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Franco Grimaldi
SOC Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine

 

Meccanismo d’azione
Inibitore dell'enzima triptofano-idrossilasi, inibisce la produzione di serotonina da parte dei tumori carcinoidi, riducendo la frequenza della diarrea causata dalla sindrome carcinoide.

 

Indicazioni
Da utilizzare in combinazione con la terapia con analogo della somatostatina (SSA) nel trattamento di adulti con diarrea da sindrome carcinoide non adeguatamente controllata con la sola terapia con SSA.

 

Contro-indicazioni
Nessuna.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Compresse da 250 mg (Xermelo): da assumere oralmente tre volte al giorno durante i pasti.

 

Effetti collaterali
Nausea, cefalea, stipsi, livelli aumentati di gamma-GT, depressione, edema periferico, flatulenza, diminuzione dell’appetito, febbre.

 

Precauzioni d'uso
Epatopatia, depressione.
Il rischio di sviluppare stipsi può essere maggiore nei pazienti con frequenza delle scariche < 4/die. I pazienti trattati con un dosaggio più alto di quello raccomandato hanno sviluppato stipsi grave negli studi clinici. I pazienti devono essere monitorati: se si verifica stipsi grave o dolore addominale grave, persistente o che peggiora, sospendere il farmaco e contattare il proprio medico.

 

Limitazioni prescrittive
Non è ancora in commercio in Italia

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Franco Grimaldi
SOC Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine

 

Meccanismo d’azione

  • Effetto anti-proliferativo: blocco del ciclo cellulare nella fase G0 e G1.
  • Inibizione fattori di crescita: induzione di 2’5 A sintetasi.
  • Stimolazione del sistema immunitario: induzione di antigeni di classe I e stimolazione delle cellule natural killer.
  • Induzione di reazioni fibrotiche
  • Induzione dell’angiogenesi.

 

Farmaci disponibili, via di somministrazione e posologia
IntronA soluzione (Introna). La soluzione è disponibile in diverse formulazioni e dosaggi:

  • flaconcino monodose di soluzione iniettabile: 3 milioni UI, 5 milioni UI, 10 milioni UI, 18 milioni UI, 25 milioni UI;
  • penna multidose: 18 milioni UI, 30 milioni UI, 60 milioni UI.

 

Indicazioni
Trattamento di tumori carcinoidi con linfonodi o metastasi epatiche e con "sindrome da carcinoide".
Il trattamento deve essere iniziato da un medico esperto nel trattamento della patologia. La dose usuale è di 5 milioni UI (da 3 a 9 milioni UI) somministrata tre volte la settimana (a giorni alterni) per via sottocutanea. Per gli schemi posologici di mantenimento, a discrezione del medico è consentita la somministrazione attuata direttamente dal paziente.
Pazienti in stadio avanzato possono richiedere dosi giornaliere di 5 milioni UI.
Il trattamento deve essere temporaneamente sospeso durante e dopo intervento chirurgico.
In caso di risposta del paziente, la terapia con α-interferone deve essere protratta sino a progressione.

 

Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o a uno qualsiasi degli eccipienti.
Grave patologia cardiaca pre-esistente (es. scompenso cardiaco congestizio non controllato, infarto miocardico recente, gravi aritmie).
Grave disfunzione renale o epatica, compresa quella causata da metastasi.
Epilessia e/o funzionalità compromessa del sistema nervoso centrale.
Pre-esistenti gravi malattie psichiatriche o anamnesi positiva di gravi disturbi psichiatrici.
Epatite cronica in presenza di cirrosi epatica scompensata.
Epatite cronica in pazienti contemporaneamente o recentemente trattati con agenti immuno-soppressivi, salvo nel caso di interruzione di una terapia corticosteroidea a breve termine, epatite autoimmune o anamnesi positiva di malattia autoimmune; pazienti trapiantati immuno-depressi.
Patologia tiroidea pre-esistente, salvo quando controllata con terapia convenzionale.

 

Effetti collaterali
Nei primi giorni di trattamento: sintomi simil-influenzali (spossatezza, mialgie) ben controllabili con i comuni rimedi sintomatici.
Sintomi di maggiore gravità, legati al prolungamento della terapia, sono connessi alla comparsa di sindrome da affaticamento cronico, anoressia, calo ponderale in circa il 50% dei pazienti; in una percentuale inferiore possono comparire anemia, leucopenia, trombocitopenia, elevazione degli indici di citolisi epatica e manifestazioni allergiche o autoimmuni (tiroiditi con iper o ipotiroidismo).

 

Precauzioni d’uso
Se durante il trattamento con IntronA si manifestano eventi avversi, per qualsiasi indicazione modificare il dosaggio o sospendere temporaneamente la terapia fino a scomparsa di tali effetti. Nel caso di intolleranza persistente o ricorrente, nonostante l'adeguato aggiustamento posologico, o di progressione della malattia, sospendere il trattamento.
Se durante il trattamento con interferone α2b insorgono gravi eventi avversi, in particolare se i granulociti diminuiscono fino a < 500/mm3 o i livelli di ALT/AST aumentano di almeno 5 volte il limite superiore normale, sospendere temporaneamente il trattamento, fino a risoluzione dell'evento. Il trattamento con interferone α2b deve poi ricominciare al 50% del dosaggio precedente. Se dopo l'aggiustamento della dose, l'intolleranza persiste, o se i granulociti diminuiscono a < 250/mm3 o i livelli di ALT/AST aumentano di almeno 10 volte il limite superiore normale, sospendere la terapia.

 

Limitazioni prescrittive
Prescrivibile con piano terapeutico.

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Gabriele Luppi e Fabio Gelsomino
Oncologia Medica, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena

 

Meccanismo d’azione
Everolimus è un inibitore orale selettivo di mTOR (mammalian target of rapamycin), una serina-treonina-chinasi intra-citoplasmatica che ha un ruolo importante nella regolazione della proliferazione e della crescita cellulare. Everolimus, come il suo analogo rapamicina, si lega a mTOR, tramite la proteina intra-cellulare FKBP-12, bloccando il complesso mTORC1 e quindi la sintesi proteica mediata dalle proteine S6K1 e 4E-BP1. In studi preclinici everolimus ha dimostrato attività immuno-soppressiva tramite inibizione della proliferazione linfocitaria, e attività anti-tumorale, sia tramite inibizione diretta delle cellule neoplastiche sia attraverso un’azione anti-angiogenetica.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia

  • Compresse da 0.25 mg (Certican), 0.75 mg (Certican), 2.5 mg (Afinitor), 5 mg (Afinitor, everolimus EthyPharm, everolimus Medac, everolimus Sandoz), e 10 mg (Afinitor, everolimus EthyPharm, everolimus Medac, everolimus Sandoz)
  • Compresse dispersibili 0.25 mg (Certican), 2 mg (Votubia), 3 mg (Votubia).

Deve essere somministrato per via orale una volta al giorno alla stessa ora, regolarmente con o senza cibo. Le compresse devono essere inghiottite intere con un bicchiere d’acqua e non devono essere masticate o frantumate.
La dose raccomandata di everolimus è di 10 mg una volta al giorno. Il trattamento deve continuare fino a quando si osserva un beneficio clinico o finché non compaia tossicità inaccettabile.

 

Indicazioni
Carcinoma renale: trattamento di pazienti con carcinoma renale avanzato, che hanno presentato progressione durante o dopo trattamento con terapia mirata anti-VEGF.
Carcinoma mammario avanzato: trattamento del carcinoma mammario avanzato con stato recettoriale ormonale positivo, HER2/neu negativo, in combinazione con exemestane, in donne in post-menopausa in assenza di malattia viscerale sintomatica dopo recidiva o progressione a seguito di trattamento con un inibitore dell’aromatasi non steroideo.
Tumori neuroendocrini pancreatici: trattamento di tumori neuroendocrini di origine pancreatica, bene o moderatamente differenziati, non operabili o metastatici, in progressione di malattia, negli adulti.

 

Contro-indicazioni
Ipersensibilità al principio attivo, ad altri derivati della rapamicina o ad uno qualsiasi degli eccipienti.

 

Precauzioni d'uso
Per i pazienti con moderata compromissione epatica (Child-Pugh class B), la dose deve essere ridotta a 5 mg/die. Everolimus non è stato valutato in pazienti con compromissione epatica grave (Child-Pugh class C) e non è raccomandato per l’uso in questa categoria di pazienti.
Non sono necessarie riduzioni di dose in pazienti con ridotta funzione renale o in pazienti anziani.
Particolare attenzione va posta alle possibili interazioni farmacologiche. Everolimus è un substrato del CYP3A4, e anche un substrato e un moderato inibitore della PgP. Pertanto l’assorbimento e la successiva eliminazione di everolimus possono essere influenzati da sostanze che interferiscono con il CYP3A4 e/o la PgP (vedere le interazioni farmacologiche riportate nella scheda tecnica). Anche alcuni cibi, come il succo di pompelmo, possono aumentare le concentrazioni di everolimus, in quanto inibitori del CYP3A4 e della PgP.

 

Effetti collaterali
In base ai dati derivati dagli studi RADIANT 2 e RADIANT 3, il profilo di tollerabilità di everolimus appare alquanto accettabile. Gli eventi avversi di grado 3-4, in accordo con la classificazione National Cancer Institute’s Common Terminology Criteria for Adverse Events (NCI-CTC AE)- versione 4.0, sono poco frequenti (≤ 7%). Gli effetti collaterali più comuni sono rappresentati da: stomatite, astenia, diarrea, rash cutaneo, prurito, anoressia, nausea, vomito, perdita di peso, alterazione di alcuni parametri di laboratorio (iperglicemia, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, anemia, piastrinopenia). Un evento avverso potenzialmente serio è la polmonite asettica (12% dei pazienti nel RADIANT-2 e 17% dei pazienti del RADIANT-3, ma raramente di grado severo), caratterizzata dal quadro clinico-radiologico della polmonite interstiziale, associata o meno a segni e sintomi quali versamento pleurico, ipossia, tosse, dispnea e malessere.

 

Limitazioni prescrittive
La prescrizione è limitata a pazienti adulti. Everolimus non è raccomandato in corso di gravidanza o in donne in età fertile che non usano contraccettivi. Le donne in trattamento con Everolimus non devono allattare al seno.
Ai fini delle prescrizioni a carico del Servizio sanitario nazionale (classe H), i centri utilizzatori dovranno compilare la scheda raccolta dati informatizzata di arruolamento che indica i pazienti eleggibili e la scheda di follow-up e applicare le condizioni negoziali secondo le indicazioni pubblicate sul sito. La risposta deve essere rivalutata a 6 mesi: in assenza di risposta, il farmaco non è più prescrivibile a carico SSN.

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Giuseppe Badalamenti
Oncologia medica, Policlinico Universitario P. Giaccone, Palermo

 

Meccanismo d’azione
Sunitinib inibisce molteplici recettori delle tirosin-chinasi (RTK), coinvolte nella crescita tumorale, nella neo-angiogenesi e nella metastatizzazione: PDGFRα e PDGFRβ, VEGFR1, VEGFR2 e VEGFR3, KIT, FLT3, CSF-1R, RET.

 

Indicazioni
Trattamento delle NEN del pancreas (pNEN) metastatiche o localmente avanzate
Tumore stromale del tratto gastrointestinale (GIST)
Carcinoma renale metastatico

 

Contro-indicazioni
Ipersensibilità al principio attivo

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Cp 12.5 mg (sunitinib Accord, sunitinib Dr.Reddy's, sunitinib EG, sunitinib Mylan, sunitinib TEVA, sunitinib Zentiva, Sutent), 25 mg (sunitinib Accord, sunitinib Dr.Reddy's, sunitinib EG, sunitinib Mylan, sunitinib Sandoz, sunitinib TEVA, sunitinib Zentiva, Sutent), 37.5 mg (sunitinib Accord), 50 mg (sunitinib Accord, sunitinib Dr.Reddy's, sunitinib EG, sunitinib Mylan, sunitinib Sandoz, sunitinib TEVA, sunitinib Zentiva, Sutent)
Per k renale e GIST 50 mg/die, per pNEN 37.5 mg/die

 

Effetti collaterali
Mielotossicità
Ipertensione
Eritrodisestesia palmo-plantare, diarrea, astenia
Distiroidismo

 

Precauzioni d'uso
Monitorare l’emocromo almeno ogni 15 giorni per i primi 2 mesi di trattamento e quindi prima di ogni ciclo.
Prima dell’inizio del trattamento, valutazione cardiologica con ECG ed ecocardiogramma, da ripetere in relazione alla clinica.
Monitorare quotidianamente i valori pressori.
Nel caso in cui gli effetti collaterali non siano gestibili, modificare la posologia a discrezione del medico.
Attenzione alla cosomministrazione di ketoconazolo e rifampicina

 

Limitazioni prescrittive
Ricetta non ripetibile limitativa, distribuzione ospedaliera

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Antonella Paoloni, Francesca Rota, Valerio Adinolfi, Laura Rizza, Agnese Barnabei, Marialuisa Appetecchia, Roberto Baldelli
UOSD Endocrinologia, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena – IRCCS, Roma

 

DEFINIZIONE ED EPIDEMIOLOGIA

L’insulinoma è un NET che nasce dalle cellule insulino-secernenti delle insule pancreatiche (1,2). Oltre all’insulina, può dare ipersecrezione di altri ormoni e metaboliti (gastrina, ACTH, glucagone, hCG, somatostatina e acido 5-OH-indolacetico). In casi rari la sindrome dipende da iperplasia diffusa delle ß-cellule senza che vi siano tumori identificabili.
L’insulinoma rappresenta la forma più di frequente di NET del pancreas. Ha un’incidenza di 1-3 casi per milione di popolazione/anno ed è maligno in meno del 10% dei casi.
Si riscontra prevalentemente nelle donne rispetto agli uomini ed è più frequente intorno ai 50 anni di età.
Nel 10% dei casi si tratta di forme multiple e nel 5% dei casi è associato alla sindrome MEN-1 (ma la percentuale sale al 50% in caso di tumori multipli).

 

CLINICA

Il quadro clinico dipende dall’ipoglicemia ma può essere estremamente aspecifico e variabile, per cui spesso passa diverso tempo prima di riuscire a porre diagnosi. Caratteristicamente l'ipoglicemia secondaria a insulinoma si verifica durante il digiuno e i sintomi possono verificarsi per differenti livelli glicemici (solitamente < 55-60 mg/dL).
I sintomi sono insidiosi, ma di solito predominano quelli neuroglicopenici (tab 1), che possono mimare un'ampia varietà di disturbi neurologici e psichiatrici (3-7). È frequente che la presenza di stato confusionale o comportamenti bizzarri sia descritta con precisione dai conviventi piuttosto che dal paziente. I disturbi a carico del SNC possono progredire sino a perdita di coscienza, convulsioni e coma.

 

Tabella 1
Sintomi neuroglicopenici dell’ipoglicemia
Neurologici Sonnolenza
Disturbi visivi (accomodazione, contrazione pupillare, ecc)
Irritabilità
Confusione
Amnesia
Parestesie
Sindrome convulsiva
Psichiatrici Comportamento inadeguato e bizzarro
Deliri
Allucinazioni

 

Specialmente nella fase iniziale della malattia possono coesistere sintomi e segni adrenergici, dovuti a eccesso di catecolamine (ansia, palpitazioni, tachicardia, astenia profonda, cefalea, tremori, sudorazione fredda e profusa, pallore), ma una descrizione dettagliata di questi si associa più frequentemente a ipoglicemia funzionale che non a insulinoma.
Questi pazienti imparano a convivere con la malattia, a dominare i sintomi e si abituano a un livello di glicemia molto al di sotto dei valori inferiori della norma senza mostrare sintomi.

 

Il sospetto clinico
L’ipoglicemia non rappresenta un problema frequente nell’adulto non diabetico. La presenza di sintomi rafforza l’importanza clinica del problema, perché in alcuni soggetti normali il digiuno prolungato può provocare ipoglicemia asintomatica. L’ipoglicemia può dipendere da molte cause oltre all’insulinoma (tab 2) (8,9).

 

Tabella 2
Diagnosi differenziale delle cause di ipoglicemia
Farmaci Insulina, anti-diabetici orali
Chinino, pentamidina, indometacina, litio
Più raramente: ACE-inibitori, levofloxacina, trimetoprim-sulfametossazolo, eparina
Eccessivo introito alcolico Blocco della liberazione dei depositi di glucosio
Insufficienza epatica, renale o cardiaca Deplezione di substrati per la gluconeogenesi
Digiuno di lunga data (anoressia nervosa) Deplezione di substrati per la gluconeogenesi
Tumori non insulari Eccessiva produzione di IGF-II che consuma il glucosio

Chirurgia gastrica (post bypass gastrico)

Accelerato transito e malassorbimento

Iposurrenalismo e ipopituitarismo

Deficit di ormoni contro-regolatori
Ipoglicemia autoimmune

 

Il sospetto di insulinoma è forte in presenza della triade di Whipple, presente nel 75% dei casi, che comprende (10):

  1. sintomi di ipoglicemia;
  2. rilievo di ipoglicemia in corrispondenza dei sintomi;
  3. regressione dei sintomi con la somministrazione di glucosio.

I sintomi compaiono più frequentemente di notte o nel primo mattino e comunque durante il digiuno, anche se la comparsa di un’ipoglicemia post-prandiale non esclude la diagnosi (11,12). I sintomi possono essere peggiorati da esercizio, ingestione di alcol, dieta ipocalorica e uso di alcuni farmaci (1,2).
L’attivazione da parte dell’ipoglicemia di un riflesso vagale, che comporta la stimolazione della secrezione acida gastrica e della peristalsi e che aumenta la velocità di svuotamento gastrico, porta ad aumento dell’appetito. Il paziente affetto da insulinoma impara a mangiare ogni 2-3 ore e nel 20-40% dei casi cresce di peso (fino all’obesità).

 

DIAGNOSI

Il primo passo è la conferma dell'ipoglicemia con livelli inappropriati di insulina. Sono diagnostici livelli documentati di insulinemia > 3 μU/mL (18 pmol/L), in assenza di metaboliti delle sulfoniluree nel plasma o nelle urine.
Oltre al dosaggio dell’insulina, è importante la valutazione dei livelli di peptide C, che vengono considerati diagnostici se > 0.6 ng/mL (0.2 nmol/L), e, se disponibili, di proinsulina (> 5.0 pmol/L) (3,4,6,7,9,13). Nei pazienti affetti, la proinsulina arriva al 70% dell’immunoreattività dell’insulina, mentre nel soggetto normale è < 20%.
La diagnosi differenziale deve considerare anche la presenza di possibili ipoglicemie factitie:

  • quelle da auto-somministrazione di insulina sono caratterizzate dalla presenza di ipoglicemia, iperinsulinemia, ridotti livelli plasmatici di peptide C e proinsulina e talvolta anche dalla presenza di anticorpi circolanti anti-insulina;
  • in quelle conseguenti ad assunzione di sulfaniluree (in cui il peptide C non è basso) è necessario dimostrare la presenza del farmaco o dei suoi metaboliti nel plasma e nelle urine.

Un altro elemento importante per discriminare l’ipoglicemia iperinsulinemica da altre cause, è l’assenza di chetonuria.

 

Prove funzionali
La diagnosi biochimica si basa sull’incapacità dell’ipoglicemia di sopprimere la secrezione endogena di insulina (14) ovvero sui livelli di insulina inappropriatamente alti per la glicemia. Nel 95% dei casi la diagnosi si ottiene solo durante il test del digiuno protratto, che costituisce il test diagnostico (15).
In passato venivano utilizzati altri test come:

  • la prova di tolleranza insulinica, in grado di valutare la sopprimibilità dei livelli plasmatici di peptide C dopo somministrazione di insulina ev (0.1 UI/kg);
  • la prova al diazossido (600 mg di diazossido, farmaco con potente azione iperglicemizzante, in 250 cc di soluzione fisiologica, con dosaggio di glicemia e insulinemia ogni 15 minuti per 3 ore), il cui scopo è valutare la soppressione dei valori di insulina;
  • la prova da carico orale di glucosio, con prelievi prolungati fino a 3 ore, utilizzata solo per la diagnosi differenziale con le ipoglicemie reattive;
  • la prova di soppressione con octreotide (potente inibitore della secrezione di insulina e glucagone), che consiste nella somministrazione in bolo di 125 μg di octreotide seguiti da infusione costante di 250 μg/ora per 180 min.

 

Diagnostica per immagini
Permette una precisa localizzazione pre-operatoria del tumore e deve essere avviata dopo aver posto la diagnosi biochimica (16). Nella maggior parte dei casi è necessaria l’associazione di più metodiche.
Poiché l’80% degli insulinomi è < 2 cm, l’ecografia trans-addominale ha sensibilità < 50%. L’eco-endoscopia è positiva nel 70-95% dei casi, se eseguita da un endoscopista esperto (17). TC elicoidale e multislice e RM hanno sensibilità sovrapponibile (82-94%)(18,19).
L’Octreoscan è positivo solo nel 50% dei casi di insulinoma localizzato, a causa delle piccole dimensioni e della bassa densità o della mancanza di recettori per la somatostatina che legano l’octreotide con alta affinità (SSTR2)(20).
Risultati promettenti sono stati ottenuti con l’utilizzo di varie metodiche sperimentali PET/TC che non utilizzano i recettori della somatostatina: DOPA-PET e 111In-DOTA-exendin-4 (21, 22).

 

Angiografia selettiva e stimolazione intra-arteriosa con calcio gluconato
Essendo tumori molto vascolarizzati, l’arteriografia con calcio gluconato (dal momento che il calcio è in grado di stimolare il rilascio di insulina dal tessuto neoplastico e non dal tessuto normale) mediante cateterizzazione selettiva dei rami minori delle arterie gastro-duodenale, mesenterica superiore e splenica, per la ricerca di un gradiente di concentrazione, è positiva nell’88-100% dei casi, con sensibilità dell’82% e specificità del 95% (23-25). Il test è comunque poco disponibile, molto indaginoso e costoso, per cui deve essere riservato solo ai casi con diagnosi biochimica certa e negatività degli altri esami di diagnostica per immagini.
Nonostante l’esecuzione di tutte le tecniche di localizzazione sovradescritte, solo nel 60-70% dei casi si riesce a localizzare il tumore prima dell’intervento. Tra gli altri casi, i pazienti con sintomi ben controllabili con la terapia farmacologica possono essere tenuti in sorveglianza stretta, mentre i casi più gravemente sintomatici devono essere comunque avviati alla chirurgia: l’esplorazione pancreatica da parte di un chirurgo esperto e l’uso dell’ecografia intra-operatoria portano all’identificazione di un tumore in oltre il 90% dei casi (17,26).

 

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Flow-chart diagnostica nel sospetto insulinoma

 

TERAPIA

Terapia farmacologica
Da utilizzare allo scopo di prevenire le ipoglicemie in pazienti selezionati prima dell’intervento chirurgico, in quelli con alto rischio operatorio e/o dove la terapia chirurgica fallisce o nelle forme maligne non resecabili (27). Esistono diversi approcci terapeutici.
Il diazossido (Proglicem, cp 25-100 mg) è in grado di ridurre l’ipersecrezione di insulina. La dose iniziale è 3 mg/kg in 2-3 dosi refratte ogni 8-12 h; il dosaggio può poi essere aggiustato in base alle necessità fino a 8 mg/kg/die. Deve essere associato a un diuretico tiazidico per controllare gli effetti avversi (edemi e iperpotassiemia)(27).
Gli analoghi della somatostatina long-acting hanno un’efficacia variabile e devono essere presi in considerazione nel trattamento dei pazienti con insulinoma sintomatico e con ipoglicemia continua, che sono refrattari al trattamento con diazossido (28).
Everolimus sembra efficace nei pazienti con insulinoma metastatico e ipoglicemia refrattaria, ma la tollerabilità è da monitorare attentamente (29,30).
Glucagone e cortisonici possono essere utili transitoriamente in condizioni di emergenza.
Nei pazienti metastatici si può utilizzare la chemioterapia (streptozotocina, tossica per le ß-cellule, 1 g/m2 ev settimanale per 4 settimane). Determina risposta parziale nel 50% e completa nel 20% dei pazienti, che aumenta al 33% se associata a 5-fluorouracile (31). Richiede il monitoraggio della funzionalità renale (proteine urinarie, creatininemia) ed epatica e dell'emocromo (potenziale tossicità ematopoietica) e non migliora la sopravvivenza.

 

Terapia chirurgica
È il trattamento di scelta poiché la resezione dell’insulinoma ottiene la guarigione nel 90% dei casi (32). È importante la preparazione per ridurre il rischio di ipoglicemia intra-operatoria: diazossido il giorno dell’intervento e infusione di glucosata al 10% ad almeno 100 mL/h, con monitoraggio dei livelli glicemici.

I possibili interventi sono:

  • enucleazione e/o enucleoresezione
  • pancreasectomia sinistra
  • resezioni intermedie pancreatiche
  • duodeno-cefalo-pancreasectomia (raro)
  • chirurgia citoriduttiva.

Nei pazienti con MEN-1 è opportuno eseguire una pancreasectomia subtotale piuttosto che un’enucleazione, vista l’alta probabilità di tumori multipli (32,33).
Le percentuali globali di guarigione chirurgica si avvicinano al 90%. Un piccolo insulinoma singolo, localizzato in corrispondenza o in prossimità della superficie del pancreas, di solito, può essere enucleato chirurgicamente. Nel caso di un singolo adenoma di grandi dimensioni o localizzato in profondità nel corpo o nella coda del pancreas, nel caso di lesioni multiple del corpo o della coda (o di entrambi) o nel caso in cui non venga trovato alcun insulinoma (circostanza insolita), si esegue una resezione pancreatica subtotale distale. In < 1% dei casi, l'insulinoma è localizzato in una sede ectopica, nel tessuto peri-pancreatico della parete duodenale o nell'area peri-duodenale e può essere trovato soltanto con una diligente ricerca. La pancreatico-duodenectomia (intervento di Whipple) viene eseguita nei casi di insulinoma maligno resecabile del pancreas prossimale. La pancreasectomia totale viene eseguita se una precedente resezione pancreatica subtotale non si è dimostrata adeguata.
Nei pazienti con metastasi epatiche non resecabili si può prendere in considerazione la chemioterapia intra-arteriosa o l’embolizzazione dell’arteria epatica (34-37).

 

PROGNOSI

La maggior parte degli insulinomi sono benigni con risoluzione completa dopo resezione radicale. Le recidive compaiono nel 5% dei casi. Nelle forme maligne metastatiche la sopravvivenza è di 16-26 mesi.

 

BIBLIOGRAFIA

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