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Miriam Cellini & Franco Grimaldi
SOC Endocrinologia Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine

(aggiornato al dicembre 2025)

 

PREMESSA
I tumori neuroendocrini (NET) o neoplasie neuroendocrine (NEN) rappresentano un gruppo di neoplasie eterogenee per sede primaria, differenziazione, attività proliferativa, secrezione ormonale e decorso clinico. Nonostante in numerosi casi la patologia si manifesti in maniera indolente, molti pazienti presentano una malattia avanzata al momento della diagnosi, rendendo la scelta terapeutica una sfida complessa, che richiede un approccio multi-disciplinare. Negli ultimi anni il crescente avanzamento diagnostico e la disponibilità dei risultati di studi clinici hanno migliorato la capacità di stratificare i pazienti in termini prognostici e di personalizzare l’approccio terapeutico. I fattori che guidano le scelte terapeutiche nei NET sono l’adeguata stadiazione, la caratterizzazione cito-istologica e funzionale della neoplasia nonché le condizioni cliniche del paziente (1-3).

 

CRITERI DI IMPOSTAZIONE TERAPEUTICA
L’iter terapeutico dei NET dipende principalmente dai seguenti criteri:

  • stadio della neoplasia e sede del tumore primitivo;
  • differenziazione morfologica e grading;
  • carico neoplastico, estensione e velocità di crescita;
  • espressione dei recettori per la somatostatina;
  • funzionalità ormonale e sintomatologia;
  • stato del paziente;
  • obiettivi terapeutici.

 

Stadio e sede del tumore primitivo
La stadiazione della neoplasia mediante il sistema di classificazione AJCC/TNM, che utilizza il criterio T (dimensione del tumore primario), N (coinvolgimento dei linfonodi regionali) e M (presenza di metastasi a distanza), consente di definire la malattia come locale, loco-regionale o metastatica e condiziona sia la prognosi che la strategia terapeutica. In presenza di una neoplasia potenzialmente resecabile e non metastatica, la chirurgia o la resezione endoscopica con intento curativo costituiscono per molte NEN la prima opzione terapeutica (3).
Anche dimensioni e sede del tumore primitivo condizionano la scelta terapeutica. Ad esempio, per i NET pancreatici non funzionanti deve essere utilizzato un trattamento conservativo se ≤ 2 cm, mentre l’approccio chirurgico rimane di prima scelta se > 2 cm (4). Nelle NEN localmente avanzate e/o metastatiche sono indicati principalmente i trattamenti farmacologici come gli analoghi della somatostatina, la chemioterapia, le terapie a bersaglio molecolare e la terapia radio-recettoriale (PRRT), riservando la chirurgia ad alcuni contesti specifici (es. controllo dei sintomi da effetto massa o da ipersecrezione ormonale, intento di debulking e scopo palliativo) (3).

 

Differenziazione morfologica e grading
La classificazione WHO del 2022 consente di distinguere i NET ben differenziati dai carcinomi neuroendocrini (NEC) scarsamente differenziati (in base alla differenziazione morfologica) e i NET in G1, G2 e G3 (in base al grading valuto mediante Ki-67 e indice mitotico). Entrambi questi fattori riflettono la velocità di crescita e l’aggressività della neoplasia e hanno un valore prognostico e predittivo che influenza la scelta terapeutica, riservando generalmente le chemioterapie più aggressive ai pazienti con NET G2 ed elevato Ki67%, NET G3 e NEC (5).

 

Carico neoplastico, estensione e velocità di crescita della neoplasia
Il carico di malattia rappresenta un parametro prognostico cruciale e orienta la scelta di terapie sistemiche o loco-regionali ad alta intensità nei casi con burden elevato, mentre un approccio terapeutico più conservativo o a minore intensità può essere riservato al paziente con basso carico di malattia.
L’estensione della neoplasia, determinata dalla localizzazione del tumore primitivo, dalla presenza di metastasi linfonodali e/o a distanza (in particolare epatiche, ossee o peritoneali), condiziona la fattibilità e l’efficacia di strategie loco-regionali (chirurgia, ablazione, radioterapia) nonché delle terapie sistemiche.
La velocità di crescita della neoplasia, stimata con l’indice proliferativo Ki67 e con le modifiche all’imaging radiologico, fornisce un’informazione predittiva essenziale. Tumori con basso indice proliferativo (G1 o G2 con Ki67 < 10%) o crescita lenta possono essere gestiti con sorveglianza attiva o terapie meno aggressive, mentre quelli con elevata proliferazione (G2 con elevato Ki67 e G3) o rapida progressione impongono interventi terapeutici tempestivi.
L’integrazione di questi parametri permette di stratificare i pazienti in sotto-gruppi prognostici e terapeutici (6,7):

  • nei pazienti con elevato carico di malattia e/o in rapida progressione si utilizzeranno trattamenti più aggressivi (es. chemioterapia e terapie loco-regionali per le metastasi epatiche);
  • nei pazienti con basso carico e/o lenta progressione di malattia si utilizzeranno approcci terapeutici meno aggressivi (es. analoghi della somatostatina, PRRT, terapie a bersaglio molecolare).

 

Espressione dei recettori per la somatostatina
L’espressione dei recettori per la somatostatina, valutata mediante imaging funzionale come la PET/TC con 68Gallio, condiziona la scelta terapeutica nei NET. Tale espressione consente di utilizzare in prima linea la terapia con analoghi della somatostatina per i NET ben differenziati (efficace sia per il controllo ormonale sia per l’effetto anti-proliferativo, 8,9) e la PRRT per i GEP-NET ben differenziati in progressione dopo analogo della somatostatina (10,11).

 

Funzionalità ormonale e sintomatologia
La scelta terapeutica nei pazienti con NET è condizionata dalla natura funzionante della neoplasia. Nei NET funzionanti la terapia medica e/o chirurgica e/o i trattamenti loco-regionali hanno l’obiettivo principale di controllare l’iperproduzione ormonale oltre alla crescita tumorale. In presenza di sintomi da ipersecrezione ormonale, come per esempio nella sindrome carcinoide, la terapia precoce e di prima linea è rappresentata dagli analoghi della somatostatina, che bloccando il rilascio di ormoni consentono di controllare la sintomatologia clinica e le complicanze associate, quali la cardiopatia del cuore destro (12).

 

Stato del paziente
La pianificazione ottimale della strategia terapeutica nei NET richiede una valutazione multi-dimensionale che integri non soltanto i parametri biologici e radiologici della neoplasia, ma anche le caratteristiche cliniche del paziente, tra cui il performance status, le comorbilità, l’età e le preferenze individuali.
Il performance status rappresenta un indicatore prognostico e un determinante cruciale della tollerabilità terapeutica. Pazienti con performance status conservato presentano maggiore probabilità di beneficiare di approcci intensivi, incluse strategie sequenziali, mentre condizioni funzionali compromesse impongono un orientamento verso trattamenti a minore intensità o a profilo di tossicità più favorevole.
Le comorbilità contribuiscono alla definizione del profilo di eleggibilità ai diversi interventi terapeutici. Patologie cardio-vascolari, epatiche e renali possono influenzare in maniera critica la sicurezza di impiego delle terapie target (in particolare inibitori di mTOR o di tirosin-chinasi), delle procedure loco-regionali e della PRRT, richiedendo spesso una valutazione multi-disciplinare e l’eventuale rimodulazione posologica o la scelta di strategie alternative.
Infine, le preferenze del paziente hanno un ruolo cruciale nella scelta tra strategie con diverso impatto sulla qualità di vita, diverso profilo di effetti collaterali o differente impegno organizzativo e familiare (es. terapie endovenose vs trattamenti orali, frequenza dei follow-up, gestione degli eventi avversi, presenza di un care-giver) (3,13).

 

Obiettivi terapeutici
Gli obiettivi terapeutici nei pazienti con NET possono essere inclusi nei seguenti gruppi:

  • curativo;
  • cito-riduzione/debulking;
  • controllo della progressione di malattia e dei sintomi;
  • palliativo.

La definizione di tali obiettivi condiziona la strategia terapeutica dei pazienti con NEN.
L’obiettivo curativo è riservato ai NET operabili e resecabili, nei quali la terapia chirurgica radicale del primitivo e delle eventuali metastasi rappresenta la prima opzione terapeutica.
La cito-riduzione/debulking mediante approccio chirurgico o terapia sistemica trova indicazione nella malattia metastatica o localmente avanzata, con l'obiettivo di ridurre i sintomi correlati alla neoplasia, per migliorare la risposta ai successivi trattamenti e la sopravvivenza.
Il controllo della progressione di malattia e dei sintomi correlati da ipersecrezione ormonale con l’utilizzo della terapia farmacologica (analoghi della somatostatina, terapia a bersaglio molecolare e chemioterapia), della PRRT e dei trattamenti loco-regionali (es. per le metastasi epatiche) può rappresentare un ulteriore obiettivo terapeutico nella malattia metastatica e/o funzionante.
Infine, l’intento palliativo, che si propone di migliorare o mantenere un’adeguata qualità di vita, è riservato ai casi di malattia metastatica avanzata con elevata aggressività o scarsa tolleranza ai trattamenti (3,14).
Gli obiettivi terapeutici immediati e tardivi andrebbero definiti preferibilmente nell’ambito di un gruppo multi-disciplinare, sebbene in alcuni casi il quadro clinico non lo consenta. Ad esempio, nel paziente fortemente sindromico o sintomatico la cura dei sintomi è sicuramente un obiettivo immediato da considerare, anche prima di discutere il caso collegialmente. Infatti, per il controllo della sindrome carcinoide va avviato immediatamente l’analogo della somatostatina, mentre in un paziente sintomatico con NET metastatico ed elevato carico di malattia la chemioterapia. Infine, la definizione dell’obiettivo tardivo può condizionare l’impostazione terapeutica e la sequenza delle successive terapie. In tal caso sarà necessario considerare la tossicità tardiva e la tossicità dose-cumulativa di alcune terapie (es. chemioterapici e PRRT) per evitare di precludere terapie future (13).

 

CONCLUSIONI
La gestione terapeutica dei pazienti con NET richiede un approccio personalizzato e multi-dimensionale, che integri le caratteristiche isto-patologiche, molecolari e funzionali della neoplasia con le condizioni cliniche del paziente. La personalizzazione del trattamento deve avvenire all’interno di un percorso multi-disciplinare che coinvolga oncologi, chirurghi, endocrinologi, gastro-enterologi, radiologi, medici-nucleari e radio-terapisti, in modo da garantire decisioni condivise, tempestive e coerenti con gli obiettivi terapeutici a breve e lungo termine, che tengano conto anche delle caratteristiche e delle preferenze del paziente.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Yin F, Wu ZH, Lai JP. New insights in diagnosis and treatment of gastroenteropancreatic neuroendocrine neoplasms. World J Gastroenterol 2022, 28: 1751-67.
  2. Borga C, Businello G, Murgioni S, et al. Treatment personalization in gastrointestinal neuroendocrine tumors. Curr Treat Options Oncol 2021, 22: 29.
  3. ISS. Linee Guida Neoplasie Neuroendocrine. 2024.
  4. Kos-Kudła B, Castaño JP, Denecke T, et al. European Neuroendocrine Tumour Society (ENETS) 2023 guidance paper for nonfunctioning pancreatic neuroendocrine tumours. J Neuroendocrinol 2023, 35: e13343.
  5. Rindi G, Mete O, Uccella S, et al. Overview of the 2022 WHO classification of neuroendocrine neoplasms. Endocr Pathol 2022, 33: 115-54.
  6. Spada F, Gelsomino F, Rinzivillo M, et al. Clinical practice guidelines for the management of non-functioning advanced GEP-NENs: a GRADE approach for evidence evaluation and recommendations by the Italian Association of Medical Oncology (AIOM) in collaboration with the Italian Association for Neuroendocrine Tumors (ITANET). ESMO Open 2025, 10: 105878.
  7. Cives M, Pellè E, Quaresmini D, et al. The role of cytotoxic chemotherapy in well-differentiated gastroenteropancreatic and lung neuroendocrine tumors. Curr Treat Options Oncol 2019, 20: 72.
  8. Caplin ME, Pavel M, Cwikla JB, et al. Lanreotide in metastatic enteropancreatic neuroendocrine tumors. N Engl J Med 2014, 371: 224-33.
  9. Rinke A, Muller HH, Schade-Brittinger C, et al. Placebo-controlled, double-blind, prospective, randomized study on the effect of octreotide LAR in the control of tumor growth in patients with metastatic neuroendocrine midgut tumors: a report from the PROMID study group. J Clin Oncol 2009, 27: 4656-63.
  10. Strosberg J, El-Haddad G, Wolin E, et al. Phase 3 trial of 177Lu-Dotatate for midgut neuroendocrine tumors. N Engl J Med 2017, 376: 125-35.
  11. Panzuto F, Albertelli M, De Rimini ML, et al. Radioligand therapy in the therapeutic strategy for patients with gastro-entero-pancreatic neuroendocrine tumors: a consensus statement from the Italian Association for Neuroendocrine Tumors (Itanet), Italian Association of Nuclear Medicine (AIMN), Italian Society of Endocrinology (SIE), Italian Association of Medical Oncology (AIOM). J Endocrinol Invest 2025, 48: 23-36.
  12. Spada F, Rossi RE, Modica R, et al. Functioning neuroendocrine tumors (NET): minimum requirements for a NET specialist. Cancer Treat Rev 2025, 135: 102907.
  13. Riechelmann RP, Taboada RG, de Jesus VHF, et al. Therapy sequencing in patients with advanced neuroendocrine neoplasms. Am Soc Clin Oncol Educ Book 2023, 43: e389278.
  14. Lamarca A, Bartsch DK, Caplin M, et al. European Neuroendocrine Tumor Society (ENETS) 2024 guidance paper for the management of well-differentiated small intestine neuroendocrine tumours. J Neuroendocrinol 2024, 36: e13423.
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Michela Del Prete
ASST Lariana, SC Endocrinologia, Diabetologia, Nutrizione Clinica, Ospedale Sant’Anna, San Fermo della Battaglia (CO)

 

Meccanismo d’azione
Anticorpo monoclonale che blocca l’angio-genesi legandosi al VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale), privando i tumori di nutrimento e ossigeno.

 

Indicazioni approvate
In associazione con chemioterapia a base di fluoropirimidine: trattamento di adulti con carcinoma metastatico colo-rettale.
In associazione con paclitaxel: trattamento in prima linea di adulti con carcinoma mammario metastatico.
In associazione con capecitabina: trattamento in prima linea di adulti con carcinoma mammario metastatico, in cui una terapia con altri chemioterapici, inclusi quelli a base di taxani o antracicline, non è considerata appropriata.
In aggiunta a chemioterapia a base di platino: trattamento in prima linea di adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, non resecabile, avanzato, metastatico o recidivante, con istologia a predominanza non squamo-cellulare.
In associazione con erlotinib: trattamento in prima linea di adulti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule, non squamo-cellulare, avanzato, non resecabile, metastatico o recidivante, con mutazioni attivanti del recettore del fattore di crescita epidermico (EGF-R).
In associazione con interferone alfa-2a: trattamento in prima linea di adulti con carcinoma renale avanzato e/o metastatico.
In associazione con carboplatino e paclitaxel: trattamento in prima linea di pazienti adulte con carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario in stadio avanzato (stadio III B, III C e IV).
In associazione con carboplatino e gemcitabina o in combinazione con carboplatino e paclitaxel: trattamento di pazienti adulte con prima recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platino-sensibili, che non hanno ricevuto una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori del VEGF o altri agenti mirati al recettore VEGF.
In associazione con paclitaxel, topotecan o doxorubicina liposomiale pegilata: trattamento di pazienti adulte con recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platino-resistenti, che hanno ricevuto non più di due precedenti regimi chemioterapici e che non hanno ricevuto una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori del VEGF o altri agenti mirati al recettore VEGF.
In associazione con paclitaxel e cisplatino o, in alternativa, a paclitaxel e topotecan: in donne che non possono essere sottoposte a terapia a base di platino, per il trattamento di carcinoma della cervice persistente, recidivante o metastatico.

 

Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o a uno qualsiasi degli eccipienti; ipersensibilità ai prodotti derivati da cellule ovariche di criceto cinese (CHO) o ad altri anticorpi ricombinanti umani o umanizzati.
Gravidanza.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Bevacizumab (Avastin e altri, 25 mg/mL, 400 mg) mediante infusione endovenosa:

  • carcinoma metastatico colo-rettale: la dose raccomandata è di 5 mg/kg o 10 mg/kg ogni 2 settimane oppure 7.5 mg/kg o 15 mg/kg ogni 3 settimane;
  • carcinoma mammario metastatico: la dose raccomandata è di 10 mg/kg ogni 2 settimane oppure 15 mg/kg ogni 3 settimane;
  • carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) non squamo-cellulare: la dose raccomandata è di 7.5 mg/kg o 15 mg/kg ogni 3 settimane (dopo 6 cicli di trattamento a base di platino);
  • NSCLC non squamo-cellulare con mutazioni attivanti dell’EGFR in associazione con erlotinib: la dose raccomandata è 15 mg/kg ogni 3 settimane;
  • carcinoma renale avanzato e/o metastatico: la dose raccomandata è 10 mg/kg ogni 2 settimane;
  • carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio e carcinoma peritoneale primario in aggiunta a carboplatino e paclitaxel (dopo 6 cicli di trattamento): la dose raccomandata è 15 mg/kg ogni 3 settimane;
  • recidiva di malattia platino-sensibile in associazione a carboplatino e gemcitabina (dopo 6 cicli di trattamento fino a un massimo di 10 cicli) oppure in associazione a carboplatino e paclitaxel (dopo 6 cicli di trattamento fino a un massimo di 8 cicli): la dose raccomandata è 15 mg/kg ogni 3 settimane;
  • recidiva di malattia platino-resistente in associazione a paclitaxel, topotecan o doxorubicina liposomiale pegilata: la dose raccomandata è 10 mg/kg ogni 2 settimane;
  • recidiva di malattia platino-resistente in associazione a topotecan: la dose raccomandata è 15 mg/kg ogni 3 settimane;
  • carcinoma della cervice in associazione con paclitaxel e cisplatino o paclitaxel e topotecan: la dose raccomandata è 15 mg/kg ogni 3 settimane.

 

Avvertenze speciali, precauzioni di impiego, interazioni, effetti collaterali e tossicità
Il bevacizumab non deve essere somministrato o miscelato con soluzioni di destrosio.
Effetti collaterali comuni: ipertensione, ritardo nella guarigione delle ferite, astenia, diminuzione dell'appetito, trombosi, emorragie.
Bevacizumab può compromettere la guarigione delle ferite: la terapia non deve essere iniziata per almeno 28 giorni dopo un intervento di chirurgia maggiore o finché la ferita chirurgica non sia completamente guarita. In caso di chirurgia elettiva, il trattamento deve essere sospeso circa 4-6 settimane prima.
È stato osservato un aumento dell'incidenza di ipertensione arteriosa: la pressione deve essere adeguatamente controllata prima di iniziare il trattamento e monitorata regolarmente (ogni 2-3 settimane) durante e dopo la terapia.
Il farmaco aumenta il rischio di sanguinamento grave: è necessaria cautela nei pazienti con pregressi episodi emorragici o fattori di rischio.
Sussiste un rischio (raro ma grave) di sviluppare perforazioni del tratto gastro-intestinale o fistole.
Esiste il rischio di sviluppare eventi trombo-embolici arteriosi e venosi, come ictus, infarto miocardico.
Il bevacizumab può alterare la funzione renale, causando proteinuria.
Come per altri anticorpi monoclonali, possono verificarsi reazioni da ipersensibilità durante o dopo l'infusione.
Non sono note interazioni farmacologiche clinicamente significative con la maggior parte degli agenti chemioterapici comunemente usati in associazione (come paclitaxel, carboplatino, fluoropirimidine). Tuttavia, l'uso concomitante di bevacizumab con sunitinib o bisfosfonati per via ev può aumentare il rischio di osteonecrosi della mascella. Si consiglia un esame odontoiatrico preventivo prima del trattamento.

 

Modalità prescrittive
Prescrivibile in ambiente ospedaliero.

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Michela Del Prete
ASST Lariana, SC Endocrinologia, Diabetologia, Nutrizione Clinica, Ospedale Sant’Anna, San Fermo della Battaglia (CO)

 

Meccanismo d’azione
Citostatico della classe delle camptotecine, che agisce inibendo l'enzima topo-isomerasi I, bloccando la replicazione del DNA delle cellule tumorali.

 

Indicazioni approvate
Cancro del colon-retto in mono-terapia o in associazione con 5-FU e acido folinico.
Cancro metastatico del colon-retto che esprime il recettore per EGF-R, senza mutazioni di K-RAS, senza precedente trattamento o dopo fallimento di una terapia citotossica.
Trattamento di prima linea del carcinoma metastatico del colon-retto in associazione con cetuximab, 5-FU, acido folinico e bevacizumab.
Trattamento di prima linea del carcinoma metastatico del colon-retto in combinazione con capecitabina, con o senza bevacizumab.

 

Controindicazioni
Malattia infiammatoria intestinale cronica e/o ostruzione dell’intestino.
Ipersensibilità al principio attivo o uno qualsiasi degli eccipienti.
Allattamento.
Valori di bilirubina > 3 volte il limite superiore dell’intervallo di normalità.
Grave insufficienza midollare.
Capacità funzionale > 2 secondo l’OMS.
Uso concomitante di iperico (erba di San Giovanni).
Uso di vaccini vivi attenuati.
I pazienti con intolleranza ereditaria al fruttosio non devono essere trattati se non strettamente necessario.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Irinotecan (1.5 mg/mL, 4.3 mg, 20 mg/mL, 40 mg) per infusione ev della durata di 30-90 minuti.
In mono-terapia (per pazienti precedentemente trattati) la dose raccomandata è 350 mg/m2 ogni 3 settimane.
In associazione con 5-FU e acido folinico (per pazienti non trattati in precedenza) la dose raccomandata è di 180 mg/m2 ogni 2 settimane come infusione ev, seguita da infusione di acido folinico e 5-FU.
In associazione con il cetuximab, l’irinotecan deve essere somministrato alla stessa dose somministrata negli ultimi cicli del precedente trattamento, non prima che sia trascorsa un’ora dalla fine dell’infusione di cetuximab.

 

Avvertenze speciali, precauzioni di impiego, interazioni, effetti collaterali e tossicità
Effetti collaterali comuni
: sono diarrea, nausea e vomito, fatica e debolezza, neutropenia, anemia e trombocitopenia (aumentato rischio di infezioni e sanguinamenti); può inoltre provocare alopecia, stomatite, perdita di appetito e perdita di peso.
Effetti collaterali meno comuni: sudorazione, lacrimazione e salivazione eccessive, crampi addominali e disturbi visivi durante o poco dopo l'infusione. Altri effetti collaterali sono costipazione, tosse, vertigini, pelle secca e pruriginosa.
In rari casi
: insufficienza renale, ipotensione o insufficienza circolatoria in pazienti che hanno presentato episodi di disidratazione associata a diarrea e/o vomito o sepsi.
Le donne in età fertile e gli uomini devono fare uso di adeguati metodi contraccettivi durante il trattamento e, rispettivamente, fino a 1 mese e 3 mesi dopo il trattamento.
Farmaci concomitanti: la somministrazione concomitante con un potente inibitore (per es. ketoconazolo) o un induttore (per es. rifampicina, carbamazepina, fenobarbital, fenitoina, iperico) del CYP3A4 può alterare il metabolismo dell’irinotecan e deve essere evitata. L’uso concomitante con antagonisti della vitamina K può determinare aumentato rischio di emorragia ed eventi trombotici in patologie tumorali. In caso di associazione con agenti immuno-soppressori (ad esempio ciclosporina, tacrolimus) è possibile eccessiva immuno-soppressione con rischio di linfo-proliferazione.

 

Modalità prescrittive
Prescrivibile in ambiente ospedaliero.

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Michela Del Prete
ASST Lariana, SC Endocrinologia, Diabetologia, Nutrizione Clinica, Ospedale Sant’Anna, San Fermo della Battaglia (CO)

 

Meccanismo d’azione
I sali di platino (cisplatino, carboplatino, oxaliplatino) agiscono legandosi covalentemente al DNA, in particolare alle basi azotate delle cellule tumorali. Questi legami crociati distorcono la doppia elica del DNA, bloccando i processi di replicazione e trascrizione, e innescando l'apoptosi.

 

Indicazioni approvate
Cisplatino
:

  • carcinoma del testicolo avanzato o metastatico;
  • carcinoma ovarico avanzato o metastatico;
  • carcinoma della vescica avanzato o metastatico;
  • carcinoma a squamocellulare della testa e del collo avanzato o metastatico;
  • carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato o metastatico;
  • carcinoma polmonare a piccole cellule avanzato o metastatico;
  • carcinoma della cervice uterina in associazione con altri chemioterapici o con la radioterapia.

Carboplatino:

  • carcinoma dell’ovaio di origine epiteliale in fase avanzata in prima linea o in seconda linea, dopo il fallimento di altri trattamenti;
  • carcinoma del polmone a piccole cellule.

Oxaliplatino:

  • in associazione con 5-FU e acido folinico per il trattamento adiuvante del cancro al colon di stadio III (C di Duke) dopo resezione completa del tumore primario;
  • cancro colo-rettale metastatico.

 

Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo (anche come classe) o a uno qualsiasi degli eccipienti, allattamento, mielo-soppressione.
Cisplatino
: disfunzione renale pre-esistente; disidratazione; alterazione pre-esistente dell’udito; neuropatia causata dal cisplatino; in associazione con vaccini vivi, incluso il vaccino per la febbre gialla; in associazione con fenitoina in uso profilattico.
Carboplatino
: tumori con emorragia; grave compromissione renale pre-esistente (creatinina clearance ≤ 20 mL/minuto).
Oxaliplatino
: neuropatia sensoriale periferica con alterazione funzionale antecedente al primo ciclo; funzionalità renale gravemente compromessa (creatinina clearance ≤ 30 mL/minuto).

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Cisplatino
(0.5 mg/mL, 1 mg/mL, 50 mg/50 ml): la soluzione diluita deve essere somministrata esclusivamente per infusione. Per la mono-terapia, sono raccomandati due regimi posologici: singola dose da 50 a 120 mg/m² ogni 3-4 settimane; da 15 a 20 mg/m²/die per cinque giorni, ogni 3-4 settimane. Se il cisplatino viene utilizzato in una chemioterapia combinata, la dose di cisplatino deve essere ridotta: la dose abituale è 20 mg/m² o più una volta ogni 3-4 settimane. Per il trattamento del carcinoma della cervice uterina, il cisplatino viene utilizzato in associazione alla radioterapia, alla dose abituale di 40 mg/m2 ogni settimana per 6 settimane.

Carboplatino (10 mg/mL, 50 mg/5 mL, 150 mg/15 mL, 450 mg/45 mL) deve essere somministrato esclusivamente per via ev. La dose raccomandata di carboplatino negli adulti non trattati precedentemente e con funzionalità renale normale (creatinina clearance > 60 mL/min) è 400 mg/m², in un’unica dose somministrata con infusione ev della durata da 15 a 60 minuti.

Oxaliplatino (5 mg/mL): la somministrazione di oxaliplatino deve sempre precedere quella delle fluoropirimidine – per esempio 5-FU. Deve essere somministrato in infusione ev della durata di 2-6 ore in 250-500 mL di soluzione glucosata al 5% (50 mg/mL) per ottenere una concentrazione tra 0.2 e 0.7 mg/mL (che rappresenta la concentrazione più alta riportata nella pratica clinica per una dose di oxaliplatino di 85 mg/m2).

 

Avvertenze speciali, precauzioni di impiego, interazioni, effetti collaterali e tossicità
Effetti collaterali
(variabili tra i farmaci, ma comuni al gruppo):

  • gastro-intestinali: nausea e vomito (molto comuni, richiedono anti-emetici potenti), anoressia, diarrea;
  • ematologici: leucopenia, trombocitopenia, anemia, con aumentato rischio di infezioni e sanguinamenti;
  • neuropatia periferica con intorpidimento, formicolio, dolore a mani e piedi (specialmente con cisplatino e oxaliplatino), talvolta irreversibile;
  • oto-tossicità con acufeni, perdita uditiva per frequenze alte (specialmente con alte dosi di cisplatino);
  • nefro-tossicità: insufficienza renale, gestita con idratazione intensiva;
  • cardio-vascolari: aritmie, ipertensione, raramente infarto miocardico (più con oxaliplatino);
  • reazioni allergiche: eruzione cutanea, orticaria, prurito.

Cisplatino: forte tossicità renale, uditiva, neurologica.
Carboplatino: meno tossico per i reni ma più mielo-soppressivo.
Oxaliplatino: è caratteristica la neuropatia periferica indotta dal freddo.

 

Modalità prescrittive
Prescrivibili in ambiente ospedaliero.

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Michela Del Prete
ASST Lariana, SC Endocrinologia, Diabetologia, Nutrizione Clinica, Ospedale Sant’Anna, San Fermo della Battaglia (CO)

 

Meccanismo d’azione
Blocca la topo-isomerasi II, un enzima cruciale per la riparazione del DNA, causando rotture nel DNA cellulare e prevenendo la replicazione delle cellule tumorali, portando alla morte cellulare.

 

Indicazioni approvate
Tumori del testicolo resistenti non seminomatosi, in associazione con altri agenti chemioterapici.
Carcinoma polmonare a piccole cellule, in associazione con altri agenti chemioterapici.
Leucemia monoblastica acuta e leucemia mielomonocitica acuta, in associazione con altri agenti chemioterapici quando la terapia di induzione standard si sia rivelata inefficace.

 

Controindicazioni
Ipersensibilità a etoposide o a uno qualsiasi degli eccipienti, podofillotossina o derivati.
Grave compromissione della funzionalità epatica.
Grave mielo-soppressione.
Allattamento.
L’uso concomitante del vaccino per la febbre gialla o di altri vaccini vivi è controindicato.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Etoposide 20 mg/mL. Il farmaco deve essere diluito in una soluzione di glucosio al 5% o in una soluzione di sodio cloruro allo 0.9%, per ottenere una concentrazione finale di 0.2-0.4 mg/mL (cioè 1 mL o 2 mL di concentrato in 100 mL di diluente, per raggiungere una concentrazione, rispettivamente, di 0.2 mg/mL e 0.4 mg/mL). Questa soluzione viene somministrata come soluzione ev per un periodo non inferiore a 30 minuti e non superiore a 2 ore.
La dose raccomandata negli adulti è 60-120 mg/m2 al giorno, per 5 giorni consecutivi. Gli schemi posologici più frequentemente usati sono 100 mg/m² per 5 giorni o 120 mg/m² a giorni alterni o nei giorni 1, 3 e 5.
Poiché causa mielo-soppressione, il ciclo non deve essere ripetuto con frequenza < 10-20 giorni (o < 21 giorni per le indicazioni non–ematologiche) o comunque prima che il quadro ematico non sia stato controllato per eventuali segnali di mielo-soppressione e sia ritenuto soddisfacente.

 

Avvertenze speciali, precauzioni di impiego, interazioni, effetti collaterali e tossicità
Effetti collaterali più comuni
: modifiche ematologiche (neutropenia, trombocitopenia e anemia), problemi gastro-intestinali (nausea, vomito, perdita dell'appetito, stipsi o diarrea), astenia e fatigue, alopecia e reazioni cutanee (eruzioni cutanee pruriginose, simili all'acne, o rossore localizzato), mucosite (possibile da 5 a 10 giorni dopo la terapia), ipotensione.
Meno comuni: reazioni allergiche sistemiche, con brividi, febbre o rossore al volto, ipertensione, polmonite interstiziale o fibrosi polmonare.
Il farmaco può determinare grave mielo-soppressione (con conseguente infezione o sanguinamento), anche fatale. I pazienti in trattamento con etoposide devono essere strettamente e frequentemente monitorati per la mielo-soppressione, sia durante che dopo la terapia. Se prima dell’inizio del trattamento con etoposide è stata somministrata radioterapia o chemioterapia, deve intercorrere un intervallo di tempo adeguato per consentire il recupero della funzionalità midollare. Dopo la dose iniziale, le dosi successive devono essere adattate se:

  • la conta dei neutrofili è < 500 cellule/mm³ per più di 5 giorni o è associata a febbre o infezione;
  • la conta piastrinica è < 25.000 cellule/mm³;
  • si sviluppa qualsiasi altro effetto tossico di grado 3 o 4;
  • la clearance della creatinina è < 50 mL/min.

In pazienti trattati con etoposide in associazione con altri anti-neoplastici sono stati segnalati rari casi di insorgenza di leucemia acuta, che può manifestarsi con o senza una fase pre–leucemica.
Nei pazienti con bassi livelli sierici di albumina il rischio di tossicità associata a etoposide può essere elevato. Se il paziente soffre di disfunzione epatica o renale, la funzionalità epatica e renale deve essere regolarmente monitorata, a causa del rischio di accumulo.
Inoltre, cicli di terapia con etoposide devono essere effettuati solo se non ci sono patologie del sistema nervoso periferico.
L’etoposide è mutageno e cancerogeno, cosa di cui occorre tener conto quando si eseguono trattamenti di lunga durata. Considerato il potenziale mutageno di etoposide, è richiesta una contraccezione efficace da parte dei pazienti di entrambi i sessi durante il trattamento e nei 6 mesi successivi. Si raccomanda una consulenza genetica se il paziente desidera procreare dopo la fine del trattamento. Poiché etoposide può diminuire la fertilità maschile, si può prendere in considerazione la conservazione del seme ai fini di una successiva paternità.
Terapie concomitanti: attenzione a ciclosporina, cisplatino, fenitoina o fenobarbitale. In caso di precedente o concomitante uso di altri farmaci ad azione mielo-soppressiva, si possono prevedere effetti additivi o sinergici. Con l’uso del vaccino contro la febbre gialla, esiste un aumento del rischio che si manifesti la malattia vaccinica sistemica fatale. L’uso di vaccini vivi è controindicato nei pazienti immuno-depressi. Fenilbutazone, sodio salicilato e acido acetilsalicilico possono spostare il legame proteico di etoposide. La terapia concomitante con warfarin può causare un aumento dell’INR, che deve essere strettamente monitorato.

 

Modalità prescrittive
Prescrivibile in ambiente ospedaliero.