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Nadia Cremonini
UOSD di Endocrinologia – Ospedale Maggiore – Bellaria – Azienda USL di Bologna

 

La classificazione delle endocrinopatie multiple comporta la distinzione in:

  • sindromi ereditarie caratterizzate da patologie neoplastiche benigne o maligne di due o più ghiandole endocrine, (ad eccezione del carcinoma midollare familiare – FMTC – che è l’unica espressione clinica nei soggetti affetti), che possono esprimere anche iperfunzione
  • sindromi caratterizzate da ipofunzione di diverse ghiandole endocrine su base autoimmune, che possono essere associate  ad alterazioni autoimmuni di altri organi
  • sindromi miste, nelle quali l’interessamento delle ghiandole endocrine, come patologia neoplastica, non rappresenta il carattere distintivo, ma ne è una componente, con penetranza variabile;
  • altre sindromi poliendocrine e/o autoimmuni.

 

Endocrinopatie multiple neoplastiche
Comprendono le MEN, Neoplasie Endocrine Multiple.

  • MEN-1. Può essere sporadica o familiare (ereditata con carattere autosomico dominante); è caratterizzata da associazione di iperplasia/adenomi delle paratiroidi, tumori neuroendocrini del tratto gastro-entero-pancreatico, adenomi dell’ipofisi, e con possibile espressione di altri tumori endocrini e non endocrini (meno frequente), e alterazioni cutanee (1).
  • MEN-2. Trasmesse con carattere autosomico dominante, con elevata correlazione genotipo-fenotipo, suddivise in tre sindromi; i pazienti sviluppano quasi tutti il carcinoma midollare della tiroide, con diversa penetranza delle altre patologie che costituiscono la sindrome (2).
  • MEN-2A (> 60% dei casi) – Carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma (circa 50%), tumori multipli delle paratiroidi (10-30%). Esistono due varianti rare, in cui la MEN-2A si associa a lichen amiloidosico cutaneo o a malattia di Hirschsprung.
  • MEN-2B (5-10% dei casi) – Anche nota come MEN-3, comprende carcinoma midollare, feocromocitoma (circa 50%), altre anomalie (40-50% dei casi), quali neurinomi di labbra e lingua, ganglioneuromi dell’intestino, megacolon, habitus marfanoide, deformazioni scheletriche e lassità dei legamenti.
  • FMTC (carcinoma midollare familiare)(circa 30% dei casi) – Sola espressione di carcinoma midollare tiroideo nella stessa famiglia. Una variante rara di FMTC include l’associazione con malattia di Hirschsprung.
  • MEN-4. Rara patologia autosomica dominante, che comprende l’associazione di adenoma paratiroideo, adenoma ipofisario, tumori delle gonadi e tumori renali. Non è ancora possibile indicare la prevalenza delle neoplasie, date le poche segnalazioni in letteratura (3).

 

Sindromi poliendocrine autoimmune (APS) o sindromi multiple autoimmuni (MAS)
Le APS/MAS includono patologie autoimmuni organo-specifiche che interessano più ghiandole endocrine, inducendo una graduale alterazione anatomo-funzionale che nella maggioranza dei casi comporta ipofunzione delle ghiandole coinvolte (4,5). Si può associare il coinvolgimento di altri organi o tessuti, sempre su base autoimmune (per questo alcuni Autori hanno suggerito la denominazione di “Sindromi Autoimmuni Multiple – MAS)(6). Oggi riconosciamo 4 entità, tra cui l’unica ad essere trasmessa geneticamente è la APS/MAS 1, con carattere autosomico recessivo.

  • APS/MAS 1 (o APECED – Autoimmune - Polyendocrine - Candidiasis – Ectodermal Distrophy). Le patologie prevalenti che caratterizzano la sindrome sono: candidiasi cronica, ipoparatiroidismo cronico e morbo di Addison e possono associarsi ad altre patologie autoimmuni endocrine e non, e a patologie non autoimmuni non endocrine.
  • APS/MAS 2 (sindrome di Schmidt). Comprende morbo di Addison (sempre presente), in associazione a tireopatie autoimmuni, e/o a diabete mellito tipo I; l’associazione con altre patologie autoimmuni, endocrine e non, è meno frequente rispetto alla APS/MAS 1.
  • APS/MAS 3. Presenta l’associazione di tireopatie autoimmuni con altre patologie autoimmuni endocrine (ad eccezione del morbo di Addison) e non endocrine; in base al tipo di patologie associate se ne distinguono 4 sottotipi.
  • APS/MAS 4. Rientrano in questa sindrome associazioni di malattie autoimmuni diverse dalle prime 3 APS/MAS.

 

Sindromi miste con endocrinopatie neoplastiche
Malattia di von Hippel Lindau. Rara malattia genetica, a trasmissione autosomica dominante. I pazienti hanno predisposizione a sviluppare neoplasie benigne e maligne, quali emangioblastomi della retina, del cervelletto e del midollo spinale, carcinoma delle cellule renali e feocromocitoma (7).

Neurofibromatosi tipo 1. Malattia neurocutanea (neurofibromi cutanei, sottocutanei o plessiformi), multi-sistemica, ereditaria (carattere autosomico dominante), caratterizzata dalla predisposizione allo sviluppo di tumori benigni e maligni. Le manifestazioni cliniche endocrine che possono essere espresse sono: feocromocitoma, pubertà precoce e NET duodenali (8).

Complesso di Carney. Rara sindrome familiare autosomica dominante, che include associazione di mixomi, schwannomi, alterata pigmentazione cutanea e iperattività endocrina. Le patologie endocrine più comuni sono l'acromegalia, la sindrome di Cushing ACTH-indipendente, causata dalla displasia primitiva pigmentata nodulare del surrene (PPNAD), tumori di testicolo (a cellule del Sertoli), ovaio, adenomi follicolari della tiroide (rari i carcinomi differenziati)(9).

Sindrome di McCune-Albright. Malattia sporadica rara, le cui manifestazioni cliniche prevalenti sono: displasia fibrosa scheletrica, macchie cutanee caffè-latte, pubertà precoce. Altre endocrinopatie comprendono: ipertiroidismo, gozzo nodulare, ipersecrezione di GH e PRL, s. di Cushing, e raramente carcinomi differenziati della tiroide (9).

 

Altre sindromi poliendocrine e autoimmuni
POEMS (Polineuropatia, Organomegalia, Endocrinopatia, proteina M, alterazioni dermatologiche). Le endocrinopatie che si possono riscontrare sono: ipogonadismo, diabete mellito, ipotiroidismo, ipoparatiroidismo, insufficienza surrenalica; rara l’iperprolattinemia (10).

Sindrome di Kearns-Sayre. Patologia multisistemica, raramente familiare, caratterizzata da retinopatia pigmentosa, oftalmoplegia progressiva, blocchi di conduzione atrio-ventricolare, alterazioni del SNC. Le patologie endocrine più frequenti sono: deficit di GH, ipogonadismo, ipoparatiroidimo e diabete mellito (11).

Sindrome di Wolfram. Malattia neurodegenerativa molto rara, trasmessa con carattere autosomico recessivo, i cui caratteri distintivi sono diabete insipido, diabete mellito tipo 1 ad esordio giovanile, atrofia ottica e sordità neurosensoriale (12).

IPEX (Immuno-disregolazione, Poliendocrinopatia, Enteropatia, X-linked). Malattia genetica che si esprime clinicamente solo nei maschi; i pazienti possono presentare diabete mellito tipo I e/o tiroidite cronica autoimmune (13).

 

Bibliografia

  1. Thakker RV, Newey PJ, Walls GV, et al. Clinical practice guidelines for multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1). J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2990-3011.
  2. Kloos RT, Eng C, Evans DB, et al. American Thyroid Association Guidelines Task Force. Medullary thyroid cancer: management guidelines of the American Thyroid Association. Thyroid 2009, 19: 565-612.
  3. Thakker RV. Multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1) and type 4 (MEN4). Mol Cell Endocrinol 2013, doi: 10.1016/j.mce.2013.08.002.
  4. Betterle C, Zanchetta R. Update on autoimmune polyendocrine sindrome (APS). Acta Biomed 2003, 74: 9-33.
  5. Owen JC, Cheetham TD. Diagnosis and management of polyendocrinopathy syndromes. Endocrinol Metab Clin North Am 2009, 38: 419-36.
  6. Betterle C, Presotto F. Autoimmune polyendocrine syndromes (APS) or Multiple Autoimmune Syndromes (MAS). In: Walker S, Jara LJ (Eds), Handbook of systematic autoimmune diseases, 2008, Vol 9, Endocrine manifestations of systemic autoimmune diseases – pag 135-48.
  7. Tootee A, Hasani-Ranjbar S. Von Hippel Lindau disease: a new approach to an old problem. Int J Endocrinol Metab 2012, 10: 619-24.
  8. Williams VC, Lucas J, Babcock MA, et al. Neurofibromatosis type 1 revisited. Pediatrics 2009, 123: 124-33.
  9. Salpea P, Stratakis CA. Carney complex and McCune Albright syndrome: an overview of clinical manifestations and human molecular genetics. Mol Cell Endocrinol 2013, doi: 10.1016/j.mce.2013.08.022.
  10. Li J, Zhou DB. New advances in the diagnosis and treatment of POEMS syndrome. Br J Haematol 2013, 161: 303-15.
  11. Phadke M, Lokeshwar MR, Bhutada S, et al. Kearns Sayre syndrome – case report with review of literature. Indian J Pediatr 2012, 79: 650-4.
  12. Boutzios G, Livadas S, Marinakis E, et al. Endocrine and metabolic aspects of the Wolfram syndrome. Endocrine 2011, 40: 10-3.
  13. Gambineri E, Torgerson TR, Ochs HD. Immune dysregulation, polyendocrinopathy, enteropathy, and X-linked inheritance (IPEX), a syndrome of systemic autoimmunity caused by mutations of FOXP3, a critical regulator of T-cell homeostasis. Curr Opin Reumatol 2003, 15: 430-5.
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Maria Rosaria Ambrosio
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Biomediche e Terapia Avanzate, Università degli Studi di Ferrara

 

Le sindromi poliendocrine sono caratterizzate dal coinvolgimento di più ghiandole endocrine, con quadri clinici caratterizzati da iper o ipofunzione, che si presentano in maniera sincrona (disfunzione simultanea) o metacrona (disfunzione di una ghiandola, seguita dopo anni da alterazione di altre ghiandole).
Il quadro clinico contraddistinto da iperfunzione poliendocrina ha alla base neoplasie, benigne o maligne, di più ghiandole endocrine e costituisce il gruppo delle MEN (multiple endocrine neoplasia). Invece le sindromi cliniche caratterizzate da quadri prevalentemente di ipofunzione poliendocrina sono causate da alterazioni del sistema immune e rientrano nel gruppo delle APS (autoimmune polyglandular syndrome) o MAS (multiple autoimmune syndrome).

 

MEN
Caratteristiche fondamentali delle sindromi MEN, malattie genetiche trasmesse in maniera autosomica dominante, sono la compromissione contemporanea di più ghiandole endocrine, ma anche la presentazione multicentrica all’interno di una stessa ghiandola. Oltre che in questi casi, il sospetto dovrebbe insorgere in caso di familiarità, di precoce età di insorgenza delle neoplasie, di patologie frequenti nell’ambito della sindrome e più rare nella forma sporadica.
In particolare, ci sono due tipi di MEN:

  • la MEN-1, caratterizzata da iperplasia/adenomi delle paratiroidi, adenomi dell’ipofisi e tumori neuroendocrini del distretto entero-pancreatico. Andrebbe sospettata in tutti i casi di sindrome di Zollinger-Ellison, essendo la MEN-1 diagnosticata nel 30-38% dei pazienti con gastrinoma e in pazienti di tutte le età con tumori multipli delle isole pancreatiche. In caso di iperparatiroidismo primitivo, la ricerca di mutazioni di MEN-1 dovrebbe essere riservata a casi selezionati (età di insorgenza precoce, coinvolgimento ghiandolare multiplo, alto tasso di recidiva della malattia, associazione con altri tumori endocrini, familiarità per iperparatiroidismo o per MEN-1), essendo rara nella popolazione generale e rappresentando solo il 2-4% di tutti i casi di iperparatiroidismo primario. Nel caso di adenomi ipofisari, essendo anch’essi molto frequenti nella popolazione generale, questa sindrome non andrebbe ricercata in assenza di familiarità e/o di altre manifestazioni cliniche di MEN (1,2);
  • la MEN-2, suddivisa in MEN-2A (carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma e iperparatiroidismo) e MEN-2B (carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma, habitus marfanoide, ganglioneuromatosi). L’analisi genetica dovrebbe essere eseguita in tutti coloro che sono affetti da carcinoma midollare della tiroide, poiché il 5% dei casi apparentemente sporadici è rappresentato da forme familiari. In presenza di feocromocitoma, andrebbe sospettata una forma genetica nel paziente di età < 50 anni e/o con familiarità positiva, tumori multipli, forme bilaterali, malignità della lesione (anche se le forme maligne sono molto rare nella MEN 2). Infine per i casi di iperparatiroidismo si può fare riferimento a quanto detto sopra per la MEN-1 (2).

 

APS
La contemporanea presenza di due o più patologie endocrine autoimmuni, determinanti un deficit plurighiandolare con sindrome clinica da insufficienza pluriendocrina, conduce alla diagnosi di APS (3). In particolare il riscontro contemporaneo di ipofunzione di ghiandole endocrine dipendenti ed indipendenti dall’ipofisi è maggiormente suggestivo di APS; in ogni caso è necessario escludere alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisario.
Esistono due tipi principali di APS:

  • APS tipo 1, rara malattia monogenica autosomica dominante, con tipica insorgenza nell’età infantile. È caratterizzata da almeno due delle tre manifestazioni principali della sindrome (candidosi mucocutanea cronica, ipoparatiroidismo e morbo di Addison) o da una sola di esse, in presenza di familiari con diagnosi di APS. La prima manifestazione della sindrome, che segue in genere un ordine cronologico preciso ed è quindi più facile da identificare, è la candidosi mucocutanea cronica. È stato dimostrato che il 50% dei pazienti pediatrici affetti da questa condizione sviluppano l’APS, che pertanto andrebbe fortemente sospettata in tutti i pazienti pediatrici con candidosi mucocutanea cronica. Particolare attenzione va posta inoltre nei parenti di familiari affetti da APS 1 (4);
  • APS tipo 2, malattia poligenica, relativamente comune, tipica dell’età adulta e caratterizzata dalla presenza di morbo di Addison, tireopatia autoimmune e diabete mellito di tipo 1. L’ordine cronologico di comparsa in questo caso è più variabile. Particolare attenzione va posta nelle malattie più rare come il morbo di Addison: è stato infatti dimostrato che il 50% dei pazienti con insufficienza surrenalica autoimmune sviluppa un’APS di tipo 2, pertanto tutti gli adulti con questa condizione dovrebbero essere sottoposti ogni cinque anni ad uno screening per patologie tiroidee e diabete mellito. Viceversa, condizioni molto frequenti come la tireopatia autoimmune non richiedono uno screening specifico per altre patologie autoimmuni. Nelle malattie autoimmuni a prevalenza intermedia, come il diabete mellito di tipo 1, frequentemente si associano altre malattie autoimmuni. Pertanto il monitoraggio della funzione tiroidea e degli anticorpi anti-tireoperossidasi ed anti-tireoglobulina è consigliato ogni cinque anni, viceversa lo screening per l’insufficienza surrenalica è più dibattuto poiché è stata dimostrato la sua comparsa solo nell’1-2% dei casi (5, 3).

Si distinguono poi un tipo 3, caratterizzato da tireopatia autoimmune associata ad altre endocrinopatie autoimmuni ad eccezione del morbo di Addison e dell’ipoparatiroidismo, ed un tipo 4, in cui rientrano tutte le associazioni non presenti nelle categorie precedenti. In tutti i quadri possono essere comunque presenti altre malattie endocrine autoimmuni (ipogonadismo primario, ipofisite autoimmune, ...) ed è frequente inoltre l’associazione con patologie autoimmunitarie organo-specifiche non endocrine (vitiligo, alopecia, celiachia, gastrite cronica atrofica, epatite autoimmune, ...). È importante quindi sospettare una sindrome poliendocrina autoimmune anche in presenza di una qualsiasi associazione tra queste patologie (3). Particolare attenzione andrebbe posta in presenza di un’insufficienza ovarica precoce inspiegata, che, pur non essendo una manifestazione principale delle APS, può spesso associarsi ad essa.

 

Bibliografia

  1. Thakker RV, Newey PJ, Walls GV, et al. Clinical practice guidelines for multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1). J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2990-3011.
  2. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658-71.
  3. Kahaly GJ. Polyglandular autoimmune syndromes. Eur J Endocrinol 2009, 161: 11-20.
  4. Proust-Lemoine E, Saugier-Veber P, Wémeau J-L. Polyglandular autoimmune syndrome type I. Presse Med 2012, 41: e651-62.
  5. Kahaly GJ. Polyglandular autoimmune syndrome type II. Presse Med 2012, 41: e663-70.
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MEN 1

MEN-2

Sindromi poliendocrine autoimmuni

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Alberto Falchetti
Endocrinologo e Genetista Medico, Centro Hercolani, Bologna

 

Nelle forme familiari, la sindrome MEN-1 è ereditata come carattere autosomico dominante.

 

Rischio per i familiari

Genitori di un probando
Circa il 90% degli individui affetti da MEN-1 ha un genitore affetto e circa il 10% ha mutazioni de novo, non presenti nei gameti dei genitori. In quest’ultimo caso, le raccomandazioni per la valutazione clinica dei genitori del probando comprendono test genetici molecolari.
Nota: anche se circa il 90% degli individui con diagnosi di MEN-1 ha un genitore affetto, la storia familiare può sembrare negativa per:

  1. mancato riconoscimento della sindrome nei familiari;
  2. morte precoce del genitore prima della comparsa, in lui/lei, dei sintomi;
  3. esordio tardivo della malattia nel genitore interessato.

 

Fratelli/sorelle di un probando
Il rischio per i fratelli/sorelle del probando dipende dallo stato genetico dei genitori.

  • Se un genitore del probando è affetto o ha una mutazione causale, il rischio per fratelli/sorelle è del 50%.
  • Se la mutazione causale, trovata nel probando, non è rilevata nel DNA di uno dei genitori, la spiegazione possibile, oltre la mutazione de novo, è il mosaicismo germinale di un genitore.

 

Figli di un probando
Ogni figlio di un individuo con MEN-1 ha una probabilità del 50% di ereditare la mutazione.

 

Altri membri della famiglia di un probando
Il rischio per altri membri della famiglia dipende dalla condizione dei genitori del probando.
Se un genitore è affetto e/o ha una mutazione causale, la sua famiglia è a rischio.

 

Considerazioni in nuclei familiari con un’apparente mutazione de novo
Quando nessuno dei due genitori di un probando MEN-1 ha la mutazione che causa la malattia o evidenza clinica del disturbo, è probabile che il probando abbia una mutazione de novo. Vi sono anche possibili spiegazioni non-mediche:

  1. paternità o maternità alternativa (per esempio, con la riproduzione assistita);
  2. adozione non nota;
  3. riservatezza all'interno della famiglia.

 

La consulenza genetica si può eseguire anche per la valutazione di eventuale esecuzione del test genetico per forme familiari o in caso d’iperparatiroidismo primitivo e/o tumore neuroendocrino del tratto gastro-entero-pancreatico, apparentemente sporadici, insorti in età giovanile o comunque inappropriata rispetto alla media della loro insorgenza nella popolazione generale.

 

A chi è opportuno offrire la consulenza genetica
(compresa la discussione dei rischi potenziali per la prole e le scelte di riproduzione)?
  • Giovani adulti che sono affetti o sono a rischio (i soggetti che hanno ereditato la mutazione MEN1 da un genitore o hanno un parente affetto e i soggetti clinicamente definiti come affetti da MEN1 e in cui la mutazione germinale non è stata identificata).
  • Le richieste di test prenatale per le condizioni come la sindrome MEN1, che di fatto non incide sull’intelletto e in cui alcuni dei trattamenti a disposizione non sono comuni, non hanno raggiunto un consenso universale.
  • Inoltre, non c’è un ruolo per i test genetici se non c'è alcuna pianificazione di gravidanza nel futuro.
  • Il test del DNA in MEN1 può essere effettuato nei bambini entro il primo decennio perché tumori come insulinoma e adenomi ipofisari sono stati dimostrati svilupparsi in alcuni bambini fin dall'età di 5 anni.
  • Purtroppo, la grande diversità e l’ampia distribuzione delle mutazioni MEN1 nonché la mancanza di una correlazione genotipo-fenotipo, rende tali ricerche lunghe in termini di tempo e lo screening mutazionale costoso.

 

 

Indagine genetica e sua applicazione clinica nella MEN-1

Il test genetico ha diminuito la morbilità e la mortalità associate con MEN-1.

  1. Grazie al risultato d’individuazione differenziale del tumore, i portatori MEN-1 nati durante la seconda metà del XX secolo hanno i loro tumori diagnosticati prima dei portatori della stessa età, ma nati nella prima metà del XX secolo (1).
  2. Nei portatori del gene MEN-1 mutante è possibile identificare l’evidenza biochimica di neoplasia/e, in media, 10 anni prima di quella clinica, consentendo un intervento chirurgico precoce.
  3. Gli individui geneticamente positivi dovrebbero essere sottoposti a sorveglianza mirata per l'identificazione precoce dei tumori neuroendocrini potenzialmente maligni che rendono ragione della morbilità e della mortalità correlata alla sindrome (2-4).

 

Strategia del test molecolare

  • Conferma la diagnosi clinica in un probando: rileva una mutazione germinale MEN-1.
  • Predittivo in adulti a rischio, asintomatici, appartenenti a famiglia MEN-1, se già identificata la mutazione germinale MEN-1 nella famiglia.

Tale test è esteso a tutto il gene MEN-1 e dovrebbe essere effettuato solo in laboratori con personale e strumentazione tecnologicamente adeguati e ben referenziati.

 

Bibliografia

  1. Machens A, Schaaf L, Karges W, et al. Age-related penetrance of endocrine tumours in multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1): a multicentre study of 258 gene carriers. Clin Endocrinol (Oxf) 2007, 67: 613-22.
  2. Falchetti A, Marini F, Luzi E, et al. Multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1): not only inherited endocrine tumors. Genet Med 2009, 11: 825-35.
  3. Falchetti A. Genetic screening for multiple endocrine neoplasia syndrome type 1 (MEN-1): when and how. F1000 Med Rep 2010, Feb 24: 2.
  4. Lairmore TC, Piersall LD, DeBenedetti MK, et al. Clinical genetic testing and early surgical intervention in patients with multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN 1). Ann Surg 2004, 239: 637-45.
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Rossella Elisei & Cristina Romei
Endocrinologia, Università di Pisa

 

Le neoplasie endocrine multiple di tipo 2 (MEN-2) sono caratterizzate dall'associazione di neoplasie endocrine benigne e/o maligne. In tutti i casi è presente il carcinoma midollare della tiroide (MTC), che deriva dalle cellule C parafollicolari. L’MTC può essere associato al feocromocitoma (PHEO) e/o alla iperplasia/adenomatosi delle ghiandole paratiroidee (PHPT), nonché ad altre patologie di tipo non endocrino. Dalle varie associazioni derivano 3 sindromi: MEN-2A, MEN-2B e il carcinoma midollare familiare isolato (FMTC), che molti considerano come una variante della MEN-2A (1-3).
La trasmissione genetica delle MEN-2 è di tipo autosomico dominante e, quindi, un soggetto affetto ha il 50% di probabilità di trasmettere il difetto genetico ai propri figli (4). Agli inizi degli anni ’90 si è dimostrato che le mutazioni germinali di RET sono responsabili delle MEN-2 (5-7). Il proto-oncogene RET (localizzato sul cromosoma 10q11.2) codifica per un recettore trans-membrana ad attività tirosin-chinasica (8). Ad oggi sono state descritte più di 145 mutazioni germinali localizzate prevalentemente negli esoni 5, 8, 10, 11, 13, 14, 15 e 16 (www.hgmd.cf.ac.uk; www.arup.utah.edu/database/MEN2).
Oggi, la diagnosi di certezza di MEN-2 avviene mediante il test genetico per la ricerca delle mutazioni di RET. Tale test permette di individuare con il 100% di accuratezza un soggetto portatore di una mutazione (Gene Carrier, GC).
Pertanto è indicato che

  • tutti i pazienti affetti da MTC con una storia familiare di MEN-2 siano sottoposti al test genetico per la ricerca della mutazione germinale di RET
  • Successivamente, i familiari di primo grado (fratelli, figli e genitori) dovrebbero essere sottoposti all’analisi genetica specifica per quella mutazione, al fine di identificare i GC e i non GC

Una volta eseguita questa distinzione, i GC saranno avviati alle necessarie procedure diagnostiche e terapeutiche, mentre i non GC potranno essere tranquillizzati ed esclusi da qualsiasi ulteriore indagine clinica o procedura terapeutica.
La precocità dell’identificazione dei GC permette anche la cura definitiva del MTC, grazie alla possibilità di interventi precoci o profilattici.
Secondo le linee guida dell’American Thyroid Association, l’analisi genetica di RET nei figli di soggetti affetti dovrebbe essere eseguita subito dopo la nascita per la MEN-2B ed entro i primi 5 anni di vita per la MEN-2A/FMTC (9).
Dal momento che il 5-10% delle forme apparentemente sporadiche di MTC sono in realtà familiari (10), l’indicazione al test genetico esiste anche per i casi apparentemente sporadici. In questi casi, qualora fosse identificata una mutazione germinale, è suggerito che tutti i parenti di primo grado siano sottoposti ad analisi genetica di RET per individuare i GC, che presentano un rischio elevato di sviluppare la malattia (11).
Le sindromi MEN-2 sono caratterizzate da una forte correlazione genotipo-fenotipo (4, 12). In particolare, circa il 98% delle famiglie con MEN-2A ha una mutazione germinale di RET negli esoni 10 o 11. Tra queste, la mutazione al codone 634 è sicuramente la più frequente. Questa mutazione correla con la presenza di PHEO e PHPT. Mutazioni che interessano i codoni 609, 611, 618, e 620 sono solitamente presenti nei casi MEN-2A in cui l’associazione delle varie neoplasie endocrine è più rara. La mutazione M918T dell’esone 16 è specificamente associata alla MEN-2B (95% dei casi)(4,12).
Ne deriva che l’individuazione di una particolare mutazione di RET consente non solo di diagnosticare i pazienti già affetti da MTC o a rischio per questa patologia, ma anche di prevedere quali saranno le patologie endocrine che si associeranno al tumore tiroideo.

 

Bibliografia

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  2. Cunliffe WJ, Hudgson P, Fulthorpe JJ, et al. A calcitonin-secreting medullary thyroid carcinoma associated with mucosal neuromas, marfanoid features, myopathy and pigmentation. Amer J Med 1970, 48: 120-6.
  3. Farndon JR, Leight GS, Dilley WG, et al. Familial medullary thyroid carcinoma without associated endocrinopathies: a distinct clinical entity. Br J Surg 1986, 73: 278-81.
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  6. Mulligan LM, Kwok JB, Healey CS, et al. Germ-line mutations of the RET proto-oncogene in multiple endocrine neoplasia type 2A. Nature 1993, 363: 458-60.
  7. Eng C, Smith DP, Mulligan LM, et al. Point mutation within the tyrosine kinase domain of the RET proto-oncogene in multiple endocrine neoplasia type 2B and related sporadic tumours. Hum Mol Genet 1994, 3: 237-41.
  8. Takahashi M, Buma Y, Iwamoto T, et al. Cloning and expression of the ret proto-oncogene encoding a tyrosine kinase with two potential transmembrane domains. Oncogene 1988, 3: 571-8.
  9. Kloos RT, Eng C, Evans DB, et al. Medullary thyroid cancer: management guidelines of the American Thyroid Association. Thyroid 2009, 19: 565-612.
  10. Romei C, Cosci B, Renzini G, et al. RET genetic screening of sporadic medullary thyroid cancer (MTC) allows the preclinical diagnosis of unsuspected gene carriers and the identification of a relevant percentage of hidden familial MTC (FMTC). Clin Endocrinol 2011, 74: 241-7.
  11. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658-71.
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Corrado Betterle1, Silvia Garelli1 & Fabio Presotto2
1Dipartimento di Medicina, Unità Operativa Complessa di Endocrinologia, Università degli Studi di Padova
2Unità Operativa Complessa di Medicina Interna, Ospedale dell’Angelo, Mestre (VE)

 

Le Sindromi Pluriendocrine Autoimmuni (Autoimmune Polyendocrine Syndromes, APS) riconosciute sono quattro, ma solo quella di tipo 1 (APS-1) è una malattia correlata geneticamente a trasmissione autosomica recessiva, dovuta a mutazioni del gene AIRE (AutoImmune Regulator), localizzato sul braccio lungo del cromosoma 21 (21q22.3). Questo gene è espresso a livello timico da parte delle cellule presentanti l’antigene e, in misura minore, a livello della milza, dei linfonodi, del pancreas e della corteccia del surrene. La proteina codificata è essenziale per il processo di tolleranza immunologica centrale, ovvero per la selezione negativa che porta all’apoptosi dei cloni linfocitari T reattivi contro antigeni self.
Sono state sino ad oggi descritte più di 70 mutazioni del gene AIRE. Le più comuni sono la R257X, localizzata sull’esone 6, presente nella maggior parte dei pazienti Finlandesi ed in pazienti di altre nazioni europee ed extra-europee, e la C322fsX372 (o del-13) localizzata a livello dell’esone 8, tipica dei pazienti anglosassoni, ma presente anche in altre popolazioni.
In Italia i pazienti con APS-1 hanno dimostrato mutazioni peculiari, anche se non esclusive, delle regioni di provenienza. Tipica dei sardi è la R139X sull’esone 3, mentre i pazienti del Salento presentano le mutazioni W78R sull’esone 2 e la Q358X sull’esone 9. I siciliani hanno dimostrato principalmente la mutazione R203X sull’esone 5, i campani mutazioni variabili, tutte nell’ambito dell’esone 1. I pazienti calabresi hanno mutazioni non peculiari ma comuni con quelli salentini e siciliani, mentre i veneti presentano le mutazioni R257X e del-13. In una sola famiglia italiana proveniente dalla Toscana è stata descritta anche una mutazione dominante, la G228W.


Quindi, la ricerca delle mutazioni del gene AIRE risulta necessaria:

  1. nei pazienti affetti da APS-1 (con due o tre malattie della triade classica);
  2. nei familiari di primo grado: genitori (che sono portatori della mutazione in eterozigosi e in genere non risultano affetti dalla APS-1); fratelli e sorelle (che possono essere portatori di mutazioni su entrambi gli alleli e possono essere affetti da APS-1 o ancora asintomatici, oppure portatori eterozigoti o esenti da mutazioni e quindi non affetti dalla APS-1);
  3. nei pazienti che abbiano sviluppato in giovane età anche una sola delle malattie della triade, perché se presentano le mutazioni in omozigosi possono essere considerati affetti da APS-1.

La ricerca delle mutazioni è consigliata invece:

  1. nei parenti di secondo grado (zii) di pazienti affetti ed eventualmente nei cugini;
  2. nella popolazione sana proveniente da “aree calde” dell’APS-1.

Tutti gli individui identificati portatori di mutazioni su entrambi gli alleli possono essere considerati affetti da APS-1, indipendentemente dalle malattie presenti. In quelli eterozigoti, e quindi non affetti da APS-1, è consigliabile testare i loro partner per determinare il rischio di sviluppo di APS-1 nella prole.

Le altre APS presentano una patogenesi multifattoriale. Per quanto riguarda la predisposizione genetica, è stata dimostrata una correlazione con gli Human Leukocyte Antigens (HLA), una famiglia di proteine necessarie per la presentazione degli antigeni alle cellule T, codificate sul cromosoma 6. Gli HLA di classe I (A, B, C) sono presenti in tutte le cellule nucleate dell’organismo, mentre quelli di classe II (DR, DP, DQ) sono espressi solamente sulle cellule presentanti l’antigene. Le proteine HLA sono estremamente polimorfe e alcuni polimorfismi si associano con lo sviluppo delle APS, mentre altri conferiscono protezione. Ad esempio, per l’APS-2 l’associazione più stretta è con i loci DR3-DQ2 e DR4 (DRB1*0404)-DQ8, che predispongono al morbo di Addison e al diabete mellito di tipo 1. Altri geni sono coinvolti nell’espressione clinica delle APS, sebbene in misura minore: CTLA-4, PTPN22 e NALP1. Tutti questi geni conferiscono una variabile predisposizione o protezione dalle APS, ma da soli non sono sufficienti per il suo sviluppo per cui non è indicata la loro ricerca nella diagnosi di APS.

 

Bibliografia

  1. Capalbo D, et al. Autoimmune polyendocrinopathy-candidiasis-ectodermal-dystrophy from the pediatric perspective. J Endocrinol Invest 2013; published ahead of print May 30, as DOI: 10.3275/8999.
  2. Guimaraes Weiler F, et al. Autoimmune polyendocrine syndrome type 1: case report and review of literature. Arq Bras Endocrinol Metab 2012, 56: 54-66.
  3. Husebye ES, Anderson MS. Autoimmune polyendocrine syndromes: clues to type 1 diabetes pathogenesis. Immunity 2010, 32: 479-87.
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Overview

MEN-1

MEN-2

MEN-4

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Maria Rosaria Ambrosio1 & Nadia Cremonini2
1Sezione di Endocrinologia, Università degli Studi di Ferrara, AOU di Ferrara
2UOSD Endocrinologia – Ospedale Maggiore – Bellaria – Azienda USL di Bologna

 

Le MEN (multiple endocrine neoplasia) sono caratterizzate dalla presenza di tumori a carico di due o più ghiandole endocrine nello stesso paziente.
Le forme principali sono due, MEN tipo 1 e MEN tipo 2 (ne esiste anche un altro tipo meno conosciuto, denominato MEN-4), ognuna delle quali è caratterizzata dal coinvolgimento di specifiche ghiandole.
È di grande importanza il counseling genetico e, in caso di esecuzione di indagine genetica, prima del prelievo ematico è necessario il modulo di consenso informato firmato dal paziente o dai genitori in caso di minore.

 


MEN-1

È una malattia ereditaria, a carattere autosomico dominante, ad alta penetranza, caratterizzata dalla predisposizione a sviluppare tumori a carico delle paratiroidi, dell’ipofisi anteriore e delle isole pancreatiche (3 P in inglese), ma possono essere interessati anche altri tessuti endocrini e non endocrini.
È stata stimata un’incidenza dello 0.25% in studi post-mortem (1); in particolare, la MEN-1 è presente nell’1-18% dei pazienti con iperparatiroidismo primario, nel 16-38% dei pazienti con gastrinoma e in meno del 3% dei pazienti con adenoma ipofisario.
Il gene MEN-1 è localizzato sul cromosoma 11q13 e codifica per una proteina (menina), importante per il processo di proliferazione cellulare. Le mutazioni più frequenti sono piccole delezioni che portano all’assente produzione della menina o alla produzione di una menina non funzionante.
Le manifestazioni cliniche della MEN-1 dipendono dalla localizzazione dei tumori e dalla loro eventuale secrezione ormonale.
L’iperparatiroidismo è la manifestazione più comune (presente in circa il 95% dei casi) (1) e spesso anche la più precoce. Rispetto alla forma sporadica, compare in età più precoce, è più spesso dovuta alla presenza di adenomi multipli delle paratiroidi e ha un maggiore tasso di recidiva post-chirurgico (2).
Gli adenomi ipofisari sono presenti in circa il 30-40% dei pazienti (1), sono più spesso microadenomi e, analogamente ai casi sporadici, il tipo più frequente è il prolattinoma, seguito dalle forme non funzionanti e dai somatotropi. Benché rari, sono comunque stati descritti tutti i tipi di adenoma.
I tumori neuroendocrini delle isole pancreatiche sono presenti in circa il 40-70% dei casi (1) e sono caratteristicamente multicentrici. La causa più frequente di malattia sintomatica è la sindrome di Zollinger-Ellison da gastrinomi più frequentemente duodenali, piccoli e spesso multipli. Moderatamente frequenti sono anche i tumori pancreatici non funzionanti e gli insulinomi.
Altri tumori che hanno un’aumentata frequenza nella MEN-1 sono: adenomi surrenalici, specialmente non funzionanti (40%), NET timici, bronchiali e gastrici, angiofibromi e collagenomi (70-85%), lipomi, meningiomi.
La diagnosi può essere (1):

  • clinica: un paziente con due o più tumori endocrini associati alla sindrome;
  • familiare: un paziente con un tumore associato alla sindrome in presenza di un familiare di primo grado affetto;
  • genetica: un paziente portatore di mutazione genetica MEN-1, anche in assenza di manifestazioni cliniche o biochimiche della sindrome.

L’analisi genetica è indicata in chi ha già una diagnosi clinica, in chi ha un familiare di primo grado affetto e in chiunque abbia manifestazioni cliniche fortemente sospette per MEN-1.
È importante sottolineare che un risultato negativo all’analisi genetica non esclude la possibilità della presenza di mutazioni non identificate del gene MEN-1, per cui in caso di forte sospetto clinico, sono indicate analisi genetiche più approfondite.
Nel caso di iperparatiroidismo, le indicazioni alla terapia chirurgica sono le stesse della forma sporadica. Gli interventi indicati sono la paratiroidectomia subtotale o la paratiroidectomia totale con autotrapianto nell’avambraccio, in accordo all’esperienza del centro e alle preferenze del chirurgo, sempre accompagnati dall’esplorazione bilaterale del collo (non è consigliata la chirurgia mini-invasiva). Più dibattuto è il timing dell’intervento, poiché alcuni tendono a rimandarlo vista l’alta recidiva dell’iperparatiroidismo e l’eventuale necessità di re-intervenire, mentre altri tendono a consigliarlo nei giovani vista la lunga aspettativa di vita e la possibilità di complicanze a lungo termine legate all’iperparatiroidismo. È consigliata inoltre la contemporanea timectomia.
Il trattamento degli adenomi ipofisari è identico a quello dei casi sporadici, con terapia medica e/o chirurgica a seconda del tipo di adenoma.
Nei NET pancreatici non funzionanti e nell’insulinoma il trattamento di prima scelta è chirurgico; nei tumori non resecabili è utile la terapia con analoghi della somatostatina. Nel caso dell’insulinoma, data la possibilità di localizzazioni multiple, molti chirurghi suggeriscono, oltre all’escissione del tumore a livello della testa del pancreas, anche la pancreasectomia distale subtotale. Il trattamento chirurgico è un po’ più controverso nel caso di tumori non funzionanti < 1 cm e/o a scarsa crescita. Vista la frequente presenza di tumori piccoli e multipli e l’efficacia della terapia medica nel controllare i sintomi, la terapia consigliata per il gastrinoma è quella con inibitori di pompa protonica. La terapia chirurgica (duodenectomia e pancreasectomia subtotale) avrebbe la funzione di diminuire la mortalità da gastrinoma metastatico, ma non ci sono forti evidenze che la chirurgia per gastrinoma riduca la mortalità nella MEN-1.

Screening e prognosi
A differenza della MEN-2, non c’è correlazione tra il tipo di mutazione e il comportamento delle neoplasie e inoltre, probabilmente vista la localizzazione degli organi interessati, non c’è una cura preventiva (ad eccezione della timectomia per il carcinoide timico)(2), per cui l’importanza di identificare i soggetti a rischio risiede principalmente nella possibilità di applicare un regolare programma di sorveglianza. Esso consiste in un monitoraggio clinico e biochimico ogni anno e strumentale ogni 1-3 anni.
In assenza di trattamento, i soggetti affetti da MEN-1 hanno una ridotta aspettativa di vita; in particolare, dall’introduzione della terapia medica per il gastrinoma, ciò che condiziona la prognosi in questi pazienti è la presenza di NET pancreatici maligni e del NET timico (1).

 

Bibliografia

  1. Thakker RV, Newey PJ, Walls GV, et al. Clinical practice guidelines for multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1). J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2990-3011.
  2. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and Type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658-71.

 


MEN-2
È trasmessa con carattere autosomico dominante e comprende tre distinte sindromi:

  • MEN-2A: carcinoma midollare della tiroide (MTC), feocromocitoma surrenalico (FCC), iperparatiroidismo primitivo – IPTH - da iperplasia/adenomi paratiroidei;
  • MEN-2B: MTC, FCC, altre alterazioni (habitus marfanoide, neurinomi mucosi, ganglioneuromi intestinali):
  • MTC familiare - FMTC: con sola espressione di MTC,  oggi considerato una variante della MEN-2A, con bassissima penetranza di FCC e patologia paratiroidea.

Nelle tre sindromi, non solo si assiste a una diversa aggressività e precocità di esordio di MTC (maggiore nella MEN-2B e minore nell’FMTC), ma anche a una diversa penetranza ed età di esordio delle altre patologie associate.
Il difetto genetico del proto-oncogene RET (REarranged during Transfection), sito nel cromosoma 10q11.2 e che codifica per un recettore trans-membrana tirosin-chinasico, è costituito da una mutazione puntiforme; è nota da tempo una stretta  correlazione genotipo–fenotipo.
Una volta stabilita la natura ereditaria del MTC in un/a paziente, lo screening genetico va effettuato in tutti i parenti di primo grado del probando, al fine di identificare i portatori della mutazione stessa.
L’identificazione delle singole mutazioni di RET è fondamentale per:

  • stratificare i pazienti MEN-2 in diverse categorie di rischio, in merito ad aggressività ed età di esordio di MTC; in base alle linee guida dell’American Thyroid Association riconosciamo 4 livelli di rischio:
    • livello D: rischio più elevato per pazienti MEN-2B;
    • livello C: elevato per i pazienti MEN-2A, sostenuta da mutazione del codone 634;
    • livello B: intermedio per i pazienti MEN-2A, sostenuta da mutazioni di residui cisteinici di altri codoni;
    • livello A:rischio più basso per i pazienti FMTC/MEN-2A, con mutazioni di residui non cisteinici di codoni diversi;
  • stabilire il timing di screening genetico nei familiari, indi di screening biochimico nei gene carriers;
  • stabilire il timing della tiroidectomia profilattica nei gene carriers;
  • rassicurare i parenti che non presentano la mutazione genetica e che pertanto non dovranno sottoporsi ad altre indagini.

Nei gene carriers lo screening biochimico e strumentale per le altre patologie (FCC e IPTH) prevede un timing diverso in base alla mutazione genetica riscontrata nella famiglia, e deve essere ripetuto periodicamente.
Prima del trattamento chirurgico profilattico o terapeutico per MTC e prima di ogni altro intervento, nei pazienti con FMTC (ma anche nei pazienti con MTC clinicamente sporadico e non ancora sottoposti a test genetico), MEN-2A, MEN-2B, deve essere esclusa la presenza di FCC; se il /la paziente presenta già feocromocitoma, il trattamento chirurgico di questo deve precedere quello della neoplasia tiroidea, previa preparazione farmacologica appropriata.
La terapia chirurgica di MTC familiare (e sporadico) prevede la tiroidectomia totale con dissezione dei linfonodi del comparto centrale; la dissezione dei linfonodi dei comparti latero-cervicali oggi non viene effettuata di principio, ma solo in presenza di evidenza di metastasi linfonodali.
La terapia chirurgica di feocromocitoma nelle MEN-2A e MEN-2B si avvale oggi della tecnica adrenal-sparing, sia nella presentazione sincrona bilaterale di FCC, sia nella asincrona.
A differenza di quanto indicato per la MEN-1, il trattamento chirurgico dell’IPTH nella MEN 2A prevede l’exeresi solo delle ghiandole paratiroidee ingrandite.

 

Bibliografia

  • Kloos RT, Eng C, Evans DB, et al. American Thyroid Association Guidelines Task Force. Medullary thyroid cancer: management guidelines of the American Thyroid Association. Thyroid 2009, 19: 565-616.
  • Moline J, Eng C. Multiple endocrine neoplasia type 2: an overview. Genet Med 2011, 13: 755-64.
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Maria Chiara Zatelli
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara

 

La sindrome delle neoplasie multiendocrine di tipo 1 (MEN-1) è caratterizzata dalla comparsa sincrona o metacrona di neoplasie a carico delle paratiroidi, delle isole pancreatiche e dell’adeno-ipofisi (1). Alcuni pazienti possono inoltre sviluppare neoplasie surrenaliche, carcinoidi, angiofibromi facciali, collagenomi e lipomi.
La sindrome MEN-1 si manifesta in un individuo su 30.000, senza predilezione di etnia e con uguale distribuzione fra i sessi e le aree geografiche (2).
La MEN-1 ha una prevalenza dello 0.25% negli studi autoptici, mentre si stima che sia pari all’1-18% nei pazienti con iperparatiroidismo primario, al 16-38% nei pazienti con gastrinoma e < del 3% nei pazienti con adenoma ipofisario (3,4).
La MEN-1 è stata diagnosticata in pazienti con età variabile dai 5 agli 81 anni. Le manifestazioni cliniche, sia endocrine che non endocrine, divengono apparenti nella quarta o quinta decade di vita e molto raramente si manifestano prima dei 10 anni di età (2-4).
Viene definita sindrome MEN-1 familiare quando un paziente ha almeno due delle tre principali manifestazioni e ha uno o più parenti di primo grado con almeno una delle tre principali manifestazioni. Le forme familiari rappresentano più del 90% dei casi. In una stessa famiglia i membri affetti possono avere manifestazioni cliniche differenti (3).
La sindrome si trasmette con modalità autosomica dominante, con un elevato grado di penetranza, dal momento che le manifestazioni cliniche sono presenti nell’80% dei casi e le manifestazioni biochimiche sono presenti nel 98% dei soggetti affetti entro la quinta decade di età (3,4).
Sono state descritte forme non familiari (ossia sporadiche) nell’8-14% dei pazienti con sindrome MEN-1 (5). Inoltre, gli studi genetici hanno dimostrato che circa il 10% dei pazienti ha una mutazione “de novo”, ossia non ereditata dai genitori.
I pazienti affetti da sindrome MEN-1 dimostrano una mortalità precoce se non adeguatamente trattati. In questi pazienti è stata, infatti, dimostrata un ridotta aspettativa di vita, con una probabilità del 50% di morire entro i 50 anni di vita. Inoltre, le statistiche dimostrano che la metà di questi pazienti muore a causa di una malattia maligna associata alla MEN-1 (6,7). L’introduzione dell’indagine genetica nei parenti di primo grado dei pazienti clinicamente affetti ha portato ad un’importante riduzione della mortalità negli ultimi 10 anni (8).

 

Bibliografia

  1. Wermer P. Genetic aspects of adenomatosis of endocrine glands. Am J Med 1954, 16: 363–71.
  2. Marini F, Falchetti A, Del Monte F, et al. Multiple endocrine neoplasia type 1. Orphanet J Rare Dis 2006, 1: 38.
  3. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658–71.
  4. Machens A, Schaaf L, Karges W, et al. Age-related penetrance of endocrine tumours in multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1): a multicentre study of 258 gene carriers. Clin Endocrinol (Oxf) 2007, 67: 613–22.
  5. Trump D, Farren B, Wooding C, et al. Clinical studies of multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1). Q J Med 1996, 89: 653–69.
  6. Burgess JR, Greenaway TM, Shepherd JJ. Expression of the MEN-1 gene in a large kindred with multiple endocrine neoplasia type 1. J Int Med 1998, 243: 465–70.
  7. Dean PG, van Heerden JA, Farley DR, et al. Are patients with multiple endocrine neoplasia type I prone to premature death? World J Surg 2000, 24: 1437–41.
  8. Falchetti A, Marini F, Luzi E, et al. Multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1): not only inherited endocrine tumors. Genet Med 2009, 11: 825-35.
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Maria Chiara Zatelli
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Ferrara

 

La sindrome delle neoplasie multiendocrine di tipo 1 (MEN-1) è caratterizzata dalla presenza di neoplasie a carico delle paratiroidi, delle isole pancreatiche e dell’adeno-ipofisi, che si possono associare a neoplasie surrenaliche, carcinoidi, angiofibromi facciali, collagenomi e lipomi.
L’iperparatiroidismo è la prima manifestazione della MEN-1 nell’85% dei pazienti, mentre nel restante 15% dei pazienti la sindrome esordisce con un insulinoma o un prolattinoma. Le neoplasie delle isole pancreatiche, che si manifestano nell’ambito della MEN-1 nel 40% dei pazienti, sono rappresentate da gastrinomi (50%), insulinomi (30%), neoplasie che producono polipeptide pancreatico (PPomi) o peptide vasoattivo (VIPomi), glucagonomi (< 5%). Gli adenomi ipofisari compaiono nel 30% dei pazienti con MEN-1 e sono costituiti da prolattinomi (> 60%), somatotropinomi (25%), corticotropinomi (5%) o adenomi non funzionanti (5%)(1). Le neoplasie surrenaliche sono presenti in circa il 35% dei pazienti con MEN-1 (2).
Generalmente le manifestazioni cliniche dipendono dalla sindrome associata all’eccessiva secrezione ormonale, piuttosto che dalla sede primitiva e dalle metastasi (3,4).
La diagnosi di MEN-1 si basa su uno dei tre seguenti criteri (2,5):

  1. criterio clinico = presenza di due o più neoplasie endocrine associate alla MEN-1;
  2. criterio familiare = presenza di una neoplasia endocrina associata alla MEN-1 in un parente di primo grado di un paziente affetto da MEN-1;
  3. criterio genetico = presenza di una mutazione germinale a carico del gene MEN-1 in un soggetto anche asintomatico, che non ha ancora sviluppato alcuna alterazione correlata alle neoplasie endocrine tipiche della sindrome.

 

Iperparatiroidismo
Si può manifestare nei modi più variabili: spesso l’ipercalcemia è asintomatica o paucisintomatica (poliuria, polidipsia, stipsi, malessere), come nell’iperparatiroidismo sporadico, ma si possono manifestare litiasi delle vie urinarie, osteite fibroso-cistica, ulcere peptiche. L’ipercalcemia è più frequentemente di grado lieve, manifestandosi raramente come crisi paratireotossica.
L’età all’esordio (20-25 anni) è più precoce rispetto alle forme sporadiche (55 anni), con uguale distribuzione fra i sessi ed un maggior impatto sulla densità minerale ossea (6).
La localizzazione degli adenomi paratiroidei si basa sull’ecografia del collo e può essere utilizzata anche la scintigrafia con 99Tc-sestaMIBI. Spesso è necessaria un’esplorazione chirurgica del collo, dato che solitamente tutte le paratiroidi sono interessate da un processo iperplastico-adenomatoso. Lo sviluppo di un carcinoma delle paratiroidi è estremamente raro (7).

 

Neoplasie delle isole pancreatiche
Possono essere caratterizzate dalla comparsa di sindromi caratteristiche da eccesso ormonale. Compaiono più precocemente rispetto alle forme sporadiche e sono spesso multiple.
I gastrinomi si manifestano a causa dell’eccessiva produzione acida gastrica con multiple ulcere gastriche recidivanti (s. di Zollinger-Ellison, ZES), frequentemente associate a diarrea e steatorrea. Rappresentano più del 50% dei NET duodeno-pancreatici nei pazienti MEN-1, solitamente dopo i 30 anni. Il 20% dei pazienti con gastrinoma è affetto da MEN-1 (2). Compaiono come piccole (5 mm) lesioni nodulari multiple intra-mucose, a lenta crescita, ma con capacità di metastatizzare ai linfonodi peri-pancreatici (raramente al fegato). La diagnosi si basa sul riscontro di ipergastrinemia associata ad un aumentata produzione acida gastrica (pH gastrico < 2). Può essere utile il test alla secretina o l’infusione di calcio per la diagnosi differenziale con l’ipergastrinemia da iperplasia delle cellule G antrali. Nei pazienti con MEN-1 la ZES sembra manifestarsi solo in concomitanza con l’iperparatiroidismo, con un aumento della gastrina parallelo all’aumento della calcemia (8), per cui il trattamento dell’iperparatiroidismo si associa ad un miglioramento clinico e biochimico dei pazienti MEN-1 con ZES.

Gli insulinomi associati a MEN-1 sono solitamente lesioni singole > 5 mm, associate ad altre lesioni neuroendocrine del pancreas nel 10% dei casi, anche metacrone, e si presentano come prima manifestazione della sindrome in pazienti giovani (20-40 anni) con la classica triade di Whipple (segni e sintomi di ipoglicemia, glicemia concomitante < 45 mg/dL, regressione dei sintomi dopo somministrazione di carboidrati semplici). La diagnosi clinica si basa sul test del digiuno, durante il quale i livelli di insulina restano inappropriatamente normali-elevati. Elevati livelli di peptide C e pro-insulina in corso di ipoglicemia in assenza di agenti ipoglicemizzanti supportano la diagnosi di insulinoma (2).

I glucagonomi, rari anche nell’ambito della MEN-1 (< 3%) (2), si manifestano con la caratteristica eruzione cutanea (eritema necrolitico migrante), più raramente con calo ponderale, anemia, stomatite. Si associa iperglicemia, dovuta all’aumento dei livelli circolanti di glucagone.

I VIPomi sono estremamente rari nella MEN-1 e si manifestano con la sindrome di Verner-Morrison (diarrea acquosa, ipocaliemia, acloridria). Dopo aver escluso l’abuso di lassativi e di diuretici, la diagnosi si basa sulla presenza di un volume fecale > 0.5-1 litro/die durante il digiuno e sulla documentazione di elevati livelli di VIP.

Le neoplasie neuroendocrine non funzionanti del pancreas non si manifestano con sindrome clinica specifica, ma possono associarsi a rialzi dei livelli plasmatici di PP e/o glucagone. L’ecografia endoscopica rileva la presenza di neoplasie di questo tipo a carico del pancreas nel 55% dei pazienti con MEN-1, anche molto giovani (9,10). Le forme maligne rappresentano la più comune causa di morte nei pazienti MEN-1 (11), anche perché vengono diagnosticate tardivamente. Per tali motivi, le linee guida (12) raccomandano di iniziare lo screening molto precocemente (entro i 10 anni di età) con ecografia endoscopica e, se si sospetta una malattia metastatica, Octreoscan.

Nell’ambito dei pazienti con MEN-1 sono state riportate NET pancreatici secernenti GHRH, sebbene la sede più frequente di tali neoplasie sia l’apparato respiratorio. La terapia di elezione è l’asportazione chirurgica. Altre forme rare includono il somatostatinoma, caratterizzato da iperglicemia, colelitiasi, ipo/acloridria, steatorrea, diarrea, dolore addominale, calo ponderale, sintomi raramente descritti nei pazienti MEN 1 (3).

 

Adenomi ipofisari
Dal 15 al 50% dei pazienti con MEN-1 sviluppa un adenoma ipofisario, in un range d’età estremamente variabile (5-90 anni, mediana 38 anni) (13), soprattutto nel sesso femminile. Sono più frequentemente macroadenomi, con atteggiamento più aggressivo e minor risposta alla terapia. Si tratta soprattutto di prolattinomi (60%) e GH-omi (< 25%), mentre più rari sono gli ACTH-omi (5%) e le forme non funzionanti, che spesso presentano positività immunoistochimica per varie tropine ipofisarie, pur non associandosi a sindrome clinica specifica. Gli adenomi ipofisari sono la prima manifestazione clinica nel 15% dei pazienti con MEN-1 (14), ma meno del 3% dei pazienti con adenoma ipofisario ha la MEN 1. Le manifestazioni cliniche sono sovrapponibili a quelle degli adenomi ipofisari sporadici e possono essere anticipate con un monitoraggio biochimico e radiologico periodico.

 

Bibliografia

  1. Walls GV, Reed AA, Jeyabalan J, et al. Proliferation rates of multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1)-associated tumors. Endocrinology 2012, 153: 5167-79.
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  3. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658–71.
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Maria Rosaria Ambrosio
Sezione di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Biomediche e Terapia Avanzate, Università degli Studi di Ferrara

 

La MEN-1 (neoplasie endocrine multiple di tipo I) è una malattia trasmessa con carattere autosomico dominante, caratterizzata dalla contemporanea presenza di adenomi delle paratiroidi, adenomi ipofisari e neoplasie neuroendocrine del distretto entero-pancreatico. Possono essere presenti anche altri tumori di origine endocrina (adenomi del corticosurrene, carcinoidi timici e bronchiali, ...) e non endocrina (angiofibromi, collagenomi, lipomi, ...).

La MEN di tipo 1 dovrebbe essere clinicamente sospettata in presenza di (1,2):

  • almeno due dei tre tumori endocrini principali correlati alla MEN-1 (adenoma delle paratiroidi, adenoma ipofisario, tumore neuroendocrino entero-pancreatico);
  • uno dei tre tumori endocrini correlati alla MEN-1 in caso di presenza di almeno un parente di primo grado con diagnosi di MEN-1.

La diagnosi clinica dovrebbe essere seguita dalla ricerca della mutazione germinale a carico del gene MEN-1 responsabile della sindrome, tenendo presente che un risultato negativo non consente di escludere la diagnosi né la possibilità di mutazioni non conosciute a carico del gene MEN-1 (1).

 

Tumori paratiroidei
L’iperparatiroidismo primitivo è la manifestazione più frequente della MEN-1 (90-95% dei casi) e spesso anche la prima manifestazione clinica, essendo 20-25 anni l’età tipica di insorgenza (circa 2-3 decadi prima della forma sporadica). Inoltre, nella MEN-1 si riscontra spesso un coinvolgimento multi-ghiandolare (adenomi multipli o iperplasia diffusa di tutte e quattro le ghiandole) e la malattia tende a recidivare. Pertanto, in caso di iperparatiroidismo primitivo, il sospetto di MEN-1 dovrebbe insorgere in caso di (3):

  • età di insorgenza precoce;
  • coinvolgimento ghiandolare multiplo;
  • alto tasso di recidiva dell’iperparatiroidismo in pazienti sottoposti a paratiroidectomia apparentemente risolutiva;
  • associazione con altri tumori endocrini correlati alla MEN-1;
  • familiarità per iperparatiroidismo (una mutazione di MEN-1 è stata descritta nel 20% dei casi riportati di FIHPT) o per MEN-1.

La ricerca di mutazioni di MEN-1 perciò dovrebbe essere riservata a casi selezionati, essendo rara nella popolazione generale e rappresentando solo il 2-4% di tutti i casi di iperparatiroidismo primario.

 

Neoplasie neuroendocrine
La prevalenza delle neoplasie neuroendocrine del sistema entero-pancreatico nella MEN-1 varia dal 30 al 75% nelle differenti casistiche cliniche. Si tratta in genere di lesioni multi-centriche, più frequentemente maligne rispetto alle forme sporadiche. I tipi più frequenti sono il gastrinoma, l’insulinoma e i tumori non secernenti; le sedi più comuni sono il pancreas ed il duodeno. In particolare, in tutti i casi di sindrome di Zollinger-Ellison (sindrome clinica associata all’eccesso di secrezione di gastrina e caratterizzata da ulcere peptiche multiple, recidivanti e in sedi atipiche, o da sintomi come la diarrea) deve essere sospettata ed esclusa la MEN-1, essendo essa diagnosticata nel 30-38% dei pazienti con gastrinoma e potendo insorgere prima dell’iperparatiroidismo. Andrebbe inoltre sospettata in pazienti di tutte le età con tumori multipli delle isole pancreatiche.

 

Adenomi ipofisari
L’ipofisi è clinicamente compromessa nel 10-60% dei casi. Circa i due terzi dei tumori sono microadenomi; nella maggior parte dei casi si tratta di prolattinomi, adenomi GH-secernenti e adenomi non secernenti, ma possono presentarsi tutti i tipi di adenomi. Gli adenomi ipofisari nella MEN-1 costituiscono circa il 2% di tutti i tumori ipofisari e pertanto i soggetti portatori di adenoma ipofisario, in assenza di familiarità e/o di altre manifestazioni cliniche di MEN, non dovrebbero essere sottoposti a screening per MEN-1.

In definitiva, lo screening alla ricerca della mutazione del gene MEN-1, allo scopo di identificare le persone che richiedono uno specifico programma di sorveglianza, è indicato in (1,2):

  • coloro che soddisfano i criteri clinici per la diagnosi di MEN-1;
  • coloro che sono affetti da alcuni tipi di patologie in cui si sospetta la presenza della sindrome;
  • membri di famiglie portatrici di mutazioni note del gene MEN-1.

Particolare attenzione va posta nei casi di tumori ad insorgenza precoce e nei casi di tumori multicentrici.


La diagnosi delle singole componenti della sindrome si basa invece sugli stessi criteri clinici, di laboratorio e di imaging utilizzati nelle forme sporadiche (2):

  • nel caso di iperparatiroidismo, la presenza di sintomi di ipercalcemia, nefrolitiasi, osteoporosi, la determinazione di calcemia, fosforemia, paratormone, calciuria e l’esecuzione di ecografia del collo seguita da eventuale scintigrafia paratiroidea e RMN del collo;
  • nel caso di tumori neuroendocrini entero-pancreatici, la presenza di sintomi correlati ad ipersecrezione ormonale (con particolare attenzione all’ipersecrezione di gastrina e di insulina), la determinazione di cromogranina A, gastrina, glicemia, insulina e l’identificazione morfologica della lesione tramite TC, ecoendoscopia, scintigrafia con octreotide o PET -DOTATOC/NOC/TATE (se disponibile);
  • nel caso di adenomi ipofisari, la presenza di sintomi correlati ad iper/ipo funzione ghiandolare e/o sintomi da compressione, la verifica biochimica della funzione antero-ipofisaria e la ricerca morfologica della lesione tramite RMN sellare.

 

Bibliografia

  1. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658-71.
  2. Thakker RV, Newey PJ, Walls GV, et al. Clinical practice guidelines for multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1). J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2990-3011.
  3. Eller-Vainicher C, Chiodini I, Battista C, et al. Sporadic and MEN1-related primary hyperparathyroidism: differences in clinical expression and severity. J Bone Miner Res 2009, 24: 1404-10.
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Maria Vittoria Davì
UOS di Endocrinologia, Policlinico GB Rossi, AOUI Verona

(aggiornato al 23 marzo 2017)

 

Lo screening delle lesioni tipiche della MEN-1, in particolare a carico di paratiroidi, ipofisi, regione duodeno-pancreatica, surrene, timo/torace, deve essere effettuato in tutti i portatori asintomatici della mutazione MEN-1. Non essendo stata a tutt’oggi dimostrata una correlazione genotipo/fenotipo, non è possibile prevedere l’espressione clinica della MEN-1 nei familiari portatori della mutazione. La penetranza è elevata, con la possibilità di avere entro i 50 anni manifestazioni cliniche nell’80% dei casi e alterazioni biochimiche in oltre il 95%. Non è possibile riscontrare la mutazione a carico del gene MEN-1 in circa il 20% dei pazienti con tumori a carico di almeno 2 ghiandole endocrine tipiche. In tal caso lo screening dovrebbe essere esteso a tutti i familiari di primo grado, non essendo possibile selezionarli in base alla positività del test genetico.
Rispetto alla precedente consensus sulla MEN-1 pubblicata nel 2001 (1), le più recenti linee guida del 2012 hanno stabilito un’età inferiore alla quale iniziare lo screening dei tumori MEN-1 correlati (2). Questa raccomandazione deriva dal sempre più precoce riscontro di lesioni endocrine tipiche, come ad esempio prolattinomi all’età di 5 anni, iperparatiroidismo a 8 anni, insulinoma a 8 anni, NET pancreatici non funzionanti > 2 cm all’età di 8 anni. Inoltre, in uno studio che comprendeva 12 pazienti MEN-1 di età < 20 anni, il 40% presentava tumori MEN-1 correlati (3). Pertanto lo screening dovrebbe essere iniziato già nell’età infantile, a partire dai 5 anni, come riportato nella tabella sottostante.
Uno studio francese del 2015 su 160 pazienti con sintomi e/o alterazioni biochimiche e/o morfologiche tipiche della sindrome prima dei 21 anni di età ha suggerito alcune modifiche allo screening proposto nelle linee guida del 2012 (4, ripreso da AME Flash 12/2015).
La diagnosi di iperparatiroidismo è stata posta prima dei 6 anni in 3 pazienti, sulla base di lievi alterazioni bio-umorali, più frequentemente dopo i 10 anni (90%). I casi sintomatici (nefrolitiasi, astenia, dolore osseo) sono stati registrati a partire dagli 8 anni, confermando i dati di letteratura. Viene quindi suggerita la determinazione della calcemia a partire dai 5 anni nei portatori di mutazione MEN-1, con cadenza annuale, anticipando lo screening di 3 anni rispetto alle linee guida del 2012.
La diagnosi di adenoma ipofisario è stata posta prima dei 10 anni solo in 2 pazienti, asintomatici, mentre il primo paziente sintomatico è stato diagnosticato all’età di 10 anni. Viene suggerito l’inizio dello screening biochimico e morfologico a partire dai 10 anni nei pazienti a rischio, posticipandolo di 5 anni rispetto alle linee guida del 2012.
NET duodeno-pancreatici sono stati riscontrati nel 23% dei casi, rappresentando la prima manifestazione di malattia nel 10% dei casi; gli insulinomi sono risultati i più frequenti (54%), con età di insorgenza più bassa (un paziente con ipoglicemia a 5 anni) e penetranza crescente nel corso della vita. Gli autori suggeriscono l’inizio dello screening strumentale con RM dai 10 anni di età (nelle linee guida del 2012 era < 10 anni), a cadenza biennale, mentre non viene considerato utile lo screening biochimico (cromogranina A, polipeptide pancreatico o glucagone). La sindrome di Zollinger-Ellison (ZES), contrariamente alla popolazione adulta, è manifestazione rara ma potenzialmente aggressiva anche in età infantile (3 pazienti affetti, tutti sintomatici, il più giovane dei quali di 6 anni, metastatico e operato a 7 anni, gli altri 2 casi operati dopo i 21 anni). Anche in questo caso gli autori suggeriscono il dosaggio della gastrina a partire dai 10 anni. Un NET timico è stato diagnosticato in un solo paziente di 16 anni e rappresenta l’unica causa di decesso nella casistica in oggetto, in cui invece non sono stati identificati NET bronchiali (in letteratura il caso più precoce è descritto a 20 anni). A fronte della potenziale aggressività di tali tumori, appare tuttavia discutibile, per un problema di radio-protezione, uno studio morfologico annuale mediante TC del torace a partire dai 15 anni e quindi rimane irrisolta la questione del follow-up.

 

Come eseguire lo screening
Comprende uno screening biochimico annuale (vedi tabella) che include in primis il dosaggio della calcemia e PTH, dato che l’iperparatiroidismo primitivo è la  manifestazione più frequente della MEN-1 (90%).
Per quanto riguarda invece la seconda manifestazione in ordine di frequenza, rappresentata dai NET duodeno-pancreatici (30-70%), soprattutto non funzionanti e gastrinomi, dovrebbero essere dosati cromogranina, gastrina, glucagone, glicemia e insulina a digiuno. I dosaggi di PP e VIP, pur essendo consigliati nelle ultime linee guida, non sono tuttavia diffusamente disponibili nel territorio nazionale. Per quanto riguarda cromogranina e gastrina, particolare attenzione deve essere rivolta ai falsi positivi, in particolare in caso di assunzione di inibitori di pompa protonica che dovrebbero essere sospesi almeno 10 giorni prima. Da tenere presente, d’altra parte, che piccoli NET pancreatici possono presentare cromogranina A nella norma. In caso di aumento della gastrina, deve essere valutato il pH gastrico, mentre il test alla secretina andrebbe eseguito solo nei casi dubbi, con ipergastrinemia < 10 volte il limite superiore di norma.
Per quanto riguarda gli adenomi ipofisari, che con una prevalenza del 30-40% rappresentano la terza manifestazione più frequente della MEN-1, i principali ormoni da dosare sono PRL e IGF-1, visto che sono di maggior riscontro i prolattinomi (20%), seguiti dai somatotropinomi (10%).
Rispetto alle precedenti linee guida, viene suggerito lo screening anche delle neoplasie surrenaliche, soprattutto benigne e non funzionanti, visto che la loro prevalenza è riportata attualmente fino al 40% (contro il 25% riportato precedentemente), mentre è raro il feocromocitoma (< 1%). Quindi si raccomanda lo screening ormonale solo per adenomi surrenalici > 1 cm o associati a una clinica suggestiva. Le linee guida non suggeriscono quali esami ormonali eseguire per la funzionalità surrenalica, pertanto si rimanda al Position Statement dell’AME sull’incidentaloma surrenalico (5).
Infine per i NET timici e bronchiali, presenti entrambi nel 2% dei pazienti, i primi prevalentemente nel sesso maschile e i secondi in quello femminile, non vengono consigliati marcatori biochimici specifici per lo screening, perchè in questi casi se il tumore è di piccole dimensioni la cromogranina è spesso normale.

 

Tabella 1
Screening biochimico e radiologico nei pazienti ad alto rischio di sviluppare MEN-1

(adattato da 2)
Tumore Età inizio (anni) Test biochimici Esami radiologici
Paratiroide 8 Calcemia, PTH No
Gastrinoma 20 Gastrina (± pH gastrico) No
Insulinoma 5 Glicemia, insulinemia (digiuno) No
Altri NET pancreas < 10 Cromogranina A, glucagone RM, TC, EUS annuale
Ipofisi 5 PRL, IGF-1 RM ogni 3 anni
Surrene < 10 Solo sintomatici o > 1 cm RM o TC (annuale, con imaging pancreas)
NET timici o bronchiali 15 No TC o RM ogni 1-2 anni

 

Lo screening radiologico (tabella 1), è riservato alle regioni di pancreas, surrene, ipofisi e torace con timo.
Per quanto riguarda lo screening dei NET pancreatici e delle neoformazioni surrenaliche, è raccomandata l’esecuzione di RMN o TAC addome con mdc, anche se dovrebbe essere preferita la prima onde evitare esposizione a radiazioni ionizzanti visto che tale esame deve essere ripetuto annualmente. L’ecografia endoscopica ha sicuramente una maggior sensibilità nell’individuare lesioni del pancreas, in particolare della testa e corpo (6). Alcuni autori hanno suggerito tale esame come prima scelta nell'identificazione dei NET pancreatici nei pazienti con MEN-1 (7). Tuttavia, non è un esame diffusamente disponibile e particolarmente gradito al paziente.
La RM ipofisi è invece l’esame consigliato per lo screening degli adenomi ipofisari, che nella maggior parte dei casi sono non funzionanti e pertanto possono dare segno di sè per effetto compressivo sul chiasma ottico o nervi cranici in caso di grandi dimensioni.
Per lo screening dei NET polmonari/timici dovrebbe essere eseguita una TC o RM toracica ogni 1-2 anni.
Le ultime linee guida non prevedono metodiche di medicina nucleare, in particolare Octreoscan o Ga-DOTATOC-PET nello screening dei NET associati a MEN-1. Tali esami dovrebbero pertanto essere eseguiti per la stadiazione e/o per la valutazione della presenza dei recettori della somatostatina.
L’EGDS è indispensabile qualora la gastrina sia elevata, per valutare l’acidità gastrica (8).
La tabella 2 evidenzia le racomandazioni del gruppo di studio francese: sono rilevate in rosso le diffferenze rispetto alle linee guida del 2012.

 

Tabella 2
Screening biochimico e radiologico nei pazienti ad alto rischio di sviluppare MEN-1

(da 4)
Tumore Età inizio (anni) Test biochimici Esami radiologici
Paratiroide 5 Calcemia No
Gastrinoma 10 Gastrina No
Insulinoma 5 Glicemia a digiuno No
Altri NET pancreas 10
18
No RM biennale
EUS?
Ipofisi 10 PRL, IGF-1 RM ogni 2 anni
Surrene 10 Solo sintomatici o > 1 cm RM biennale
NET timici o bronchiali 15 No TC o RM? Frequenza? Solo maschi? Famiglie con cluster?

 

 

Bibliografia

  1. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658-71.
  2. Thakker RV, Newey PJ, Walls GV, et al. Clinical practice guidelines for multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN-1). J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2990-3011.
  3. Newey PJ, Jeyabalan J, Walls GV, et al. Asymptomatic children with multiple endocrine neoplasia type 1 mutations may harbor nonfunctioning pancreatic neuroendocrine tumors. J Clin Endocrinol Metab 2009, 94: 3640–6.
  4. Goudet P, Dalac A, Le Bras A, et al. MEN1 disease occurring before 21 years old. A 160-patient cohort study from the GTE (groupe d'etude des tumeurs endocrines). J Clin Endocrinol Metab 2015, 100: 1568-77.
  5. Terzolo M, Stigliano A, Chiodini I, et al. AME position statement on adrenal incidentaloma. Eur J Endocrinol 2011, 164: 851-70.
  6. Thomas-Marques L, Murat A, Delemer B, et al. Groupe des Tumeurs Endocrines (GTE). Prospective endoscopic ultrasonographic evaluation of the frequency of nonfunctioning pancreaticoduodenal endocrine tumors in patients with multiple endocrine neoplasia type 1. Am J Gastroenterol 2006, 101: 266-73.
  7. van Asselt SJ, Brouwers AH, van Dullemen HM, et al. EUS is superior for detection of pancreatic lesions compared with standard imaging in patients with multiple endocrine neoplasia type 1. Gastrointest Endosc 2015, 81: 159-67.
  8. Falconi M, Eriksson B, Kaltsas G, et al. Vienna Consensus Conference participants. ENETS consensus guidelines update for the management of patients with functional pancreatic neuroendocrine tumors and non-functional pancreatic neuroendocrine tumors. Neuroendocrinology 2016, 103: 153-71

 

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Gestione delle forme asintomatiche

Terapia chirurgica: quale tipo di intervento?

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Claudia Battista, Antonio Stefano Salcuni e Alfredo Scillitani
Endocrinologia, Casa Sollievo della Sofferenza, S. Giovanni Rotondo (FG)


L’ipercalcemia dell’IPP associato alla MEN-1 è usualmente di lieve entità e sono rare le ipercalcemie gravi o il carcinoma (1-6). Tuttavia, sono precocemente presenti i danni di organo: la perdita di massa ossea è più precoce e grave (7-9); inoltre, è presente con elevata frequenza litiasi renale (dal 30 al 70%), più che nelle forme sporadiche di IPP (< 20%) (8-15). È da sottolineare che è stata riportata un’aumentata suscettibilità allo sviluppo di nefrolitiasi in particolare nei pazienti con IPP associato a gastrinoma (13). Nei soggetti giovani l’IPP è spesso asintomatico, e si presenta biochimicamente con valori di PTH nel range di riferimento e livelli appena aumentati di calcio ionizzato (9,16). Partendo da questa osservazione, è stato suggerito che IPP di giovane età (< 50 anni) con valori di PTH nel range di riferimento avessero un alto rischio di essere IPP in MEN-1 (9,17,18). Finora non è stata individuata una correlazione genotipo-fenotipo.
È raccomandato lo screening biochimico con PTH, calcio ionizzato e/o calcemia totale corretta per albumina, poiché le manifestazioni cliniche possono essere modeste per lunghi periodi, ma la prolungata assenza di controlli può causare un ritardo nella diagnosi delle complicanze.
La valutazione della BMD è essenziale, in particolare nei pazienti giovani, in fase di accrescimento (19). Alcuni autori (20, 21) hanno riscontrato che la demineralizzazione ossea nel paziente con IPP e MEN-1 è frequente, diffusa, progressiva e grave e inizia precocemente. L’intervento chirurgico costituisce la terapia ottimale per preservare la massa ossea in questi pazienti.
Recenti linee guida sul trattamento delle MEN-1 raccomandano l’intervento di paratiroidectomia in pazienti con ipercalcemia sintomatica, mentre le ipercalcemie asintomatiche richiederebbero un regolare follow-up per la diagnosi precoce delle complicanze.
In considerazione di quanto detto e sulla base delle recenti linee guida (6), la gestione dell’IPP asintomatico nell’ambito della MEN-1 dovrebbe prevedere:

  1. valutazione anamnestica ed esame obiettivo semestrale, per escludere segni e sintomi di ipercalcemia e nefrolitiasi;
  2. valutazione dei livelli di calcemia corretta per albumina e/o di calcio ionizzato e di PTH (2° o 3° generazione), semestrale iniziando a 8 anni nei portatori di mutazione e annuale nei portatori asintomatici;
  3. valutazione della massa ossea (DXA colonna e femore, collo e totale, e terzo distale del radio), ogni 2 anni fino a 50 anni e poi annuale;
  4. Rx dorso-lombare annuale dopo i 50 anni;
  5. ecografia renale annuale;
  6. continua sorveglianza delle restanti comorbilità e dei tumori MEN-1-correlati.

 

Bibliografia

  1. Marx SJ, Simonds WF, Agarwal SK, et al. Hyperparathyroidism in hereditary syndromes: special expression and special managements. J Bone Miner Res 2002, 17 suppl 2: N37–43.
  2. Yip L, Ogilvie JB, Challinor SM, et al. Identification of multiple endocrine neoplasia type 1 in patients with apparent sporadic primary hyperparathyroidism. Surgery 2008, 144: 1002–6; discussion 1006–7.
  3. Brandi ML, Gagel RF, Angeli A, et al. Guidelines for diagnosis and therapy of MEN type 1 and type 2. J Clin Endocrinol Metab 2001, 86: 5658–71.
  4. Verges B, Boureille F, Goudet P, et al. Pituitary disease in MEN type 1 (MEN1): data from the France-Belgium MEN1 multicenter study. J Clin Endocrinol Metab 2002, 87: 457–65.
  5. Machens A, Schaaf L, Karges W, et al. Age-related penetrance of endocrine tumours in multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1): a multicentre study of 258 gene carriers. Clin Endocrinol (Oxf) 2007, 67: 613–22.
  6. Thakker RV, Newey PJ, Walls GV, et al. Clinical practice guidelines for multiple endocrine neoplasia type 1 (MEN1). J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2990-3011.
  7. Burgess JR, David R, Greenaway TM, et al. Osteoporosis in multiple endocrine neoplasia type 1: severity, clinical significance, relationship to primary hyperparathyroidism and response to parathyroidectomy. Arch Surg 1999, 134: 1119–23.
  8. Lourenco DMJr, Toledo RA, Mackowiak II, et al. Multiple endocrine neoplasia type 1 in Brazil: MEN1 founding mutation, clinical features and bone mineral density profile. Eur J Endocrinol 2008, 159: 259–74.
  9. Eller-Vainicher C, Chiodini I, Battista C, et al. Sporadic and MEN 1 related primary hyperparathyroidism: differences in clinical expression and severity. J Bone Miner Res 2009, 24: 1404–10.
  10. Silverberg SJ, Bilezikian JP. The diagnosis and management of asymptomatic primary hyperparathyroidism. Nat Clin Pract Endocrinol Metab 2006, 2: 494–503.
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  15. Christopoulos C, Antoniou N, Thempeyioti A, et al. Familial multiple endocrine neoplasia type I: the urologist is first on the scene. BJU Int 2005, 96: 884–7.
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  20. Lourenco DM Jr, Coutinho FL, Toledo RA, et al. Early-onset, progressive, frequent, extensive, and severe bone mineral and renal complications in multiple endocrine neoplasia type 1-associated primary hyperparathyroidism. J Bone Miner Res 2010, 25: 2382-91.
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Giancarlo Pansini & Simona Bonazza
Sezione di Clinica Chirurgica, Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale, Università degli Studi di Ferrara

 

Introduzione e premesse
Il disordine endocrinologico più costante nella MEN 1 è l’iperparatiroidismo (IPT), che è la prima manifestazione clinica e biochimica della sindrome multi-endocrina in una percentuale molto elevata dei pazienti (60-90%). L’IPT è solitamente secondario a iperplasia asimmetrica - più raramente ad adenomatosi multipla -, che coinvolge tutte le quattro (presunte) paratiroidi, costituendo una condizione caratteristica della stessa MEN 1, differentemente da quanto accade nelle forme di IPT primitivo sporadico, non familiare, quando prevale l’iperfunzione di un solo adenoma paratiroideo.
È possibile ottenere immagini pre-operatorie delle paratiroidi patologiche (2).
È immediatamente comprensibile che, dato il coinvolgimento multifocale pluri-ghiandolare combinato con la natura genetica della malattia, nonchè il rischio di recidiva dell’IPT anche dopo chirurgia appropriata, ogni intervento chirurgico sulle paratiroidi sia da interpretare come una procedura sostanzialmente palliativa, ad ulteriore conferma che il trattamento chirurgico dell’IPT nella MEN 1 rimane tuttora complesso e controverso.

 

Le indicazioni
Poiché l’IPT si sviluppa nella larga maggioranza dei pazienti con MEN 1, è importante determinare quanto prima la diagnosi della malattia, valutare attraverso le tecniche di imaging le caratteristiche morfologiche delle paratiroidi e considerare i segni ed i sintomi dell’IPT (3); fatto tutto questo, è fortemente consigliato indirizzare il paziente presso un centro con un’esperienza consolidata in chirurgia paratiroidea, affinché siano evitati interventi chirurgici non necessari o inappropriati.
La tempestività dell’intervento e l’estensione della paratiroidectomia costituiscono argomenti di discussione.
Le indicazioni alla paratiroidectomia si sono evolute nel tempo: fino ad oltre la metà degli anni ’70 la maggior parte dei pazienti veniva operata per la  presenza di nefrolitiasi; dagli anni ’80 in poi, le indicazioni invece hanno finito per coinvolgere solo i casi che diventavano francamente sintomatici e con valori elevati di calcemia, dopo un adeguato periodo di sorveglianza, ma anche casi - pur discutibilmente - di IPT ipercalcemico asintomatico, in funzione dunque preventiva (4).
Oggi, una comune indicazione al trattamento chirurgico è l’IPT con ipercalcemia associata a bassa densità ossea rivelata con la densitometria, che riveli una riduzione della massa corticale ossea vicina mediamente al 20%. In tutti questi casi, la densità ossea è sembrata migliorare sensibilmente dopo paratiroidectomia rispetto ai pazienti non operati, pur con differenze nei singoli distretti ossei.
Un’altra importante indicazione alla paratiroidectomia, riservata ai soli pazienti con MEN 1, riguarda i pazienti con IPT nei quali gli effetti secretagoghi dell’ipercalcemia sulla gastrina sono esaltati dalla presenza della s. di Zollinger-Ellison, con incremento deciso della secrezione acido-gastrica, seguita da una dimostrata riduzione della secrezione nonché dal miglioramento progressivo dei sintomi dopo il trattamento chirurgico delle paratiroidi (5).

 

Paratiroidectomia subtotale verso totale
La paratiroidectomia mini-invasiva non viene raccomandata, perché non consente l’identificazione routinaria di tutte le paratiroidi.
Tre sono le modalità dell’intervento.

  1. Asportazione subtotale delle ghiandole cervicali, ovvero di almeno 3 paratiroidi intere più ½ ghiandola residua (paratiroidectomia subtotale).
  2. Asportazione completa delle 4 ghiandole (paratiroidectomia totale), seguita da un innesto autologo eterotopico (nell’avambraccio) di frammenti freschi delle paratiroidi asportate (auto-trapianto paratiroideo), simultaneo alla paratiroidectomia oppure dilazionato, utilizzando in questo caso, frammenti opportunamente allestiti per una crio-conservazione a tempo indeterminato. Il principale motivo dell’allestimento dell’auto-trapianto nell’avambraccio è che un re-intervento in questa sede, per controllare un IPT persistente o recidivo dipendente dall’iperattività del residuo ghiandolare, è notevolmente più facilitato rispetto a un analogo intervento per residuo rimasto nel collo (6,7).
  3. La terza modalità è una paratiroidectomia completa, intenzionalmente senza auto-trapianto, purché poi seguita da un trattamento farmacologico permanente.

A ciascuna delle procedure vanno attribuiti vantaggi e svantaggi. La procedura maggiormente impiegata è la paratiroidectomia subtotale (3 + ½ paratiroidi), seguita, ove possibile, dalla crio-conservazione di una parte del tessuto ghiandolare asportato. Alcuni aspetti vanno considerati a sostegno di questo approccio e per comprendere ancora una volta come non possa essere identificato e quindi raccomandato un trattamento standardizzato per tutti i pazienti con MEN 1. Innanzitutto, le caratteristiche patologiche dell’IPT nella MEN 1, che sono quelle di un’alterazione diffusa, multi-ghiandolare della malattia, con dimensioni delle stesse ghiandole usualmente asimmetriche in ogni singolo paziente ed eterogenee tra pazienti diversi. A tal proposito è stato calcolato che in un certo gruppo di pazienti, il rapporto tra il peso della ghiandola asportata più grande e di quella più piccola esprimeva un valore pari a 5.9, un dato che rendeva ragione della necessità durante la paratiroidectomia di asportare almeno una ghiandola apparentemente normale dallo stesso lato di una paratiroide ingrandita, in modo da potere escludere il caso di IPT mono-ghiandolare (8). Successivamente, va considerata quell’incognita rappresentata dalla possibilità che sia o siano presenti paratiroidi sovrannumerarie (una o più), nonché in posizione ectopica (complessivamente, fino al 20% dei casi operati). Infine, la predisposizione di tutto il tessuto paratiroideo alla progressiva iperplasia ghiandolare nel corso del tempo, che rende la chirurgia concettualmente palliativa o comunque non definitiva in ogni singola situazione, poiché lo stesso paziente è esposto al continuo rischio di sviluppare un IPT recidivo, secondario alla permanenza di un residuo ghiandolare nel collo o nell’avambraccio, qualora sia stata scelta questa sede per l’auto-trapianto paratiroideo (9).
L’immediato vantaggio della paratiroidectomia subtotale è la diminuzione del rischio di ipoparatiroidismo permanente dopo chirurgia. La maggior parte delle casistiche stima < 10% i casi di ipoparatiroidismo permanente, con i migliori risultati nell’ordine dell’1-2%.
Lo svantaggio della paratiroidectomia incompleta è il rischio di recidiva. L’IPT recidivo è definito come la ricomparsa di ipercalcemia dopo un periodo di normocalcemia durato almeno 6 mesi dalla paratiroidectomia; l’IPT persistente è definito invece dalla presenza di ipercalcemia già poco dopo l’intervento e comunque entro i 6 mesi.
I pazienti che hanno subito una vera paratiroidectomia subtotale (3 + ½ ghiandole) presentano recidiva tra il 4% ed il 20% dei casi. I pazienti nei quali sia stata eseguita un’asportazione inadeguata delle paratiroidi, magari per mancato riconoscimento o per presenza di ghiandola sovrannumeraria o ectopica e quelli nei quali esiste un’iperplasia diffusa particolarmente accentuata, sono a maggior rischio di recidiva dell’IPT. Nei pazienti che hanno avuto soltanto l’asportazione da 1 a 2 ghiandole e ½, la malattia persiste nel 15% e recidiva in oltre il 60% dei casi. In alcune casistiche, la maggior parte dei pazienti che hanno richiesto un secondo intervento, aveva subito al primo intervento l’asportazione di un numero di paratiroidi < 3 e ½ (4,10). In analoghi studi, i pazienti sottoposti invece a paratiroidectomia totale, hanno dimostrato una probabilità di persistenza o di recidiva dell’IPT vicino allo zero, salvo i casi con presenza di ghiandole sovrannumerarie. Se dunque l’immediato vantaggio della paratiroidectomia totale è di vedere annullata la probabilità dell’IPT recidivo, lo svantaggio evidente è rappresentato dall’ipoparatiroidismo o meglio, dall’aparatiroidismo paratireoprivo.
La tecnica dell’auto-trapianto nell’avambraccio ha rappresentato per lungo tempo un rimedio agli effetti di questa conseguenza, ed è stata utilizzata anche dall’autore (prof pansini) negli anni ’80 ma non ha impedito che una percentuale molto variabile, da quasi zero fino al 30% dei pazienti trapiantati, abbia comunque dovuto accusare un ipoparatiroidismo persistente, dovuto a insufficiente vitalità degli impianti paratiroidei. La percentuale di IPT recidivo dovuto invece all’iperplasia degli auto-innesti paratiroidei è estremamente variabile, da quasi zero fino al 60% dei casi, denotando la possibilità che questa tecnica presenti alcuni difetti di principio e di tecnica, comunque non in grado di sottrarre il tessuto paratiroideo – dovunque esso sia presente – allo stimolo iperplastico caratteristico della MEN 1 (11).

 

Bibliografia

  1. Romei C, Pardi E, Cetani F, et al. Genetic and clinical features of multiple endocrine neoplasia type 1 and 2. J Oncol 2012, 2012: 705036.
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  4. Pieterman CRC, Van Hulsteijn LT, Den Heijer M, et al. Primary hyperparathyroidism in MEN1 patients: a cohort study with longterm follow-up on preferred surgical procedure and the relation with genotype. Ann Surg 2012, 255: 1171–8.
  5. Dalbridge LW, Younes NA, Guinea AL, et al. Surgery for primary hyperparathyroidism 1962-1996; indications and outcomes. Med J Aust 1998, 168: 153-6.
  6. Wells SA, Farndon JR, Dale JK, et al. Long-term evaluation of patients with primary parathyroid hyperplasia managed by parathyroidectomy and heterotopic autotransplantation. Ann Surg 1980, 192: 451-8.
  7. Callander GG, Rich TA, Terrier ND. Multiple endocrine neoplasia syndromes. Surg Clin N Am 2008, 88: 863-95.
  8. O’Riordain DS, O’Brien T, Grant CS, et al. Surgical management of primary hyperparathyroidism in multiple endocrine neoplasia type 1 and 2. Surgery 1993, 114: 1031-9.
  9. Thompson NW. Multiple endocrine neoplasia 1. Surgical therapy. Cancer Treat Res 1997, 89: 407-19.
  10. Chanson P, Cadiot G, Murat A. Management of patients and subjects at risk for multiple endocrine neoplasia type 1: MEN 1. Horm Res 1997, 47: 211-20.
  11. Helmann P, Skogseid B, Juhlin C, et al. Findings and long-term results of parathyroid surgery in multiple endocrine  neoplasia type 1. World J Surg 1992, 16: 718-22.
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Devono essere trattati tutti con chirurgia?

Terapia medica: quando e quale

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Stefano Partelli & Massimo Falconi
Clinica Chirurgia del Pancreas, Università Politecnica delle Marche, Ancona

 

Circa l’80% dei pazienti affetti da MEN-1 svilupperà, nel corso della vita, neoplasie neuroendocrine a livello pancreatico e/o duodenale [1].
Attualmente l’indicazione a un trattamento chirurgico è posta in tutti i casi di neoplasie non funzionanti > 2 cm e/o sintomatici o per gli insulinomi. L’indicazione al trattamento chirurgico rimane, invece, dibattuta per le neoplasie neuroendocrine non funzionanti (NF-NEN) con diametro < 2 cm e per i gastrinomi.
La ragione di tale controversia è sostanzialmente da ricercare nell’elevato rischio di complicanze cui sono esposti i pazienti che sono sottoposti a interventi di chirurgia pancreatica, a fronte di una lunga aspettativa di vita legata alla malattia (corretto bilancio rischio/beneficio). Tali complicanze possono essere precoci (ad esempio fistola pancreatica, emorragie, sepsi) e tardive, esitando spesso in quadri d’insufficienza pancreatica eso-endocrina [2]. A ciò va aggiunto che spesso le lesioni, nei pazienti MEN-1, sono multifocali e possono arrivare a coinvolgere l’intera ghiandola pancreatica [3]. In questi casi l’intervento chirurgico radicale dovrebbe prevedere una pancreasectomia totale, con conseguente diabete insulino-dipendente, spesso di difficile gestione.
Nelle NF-NEN in pazienti MEN-1, le uniche variabili cliniche associate all’aggressività della malattia sono il diametro della neoplasia e la presenza di sospette metastasi linfonodali o a distanza all’imaging radiologico [4]. Tuttavia, in assenza di metastasi a livello radiologico, che sono peraltro infrequenti, il diametro radiologico rimane l’unica variabile che possa guidare il clinico nella scelta terapeutica. Molti autori raccomandano un trattamento conservativo per le NF-NEN < 2 cm, vista la sostanziale assenza di rischio di sviluppare metastasi [5]. Uno studio condotto da Triponez et al. ha dimostrato che pazienti affetti da MEN-1 con NF-NEN < 2 cm hanno un’aspettativa di vita e un rischio di progressione di malattia comparabili a quelli di un gruppo di controllo di pazienti sottoposto a chirurgia radicale [4]. Inoltre, le linee guida pubblicate nel 2012 dall’European Neuroendocrine Tumor Society (ENETS) consigliano un atteggiamento conservativo per queste neoplasie [6]. Sebbene non esistano studi prospettici sull’argomento, la gestione non chirurgica di tali neoplasie deve necessariamente comprendere uno stretto programma di follow-up clinico e radiologico e prevedere un eventuale intervento chirurgico qualora le lesioni mostrassero una significativa crescita dimensionale (5 mm/anno) [4].
Se per i NF-NEN < 2 cm il trattamento conservativo è stato ampiamente accettato, il trattamento conservativo dei gastrinomi nell’ambito di una sindrome MEN-1 rimane ancora dibattuto [7-9]. Tuttavia, i dati presenti in letteratura dimostrano un rischio di sviluppare metastasi epatiche quasi quattro volte superiore nei pazienti trattati conservativamente rispetto a quelli trattati con chirurgia [10, 11]. Per tale motivo attualmente l’intervento chirurgico rappresenta il trattamento di scelta in presenza di gastrinomi, specie se le dimensioni della neoplasia sono > 1 cm.

 

Bibliografia

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  2. Falconi M, Mantovani W, Crippa S, et al. Pancreatic insufficiency after different resections for benign tumours. Br J Surg 2008, 95: 85-91.
  3. Triponez F, Dosseh D, Goudet P, et al. Epidemiology data on 108 MEN 1 patients from the GTE with isolated nonfunctioning tumors of the pancreas. Ann Surg 2006, 243: 265-72.
  4. Triponez F, Goudet P, Dosseh D, et al. Is surgery beneficial for MEN1 patients with small ≤2 cm), nonfunctioning pancreaticoduodenal endocrine tumor? An analysis of 65 patients from the GTE. World J Surg 2006, 30: 654-62; discussion 663-4.
  5. Jensen RT, Berna MJ, Bingham DB, Norton JA. Inherited pancreatic endocrine tumor syndromes: advances in molecular pathogenesis, diagnosis, management, and controversies. Cancer 2008, 113: 1807-43.
  6. Falconi M, Bartsch DK, Eriksson B, et al. ENETS Consensus Guidelines for the management of patients with digestive neuroendocrine neoplasms of the digestive system: well-differentiated pancreatic non-functioning tumors. Neuroendocrinology 2012, 95: 120-34.
  7. Norton JA, Jensen RT. Resolved and unresolved controversies in the surgical management of patients with Zollinger-Ellison syndrome. Ann Surg 2004, 240: 757-73.
  8. MacFarlane MP, Fraker DL, Alexander HR, et al. Prospective study of surgical resection of duodenal and pancreatic gastrinomas in multiple endocrine neoplasia type 1. Surgery 1995, 118: 973-9; discussion 979-80.
  9. Bartsch DK, Fendrich V, Langer P, et al. Outcome of duodenopancreatic resections in patients with multiple endocrine neoplasia type 1. Ann Surg 2005, 242: 757-64, discussion 764-6.
  10. Fraker DL, Norton JA, Alexander HR, et al. Surgery in Zollinger-Ellison syndrome alters the natural history of gastrinoma. Ann Surg 1994, 220: 320-8; discussion 328-30.
  11. Norton JA, Fraker DL, Alexander HR, et al. Surgery increases survival in patients with gastrinoma. Ann Surg 2006, 244: 410-9.