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Antonella Paoloni, Francesca Rota, Valerio Adinolfi, Laura Rizza, Agnese Barnabei, Marialuisa Appetecchia, Roberto Baldelli
UOSD Endocrinologia, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena – IRCCS, Roma

 

DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA

L’insulinoma è un NET che nasce dalle cellule insulino-secernenti delle insule pancreatiche (1,2). Oltre all’insulina, può dare ipersecrezione di altri ormoni e metaboliti (gastrina, ACTH, glucagone, hCG, somatostatina e acido 5-OH-indolacetico). In casi rari la sindrome dipende da iperplasia diffusa delle ß-cellule senza che vi siano tumori identificabili.
L’insulinoma rappresenta la forma più di frequente di NET del pancreas. Ha un’incidenza di 1-3 casi per milione di popolazione/anno ed è maligno in meno del 10% dei casi.
Si riscontra prevalentemente nelle donne rispetto agli uomini ed è più frequente intorno ai 50 anni di età.
Nel 10% dei casi si tratta di forme multiple e nel 5% dei casi è associato alla sindrome MEN-1 (ma la percentuale sale al 50% in caso di tumori multipli).

 

CLINICA

Il quadro clinico dipende dall’ipoglicemia ma può essere estremamente aspecifico e variabile, per cui spesso passa diverso tempo prima di riuscire a porre diagnosi. Caratteristicamente l'ipoglicemia secondaria a insulinoma si verifica durante il digiuno e i sintomi possono verificarsi per differenti livelli glicemici (solitamente < 55-60 mg/dL).
I sintomi sono insidiosi, ma di solito predominano quelli neuroglicopenici (tab 1), che possono mimare un'ampia varietà di disturbi neurologici e psichiatrici (3-7). È frequente che la presenza di stato confusionale o comportamenti bizzarri sia descritta con precisione dai conviventi piuttosto che dal paziente. I disturbi a carico del SNC possono progredire sino a perdita di coscienza, convulsioni e coma.

 

Tabella 1
Sintomi neuroglicopenici dell’ipoglicemia
Neurologici Sonnolenza
Disturbi visivi (accomodazione, contrazione pupillare, ecc)
Irritabilità
Confusione
Amnesia
Parestesie
Sindrome convulsiva
Psichiatrici Comportamento inadeguato e bizzarro
Deliri
Allucinazioni

 

Specialmente nella fase iniziale della malattia possono coesistere sintomi e segni adrenergici, dovuti a eccesso di catecolamine (ansia, palpitazioni, tachicardia, astenia profonda, cefalea, tremori, sudorazione fredda e profusa, pallore), ma una descrizione dettagliata di questi si associa più frequentemente a ipoglicemia funzionale che non a insulinoma.
Questi pazienti imparano a convivere con la malattia, a dominare i sintomi e si abituano a un livello di glicemia molto al di sotto dei valori inferiori della norma senza mostrare sintomi.

 

Il sospetto clinico
L’ipoglicemia non rappresenta un problema frequente nell’adulto non diabetico. La presenza di sintomi rafforza l’importanza clinica del problema, perché in alcuni soggetti normali il digiuno prolungato può provocare ipoglicemia asintomatica. L’ipoglicemia può dipendere da molte cause oltre all’insulinoma (tab 2) (8,9).

 

Tabella 2
Diagnosi differenziale delle cause di ipoglicemia
Farmaci Insulina, anti-diabetici orali
Chinino, pentamidina, indometacina, litio
Più raramente: ACE-inibitori, levofloxacina, trimetoprim-sulfametossazolo, eparina
Eccessivo introito alcolico Blocco della liberazione dei depositi di glucosio
Insufficienza epatica, renale o cardiaca Deplezione di substrati per la gluconeogenesi
Digiuno di lunga data (anoressia nervosa) Deplezione di substrati per la gluconeogenesi
Tumori non insulari Eccessiva produzione di IGF-II che consuma il glucosio

Chirurgia gastrica (post bypass gastrico)

Accelerato transito e malassorbimento

Iposurrenalismo e ipopituitarismo

Deficit di ormoni contro-regolatori
Ipoglicemia autoimmune

 

Il sospetto di insulinoma è forte in presenza della triade di Whipple, presente nel 75% dei casi, che comprende (10):

  1. sintomi di ipoglicemia;
  2. rilievo di ipoglicemia in corrispondenza dei sintomi;
  3. regressione dei sintomi con la somministrazione di glucosio.

I sintomi compaiono più frequentemente di notte o nel primo mattino e comunque durante il digiuno, anche se la comparsa di un’ipoglicemia post-prandiale non esclude la diagnosi (11,12). I sintomi possono essere peggiorati da esercizio, ingestione di alcol, dieta ipocalorica e uso di alcuni farmaci (1,2).
L’attivazione da parte dell’ipoglicemia di un riflesso vagale, che comporta la stimolazione della secrezione acida gastrica e della peristalsi e che aumenta la velocità di svuotamento gastrico, porta ad aumento dell’appetito. Il paziente affetto da insulinoma impara a mangiare ogni 2-3 ore e nel 20-40% dei casi cresce di peso (fino all’obesità).

 

DIAGNOSI

Il primo passo è la conferma dell'ipoglicemia con livelli inappropriati di insulina. Sono diagnostici livelli documentati di insulinemia > 3 μU/mL (18 pmol/L), in assenza di metaboliti delle sulfoniluree nel plasma o nelle urine.
Oltre al dosaggio dell’insulina, è importante la valutazione dei livelli di peptide C, che vengono considerati diagnostici se > 0.6 ng/mL (0.2 nmol/L), e, se disponibili, di proinsulina (> 5.0 pmol/L) (3,4,6,7,9,13). Nei pazienti affetti, la proinsulina arriva al 70% dell’immunoreattività dell’insulina, mentre nel soggetto normale è < 20%.
La diagnosi differenziale deve considerare anche la presenza di possibili ipoglicemie factitie:

  • quelle da auto-somministrazione di insulina sono caratterizzate dalla presenza di ipoglicemia, iperinsulinemia, ridotti livelli plasmatici di peptide C e proinsulina e talvolta anche dalla presenza di anticorpi circolanti anti-insulina;
  • in quelle conseguenti ad assunzione di sulfaniluree (in cui il peptide C non è basso) è necessario dimostrare la presenza del farmaco o dei suoi metaboliti nel plasma e nelle urine.

Un altro elemento importante per discriminare l’ipoglicemia iperinsulinemica da altre cause, è l’assenza di chetonuria.

 

Prove funzionali
La diagnosi biochimica si basa sull’incapacità dell’ipoglicemia di sopprimere la secrezione endogena di insulina (14) ovvero sui livelli di insulina inappropriatamente alti per la glicemia. Nel 95% dei casi la diagnosi si ottiene solo durante il test del digiuno protratto, che costituisce il test diagnostico (15).
In passato venivano utilizzati altri test come:

  • la prova di tolleranza insulinica, in grado di valutare la sopprimibilità dei livelli plasmatici di peptide C dopo somministrazione di insulina ev (0.1 UI/kg);
  • la prova al diazossido (600 mg di diazossido, farmaco con potente azione iperglicemizzante, in 250 cc di soluzione fisiologica, con dosaggio di glicemia e insulinemia ogni 15 minuti per 3 ore), il cui scopo è valutare la soppressione dei valori di insulina;
  • la prova da carico orale di glucosio, con prelievi prolungati fino a 3 ore, utilizzata solo per la diagnosi differenziale con le ipoglicemie reattive;
  • la prova di soppressione con octreotide (potente inibitore della secrezione di insulina e glucagone), che consiste nella somministrazione in bolo di 125 μg di octreotide seguiti da infusione costante di 250 μg/ora per 180 min.

 

Diagnostica per immagini
Permette una precisa localizzazione pre-operatoria del tumore e deve essere avviata dopo aver posto la diagnosi biochimica (16). Nella maggior parte dei casi è necessaria l’associazione di più metodiche.
Poiché l’80% degli insulinomi è < 2 cm, l’ecografia trans-addominale ha sensibilità < 50%. L’eco-endoscopia è positiva nel 70-95% dei casi, se eseguita da un endoscopista esperto (17). TC elicoidale e multislice e RM hanno sensibilità sovrapponibile (82-94%)(18,19).
L’Octreoscan è positivo solo nel 50% dei casi di insulinoma localizzato, a causa delle piccole dimensioni e della bassa densità o della mancanza di recettori per la somatostatina che legano l’octreotide con alta affinità (SSTR2)(20).
Risultati promettenti sono stati ottenuti con l’utilizzo di varie metodiche sperimentali PET/TC che non utilizzano i recettori della somatostatina: DOPA-PET e 111In-DOTA-exendin-4 (21, 22).

 

Angiografia selettiva e stimolazione intra-arteriosa con calcio gluconato
Essendo tumori molto vascolarizzati, l’arteriografia con calcio gluconato (dal momento che il calcio è in grado di stimolare il rilascio di insulina dal tessuto neoplastico e non dal tessuto normale) mediante cateterizzazione selettiva dei rami minori delle arterie gastro-duodenale, mesenterica superiore e splenica, per la ricerca di un gradiente di concentrazione, è positiva nell’88-100% dei casi, con sensibilità dell’82% e specificità del 95% (23-25). Il test è comunque poco disponibile, molto indaginoso e costoso, per cui deve essere riservato solo ai casi con diagnosi biochimica certa e negatività degli altri esami di diagnostica per immagini.
Nonostante l’esecuzione di tutte le tecniche di localizzazione sovradescritte, solo nel 60-70% dei casi si riesce a localizzare il tumore prima dell’intervento. Tra gli altri casi, i pazienti con sintomi ben controllabili con la terapia farmacologica possono essere tenuti in sorveglianza stretta, mentre i casi più gravemente sintomatici devono essere comunque avviati alla chirurgia: l’esplorazione pancreatica da parte di un chirurgo esperto e l’uso dell’ecografia intra-operatoria portano all’identificazione di un tumore in oltre il 90% dei casi (17,26).

 

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Flow-chart diagnostica nel sospetto insulinoma

 

TERAPIA

Terapia farmacologica
Da utilizzare allo scopo di prevenire le ipoglicemie in pazienti selezionati prima dell’intervento chirurgico, in quelli con alto rischio operatorio e/o dove la terapia chirurgica fallisce o nelle forme maligne non resecabili (27). Esistono diversi approcci terapeutici.
Il diazossido (Proglicem, cp 25-100 mg) è in grado di ridurre l’ipersecrezione di insulina. La dose iniziale è 3 mg/kg in 2-3 dosi refratte ogni 8-12 h; il dosaggio può poi essere aggiustato in base alle necessità fino a 8 mg/kg/die. Deve essere associato a un diuretico tiazidico per controllare gli effetti avversi (edemi e iperpotassiemia)(27).
Gli analoghi della somatostatina long-acting hanno un’efficacia variabile e devono essere presi in considerazione nel trattamento dei pazienti con insulinoma sintomatico e con ipoglicemia continua, che sono refrattari al trattamento con diazossido (28).
Everolimus sembra efficace nei pazienti con insulinoma metastatico e ipoglicemia refrattaria, ma la tollerabilità è da monitorare attentamente (29,30).
Glucagone e cortisonici possono essere utili transitoriamente in condizioni di emergenza.
Nei pazienti metastatici si può utilizzare la chemioterapia (streptozotocina, tossica per le ß-cellule, 1 g/m2 ev settimanale per 4 settimane). Determina risposta parziale nel 50% e completa nel 20% dei pazienti, che aumenta al 33% se associata a 5-fluorouracile (31). Richiede il monitoraggio della funzionalità renale (proteine urinarie, creatininemia) ed epatica e dell'emocromo (potenziale tossicità ematopoietica) e non migliora la sopravvivenza.

 

Terapia chirurgica
È il trattamento di scelta poiché la resezione dell’insulinoma ottiene la guarigione nel 90% dei casi (32). È importante la preparazione per ridurre il rischio di ipoglicemia intra-operatoria: diazossido il giorno dell’intervento e infusione di glucosata al 10% ad almeno 100 mL/h, con monitoraggio dei livelli glicemici.

I possibili interventi sono:

  • enucleazione e/o enucleoresezione
  • pancreasectomia sinistra
  • resezioni intermedie pancreatiche
  • duodeno-cefalo-pancreasectomia (raro)
  • chirurgia citoriduttiva.

Nei pazienti con MEN-1 è opportuno eseguire una pancreasectomia subtotale piuttosto che un’enucleazione, vista l’alta probabilità di tumori multipli (32,33).
Le percentuali globali di guarigione chirurgica si avvicinano al 90%. Un piccolo insulinoma singolo, localizzato in corrispondenza o in prossimità della superficie del pancreas, di solito, può essere enucleato chirurgicamente. Nel caso di un singolo adenoma di grandi dimensioni o localizzato in profondità nel corpo o nella coda del pancreas, nel caso di lesioni multiple del corpo o della coda (o di entrambi) o nel caso in cui non venga trovato alcun insulinoma (circostanza insolita), si esegue una resezione pancreatica subtotale distale. In < 1% dei casi, l'insulinoma è localizzato in una sede ectopica, nel tessuto peri-pancreatico della parete duodenale o nell'area peri-duodenale e può essere trovato soltanto con una diligente ricerca. La pancreatico-duodenectomia (intervento di Whipple) viene eseguita nei casi di insulinoma maligno resecabile del pancreas prossimale. La pancreasectomia totale viene eseguita se una precedente resezione pancreatica subtotale non si è dimostrata adeguata.
Nei pazienti con metastasi epatiche non resecabili si può prendere in considerazione la chemioterapia intra-arteriosa o l’embolizzazione dell’arteria epatica (34-37).

 

PROGNOSI

La maggior parte degli insulinomi sono benigni con risoluzione completa dopo resezione radicale. Le recidive compaiono nel 5% dei casi. Nelle forme maligne metastatiche la sopravvivenza è di 16-26 mesi.

 

BIBLIOGRAFIA

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Giuseppe Badalamenti
Oncologia medica, Policlinico Universitario P. Giaccone, Palermo

 

Meccanismo d’azione
Sunitinib inibisce molteplici recettori delle tirosin-chinasi (RTK), coinvolte nella crescita tumorale, nella neo-angiogenesi e nella metastatizzazione: PDGFRα e PDGFRβ, VEGFR1, VEGFR2 e VEGFR3, KIT, FLT3, CSF-1R, RET.

 

Indicazioni
Trattamento delle NEN del pancreas (pNEN) metastatiche o localmente avanzate
Tumore stromale del tratto gastrointestinale (GIST)
Carcinoma renale metastatico

 

Contro-indicazioni
Ipersensibilità al principio attivo

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Cp 12.5 mg (sunitinib Accord, sunitinib Cipla, sunitinib Dr.Reddy's, sunitinib EG, sunitinib EGIS, sunitinib Mylan, sunitinib Piramal, sunitinib Sandoz, sunitinib TEVA, sunitinib ZentivaSutent), 25 mg (sunitinib Accordsunitinib Ciplasunitinib Dr.Reddy's, sunitinib EG, sunitinib EGIS, sunitinib Mylansunitinib Piramalsunitinib Sandozsunitinib TEVAsunitinib ZentivaSutent), 37.5 mg (sunitinib Accord, sunitinib Mylan, sunitinib Piramal, sunitinib Sandoz, sunitinib TEVAsunitinib Zentiva), 50 mg (sunitinib Accordsunitinib Ciplasunitinib Dr.Reddy'ssunitinib EGsunitinib EGIS, sunitinib Mylansunitinib Piramalsunitinib Sandozsunitinib TEVAsunitinib ZentivaSutent)
Per k renale e GIST 50 mg/die, per pNEN 37.5 mg/die

 

Effetti collaterali
Mielotossicità
Ipertensione
Eritrodisestesia palmo-plantare, diarrea, astenia
Distiroidismo

 

Precauzioni d'uso
Monitorare l’emocromo almeno ogni 15 giorni per i primi 2 mesi di trattamento e quindi prima di ogni ciclo.
Prima dell’inizio del trattamento, valutazione cardiologica con ECG ed ecocardiogramma, da ripetere in relazione alla clinica.
Monitorare quotidianamente i valori pressori.
Nel caso in cui gli effetti collaterali non siano gestibili, modificare la posologia a discrezione del medico.
Attenzione alla cosomministrazione di ketoconazolo e rifampicina

 

Limitazioni prescrittive
Ricetta non ripetibile limitativa, distribuzione ospedaliera

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Angelina Filice & Annibale Versari
Struttura Complessa di Medicina Nucleare, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia

(aggiornato al 14 giugno 2021)

 

Introduzione
La terapia radiorecettoriale (Peptide Receptor Radionuclide Therapy - PRRT) trova il proprio razionale  nell’espressione, da parte delle neoplasie neuroendocrine (NEN), dei recettori per la somatostatina (SSTR).  Le NEN sono, infatti, caratterizzate da un’elevata espressione dei SSTR  sulla membrana delle cellule tumorali. I sottotipi SSTR2 e SSTR 5 sono quelli più frequentemente rappresentati e possono essere usati per l’imaging e per la PRRT (1).
La presenza di tali recettori sulla superficie cellulare può essere documentata tramite indagini di immuno-istochimica o in vivo, mediante l’imaging medico-nucleare che utilizza analoghi della somatostatina radio-marcati. Il primo radio-farmaco a essere impiegato in quest’ambito è stato l’Octreoscan marcato con (111In), un isotopo radioattivo che emette radiazioni gamma e per il quale si utilizza come sistema di rilevazione la gamma-camera. In tempi più recenti c’è stato lo sviluppo di nuovi analoghi della somatostatina, i DOTA-peptidi, marcati con l’isotopo 68Ga, che emette positroni rilevabili in PET/TC. Per quanto nei centri di medicina nucleare vengano ancora entrambi utilizzati con indicazioni sovrapponibili, questi ultimi si sono dimostrati superiori ai precedenti in termini di accuratezza diagnostica (2). La positività dell’imaging medico-nucleare, che documenti un’adeguata captazione del radio-peptide, rappresenta un pre-requisito fondamentale per la selezione del paziente per la PRRT  (3).

 

Radio-farmaci
I radio-farmaci prevalentemente impiegati in PRRT sono attualmente 90Y/177Lu-DOTATOC/DOTATATE, con caratteristiche fisiche diverse. Il vettore è il peptide analogo della somatostatina (DOTATOC o DOTATATE), che spesso è lo stesso impiegato in diagnostica PET/TC marcato con 68Ga. Ovviamente, nel caso della PRRT, l’isotopo radioattivo legato al vettore non è un emettitore di positroni come in diagnostica (68Ga), ma un ß-emettitore, che permette di irradiare la sede di accumulo e cioè la lesione neoplastica:

  • 90Yttrio (90Y) è un radio-nuclide con un’emivita di 67 giorni, che emette particelle ß di 2.27 MeV, con una penetrazione nei tessuti di circa 12 mm;
  • 177Lutezio (177Lu) ha un’emivita di 6.64 giorni, che emette particelle ß di energia inferiore (0.5 MeV), con capacità di penetrazione nei tessuti di circa 2 mm.

Queste caratteristiche fisiche si traducono, quindi, in una maggior capacità di penetrazione dei radio-farmaci marcati con 90Y, che quindi risultano più efficaci in caso di lesioni di maggiori dimensioni (> 2 cm), ma che al tempo stesso hanno un maggior impatto dal punto di vista dosimetrico sugli organi a rischio (reni e midollo osseo), mentre i radio-farmaci marcati con 177Lu sono più appropriati per le lesioni di piccole dimensioni (< 2 cm), con minor impatto dosimetrico sugli organi a rischio e consentono la somministrazione di dosi più elevate (4). Le conoscenze sul diverso potere di penetrazione degli isotopi radioattivi utilizzati in PRRT hanno portato all’impiego in molti studi dei due radio-farmaci utilizzati in tandem, al fine di sfruttarne le diverse caratteristiche (5,6).

 

PRRT: studi di efficacia e di tossicità
Nel corso di più di venti anni di esperienza sulla PRRT sono stati pubblicati prevalentemente  studi di fase I-II, molto eterogenei per vari aspetti (popolazione di pazienti e tipi di neoplasia neuroendocrina, radio-farmaci e isotopi radioattivi, dosi e schemi terapeutici, ecc) e pertanto difficilmente confrontabili. Nonostante tale eterogeneità, tuttavia, gli studi di efficacia hanno documentato un controllo della malattia in termini di risposta (parziale e completa) e di stazionarietà tra il 66% e il 92% (7-14).
Gli autori di una metanalisi pubblicata nel 2015 (15), che ha incluso 6 studi per un totale di 473 pazienti con NET inoperabili o metastatici sottoposti a PRRT, ne hanno confermato l’efficacia, evidenziando una risposta obiettiva globale del 29% con criteri RECIST e del 23% con criteri SWOG. La percentuale media di controllo di malattia è 81% nel gruppo RECIST e 82% nel gruppo SWOG.
Un lavoro del 2016 in 6 centri in Germania ha analizzato l'efficacia terapeutica di 90Y e 177Lu in 450 pazienti affetti da NEN del pancreas (38%), dell'intestino tenue (30%), a primitività incerta (19%) e NET polmonari (4%). La sopravvivenza globale mediana di tutti i pazienti è stata di 59 mesi. I pazienti affetti da neoplasie di grado II e III hanno mostrato  sopravvivenza globale più bassa rispetto a quelli affetti da neoplasie di grado I. La sopravvivenza dei pazienti affetti da tumori di basso grado dell'intestino tenue è significativamente maggiore, rispetto  a quella degli affetti da tumori di altri distretti corporei. Una remissione completa del tumore si è avuta nel 5.6% dei casi, mentre il 22.4% dei pazienti ha presentato una risposta parziale, il 47.3% è risultato stabile, il 4% è andato in progressione (16).
Nella gestione dei GEP-NET è attualmente ben noto che ottenere una stabilizzazione di malattia è da considerarsi un buon risultato in termini di controllo della malattia, in quanto, dal punto di vista prognostico, stabilizzazione e risposta al trattamento mostrano un’analoga probabilità di sopravvivenza (13).
A fronte dei risultati ottenuti in termini di efficacia, inoltre, la PRRT negli studi pubblicati nel corso degli anni, si è dimostrata essere ben tollerata in termini di tossicità. Gli effetti collaterali acuti sono generalmente lievi e auto-limitanti. Tra la tossicità acuta e a breve termine, sono più frequenti nausea, vomito e affaticamento, mentre i pazienti riferiscono meno frequentemente dolore addominale, diarrea e si riscontra lieve tossicità ematologica reversibile. L'alopecia e la sindrome carcinoide sono rare. I reni e il midollo osseo sono considerati organi a rischio per la tossicità a lungo termine nella PRRT. I possibili effetti collaterali gravi a lungo termine sono, infatti, l'insufficienza renale, la sindrome mielo-displastica (MDS) o la leucemia acuta (LA). Quindi, prima di iniziare la PRRT devono essere valutate la riserva ematologica e la funzionalità renale.
Come documentato in molti studi, è ormai noto che la somministrazione di aminoacidi, come forma di protezione renale, riduce l’irradiazione dei reni e di conseguenza la probabilità di comparsa di tossicità renale. In una revisione pubblicata pochi anni fa gli autori riportano  una tossicità renale severa (grado 3/4) in < 3% dei pazienti qualora si usi un’adeguata protezione renale, che arriva al 15% negli studi in cui si usino protocolli senza somministrazione di aminoacidi (17).
Molti studi hanno riportato effetti a lungo termine sul midollo osseo. LA o MDS sono state riportate in < 3% dei pazienti che hanno ricevuto PRRT. In uno degli studi con una casistica più ampia (807 pazienti) è stata osservata tossicità ematologica lieve/assente nella grande maggioranza dei pazienti (82.2%) e severa nel 9.5%, in particolare 2.35% MDS e 1.1% LA (18). In uno studio comprendente 142 pazienti è stata osservata tossicità ematologica transitoria di grado 3-4 nel 12.8% dei pazienti, mentre LA e MDS sono state osservate rispettivamente nello 0.1% e 0.1% dei casi (19).

 

Studio di fase 3 NETTER-1 e approvazione del 177Lu-DOTATATE
Nonostante i numerosi studi sopra-citati, solo nel 2017 c’è stata la pubblicazione del NETTER-1, il primo studio multi-centrico, randomizzato di fase 3 sulla PRRT in 229 pazienti con tumori del piccolo intestino in progressione, inoperabili e positivi al recettore della somatostatina (20): sono stati confrontati 177Lu-DOTATATE (4 dosi da 7400 MBq ogni 8 settimane) più 30 mg di octreotide ogni 4 settimane per il controllo dei sintomi, verso una dose elevata di octreotide (60 mg ogni 4 settimane). L'end-point primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS), che è risultata significativamente diversa (p < 0.0001) tra i gruppi: al momento dell'analisi, la mediana non era stata ancora raggiunta per 177Lu-DOTATATE, mentre era di 8.5 mesi per octreotide LAR. Gli autori hanno riportato una riduzione del 79% del rischio di progressione o morte nei pazienti trattati nel braccio PRRT rispetto al braccio di controllo. Oltre a migliorare la PFS, 177Lu-DOTATATE fornisce un significativo  beneficio in termini di qualità di vita (21).
Lo studio Erasmus (22) a supporto del NETTER-1 ha valutato sicurezza ed efficacia di 177Lu-DOTATATE in 1200 pazienti con NET (midgut, foregut, hindgut e a primitività sconosciuta). Efficacia e sopravvivenza sono state analizzate in un sottogruppo di 443 pazienti: il tasso di risposta oggettiva è stato del 39%, la stabilità di malattia è stata raggiunta nel 43% dei pazienti. La  PFS e la sopravvivenza globale (OS) per tutti i pazienti erano, rispettivamente, di 29 mesi e 63 mesi. I pazienti con NET pancreatico avevano OS più prolungata (71 mesi). Sono state rilevate LA in quattro pazienti (0.7%) e MDS in nove (1.5%).
In seguito alla pubblicazione dei dati di tali studi, il 177Lu-DOTATATE è stato approvato dalle autorità  regolatorie, EMA e successivamente AIFA, con la seguente indicazione: trattamento di tumori neuroendocrini gastro-entero-pancreatici  (GEP-NET) non operabili o metastatici, in progressione, ben differenziati (G1 e G2) e positivi ai recettori della somatostatina (fig 1-2). Il radio-farmaco 177Lu-DOTATATE (Lutathera) è stato incluso nell’elenco AIFA dei farmaci innovativi per un periodo di tre anni (30/3/2019 – 29/3/2022).

 

 

Figura 1
Paziente con NET G2 duodenale, Ki67 = 7%, in progressione dopo terapia con analoghi della somatostatina.
A: 68Ga-DOTATOC PET/TC basale eseguita in previsione di PRRT. Aree di aumentata captazione, compatibili con lesioni neoplastiche ad elevata espressione recettoriale a livello del parenchima epatico, di linfonodi mediastinici e addominali.
B: 68Ga-DOTATOC PET/TC controllo dopo tre mesi dalla fine del trattamento radio-recettoriale con 177Lu-Oxodotreotide. Risposta parziale con riduzione di numero, estensione e intensità di captazione delle lesioni presenti alla PET/TC basale.

 

 

 

Figura 2
Paziente con insulinoma pancreatico G2 (Ki67 7%), in progressione dopo terapia con analoghi della somatostatina.
A: 68Ga-DOTATOC PET/TC basale in previsione di PRRT. Aree di aumentata captazione, compatibili con lesioni neoplastiche ad elevata espressione recettoriale a livello di pancreas, parenchima epatico, linfonodi addominali e scavo pelvico di destra.
B: 68Ga-DOTATOC PET/TC controllo dopo tre mesi dalla fine del trattamento radio-recettoriale con 177Lu-Oxodotreotide. Risposta parziale alla PRRT, con importante riduzione del numero delle lesioni presenti alla PET/TC basale.

 

Metodica e modalità di somministrazione del radiofarmaco
La somministrazione di 177Lu-DOTATATE deve essere effettuata esclusivamente da personale autorizzato a manipolare radio-farmaci.
Prima di iniziare e durante il trattamento è necessario esaminare la funzionalità epatica e renale e la riserva midollare. Inoltre, l'imaging recettoriale, ovvero la scintigrafia con 111In-Octreoscan o, meglio, la PET/TC con 68Ga-DOTA-peptide, deve confermare la presenza di SSTR sulle cellule tumorali, con captazione tumorale pari almeno alla normale captazione epatica (captazione tumorale ≥ 2 secondo il punteggio di Krenning).
Lo schema terapeutico raccomandato consiste in 4 infusioni da 7400 MBq ciascuna, a distanza consigliata di 8 settimane, estensibile fino a 16 settimane in caso di tossicità. Lo schema della somministrazione prevede prima una pre-medicazione con anti-emetici, seguita dopo 30 minuti da una soluzione di aminoacidi per via ev per una durata complessiva di 4 ore, seguita a sua volta dall’infusione del 177Lu-DOTATATE.

 

Valutazione della risposta alla PRRT
È senz’altro uno dei punti di maggiore discussione e criticità. Per quanto, infatti, le linee guida EANM suggeriscano di utilizzare i criteri RECIST per valutare la risposta alla PRRT (23), sono noti i limiti dell’impiego di criteri meramente dimensionali, in particolare in questi tumori per lo più a lenta crescita. Con l’avvento dei farmaci biologici e della stessa PRRT, è sempre più evidente che la sola valutazione dimensionale delle lesioni non è sufficiente per valutare la risposta al trattamento.
Dati recenti della fase 4 dello studio sunitinib nei NET pancreatici hanno indicato una migliore stima della risposta utilizzando i criteri CHOI, basati sulla variazione del 10% delle dimensioni o sulla variazione di densità del tumore alla TC rispetto ai criteri RECIST (24).
Considerando i limiti sovra-esposti sulla valutazione della risposta al trattamento, non è ancora stato raggiunto un consenso tra gli esperti sui metodi e sulle tempistiche. Probabilmente dovranno essere impiegati insieme l’imaging morfologico e quello funzionale, sfruttando anche l’avvento di metodi innovativi di analisi dell’imaging (25). Saranno necessari ulteriori studi per valutare e affermare l’uso nella pratica clinica di approcci quali la biopsia liquida, in particolare del NETest (26).

 

Conclusioni
La PRRT è attualmente riconosciuta come trattamento efficace e ben tollerato per i GEP-NET ben differenziati, in progressione, non operabili, SSTR-positivi, in progressione dopo i trattamenti di prima linea. Sebbene attualmente tale terapia sia impiegata su larga scala in molti paesi, diverse problematiche sono ancora al centro del dibattito scientifico. Innanzitutto, è di fondamentale importanza definire i criteri appropriati di selezione del paziente, come stabilire la corretta sequenza terapeutica e il corretto posizionamento della PRRT nella sequenza, definire l’opportunità di personalizzare dose e schemi terapeutici utilizzando la dosimetria e inoltre, definire criteri più appropriati per la valutazione della risposta al trattamento. È infine, auspicabile in futuro la possibilità di utilizzare la PRRT anche nella pratica clinica (e non solo in ambito sperimentale), in una fase più precoce della malattia e/o in associazione con altri trattamenti.

 

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Gabriele Luppi e Fabio Gelsomino
Oncologia Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena

 

Meccanismo d’azione
Everolimus è un inibitore orale selettivo di mTOR (mammalian target of rapamycin), una serina-treonina-chinasi intra-citoplasmatica che ha un ruolo importante nella regolazione della proliferazione e della crescita cellulare. Everolimus, come il suo analogo rapamicina, si lega a mTOR, tramite la proteina intra-cellulare FKBP-12, bloccando il complesso mTORC1 e quindi la sintesi proteica mediata dalle proteine S6K1 e 4E-BP1. In studi preclinici everolimus ha dimostrato attività immuno-soppressiva tramite inibizione della proliferazione linfocitaria, e attività anti-tumorale, sia tramite inibizione diretta delle cellule neoplastiche sia attraverso un’azione anti-angiogenetica.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia

Deve essere somministrato per via orale una volta al giorno alla stessa ora, regolarmente con o senza cibo. Le compresse devono essere inghiottite intere con un bicchiere d’acqua e non devono essere masticate o frantumate.
La dose raccomandata di everolimus è di 10 mg una volta al giorno. Il trattamento deve continuare fino a quando si osserva un beneficio clinico o finché non compaia tossicità inaccettabile.

 

Indicazioni
Carcinoma renale: trattamento di pazienti con carcinoma renale avanzato, che hanno presentato progressione durante o dopo trattamento con terapia mirata anti-VEGF.
Carcinoma mammario avanzato: trattamento del carcinoma mammario avanzato con stato recettoriale ormonale positivo, HER2/neu negativo, in combinazione con exemestane, in donne in post-menopausa in assenza di malattia viscerale sintomatica dopo recidiva o progressione a seguito di trattamento con un inibitore dell’aromatasi non steroideo.
Tumori neuroendocrini pancreatici: trattamento di tumori neuroendocrini di origine pancreatica, bene o moderatamente differenziati, non operabili o metastatici, in progressione di malattia, negli adulti.

 

Contro-indicazioni
Ipersensibilità al principio attivo, ad altri derivati della rapamicina o ad uno qualsiasi degli eccipienti.

 

Precauzioni d'uso
Per i pazienti con moderata compromissione epatica (Child-Pugh class B), la dose deve essere ridotta a 5 mg/die. Everolimus non è stato valutato in pazienti con compromissione epatica grave (Child-Pugh class C) e non è raccomandato per l’uso in questa categoria di pazienti.
Non sono necessarie riduzioni di dose in pazienti con ridotta funzione renale o in pazienti anziani.
Particolare attenzione va posta alle possibili interazioni farmacologiche. Everolimus è un substrato del CYP3A4, e anche un substrato e un moderato inibitore della PgP. Pertanto l’assorbimento e la successiva eliminazione di everolimus possono essere influenzati da sostanze che interferiscono con il CYP3A4 e/o la PgP (vedere le interazioni farmacologiche riportate nella scheda tecnica). Anche alcuni cibi, come il succo di pompelmo, possono aumentare le concentrazioni di everolimus, in quanto inibitori del CYP3A4 e della PgP.

 

Effetti collaterali
In base ai dati derivati dagli studi RADIANT 2 e RADIANT 3, il profilo di tollerabilità di everolimus appare alquanto accettabile. Gli eventi avversi di grado 3-4, in accordo con la classificazione National Cancer Institute’s Common Terminology Criteria for Adverse Events (NCI-CTC AE)- versione 4.0, sono poco frequenti (≤ 7%). Gli effetti collaterali più comuni sono rappresentati da: stomatite, astenia, diarrea, rash cutaneo, prurito, anoressia, nausea, vomito, perdita di peso, alterazione di alcuni parametri di laboratorio (iperglicemia, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, anemia, piastrinopenia). Un evento avverso potenzialmente serio è la polmonite asettica (12% dei pazienti nel RADIANT-2 e 17% dei pazienti del RADIANT-3, ma raramente di grado severo), caratterizzata dal quadro clinico-radiologico della polmonite interstiziale, associata o meno a segni e sintomi quali versamento pleurico, ipossia, tosse, dispnea e malessere.

 

Limitazioni prescrittive
La prescrizione è limitata a pazienti adulti. Everolimus non è raccomandato in corso di gravidanza o in donne in età fertile che non usano contraccettivi. Le donne in trattamento con Everolimus non devono allattare al seno.
Ai fini delle prescrizioni a carico del Servizio sanitario nazionale (classe H), i centri utilizzatori dovranno compilare la scheda raccolta dati informatizzata di arruolamento che indica i pazienti eleggibili e la scheda di follow-up e applicare le condizioni negoziali secondo le indicazioni pubblicate sul sito. La risposta deve essere rivalutata a 6 mesi: in assenza di risposta, il farmaco non è più prescrivibile a carico SSN.

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Angelina Filice & Annibale Versari
Struttura Complessa di Medicina Nucleare, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia

(aggiornato al 14 giugno 2021)

 

Introduzione
La medicina nucleare ha un ruolo centrale nella gestione dei pazienti con neoplasie neuroendocrine (NEN), sia in diagnostica che in terapia. Il meccanismo che viene storicamente utilizzato in queste neoplasie è quello ben noto del legame con i recettori della somatostatina (SSTR). Mentre è chiaro nelle NEN il ruolo dell’imaging recettoriale, 111In-Octreoscan e 68Ga-DOTA-peptide PET/TC, nelle diverse fasi di stadiazione, valutazione dell’espressione recettoriale, ristadiazione, selezione dei pazienti per la terapia radio-recettoriale (PRRT) ecc, più controverso e dibattuto è il ruolo di altri traccianti impiegati in questo ambito in medicina nucleare.

 

Ruolo del 18F-Fluorodesossiglucosio (18F-FDG) nelle NEN
Negli studi iniziali, la 18F-FDG PET/TC veniva tradizionalmente ritenuta di minore utilità nella gestione dei pazienti con NEN, a causa di una bassa captazione nei tumori neuroendocrini (NET) ben differenziati di basso grado (1). Parallelamente emergeva però anche il concetto che la captazione del 18F-FDG è più alta nei NET di alto grado, per cui è stato proposto l’utilizzo della 18F-FDG PET/TC nei pazienti con NET metastatici (2,3). Nel corso degli anni l’interesse per la 18F-FDG PET/TC è progressivamente aumentato, ed essa riveste attualmente un ruolo fondamentale in diagnostica, in particolare nella fase di stadiazione (vedremo successivamente in quali casi), ristadiazione e scelta del trattamento più appropriato. Come noto, inoltre, le NEN  sono eterogenee, per cui la combinazione delle immagini recettoriali ottenute con 68Ga-DOTA-peptide e metaboliche con 18F-FDG in PET/TC è risultata utile per valutare la complessità di tali neoplasie, in particolare per una migliore valutazione nei tumori di grado intermedio e alto (figura 1-2) (4).

 

 

Figura 1
A: Paziente con duplice localizzazione di NET pancreatico (Ki67, rispettivamente 10% e 3%, G2 sec. WHO 2010). 68Ga-DOTATOC PET/TC Ipercaptazione a carico della regione cefalo-pancreatica, di alcuni linfonodi  addominali peri-pancreatici e di 2 aree epatiche.
B: 18F-FDG PET/TC. Modesta e disomogenea ipercaptazione cefalo-pancreatica e linfonodale peri-pancreatica.

 

 

Figura 2
GEP-NET (Ki67 20%). Captazione diffusa di entrambi i traccianti (A 18F-FDG PET/TC; B 68Ga-DOTATOC PET/TC), con estesa metastatizzazione epatica e scheletrica.

 

Diversi  studi hanno confermato che la 18F-FDG PET/TC è una tecnica accurata per la stadiazione dei NET di alto grado (Ki-67 ≥ 10-15%) (5,6). Come riportato nelle più recenti linee guida dell’European Neuroendocrine Tumor Society (ENETS), con l'aumento dell’indice di proliferazione e quindi dell’aggressività tumorale, le lesioni generalmente diventano più avide di 18F-FDG. La 18F-FDG PET/TC ha quindi un ruolo importante in particolare per lo studio dei NET G3 e dei NET G2 con indice di proliferazione più alto, che rispetto ai NET di basso grado generalmente hanno un metabolismo del glucosio più elevato e una minore espressione dei SSTR (7). Diversi studi hanno inoltre evidenziato un significato prognostico di questo esame nelle NEN: i pazienti con 18F-FDG PET/TC positiva hanno prognosi peggiore (5,7-9). Un lavoro riporta i dati di 60 pazienti con NET pancreatico  sottoposti a 177Lu-PRRT, in cui la 18F-FDG PET/TC, positiva al basale in 55 pazienti, è risultata essere un fattore prognostico indipendente (PFS mediana 21.1 mesi nei pazienti con 18F-FDG PET/TC positiva e 68.7 mesi nel gruppo con 18F-FDG PET/TC negativa) (10).
Recentemente sono stati pubblicati i risultati del meeting EANM Focus 3. In questo incontro è stato raggiunto un consenso sull'utilizzo della 18F-FDG PET/TC nel carcinoma neuroendocrino, nei G3 NET e nei G1-G2 NET con lesioni non corrispondenti (ovvero esame radiologico positivo/68Ga-DOTA-peptidi PET/TC negativo) o con rapida progressione. Inoltre, per i pazienti con NET non resecabile o  disseminato candidati a PRRT, i partecipanti al panel hanno raccomandato la 18F-FDG PET/TC prima del trattamento nei pazienti con NET G2 e G3, complementare all'imaging SSTR, per escludere pazienti con lesioni non corrispondenti e come fattore prognostico (11).

 

18F-Diidrossifenilalanina (18F-DOPA) PET/TC
Diversi studi hanno riportato risultati promettenti sull’impiego in PET/TC dei precursori delle amine, come la 18F-DOPA (12-16). La 18F-DOPA PET/TC viene però utilizzata ancora poco nella pratica clinica, visti difficoltà di sintesi, costi e accuratezza diagnostica inferiore rispetto ai traccianti recettoriali. Trova il suo impiego soprattutto nelle NEN ben differenziate con espressione di SSTR bassa/variabile (feocromocitoma, neuroblastoma, carcinoma midollare della tiroide) o per caratterizzare lesioni che si localizzano nella  sede di fisiologica captazione del 68Ga-DOTA-peptide. Infine, anche se la 18F-DOPA non ha un ruolo nella teragnostica, durante la valutazione prima della PRRT può identificare lesioni che non esprimono o esprimono solo debolmente gli SSTR e predire una risposta al trattamento scarsa o assente. Allo stesso modo, nel contesto post-terapeutico, 18F-DOPA può essere utile nell'identificazione della comparsa di nuove lesioni o nell’identificare progressione di malattia (17).

 

Nuovi radio-farmaci promettenti
Il successo dei traccianti radio-recettoriali ha spianato la strada agli studi su altri radio-farmaci, per lo più a impiego sperimentale, a base di peptidi che hanno come bersaglio, ad esempio, i recettori della colecistochinina 2, il peptide di rilascio della gastrina, la neurochinina-1 e la chemochina-4 della famiglia C-X-C. Sono stati inoltre pubblicati studi interessanti sull’impiego in PET/TC nei NET di altri precursori delle amine, quali 5-idrossi-L-triptofano (14,18,19), marcati con 18F e 11C.
Sono ancora sperimentali radio-farmaci che legano il recettore di GLP-1 per la localizzazione degli insulinomi (20).
Un ulteriore interessante sviluppo è avvenuto, infine, negli ultimi anni sugli antagonisti dei SSTR. Questi composti non sono internalizzati nelle cellule bersaglio dopo il legame ai  recettori di superficie e si legano a un numero maggiore di siti. Rispetto agli agonisti, i primi studi hanno dimostrato una maggiore captazione del tumore, una ritenzione più prolungata e una ridotta radioattività negli organi sani (21). Il principale vantaggio dell'utilizzo di antagonisti sembra quindi la possibilità di ottenere una maggiore captazione del tumore rispetto al fondo, soprattutto nel fegato, con conseguente più facile individuazione delle lesioni secondarie. In particolare, in uno studio di fase 2 con l'antagonista 68Ga-OPS202 su 12 NEN pancreatiche, è stato osservato un aumento significativo del rapporto tumore /fegato rispetto a 68Ga-DOTATOC (22).

 

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