (SIAD, nota anche con l’acronimo SIADH, sindrome da inappropriata secrezione di ADH) e la “cerebral salt wasting syndrome” (CSWS). In realtà, il problema è ancora più complesso, dal momento che alcuni autori consigliano di sostituire il termine “cerebral” con “renal”, essendo stati riportati alcuni casi di iponatremia con le caratteristiche della CSWS, ma in pazienti senza patologie del SNC in atto documentabili. Tralasciando le questioni semantiche, dal punto di vista pratico va, comunque, ricordato che tutta questa questione è sorta per la difficoltà di attuare il trattamento più idoneo nei pazienti che sviluppano iponatremia ipotonica associata a patologie del SNC, quali emorragie subaracnoidee, traumi, chirurgia cerebrale, chirurgia trans-sfenoidale, voluminosi tumori cerebrali con o senza idrocefalo. La mancanza di studi prospettici controllati rende ragione della difficoltà a trarre conclusioni basate su solide evidenze scientifiche. Esiste, tuttavia, un accordo quasi unanime nel ritenere la SIAD assai più frequente della CSWS quale causa d’iponatremia di origine “centrale”.

 

Le iponatremie di origine “centrale”
Le iponatremie di origine “centrale” sono essenzialmente riconducibili a due condizioni: la SIAD e la CSWS. Esse si caratterizzano, soprattutto, per il differente stato del volume del fluido contenuto nel compartimento extra-cellulare (CEC), che è lievemente aumentato nella SIAD (in cui, comunque, il paziente rimane clinicamente euvolemico), mentre risulta essere ridotto nella CSWS (in cui si ha anche una riduzione del volume arterioso efficace a stimolare i barocettori dei grandi vasi intra-toracici).

SIAD. Fu inizialmente descritta (nel 1957) come sindrome paraneoplastica in pazienti con carcinoma polmonare in assenza di uno stimolo fisiologico alla secrezione di ormone antidiuretico (aumentata osmolalità plasmatica o ridotta volemia). In generale, si caratterizzata per iponatremia con ipo-osmolalità plasmatica e urine inappropriatamente concentrate (ossia non diluite in maniera massimale: Uosm > 100 mOsm/kg H2O in presenza di normale funzione renale), aumentate concentrazioni di sodio nell’urina (> 40 mmol/L con dieta normosodica) e volume intra-vascolare normale o lievemente aumentato (per lo stato di espansione del volume extra-cellulare, che tuttavia non è evidente dal punto di vista clinico), in assenza di altre cause note di iponatremia ipotonica euvolemica (ipotiroidismo, iposurrenalismo).

CSWS. Come la SIAD, anche la CSWS è caratterizzata dal punto di vista bioumorale dalla triade costituita da iponatremia con ipo-osmolalità plasmatica, urine inappropriatamente concentrate (Uosm > 100 mOsm/kg H2O) e aumentate concentrazioni di sodio nell’urina (> 40 mmol/L). Contrariamente a quanto si rileva nella SIAD, tuttavia, la CSWS si accompagna a uno stato di deplezione del volume extra-cellulare, che solitamente è tale da rendersi evidente anche dal punto di vista clinico con segni d’ipovolemia (caduta della pressione arteriosa e del polso periferico in ortostatismo, mucose secche, vene periferiche appiattite, …). Si tratta, pertanto, di una forma d’iponatremia ipotonica ipovolemica. La presenza d’iponatremia ipotonica e d’ipovolemia clinicamente evidente indica deplezione dei soluti corporei rispetto all’acqua corporea totale. La concentrazione urinaria elevata di sodio suggerisce l’origine renale della perdita di soluti. Nel caso, invece, d’iponatremia ipotonica ipovolemica da perdita extra-renale di soluti, la sodiuria è ridotta. La riduzione del volume intra-vascolare si accompagna a elevazione dell’ematocrito, dell’albuminemia e del rapporto uremia/creatininemia.
Descritta inizialmente nel 1950 da Peters e coll, la CSWS conobbe in seguito un periodo di relativo declino dopo la scoperta della SIADH nel 1957. Negli anni ’80 e sul finire degli anni ’90, tuttavia, l’interesse fu riacceso da alcuni lavori sperimentali, condotti soprattutto in pazienti neurochirurgici affetti da patologie cerebrali a esordio acuto, in cui, a fronte di un quadro biochimico simile a quello riscontrato nella SIADH, si riscontrava uno stato di contrazione del volume extra-cellulare e della volemia, in alcuni casi documentato anche dalla misurazione della pressione venosa centrale.
I meccanismi patogenetici responsabili dell’aumentata escrezione renale di Na+ che si realizza nella CSWS non sono stati completamente chiariti. Alcune evidenze sperimentali (raccolte soprattutto nell’emorragia subaracnoidea) indicano la secrezione di peptidi natriuretici (soprattutto BNP) come maggior responsabile della natriuresi nella CSWS. Questi peptidi riducono il riassorbimento di Na+ a livello della midollare profonda del dotto collettore. Tuttavia, sono stati proposti altri meccanismi. In particolare, sembra poter avere un ruolo importante l’interruzione di fibre simpatiche centrali dirette al rene da parte della noxa patogena acuta. Il ridotto tono simpatico al rene potrebbe causare un ridotto riassorbimento di sodio e urati a livello prossimale. Infatti, poiché questa porzione del nefrone è quella coinvolta nella maggior parte del riassorbimento tubulare del Na+ filtrato, è sufficiente una minima riduzione di efficacia di questo meccanismo per fare giungere grandi quantità di Na+ al nefrone distale, che non sarà in grado di riassorbirle. La natriuresi senza perdita di potassio si spiega anche per la ridotta secrezione di renina e aldosterone che accompagna la CSWS, forse per effetto inibitorio diretto da parte di peptidi natriuretici o forse per azione indiretta mediata dal ridotto tono simpatico. Infatti, la condizione d’ipovolemia che caratterizza la CSWS dovrebbe stimolare sia il sistema renina-angiotensina-aldosterone (che, invece, rimane soppresso), sia - tramite i barocettori - la secrezione di AVP, che in effetti si realizza, ma  in maniera “appropriata” (mentre nella SIAD è “inappropriata”, mancando sia lo stimolo osmotico sia lo stimolo barocettoriale, essendo presente uno stato di espansione del volume extra-cellulare).

 

Quadri clinici e diagnosi differenziale
Le iponatremie di origine “centrale” (SIAD e CSW), come tutte le altre forme di iponatremia ipotonica, determinano uno spostamento di acqua all’interno delle cellule, finchè non viene raggiunto un nuovo equilibrio osmotico. Questo fatto è particolarmente pericoloso per le cellule cerebrali, poiché la rigidità della scatola cranica limita lo spazio per l’espansione. Se l’iponatremia si sviluppa rapidamente, è elevato il rischio di edema cerebrale (encefalopatia iponatremica). D’altra parte, anche l’iponatremia che si sviluppa più lentamente può comportare rischi seri per il paziente, soprattutto nel caso di correzione troppo rapida (sindromi osmotiche demielinizzanti: mielinolisi pontina centrale e mielinolisi extra-pontina).
La sintomatologia può iniziare in maniera subdola con sintomi aspecifici (anoressia, nausea, crampi muscolari). Successivamente, compaiono sintomi da interessamento del SNC, che possono limitarsi a disorientamento, letargia, confusione, atassia, ma che possono anche progredire in un crescendo dall’esito talora fatale (tremori, agitazione, delirio, convulsioni, riflessi profondi iporeattivi, riflessi patologici, deficit focali neurologici, paralisi pseudo-bulbare, respiro di Cheyne-Stokes).
La tabella riassume le principali caratteristiche che differenziano SIAD e CSWS.

 

SIAD vs CSWS: diagnosi differenziale e terapia
Caratteristiche cliniche e biochimiche SIAD CSWS
Stato del volume extra-cellulare Aumentato Ridotto
Volemia Essenzialmente normale Ridotta
Cambiamenti posturali di PA e frequenza Assenti Presenti
Membrane mucose Normali Secche
Vene periferiche Normali Appiattite
Pressione venosa centrale Normale o lievemente aumentata Ridotta
Uricemia Ridotta Normale o ridotta
Azotemia/creatininemia Ridotta Aumentata
Ematocrito Normale Aumentato
Albuminemia Normale Aumentata
Potassiemia Normale Normale o aumentata
Sodiuria > 40 mmol/L
Osmolarità urinaria > 100 mOsm/kg H2O
Bilancio idrico In equilibrio o lievemente positivo Negativo
Bilancio del sodio In equilibrio Negativo
Perdita di peso Assente Presente
Trattamento Restrizione idrica (casi pauci-sintomatici)
Sol. NaCl 3% (sintomi severi)
Vaptani (casi selezionati)
Sol. salina (NaCl 0.9%)
Sol. NaCl 3% (casi selezionati)

 

 

Terapia
Dal momento che SIAD e CSWS si differenziano essenzialmente per il diverso stato del volume extra-cellulare, ne consegue che si rende assolutamente necessario una preventiva diagnosi differenziale tra le due forme di iponatremia “centrale” per impostare la corretta terapia. In entrambi i casi, comunque, prima di iniziare il trattamento, è necessario considerare soprattutto la severità della sintomatologia e la durata dell’iponatremia, mentre l’entità dell’iponatremia costituisce un dato forse meno importante, seppure certamente non secondario. Per il trattamento generale delle forme d’iponatremia acuta e cronica (e in particolare per la SIAD) si rimanda al relativo capitolo di Endowiki. In questa sezione, ci si limita a fornire alcuni ulteriori elementi di discussione nel caso di CSWS.
CSWS. Lo stato di deplezione del volume extra-cellulare richiede l’infusione di abbondante quantità di soluzione salina 0.9%. Il paziente è sintomatico, ma spesso, come nella SIAD, non si conosce la durata dell’iponatremia. In questi casi, il tasso di correzione dell’iponatremia non deve superare 6 mmol/L ogni 24 ore di trattamento. Si tratta di un cut-off ancora più restrittivo di quello che comunemente si utilizza per la SIAD e altre forme d’iponatremia ipotonica euvolemica, poiché, in presenza d’ipovolemia, è maggiore il rischio di sottostimare l’incremento della natremia in seguito alla terapia infusionale (in questo caso di soluzione salina 0.9% NaCl). Infatti, allorchè il volume circolante è ripristinato, lo stimolo fisiologico alla secrezione – appropriata – di AVP viene meno e il rene riacquista prontamente la capacità di eliminare un carico d’acqua, con conseguente rischio di una rapida impennata della natremia.
Per completezza d’informazione, va riferita anche la posizione - forse eccessivamente pragmatica - assunta da alcuni autori, i quali, scettici sulla reale esistenza della CSWS come entità nosologica a sè stante, consigliano di trattare tutti i pazienti con patologia del SNC associata a iponatremia ipotonica con soluzione ipertonica NaCl 3%, senza porsi il problema della diagnosi differenziale tra SIAD e CSWS.
Quando una malattia acuta del SNC si associa a CSWS, questa tende a mantenersi per diverse settimane. Pertanto, una volta ristabilito il volume intra-vascolare con soluzione salina, appena il paziente è in grado di assumere farmaci per via orale, è auspicabile l’uso di tavolette contenenti sale. È stato proposto da alcuni autori l’impiego combinato di fludrocortisone (0.1-0.3 mg/die) per accelerare la risoluzione dell’iponatremia in pazienti affetti da CSWS, ma mancano evidenze in grado di sostenere questa terapia per uso routinario.
Nei pazienti con CSWS è controindicato l’impiego degli antagonisti del recettore V2 di AVP (acquaretici puri), poichè l’ipovolemia peggiora per effetto della perdita renale di acqua libera.

 

Bibliografia

  • Berendes E, Walter M, Cullen P, et al. Secretion of brain natriuretic peptide in patients with aneurismal subarachnoid Haemorrhage. Lancet 1997, 349: 245-9.
  • Sterns RH, Silver SM. Cerebral salt wasting versus SIADH: what difference? J Am Soc Nephrol 2008, 19: 194-6.
  • Palmer BF. Hyponatraemia in a neurosurgical patient: syndrome of inappropriate antidiuretic hormone secretion versus cerebral salt wasting. Nephrol Dial Transplant 2000, 15: 262-8.
  • Maesaka JK, Miyawaki N, Palaia T, et al. Renal salt wasting without cerebral disease: diagnostic value of urate determinations in hyponatremia. Kidney Int 2007, 71: 822-6.
  • Lee P, Jones GRD, Center JR. Successful treatment of adult cerebral salt wasting with fludrocortisone. Arch Intern Med 2008, 168: 325-6.
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Andrea Guarnieri
SC Nefrologia e Dialisi - AO S. Croce e Carle – Cuneo

 

CLINICA

In letteratura mancano dati che individuano la concentrazione sierica di fosfato che si accompagna alla comparsa di sintomi. Nei pazienti con insufficienza renale cronica è infrequente la presenza di disturbi per valori < 7 mg/dL.
L’iperfosfatemia è generalmente asintomatica; occasionalmente i pazienti possono manifestare sintomi da ipocalcemia, quali crampi, tetania, intorpidimento o formicolio peri-orale, più raramente dolori osteo-articolari, prurito ed eruzioni cutanee. I sintomi più frequentemente accusati sono quelli relativi alla condizione causa di iperfosfatemia, il più delle volte l’uremia: affaticamento, dispnea, anoressia, nausea e vomito, disturbi del sonno.
Nell’iperfosfatemia acuta, causata in particolare dalla somministrazione parenterale di fosfato, il paziente può essere ipoteso o manifestare segni di ipocalcemia grave, quali segno di Trousseau o di Chvostek, iper-reflessia, spasmo carpo-pedalico o convulsioni.

 

EZIOPATOGENESI

L’iperfosfatemia può manifestarsi in due condizioni:

  1. entrata nei liquidi extra-cellulari di fosfato in eccesso rispetto alla quantità che può essere eliminata;
  2. aumento della soglia renale per l’escrezione del fosfato.

Le cause sono riassumibili in quattro circostanze: carico acuto di fosfato, passaggio acuto di fosfato nello spazio extra-cellulare, danno renale acuto o cronico, incremento primario del riassorbimento tubulare del fosfato.

 

Carico acuto di fosfato
Un carico di fosfato sufficiente a superare la capacità renale di escrezione può derivare sia da risorse endogene sia esogene. Poiché il fosfato è il principale anione intra-cellulare, ogni causa di marcata lisi cellulare può portare a un rilascio di fosfato nei liquidi extra-cellulari. L’iperfosfatemia che ne consegue, può provocare la precipitazione di fosfato di calcio nei tessuti, con conseguente ipocalcemia.
Sindrome da lisi tumorale. Normalmente causata da terapie cito-tossiche, ma occasionalmente spontanea, in pazienti con una grossa massa tumorale caratterizzata da alto turn-over cellulare (linfoma di Burkitt, linfoma non-Hodgkin, alcune leucemie; più raramente descritta in pazienti con tumori solidi, come epatoblastoma e neuroblastoma in fase avanzata). La lisi cellulare comporta, oltre all’iperfosfatemia, un rapido sviluppo di iperuricemia, iperkaliemia, ipocalcemia e, frequentemente, danno renale acuto (1).
Rabdomiolisi. Anche il danno muscolare porta a un rilascio di fosfato nel comparto extra-cellulare. Poiché una delle conseguenze più frequenti della rabdomiolisi è il danno renale, la gravità dell’iperfosforemia può essere ancora maggiore qualora si abbia una riduzione acuta del filtrato glomerulare.
Fosfato esogeno. L’iperfosfatemia esogena è più frequentemente indotta dall’ingestione di grosse quantità di lassativi contenenti fosfato (anche come preparazione per la colonscopia). In questi pazienti si può anche manifestare una nefropatia acuta con insufficienza renale (2). Un’iperfosfatemia esogena è stata raramente descritta anche in pazienti con convulsioni trattati con alte dosi di fosfenitoina.

 

Passaggio acuto di fosfato nell’extra-cellulare
Un passaggio massivo di fosfato dalle cellule al comparto extra-cellulare è una causa rara di iperfosfatemia, ma è stata descritta in presenza di acidosi lattica e cheto-acidosi diabetica. L’acidosi metabolica, oltre a promuovere il passaggio del fosfato nell’extra-cellulare, può diminuire la glicolisi e quindi l’utilizzo cellulare del fosfato, con conseguente ulteriore aumento della concentrazione sierica. Per ragioni non chiare, altre forme di acidosi sono meno comunemente associate a iperfosfatemia.

 

Malattia renale acuta o cronica
Solo una percentuale del 5–20% del fosfato filtrato dai reni è escreto con le urine, essendo la maggior parte riassorbita a livello del tubulo prossimale. Una riduzione sia acuta sia cronica del filtrato glomerulare diminuirà la filtrazione e l’escrezione del fosfato. Inizialmente il bilancio può essere mantenuto in equilibrio riducendo il riassorbimento prossimale, grazie all’aumento dei livelli di PTH e FGF-23 con azione fosfaturica. Per valori di GFR < 20-25 mL/min il riassorbimento del fosfato è massimamente soppresso e l’escrezione urinaria non è più in grado di mantenere livelli sierici normali; a questo punto la fosfatemia aumenta riequilibrando il bilancio.

 

Aumento del riassorbimento tubulare
L’escrezione del fosfato può essere ridotta anche per un incremento del riassorbimento tubulare prossimale.
Ipoparatiroidismo
. Sia il deficit di PTH sia la resistenza renale all’azione dell’ormone (pseudo-ipoparatiroidismo) comportano un incremento del riassorbimento del fosfato, con conseguente iperfosfatemia.
Acromegalia
. In alcuni pazienti con acromegalia può manifestarsi iperfosfatemia, probabilmente per uno stimolo diretto all’assorbimento del fosfato da parte di GH o IGF-1.
Bisfosfonati
. Principalmente l’etidronato può causare modesta iperfosfatemia, per stimolo diretto dell’assorbimento renale.
Tossicità da vitamina D. La vitamina D aumenta l’assorbimento di calcio e fosfato e l’ipercalcemia diminuisce l’escrezione urinaria di fosfato.
Calcinosi Tumorale Familiare (CT). La CT è una malattia congenita, ereditata con modalità autosomica recessiva, caratterizzata dalla formazione, nei primi 20 anni di vita, di depositi di calcio a livello della cute e delle strutture muscolo-tendinee che circondano le articolazioni, in particolare quelle di bacino, spalle, piedi e mani (3). La CT è caratterizzata da normocalcemia, iperfosfatemia, livelli di vitamina D nella norma ma inadeguati per i valori di fosfato. Nei pazienti con CT sono state riscontrate mutazioni di vario tipo e gravità in tre diversi geni deputati al controllo dei livelli circolanti di fosfato e vitamina D: GALNT3 (il cui prodotto è la glicosil-trasferasi, un enzima che previene la degradazione di FGF-23), FGF-23 e Klotho. Complessivamente, le mutazioni descritte determinerebbero un deficit di FGF-23 o una resistenza periferica alla sua azione.
Pseudo-iperfosfatemia. Un’iperfosfatemia “spuria”, dovuta a interferenza con i metodi analitici, può manifestarsi in pazienti con iperglobulinemia (mieloma multiplo, macroglobulinemia di Waldenstrom, gammopatie monoclonali), iperlipidemia, emolisi e iperbilirubinemia. È stata anche descritta una pseudo-iperfosfatemia secondaria a terapia con alte dosi di amfotericina B liposomiale e a contaminazione del campione con attivatore del plasminogeno tissutale ricombinante ed eparina.

 

TRATTAMENTO

Iperfosfatemia acuta
Se la funzione renale è preservata, si risolve spontaneamente in 6–12 ore. L’escrezione urinaria può essere aumentata con infusione di soluzione fisiologica. In pazienti con ipocalcemia sintomatica è spesso indicata l’emodialisi.

Iperfosfatemia cronica
Si manifesta in pazienti affetti da insufficienza renale cronica o calcinosi tumorale familiare. La terapia consiste nel ridurre l’apporto alimentare di fosfato e nell’utilizzo di chelanti.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Arrambide K, Toto RD. Tumor lysis syndrome. Semin Nephrol 1993, 13: 273-80.
  2. Gonlusen G, Akgun H, Ertan A, et al. Renal failure and nephrocalcinosis associated with oral sodium phosphate bowel cleansing: clinical patterns and renal biopsy findings. Arch Pathol Lab Med 2006, 130: 101-6.
  3. Slavin RE, Wen J, Kumar D, et al. Familiar tumoral calcinosis. A clinical, histophatologic, and ultrastructural study with an analysis of its calcifying process and pathogenesis. Am J Surg Pathol 1993, 17: 788-802.
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Marco Faustini Fustini
IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Ospedale Bellaria, Bologna 

(aggiornato al 10 dicembre 2015)

 

Definizione e fisiopatologia
L’ipersodiemia (sodio sierico > 145 mmol/L) è un disordine iperosmolare caratterizzato da un deficit di acqua rispetto ai soluti corporei ed è sempre sinonimo d’iperosmolalità, poiché lo ione sodio è il principale costituente dell’osmolalità plasmatica (1). Al contrario, la condizione d’iperosmolalità può aversi anche in assenza d’ipersodiemia, quando un eccesso di soluti osmoticamente attivi diversi dal sodio si accumula in circolo, come accade in corso di coma iperglicemico iperosmolare.
Un altro concetto essenziale da ricordare è che l’ipersodiemia si associa sempre a disidratazione, ossia a perdita di acqua dal compartimento interstiziale e intra-cellulare. Infatti, quando si perde acqua dalla cute, dal tratto gastro-enterico o dal rene, l’ipertonicità che si crea nel compartimento extra-cellulare si trasferisce direttamente nel più ampio compartimento intra-cellulare. Se l’ipertonicità non è corretta e progredisce, l’impatto maggiore si avrà proprio sul compartimento intra-cellulare, che rappresenta la maggior riserva d’acqua dell’organismo, e in misura minore sul compartimento interstiziale. In altri termini, disidratarsi significa perdere acqua dalle cellule e stimolare la sete e la secrezione di AVP. Il sistema nervoso centrale è l’organo più sensibile alla disidratazione. Non stupisce, pertanto, che la confusione, le convulsioni e lo stato di coma rappresentino i sintomi e i segni neurologici più gravi cui può andare incontro il paziente.

 

Cause
La tabella evidenzia le cause, fra cui la perdita d’acqua corporea totale è certamente la più frequente.

 

Tabella 1
Cause di ipersodiemia
Da perdita d’acqua Pura Ridotto senso della sete (ipodipsia)
Perdita insensibile (da cute e vie respiratorie)
Diabete insipido Centrale (congenito o acquisito)
Nefrogenico (congenito o acquisito)
Perdita di fluidi ipotonici Cause renali Diuretici dell’ansa
Diuresi osmotica
Fase poliurica della necrosi tubulare acuta
Diuresi post-ostruttiva
Cause gastro-intestinali Vomito
Diarrea
Sondino naso gastrico
Fistola entero-cutanea
Uso di agenti catartici osmotici
Cause cutanee Ustioni estese
Iperidrosi marcata non bilanciata
Da aumento di sodio totale corporeo rispetto all’acqua (aumento di sodio “ipertonico”) Infusione di soluzioni ipertoniche di bicarbonato di sodio
Infusione di soluzioni saline ipertoniche
Preparazioni ipertoniche per alimentazione artificiale
Ingestione di acqua di mare
Ingestione di cloruro di sodio in eccesso
Emetici ricchi di cloruro di sodio
Iniezioni intra-uterine di soluzioni ipertoniche
Clistere con soluzione salina ipertonica
Dialisi ipertonica
Aumentata attività mineralcorticoide Iperaldosteronismo primario
S. di Cushing

 

 

Clinica, diagnostica e trattamento
La velocità d’insorgenza dell’ipernatremia – acuta se < 48 ore - può avere un ruolo nella scelta del trattamento appropriato e caratterizzare il quadro clinico, il quale, tuttavia, risente maggiormente dell’età del paziente.
Il bambino ipernatremico mostra debolezza muscolare, è spesso polipnoico, agitato, insonne, presenta non raramente un pianto stridulo con tonalità alta, per divenire poi letargico, convulsivante (raramente) e, infine, entrare in coma. La trombo-embolia è stata riportata come una rara ma temibile complicanza dell’ipernatremia, soprattutto nei bambini.
Il paziente anziano - probabilmente la maggior parte dei soggetti ipernatremici appartiene a questa categoria - spesso non presenta sintomi evidenti finchè la natremia non raggiunge 160 mmol/L. La sete, che costituisce il sintomo principale nel paziente ipernatremico cosciente, è talora poco evidente, soprattutto nel momento in cui l’ipernatremia progredisce e il paziente diviene debole e confuso. La riduzione acuta del volume cerebrale per disidratazione può comportare la rottura di vasi cerebrali e la conseguente emorragia subaracnoidea. Come nel bambino, l’ipernatremia non corretta può portare allo stato di coma e alla morte anche il paziente adulto. Nell’anziano la sintomatologia neurologica iniziale (debolezza muscolare, confusione mentale) può confondersi con la vasculopatia cerebrale cronica sottostante.
Nella gestione del paziente con ipernatremia sono potenzialmente utili parametri quali l’osmolalità urinaria, il bilancio idrico giornaliero e, seppure con alcune limitazioni, la secrezione urinaria giornaliera (24 ore) di sodio, quale indicatore indiretto dello stato di idratazione e del volume extra-cellulare. In realtà, dovrebbero essere considerate anche altre variabili, non sempre facili da acquisire al letto del malato, che, soprattutto se anziano, talora giunge in ospedale in stato confusionale e non accompagnato da familiari in grado di fornire informazioni utili: la temperatura corporea nei giorni antecedenti il ricovero, il tipo di dieta abituale (in particolare l’apporto idrico e di soluti), i farmaci assunti.
La ricerca della possibile causa dell’ipernatremia, la severità del quadro clinico e biochimico e la valutazione clinica dello stato del volume extra-cellulare sono i principi fondamentali che guidano la scelta del trattamento. Non esistono farmaci per il trattamento dell’ipernatremia e, quando ciò sia possibile, è preferibile utilizzare l’idratazione per bocca e riservare le soluzioni ipotoniche in infusione endovenosa solo ai casi severi, senza superare le 8-10 mmol/L di riduzione media della natremia nelle 24 ore, stante il rischio d’indurre edema cerebrale. La formula di Adrogue-Madias può essere utilmente impiegata, con cautela, allo scopo (2).

Deficit di acqua (in litri) = acqua totale corporea * [1–(140/sodiemia)]

L’acqua corporea è pari a una frazione del peso corporeo:

  • bambino, uomo adulto = 0.6 * peso corporeo
  • donna, uomo anziano = 0.5 * peso corporeo
  • donna anziana = 0.45 * peso corporeo

(Esempio: donna di 70 anni e 60 kg con sodiemia di 158 mM/L, il deficit di acqua è pari a (0.45 * 60) * [1- (140/158)] = 3.1 L)

Variazione della sodiemia = [(sodio infuso + eventuale potassio infuso) – sodiemia]/(acqua totale corporea + 1)

 
Tabella 2
Sodio infuso
Soluzione Na (mM/L) Distribuzione extra-cellulare (%)
Glucosata 5% 0 40
0.2% NaCl in glucosata 5% 34 55
Ipotonica (NaCl 0.45%) 77 73
Ringer lattato 130 97
Fisiologica 0.9% 154 100

 

(Esempio: se nella stessa donna infondo glucosata 5%, la variazione della sodiemia è (0 – 158)/(0.45*60 + 1) = 5.6 mM/L)

Si possono poi distinguere 4 situazioni particolari, che comportano differenze nella gestione clinica.

  1. Paziente sintomatico che ha sviluppato l’ipernatremia in poche ore (ad esempio nelle forme iatrogene per infusione di soluzione salina ipertonica): la riduzione della natremia può essere più rapida (4-6 mmol/L nelle prime 4-6 ore di trattamento).
  2. Paziente ipernatremico che presenta anche segni clinici di deplezione del volume extra-cellulare: è verosimile che la causa sia una perdita di acqua libera e, in misura minore, di sodio, ossia una perdita di fluidi ipotonici (diuretici dell’ansa, vomito, diarrea, fistole entero-cutanee, …). In questo caso, è preferibile impiegare anche la soluzione salina 0.9% NaCl - oltre all’acqua libera per os o ev – allo scopo di stabilizzare rapidamente i segni vitali.
  3. Paziente ipernatremico senza segni clinici di alterato volume extra-cellulare: è probabile che la causa sia da ricercare nella perdita di acqua libera (ipodipsia, diabete insipido). In questo caso, il trattamento si limiterà a introdurre acqua libera (per bocca o ev).
  4. Paziente ipernatremico con segni clinici di espansione del volume extra-cellulare (edema): conviene pensare a un aumento di acqua libera e, in maggior misura, di sodio, come avviene nell’impiego di soluzioni ipertoniche. In questo caso, è utile utilizzare diuretici dell’ansa assieme all’acqua libera e, se questo trattamento combinato non sortisce effetti, considerare l’emodialisi.

 

Bibliografia

  • Verbalis JG. Disorders of body water homeostasis. Best Pract Res Endocrinol Metab 2003, 17: 471-503.
  • Adrogue HJ, Madias NE. Hypernatremia. N Engl J Med 2000, 342: 1493-9.
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Paola Sartorato1 & Gregorio Guabello2
1Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale di Montebelluna (TV)
2Ambulatorio di Patologia Osteo-Metabolica, UO Reumatologia, IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi; Ambulatorio di Endocrinologia Oncologica, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

(aggiornato al 20 marzo 2020)

 

FISIOLOGIA DEL FOSFORO

Lo ione fosfato svolge un ruolo critico in molti processi biologici, tra cui il metabolismo energetico, la fosforilazione di proteine necessarie alla trasmissione cellulare, il metabolismo degli acidi nucleici e il mantenimento dell’integrità della membrana cellulare e della mineralizzazione ossea.
L’omeostasi del fosforo è sostenuta da una complessa rete di interazioni tra intestino, rene e osso. L’85% del totale è contenuto nello scheletro come idrossi-apatite (il fosforo deriva dalla defosforilazione del pirofosfato inorganico per opera della fosfatasi alcalina localizzata nella membrana plasmatica degli osteoblasti), mentre il 15% è nel comparto extra-scheletrico (fosfoproteine, ATP, fosfolipidi, acidi nucleici).
Gli ormoni coinvolti nell’omeostasi del fosforo sono essenzialmente PTH, calcitriolo e FGF-23.
Il trasporto intra-cellulare e la concentrazione sierica del fosfato sono mediati da due principali famiglie di proteine: SCL34 (NPT2a, NPT2b, NPT2c) o co-trasportatori di tipo II e SCL20 (Pit-1 e Pit-2) o co-trasportatori di tipo III (1).
A livello osseo il PTH ha azione diretta, stimolando la degradazione della matrice, con passaggio di fosforo dall’osso al sangue.
A livello intestinale il calcitriolo attiva l’assorbimento intestinale di fosforo attraverso il co-trasportatore sodio-fosforo IIb e il PTH ha azione indiretta, attraverso lo stimolo della sintesi renale di calcitriolo.
A livello renale il fosforo è filtrato dal glomerulo e riassorbito per circa l’85% nel tubulo prossimale, dove sulla membrana apicale delle cellule sono espressi i due co-trasportatori sodio-fosforo NPT2a e NPT2c. L’azione dei co-trasportatori di tipo II è regolata da PTH e FGF-23. Il PTH agisce internalizzando NPT2a dalla membrana apicale delle cellule del tubulo prossimale e quindi aumentando l’escrezione urinaria di fosfato. L’FGF-23 o fosfatonina è un peptide prodotto principalmente dall’osso e dal tessuto connettivo, che agisce riducendo l’espressione di mRNA di NPT2a e NPT2c e quindi ha anch’esso azione fosfaturica. FGF-23, inoltre, ha azione opposta al PTH sull’attivazione della vitamina D: inibisce l’espressione della 1-alfa-idrossilasi a livello del tubulo renale prossimale e stimola la 24-idrossilasi, convertendo il calcitriolo e la 25-OH vitamina D in metaboliti inattivi (2).
La tabella 1 riporta i fattori che influenzano il riassorbimento di fosforo a livello del tubulo contorto prossimale (3).

 

Tabella 1
Fattori che influenzano il riassorbimento di fosforo a livello del tubulo contorto prossimale
Riducono il riassorbimento PTH
FGF-23
Acidosi
Elevato apporto dietetico di fosforo
Peptide natriuretico atriale
Cortisolo
Dopamina
Aumentano il riassorbimento Alcalosi
Basso apporto dietetico di fosforo
Ipoparatiroidismo
Ormone tiroideo
Calcitriolo
GH-IGF-I

 

 

CLINICA DELL’IPOFOSFATEMIA

L’ipofosfatemia è definita da livelli di fosfato sierico inferiori a 2.5 mg/dL (0.8 mmol/L) e può essere acuta o cronica. L’ipofosfatemia acuta, frequente in ambito ospedaliero, in particolare nelle unità di terapia intensiva, può essere di diversa gravità (tab. 2) (4).

 

Tabella 2
Classificazione ipofosfatemia in relazione alla gravità
Lieve 2-2.5 mg/dL
Moderata 1-1.9 mg/dL
Severa < 1 mg/dL

 

I sintomi dell’ipofosfatemia sono aspecifici e legati alla causa, durata e severità del deficit di fosfati; molti pazienti sono asintomatici. L’ipofosfatemia può determinare debolezza muscolare, in particolare ai muscoli respiratori, e se severa può determinare disfunzione miocardica, aritmie ventricolari, rabdomiolisi e alterazione dello stato mentale. L’ipofosfatemia cronica a qualsiasi età altera la mineralizzazione ossea, causando rachitismo/osteomalacia.

 

 

EZIOPATOGENESI DELL’IPOFOSFATEMIA

L’ipofosfatemia può avere molteplici cause (5), che possono essere classificate in tre categorie (tab. 3).

 

Tabella 3
Cause di ipofosfatemia
Meccanismo patogenetico Patologie Caratteristiche
Aumentata escrezione renale mediata da FGF-23 (FGF-23 elevato, o inappropriatamente normale per i livelli di ipofosfatemia, iperfosfaturia isolata) Rachitismo ipofosfatemico autosomico dominante (ADHR) Mutazione attivante di FGF-23, che diventa resistente a clivaggio/degradazione, con conseguente eccesso di FGF-23.
Livelli di calcitriolo normali/bassi.
Rachitismo ipofosfatemico autosomico recessivo (ARHR) Mutazione inattivante di DMP1* (alterata differenziazione degli osteociti con aumentata produzione di FGF-23) o di ENPP1* (aumentata produzione di FGF-23).
Livelli di calcitriolo normali/bassi.
Rachitismo ipofosfatemico dominante legato all’X (XLH) Mutazione inattivante di PHEX*-endopeptidasi, con aumento di trascrizione di FGF-23.
È il più frequente (prevalenza di 1:20.000).
Livelli di calcitriolo normali/bassi.
Osteomalacia oncogenica (TIO, tumor-induced osteomalacia) Sindrome paraneoplastica acquisita.
Displasia fibrosa/ sindrome di McCune-Albright Mutazione della sub-unità alfa della proteina G stimolatoria, con produzione di FGF-23 da tessuto fibroso.
Ipofosfatemia post-trapianto renale Produzione terziaria di FGF-23.
Forme rare Sindrome dei nevi sebacei lineari: produzione di FGF-23 da lesioni cutanee.
Neurofibromatosi.
Displasia osteoglofonica (macroglossia e disfonia).
Rachitismo ipofosfatemico con iperparatiroidismo.
Aumentata escrezione renale non mediata da FGF-23 (FGF-23 normale/basso, iperfosfaturia non isolata) Iperparatiroidismo primario e secondario.
Secrezione paraneoplastica di PTH-RP.
Ipercortisolismo endogeno/terapia steroidea cronica.
Sindrome di Fanconi Su base genetica: mutazione inattivante del co-trasportatore Na/P IIa del tubulo contorto prossimale, malattia di Dent, cistinosi, altre.
Iatrogena (vedi oltre).
Iperfosfaturia associata a ipercalciuria, glicosuria, aminoaciduria, acidosi, disionie.
Rachitismo ereditario ipofosfatemico con ipercalciuria (HHRH) Mutazione inattivante autosomica recessiva del co-trasportatore Na/P IIc del tubulo contorto prossimale.
Livelli di calcitriolo elevati con PTH e FGF-23 bassi.
Iperfosfaturia associata a ipercalciuria.
Acidosi tubulare distale Difetto genetico o acquisito della rigenerazione distale del bicarbonato.
L’acidosi metabolica determina perdita renale di fosforo.
Iperfosfaturia associata a ipercalciuria e acidosi
Ridotto assorbimento intestinale (NB: l’ipofosfatemia può determinare up-regulation di calcitriolo, con potenziale ipercalcemia e ipercalciuria) Ridotto apporto.
Prematurità.
Etilismo.
Malassorbimento.
Malnutrizione.
Diarrea, vomito.
Sondino naso-gastrico.
Carenza di vitamina D By-pass digiuno-ileali.
Steatorrea, diarrea, enteropatia da glutine.
Resistenza alla vitamina D Deficit 1alfa-idrossilasi.
Deficit recettore VDR.
Ingresso di fosforo nelle cellule (malattie acute) Sindrome da refeeding (infusione di fluidi/glucosio) + ipopotassiemia e ipomagnesiemia.
Terapia della cheto-acidosi diabetica (infusione di insulina).
Alcalosi respiratoria acuta. Avvelenamento da salicilati.
Ventilazione meccanica.
Rapida captazione cellulare (sindrome dell’osso affamato).
Rapida proliferazione cellulare (leucemia acuta).
Sepsi.
Fase post-operatoria chirurgie maggiori (epatica e cardiaca).
Traumi.
Ustioni.
Elevati livelli di catecolamine.
Iatrogeno Vedi oltre.
*DMP1 (dentin matrix protein 1), ENPP1 (ectonucleotide pyrophosphatase/phosphodiesterase 1), PHEX (PHosphate regulating gene with homology to Endopeptidases on the X chromosome)

 

 

Ipofosfatemia secondaria a inadeguato apporto o ridotto assorbimento intestinale
Raramente l’ipofosfatemia è secondaria a ridotto introito, mentre il malassorbimento intestinale è causa frequente di ipofosforemia. Pazienti in trattamento per lungo tempo con anti-acidi chelanti il fosforo possono presentare ipofosforemia, ipofosfaturia con ipercalciuria e nefrolitiasi. La carenza di vitamina D è associata a ipofosfatemia, essendo il metabolita attivo della vitamina D il maggior regolatore dell’assorbimento intestinale di fosfati. Nei pazienti sottoposti a by-pass digiuno-ileali o con enteropatia da glutine una compromissione dei recettori intestinali per la vitamina D può ridurre l’assorbimento di fosfato (6). Non solo la carenza, ma anche la resistenza alla vitamina D, secondaria ad alterazioni genetiche della 1alfa-idrossilasi o del recettore della vitamina D possono determinare un quadro di rachitismo/osteomalacia con ipofosforemia (7).

 

Ipofosfatemia secondaria a redistribuzione del fosfato dai compartimenti extra-cellulari ai compartimenti intra-cellulari
La redistribuzione del fosfato attraverso la membrana cellulare è la causa più comune di ipofosfatemia nei pazienti in terapia intensiva e può essere secondaria a molteplici condizioni, quali alcalosi respiratoria acuta, cheto-acidosi diabetica, elevati livelli sierici di catecolamine, sia endogene che esogene. L’ipofosforemia si osserva in corso di sepsi, nel post-operatorio di chirurgie maggiori (epatica e cardiaca), in pazienti traumatizzati (traumi cerebrali, ustioni). Una rapida redistribuzione del fosfato tra i compartimenti, con ipofosforemia anche severa, può avvenire nei pazienti malnutriti dopo alimentazione forzata parenterale (sindrome da refeeding) e nella sindrome dell’osso affamato post-paratiroidectomia (8).

 

Ipofosfatemia da eccessiva perdita urinaria di fosfati mediata da elevati livelli di FGF-23
Le forme genetiche (5) di malattie renali ipofosfatemiche accomunate da un eccesso di FGF-23 includono l’ipofosfatemia X-linked (XLH), il rachitismo ipofosfatemico autosomico dominante (ADHR) e il rachitismo ipofosfatemico autosomico recessivo (ARHR).
L’ipofosfatemia mediata da FGF-23 può presentarsi anche in condizioni cliniche in cui la fosfatonina viene prodotta localmente in siti anomali, che includono: displasia fibrosa, sindrome del nevo sebaceo lineare e osteomalacia oncogenica.
La displasia fibrosa dipende da una mutazione acquisita somatica attivante della subunità a della proteina Gs nelle cellule staminali mesenchimali, con formazione di osteoblasti aberranti (cellule osteogeniche), che depongono matrice osteoide anomala (tessuto osseo fibroso con trabecole anormali in numero, distribuzione e forma), producono (50% dei casi) FGF-23, con conseguente osteomalacia da ipofosfatemia, e infine producono interleukina-6 e up-regolano RANKL, con conseguente osteoclastogenesi inappropriata. Si parla di sindrome di McCune-Albright quando alla displasia fibrosa si accompagnano manifestazioni cutanee (macchie cutanee caffè-latte) ed endocrinopatie (pubertà precoce, ipertiroidismo, acromegalia, Cushing) (9).
L’ipofosfatemia post-trapianto renale dipende in primis da una produzione terziaria di FGF-23; fattori concomitanti sono rappresentati dall’iperparatiroidismo secondario e dall’azione di tacrolimus e steroide, che riducono l’espressione del co-trasportatore sodio/fosforo IIa (NPT IIa) a livello del tubulo contorto prossimale (10).

 

Ipofosfatemia da eccessiva perdita urinaria di fosfati indipendente dai livelli di FGF-23
Gli steroidi (endogeni o esogeni) possono determinare perdita renale primaria di fosfato, in quanto riducono l’espressione di NPT IIa a livello del tubulo contorto prossimale (10).

La perdita renale di fosfati può essere secondaria ad anomalie tubulari. La forma ereditaria di rachitismo ipofosfatemico con ipercalciuria (HHRH) è causata da mutazioni del gene codificante per il co-trasportatore NPTC2 e si caratterizza, oltre che per l’ipercalciuria con normocalcemia, anche per il riscontro di elevati livelli di calcitriolo e soppressione della secrezione di PTH.

La sindrome di Fanconi è una disfunzione complessa della capacità di riassorbimento del tubulo contorto prossimale: oltre al fosfato, può riguardare glucosio, aminoacidi, proteine, bicarbonati (acidosi tubulare prossimale tipo II), acido urico ed elettroliti (calcio, sodio, potassio). Ne esistono due forme distinte:

  • genetica, da mutazione inattivante del co-trasportatore Na/P NPT IIa del tubulo contorto prossimale, malattia di Dent, cistinosi;
  • iatrogena, che causa una disfunzione mitocondriale.

Le manifestazioni cliniche sono principalmente rappresentate da osteomalacia ipofosfatemica, acidosi metabolica e sintomi da deplezione proteica (11).
Dal punto di vista laboratoristico, all’ipofosfatemia si possono associare ipercalciuria, glicosuria, aminoaciduria, proteinuria tubulare, acidosi metabolica (bicarbonati venosi < 20 mEq/L), disionie (iposodiemia, ipopotassiemia, ipocalcemia).
La terapia si basa sulla supplementazione delle sostanze perse a livello renale (fosforo, aminoacidi/proteine, bicarbonato sodio/potassio citrato) (11).

L’acidosi tubulare distale (tipo I) dipende da un difetto della rigenerazione distale dei bicarbonati, con acidosi metabolica che causa perdita renale di fosforo. Può essere genetica (autosomica dominante o recessiva) o secondaria (malattie autoimmuni, granulomatosi, farmaci, trapianto di rene, ipertiroidismo, iperparatiroidismo, infezioni croniche delle vie urinarie, epatite cronica attiva, nefrocalcinosi, anemia a cellule falciformi).
Le principali manifestazioni cliniche dell’adulto sono osteomalacia e nefrolitiasi/nefrocalcinosi (12).
Le principali alterazioni laboratoristiche sono: bicarbonati venosi < 20 mEq/L, ipofosfatemia, ipopotassiemia, pH urinario > 5.5-6 e ipercalciuria.
La terapia si basa sulla correzione dell’acidosi metabolica (bicarbonato sodio o citrato sodio per os) e sulla supplementazione di potassio (potassio citrato che ha anche effetto ipocalciurico) (12).

La tabella 4 riporta la diagnosi differenziale biochimica dei disturbi da perdita renale di fosforo.

 

Tabella 4
Diagnosi differenziale biochimica dei disturbi da perdita renale di fosfato
Patologia PTH Calcio Fosfato
TmP/GFR
25-OH-D3
1,25-OH-D3
Calciuria 24 ore Altre
Con FGF-23 N/alto

XLH/ ADHR/ ARHR/ TIO/ displasia fibrosa

N/alto N Bassi N
N/bassa
N/bassa -
Post-trapianto renale N/alto N Bassi N
Bassa
N/bassa -
Ferro EV N/alto N Bassi N
N/bassa
N/bassa -
Con FGF-23 N/basso

Iperparatiroidismo

N/alto Alto N/bassi N
N/alta
N/alta -
Diuretici N/basso/alto N/basso/alto Bassi N
N/alta
N/alta/bassa -
Steroidi N/alto N/basso Bassi N
N/bassa
N/alta -
HHRH N/basso N Bassi N
Alta
Alta -
Fanconi N/alto N/basso Bassi N
N
Alta Glicosuria, aminoaciduria, proteinuria tubulare, acidosi metabolica (bicarbonati venosi < 20 mEq/L), disionie (ipoNa, ipoK, ipoCa)
Acidosi tubulare distale N/basso N Bassi N
N
Alta Acidosi metabolica (bicarbonati venosi < 20 mEq/L), ipoK, pH urinario > 5.5-6

 

 

 

APPROCCIO DIAGNOSTICO AL PAZIENTE CON IPOFOSFATEMIA

Di fronte al riscontro biochimico di ipofosfatemia (valore < 2.7-2.5 mg/dl, se la fosfatemia è espressa in mmol/L è necessario dividere per 0.323 per ottenere il valore in mg/dL), la prima cosa da valutare è la presenza o assenza di sintomi:

  • un lieve abbassamento dei valori di fosfatemia è in genere asintomatico, talvolta possono essere presenti astenia o debolezza muscolare;
  • il primo segno clinico di ipofosfatemia cronica può essere un evento fratturativo nell’ambito di un quadro di osteomalacia misconosciuta;
  • in caso di ipofosfatemia severa e/o acuta (fosfatemia < 1.5 mg/dL), il quadro clinico invece può essere rilevante e drammatico, con grave miopatia, fratture multiple, encefalopatia fino al coma e cardiomiopatia con scompenso di circolo.

Dopo la valutazione della presenza o meno di sintomatologia clinica, il passo successivo è quello di comprendere la causa.
Il primo passo in assoluto è rappresentato da un’attenta anamnesi farmacologica, in quanto numerosi farmaci possono causare, con meccanismi complessi e spesso non completamente noti, un abbassamento più o meno severo dei livelli plasmatici di fosfato (13). La tabella elenca tutti i farmaci per i quali esistono attuali evidenze di possibile nesso causale con ipofosfatemia, evidenziando per ciascuno il meccanismo fisiopatologico e l’effetto finale (riportato alle tre categorie sovra-descritte).

 

Tabella 5
Farmaci che possono causare ipofosfatemia
Farmaco Meccanismo fisiopatologico Effetto finale
Infusione di fluidi e glucosio/fruttosio, nutrizione parenterale (refeeding syndrome)
Infusione di insulina (terapia della chetoacidosi diabetica)
Stimolazione intra-cellulare della glicolisi, con incremento della formazione di composti intermedi fosforilati nel fegato e nel muscolo Shift intra-cellulare
Eritropoietina e GM-CSF Proliferazione cellulare acuta Shift intra-cellulare
Simpatico-mimetici Adrenalina Attivazione della glicolisi Shift intra-cellulare
Dopamina, teofillina Attivazione della glicolisi + effetto sul tubulo contorto prossimale (TCP) Shift intra-cellulare + perdita renale
Steroidi Effetto sull’intestino e sul TCP Ridotto assorbimento + perdita renale
Diuretici Acetazolamide Inibizione dell’anidrasi carbonica (AC) nel TCP e conseguente acidosi metabolica Perdita renale
Tiazidici Inibizione dell'AC, riduzione del riassorbimento tubulare distale, induzione di ipo-K+ e ipo-Mg++
Furosemide Inibizione lieve dell’AC
Ferro endovena (soprattutto carbossi-maltosio, ma anche isomaltoside, oxitolo, polimaltosio) Aumento di FGF-23 per inibizione della degradazione
Effetto tossico diretto del ferro sul TCP
Perdita renale
Inibitori delle tirosin-chinasi (sorafenib, ibrutinib, imatinib, sunitinib, dasatanib, dabrafenib, ceritinib, nilotinib) Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena)
Ipocalcemia con iperparatiroidismo secondario
Perdita renale
Chemioterapici (ifosfamide, cisplatino, ciclofosfamide, streptozocina, azacitidina, 6-mercaptopurina, suramina) Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena) Perdita renale
Inibitori di mTOR (everolimus, temsirolimus, sirolimus) Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena) Perdita renale
Anti-epilettici Carbamazepina, fenitoina, fenobarbitale Induzione del citocromo P450 con aumentato catabolismo del calcifediolo (ridotto assorbimento intestinale del fosforo e ipocalcemia con iperparatiroidismo secondario) Ridotto assorbimento intestinale + perdita renale
Valproato Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena) Perdita renale
Antibiotici Linezolid (alla sospensione) Riattivazione mitocondriale Shift intra-cellulare
Aminoglicosidi, rifampicina, tetracicline Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena) Perdita renale
Isoniazide Induzione del citocromo P450 con aumentato catabolismo del calcifediolo (ridotto assorbimento intestinale del fosforo e ipocalcemia con iperparatiroidismo secondario) Ridotto assorbimento intestinale + perdita renale
Inibitori trascrittasi inversa Adefovir, tenofovir, cidofovir, abacavir Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena) Perdita renale
Efavirenz Induzione del citocromo P450 con aumentato catabolismo del calcifediolo (ridotto assorbimento intestinale del fosforo e ipocalcemia con iperparatiroidismo secondario) Ridotto assorbimento intestinale + perdita renale
Inibitori proteasi (darunavir, lopinavir, atazanavir) Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena) Perdita renale
Anti-virali (HCV) (ribavirina, interferone)
Anti-virali (HBV) (lamivudina, entecavir)
Anti-virali (Herpes Simplex) (acyclovir)
Anti-riassorbitivi (amino-bisfosfonati, denosumab) Ipocalcemia con iperparatiroidismo secondario Perdita renale
Anabolizzanti dell’osso (teriparatide) Azione sul tubulo renale Perdita renale
Estrogeni (TOS, pillola EP) Down-regulation del co-trasportatore Na/P IIa e IIc del TCP Perdita renale
FANS (ibuprofene ad alte dosi) Inibizione dell’AC (acidosi tubulare distale) Perdita renale
Cannabis Iperemesi, etilismo, denutrizione Ridotto assorbimento intestinale
Etanolo (etilismo) Malnutrizione Ridotto apporto
Azione tossica diretta sul TCP Perdita renale
Refeeding syndrome Shift intra-cellulare
Gadolinio (dosi ripetute) Fibrosi sistemica Alterazione dell’omeostasi del fosforo
Anti-acidi contenenti Ca/Mg/Al Chelanti del fosforo Ridotto assorbimento intestinale
Anti-psoriasici (acido fumarico, apremilast) Disfunzione tubulare (s Fanconi iatrogena) Perdita renale

 

Quando la causa dell’ipofosfatemia non emerge dalla storia clinica e dall’esame obiettivo, può essere utile valutare se l’escrezione urinaria di fosfati è appropriata. Il tasso di riassorbimento massimo tubulare per i fosfati (TmP), espresso come funzione del tasso di filtrazione glomerulare (TmP/GFR) è un indice che esprime il riassorbimento di fosfato come funzione sia della concentrazione sierica di fosfato sia del tasso di filtrazione glomerulare. La formula per calcolare l’escrezione frazionata su una raccolta urinaria mattutina di 2 h è:

CPO4/Ccreat = (creatininemia x fosfaturia)/(fosfatemia x creatininuria).

In condizioni fisiologiche questo rapporto è compreso tra 0.05 e 0.15. Tale valore può essere espresso in forma percentuale, quindi come riassorbimento tubulare del fosfato (RTP):

RTP = (1- CPO4/Ccreat) x 100.

Tale indice si può calcolare attraverso l’utilizzo di un algoritmo on-line, inserendo i 4 parametri biochimici (fosfatemia, fosfaturia spot, creatininemia, creatininuria spot): vengono calcolati il riassorbimento tubulare massimo del fosforo per unità di filtrato glomerulare (TmP/GFR: valore normale 2.5-4.5 mg/dL, ma nei bambini in fase di crescita il rapporto varia tra 4.5 e 5 mg/dL, riflettendo gli effetti del GH sull’assorbimento tubulare di fosfato (2)) e la percentuale del riassorbimento tubulare del fosforo (RTP: valore normale 82-90%) (14):

  • se RTP è ≤ 86%, la relazione fra fosfatemia e fosfaturia è lineare e l’algoritmo fornisce già il valore reale del TmP/GFR (TmP/GFR = RTP * fosfatemia);
  • se invece RTP è > 86%, la relazione fra fosfatemia e fosfaturia non è lineare e il TmP/GFR fornito dall’algoritmo deve essere ricalcolato, secondo la formula:

TmP/GFR = (0.3 * RTP) / [1 – (0.8 * RTP)] * fosfatemia.

I dati di RTP e/o di TmP/GFR vengono interpretati orientativamente in questo modo:

  • basso valore orienta per perdita renale;
  • valore normale/alto orienta per malassorbimento intestinale.

 

alt

 Nomogramma di Walton e Bijovoet

 

In caso di ipofosfatemia da perdita renale, il dosaggio di FGF-23 permette di differenziare tra le forme mediate e non mediate da FGF-23. È oggi disponibile in alcuni laboratori un dosaggio di FGF-23 intatto, valutato in un campione di 908 soggetti francesi sani, di 18-89 anni, che ha dimostrato eccellenti caratteristiche analitiche. Il range normale di riferimento è risultato 22.7-93.1 pg/mL. In 11 pazienti con tumor-induced osteomalacia (TIO) e in 8 pazienti con rachitismo ipofosfatemico X-linked (XLH) i valori di FGF-23 sono risultati, rispettivamente, 73.2-361.2 pg/mL e 122.3-179.5 pg/mL (15).
Quando si verifica una perdita renale primaria di fosfato, per un meccanismo fisiologico di feed-back, la sintesi di FGF-23 viene down-regolata fino a sopprimersi; la presenza quindi di un basso livello di fosfato associato a FGF-23 alto o inappropriatamente normale permette di fare diagnosi di forma mediata da FGF-23: dopo avere escluso il post-trapianto renale e la terapia marziale ev, l’anamnesi e l’esame obiettivo sono fondamentali per distinguere una forma geneticamente determinata (XLH, ADHR, ARHR), che in virtù dello spettro clinico molto variabile può essere diagnosticata anche in età adulta, da una forma acquisita (displasia fibrosa, TIO).
In presenza invece di bassi valori di fosfato con FGF-23 basso o nel range basso della norma, la diagnosi orienta verso una forma non mediata da FGF-23: in questo caso, dopo avere escluso iperparatiroidismo e terapia diuretica e steroidea, l’ipercalciuria (sempre presente) associata o meno ad acidosi metabolica e ad altre alterazioni urinarie (aminoaciduria, proteinuria, …) permette di differenziare l’HHRH dalla sindrome di Fanconi e dall’acidosi tubulare distale.

 

 

 

 

TRATTAMENTO

Il trattamento dell’ipofosfatemia è legato alla causa che la determina e alla gravità del deficit. Il trattamento deve rimuovere, quando possibile, la causa di fondo, gli eventuali farmaci responsabili e correggere le eventuali carenze.
La terapia consiste nella somministrazione orale o endovena di fosforo elementare, con alcune importanti raccomandazioni:

  • il fosforo ev dovrebbe essere usato con cautela, per il rischio di ipocalcemia acuta e iperfosfatemia da ipercorrezione, ed evitato nei pazienti iper/ipocalcemici;
  • il fosforo per os è la più sicura forma di trattamento e deve essere la prima scelta;
  • la supplementazione aggressiva di fosforo (per os/ev) può determinare grave ipocalcemia, il cui rischio può essere aumentato nell’insufficienza renale cronica;
  • nella pratica clinica come sali di fosfato si usano potassio fosfato e sodio fosfato;
  • il fosfato di potassio non dovrebbe essere usato in caso di iperpotassiemia e/o insufficienza renale cronica;
  • la terapia dell’ipofosfatemia da perdita renale mediata da FGF-23 richiede sia il fosforo sia il calcitriolo, in quanto l’FGF-23 determina da un lato perdita renale di fosforo e dall’altro inibizione della sintesi renale di calcitriolo.

La somministrazione parenterale di fosfati è riservata ai pazienti con ipofosfatemia acuta severa (< 1.5 mg/dL), contribuendo questa all’instabilità emodinamica e gravando sul rischio di mortalità (8). Il fosfato per via endovenosa deve essere utilizzato con cautela. Esistono pochi studi non controllati sul trattamento dell’ipofosforemia severa con vari regimi proposti e non validati nell’infanzia (tab 6) (5). La risposta alla terapia con fosfato ev è molto variabile e non prevedibile: nel paziente trattato sono raccomandati controlli almeno ogni 6 ore di fosfatemia, calcemia, potassiemia, magnesiemia e monitoraggio con telemetria. I rischi maggiori legati alla terapia con fosfato per via ev sono ipocalcemia severa con tetania e convulsioni, modifiche ECG e shock. Il trattamento non deve essere somministrato a pazienti ipocalcemici ed è gravato da ulteriori rischi nei pazienti con alterazioni della funzionalità renale. Quando l’ipofosfatemia è attesa, secondaria ad altri trattamenti (per esempio nella sindrome da refeeding, nell’alcolismo e nella cheto-acidosi diabetica), il fosfato è infuso come fosfato di potassio per prevenire o trattare la carenza.

 

Tabella 6
Trattamento ipofosfatemia acuta
  Dose di fosfato da somministrare (vari regimi pubblicati) Controlli suggeriti
Terapia ev (se P < 1.5 mg/dL) 15 mM (464 mg) in 100 mL di fisiologica in 2 ore, da ripetere dopo 6 h se necessario (max 45 mmol/24h)
0.32 mmol/kg (9.9 mg/kg) infusi in 12 h e da ripetere ogni 12 h fino a P > 2 mg/dL
0.64 mmol/kg (19.8 mg/kg) in 8-12 h
Mantenimento: 70-160 mg/kg/die di principio attivo, pari a 1-2 flaconi/die di Esafosfina 5 g/50 mL (velocità di infusione 10 mL/min)
Ogni 6 h: Ca, P, Mg, K, creatinina, ECG
Terapia orale 30-40 mg/kg/die in 4-5 dosi Ogni 12-24 h: Ca, P, Mg, K, creatinina
Sindrome da refeeding In genere potassio fosfato: 0.5-0.8 mmol/kg/die (15-25 mg/kg/die) nell’idratazione ev Ogni 12-24 h: Ca, P, Mg, K, creatinina

 

 

Tabella 7
Terapia dell’ipofosfatemia cronica (soprattutto da perdita renale)
Somministrare Monitorare
Fosforo elementare per os: 20-40 mg/kg/die in 4 somministrazioni (effetto collaterale: diarrea).
Calcitriolo (se perdita renale mediata da FGF-23): 20-30 ng/kg/die in 2 somministrazioni.
Ca, P, K, creatinina una volta al mese fino a stabilità, quindi ogni 3 mesi + fosfatasi alcalina.
PTH ogni 6-12 mesi.
Ecografia renale ogni 1-2 anni.

 

 

Tabella 8
Formulazioni commerciali di fosfati
Via di somministrazione Sale Contenuto di fosforo
Orale Sodio fosfato dibasico/potassio (Reducto-spezial)* In ogni cp 612 mg (+ 360 mg di K)
Miscela di acido fosforico e bifosfato sodico (soluzione di Joulie) 50 mg/mL
Phosphate Sandoz* In ogni cp effervescente 500 mg + potassio 3.1 mEq
Infusionale Fruttosio difosfato sodico (Esafosfina) 0.5 g/10 mL pari a 0.235 mEq/mL
5 g/50 mL pari a 0.47 mEq/mL
10 g/100 mL pari a 0.47 mEq/mL
* disponibili in Svizzera

 

In generale, la somministrazione di fosfato per os è sicura e raccomandata nei pazienti stabili con ipofosfatemia cronica ed acuta. I dosaggi suggeriti di sali di fosfato variano tra 30-40 mg/kg/die suddivisi in 4-5 somministrazioni, con titolazione della dose (16).
Il trattamento dei rachitismi ipofosfatemici si basa sulla somministrazione di fosfato per os e calcitriolo. Nell’infanzia il trattamento inizia dal momento della diagnosi e prosegue fino al raggiungimento della statura definitiva. La terapia riesce parzialmente a correggere le deformità degli arti, riduce il numero di interventi chirurgici e migliora la prognosi staturale. Nelle forme familiari note è suggerito l’inizio precoce del trattamento, prima dell’anno di vita. I dosaggi di calcitriolo raccomandati variano tra 20 e 30 ng/kg/die, suddivisi in 2-3 dosi/die e quelli di fosforo tra 20-40 mg/kg/die (in 3-5 dosi). La somministrazione di fosfato viene titolata per minimizzare gli effetti collaterali gastro-intestinali. Gli obiettivi della terapia nell’adulto sono ridurre la sintomatologia dolorosa, l’estensione dell’osteomalacia e favorire la guarigione delle fratture, ma l’efficacia della terapia convenzionale per queste indicazioni è supportata da dati clinici limitati. Il trattamento deve essere individualizzato in relazione a età, peso corporeo, funzionalità renale e paratiroidea. Un adulto normocalcemico con PTH normale o di poco aumentato, inizia la terapia con 0.5-0.75 µg/die di calcitriolo in 2 somministrazioni; dopo una settimana si introduce il trattamento con fosforo, generalmente 250 mg/die, che viene aumentato dopo 4 giorni fino a 750-1000 mg/die da distribuire in 3-4 somministrazioni/die. I ridotti livelli endogeni di calcitriolo in questi pazienti possono spiegare il rischio di sviluppare iperparatiroidismo secondario e addirittura terziario se il trattamento con fosfato non è bilanciato.
In questi pazienti adulti con iperparatiroidismo secondario o terziario accompagnato da elevati livelli di ALP è stato utilizzato anche il cinacalcet, con risposte al trattamento variabili. Il trattamento del rachitismo HHRH prevede solo l’utilizzo di fosfato (17).
Il monitoraggio della terapia richiede controlli periodici di calcemia, fosforemia, creatininemia, calciuria, fosfaturia, creatininuria, fosfatasi alcalina e PTH.

 

 

BIBLIOGRAFIA

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  17. Carpenter TO, Imel EA, Holm IA, et al. A clinician's guide to X-linked hypophosphatemia. J Bone Miner Res 2011, 26: 1381-8.