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Overview

Alcolizzazione

Trattamento laser percutaneo

Radiofrequenza

Micro-onde

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Daniele Barbaro & Raffaella Forleo
UO Endocrinologia, ASL Nordovest Toscana

(aggiornato al febbraio 2024)

 

Introduzione e principi fisici
Negli ultimi 30 anni, dopo i primi lavori pionieristici con la termo-ablazione laser (LA), le tecniche mini-invasive non chirurgiche eco-guidate in ambito tiroideo hanno acquisito un’enorme rilevanza (1). In particolare le metodiche di termo-ablazione rappresentano quelle più ampiamente impiegate in campo tiroideo, anche se recentemente vi sono studi con metodiche diverse quali la crio-ablazione.
Il principio della termo-ablazione è che il calore applicato per un certo periodo di tempo può determinare un danno tissutale irreversibile. Le metodiche impiegate da più tempo e per le quali esiste una più ampia letteratura scientifica sono la LA e la radiofrequenza (RF). Oltre a queste si ricorda l’High Frequency Ultrasonography (HIFU) e l’ablazione con micro-onde (MWA), della quale andremo a trattare nello specifico. Vale la pena di ricordare che l’HIFU, per la quale vi era stato un iniziale interesse in quanto totalmente non intrusiva (nessun uso di aghi o antenne inserite per via percutanea), ha mostrato un’efficacia apparentemente inferiore alle altre metodiche, pur in presenza di notevole componente dolorosa durante l’esecuzione.
Il principio della MWA (1) si basa sul particolare effetto delle radiazioni elettro-magnetiche (RE) con la materia organica e dipende dalla lunghezza d’onda e relativa frequenza. Come noto, lo spettro elettro-magnetico è l'insieme di tutte le possibili frequenze della RE: comprende la parte di spettro visibile, che occupa la sezione centrale per frequenza e lunghezza d’onda e che costituisce la luce percepita dai nostri occhi. In rapporto allo spettro visibile, avremo dunque RE a frequenza minore e maggiore. Le onde di frequenza minore (e dunque di lunghezza d’onda più ampia), vanno dall’infrarosso alle onde radio. Esse hanno minore energia, risultando scarsamente dannose per gli organismi viventi, con effetto termico in caso di vicinanza alla fonte di emissione. Viceversa, come noto, le radiazioni a frequenza elevata, dall'ultravioletto ai raggi gamma, hanno un effetto ionizzante e producono danni biologici.
Nell’ambito delle RE, le micro-onde sono RE nello spettro con frequenza più bassa rispetto al visibile, in particolare nella parte a più alta frequenza fra le radiofrequenze (fig 1).

 

Figura 1

 

In sostanza, dunque, le micro-onde fanno parte delle radiofrequenze e hanno una frequenza compresa tra 300 MHz e 300 GHz (corrispondenti a lunghezze d’onda tra 1 m e 1 mm). L’effetto biologico è comunque diverso fra RF e MWA. Nei cosiddetti trattamenti con RF (lunghezza d’onda > 1 mm e frequenza < 300 MHz), il campo elettro-magnetico oscillante riesce a spostare gli ioni, dando origine all'assorbimento di energia sotto forma di calore, fenomeno relativamente lento. A frequenze più elevate, cioè con MWA, il tipo di interazione con la materia cambia e non si ha più spostamento di ioni a causa della loro inerzia. In sostanza le micro-onde interagiscono con i dipoli (e l’acqua è un dipolo naturale), che si mettono a oscillare in sintonia con il campo elettro-magnetico. È il movimento dei dipoli che genera sempre per "attrito" l'assorbimento di energia da parte del tessuto e quindi la formazione di calore, fenomeno più rapido rispetto al movimento di ioni che avviene nelle RF (fig 2).

 

Figura 2

 

Per le loro caratteristiche fisiche, dunque, le micro-onde sembrerebbero l’energia elettro-magnetica ideale per l’applicazione clinica nelle termo-ablazioni, in particolare, per la possibilità di raggiungere temperature elevate in tempi molto rapidi. Come vedremo dopo, anche altri parametri rappresentano aspetti clinico/pratici di fondamentale importanza, tra cui il monitoraggio dell’energia erogata e il momento in cui spostare l’antenna nella tecnica “moving shot”.

 

Il trattamento in pratica
La MWA ha notevoli analogie con la RF più propriamente detta. Vi è un generatore con modalità specifica per la tiroide e un display di controllo. Gli aghi, più specificatamente chiamati antenne, hanno diametri variabili a secondo delle ditte produttrici (14-17 G per la tiroide). Le antenne vengono inserite all’interno del nodulo sotto guida ecografica (quelle da 16-17 G non necessitano di pre-incisione). Per noduli piuttosto piccoli l’antenna può essere mantenuta ferma all’interno del nodulo, mentre per noduli di maggiori dimensioni si esegue l’approccio trans-istmico e il “moving shot”, spostando l’antenna allorché compare la tipica iperecogenicità indicativa di danno tissutale irreversibile (1,3,4).
La MWA differisce dalla RF, in quanto il monitoraggio non dipende dall’impedenza evidenziata dalla macchina, ma dall’aspetto ecografico della singola area trattata: dunque è lo stesso monitoraggio ecografico che determina il movimento dell’ago. Nella MWA il calore per induzione non viene penalizzato dai grossi vasi e il volume trattato è più omogeneo. Una peculiarità della MWA è inoltre che l’ipertermia non si sviluppa in modo totalmente anteriore rispetto all’estremità dell’antenna, ma tende a estendersi un po' anche posteriormente, come riportato in figura 2. Certamente la MWA appare di grande interesse, seppur può essere di gestione un po' più difficile: infatti, poiché il calore non risente dei dissipatori fisiologici, quali i vasi sanguigni, e dell’eventuale carbonizzazione, è potenzialmente più rischiosa a livello tiroideo, dove vi sono strutture contigue particolarmente delicate. La durata del trattamento dipende dai Watt erogati e dal tempo, i quali determinano il volume della conseguente ipertermia generata dall’antenna (tabella) e ovviamente dal volume globale del nodulo, comunque nell’ordine della decina di minuti.

 

Tempo Potenza
20 W 25 W 30 W
15 sec 5 x 8 mm 5 x 8.5 mm 5 x 9 mm
20 sec 5 x 9 mm 5.5 x 9 mm 5.5 x 9.5 mm
25 sec 5.5 x 9 mm 6 x 9.5 mm 6 x 10 mm
30 sec 6 x 9.5 mm 6.5 x 10 mm 6.5 x 10.5 mm

 

 

Indicazioni alla MWA, efficacia e complicanze
Le indicazioni in ambito tiroideo sono sostanzialmente le stesse delle altre tecniche di termo-ablazione, in particolare noduli tiroidei benigni (BTN) sintomatici, a cui si è aggiunta  la recente possibile indicazione per i carcinomi tiroidei di piccole dimensioni.
La letteratura è certamente meno ricca rispetto a quella sulle tecniche più usate, quali LA e RF: al momento della scrittura dell’articolo digitando su PubMed “microwaves, thyroid ablation” si trovano 234 lavori contro i 524 lavori su LA e i 736 per RF (per contro, per HIFU i lavori sono meno di 100).
Una sintesi della  letteratura, con particolare riferimento ai lavori più significativi, mostra che la MWA può rappresentare un’opzione in campo tiroideo. Una prima metanalisi nel 2018 (3), comprendente 9 studi per un totale di 1461 pazienti, aveva mostrato buona efficacia e una percentuale di complicanze maggiori di circa il 5% (danno ricorrenziale, rottura del nodulo, altri danni nervosi). In questa metanalisi era stata inoltre valutata la differenza fra l’utilizzo di MWA con antenna raffreddata e non: i dati circa il comfort del paziente e le complicanze minori (in particolare il dolore) erano nettamente a favore dell’antenna raffreddata, mentre non vi era differenza per le complicanze maggiori. Nello studio con più ampia casistica (115 pazienti) di comparazione con altre metodiche, sono stati valutati in tutto 144 noduli (con componente solida > 75%) utilizzando la tecnica “moving shot”. I risultati erano sovrapponibili a quelli della RF: la variazione del volume a 1, 3, 6, 9 e 12 mesi è stata del 30.5%, 56.0%, 69.3%, 76.6% e 84.7% (4).
Globalmente considerati, i lavori sembrano dunque indicare una sostanziale sovrapposizione dei risultati fra RF e MWA, anche se una più recente recente metanalisi che ha esaminato 5 studi, per un totale di 899 pazienti con 956 BTN trattati con RF e 869 pazienti con 938 BTN trattati con MWA, sembra leggermente a favore della RF (5). Non vi era differenza a 3 e 6 mesi, mentre la riduzione volumetrica a 12 mesi era maggiore con RF (86.2% vs 80.0%, p = 0.036). Nessuna differenza viceversa è stata notata in termini di complicazioni maggiori o minori. La RF dunque, secondo questa metanalisi, potrebbe avere un miglior risultato a lungo termine. Peraltro, come accennato, parametri quali dimensioni dei noduli e ipervascolarizzazione possono costituire un bias, influendo nella preferenza verso una delle metodiche e dunque anche nei risultati.
Più recentemente la varie metodiche di termo-ablazione son state proposte e utilizzate anche in campo oncologico tiroideo. Vi è evidenza dell’ottima efficacia della MWA su carcinomi papillari di piccole dimensioni. In uno fra i primi studi su 15 pazienti (21 noduli con diagnosi citologica di carcinoma papillare) la MWA ha ottenuto una riduzione del volume a 36 mesi del 98.8 ± 5.6%. Durante il periodo di follow-up (36-48 mesi), 20 dei 21 noduli hanno mostrato un completo riassorbimento e non è stato trovato alcun nodulo con tendenza alla ricrescita. Questo studio aveva utilizzato un’antenna da 16 G con finestra di diffusione da 3.5 mm e basse potenze (20 Watt) (6).
Sempre in campo oncologico vi sono studi di confronto MWA vs RF. In un recentissimo studio retrospettivo (gennaio 2021-dicembre 2022) su 512 pazienti, 346 trattati con RF e 166 con MWA, i risultati erano uguali in termini di scomparsa delle lesioni e mancata recidiva (7). Inoltre, sono recentemente comparsi lavori circa l’impiego con successo di MWA anche in carcinomi papillari multi-focali e nelle metastasi latero-cervicali (7-10). L’impiego in campo oncologico per tutte le termo-ablazioni rappresenta a nostro giudizio una possibilità da tener presente solo in casi particolari.

 

Conclusioni
La MWA utilizza una frequenza più alta nell’ambito delle radiofrequenze che viene generata da un’antenna. L’interazione avviene con l’acqua (dipoli naturali) ed è rapida.
La metodica è eco-guidata e richiede esperienza. A parità di potenza, il diametro della necrosi è maggiore di quello ottenuto con RF.
Indicazioni e attenzioni speciali sono simili a quelle delle altre termo-ablazioni, in particolare della RF, con cui c’è la maggiore affinità. Andrà definito se alcune caratteristiche dei noduli debbano orientare preferibilmente verso MWA piuttosto che RF.
MWA merita forse una speciale attenzione, dovuta al fatto che il riscaldamento si estende un po' posteriormente e non è bloccato da carbonizzazione né dissipato da componenti liquide.
Le possibili complicanze maggiori non sembrano più frequenti rispetto alla RF.

 

Bibliografia

  1. Hu QL, Kuo JH. Choice in ablative therapies for thyroid nodules. J Endocr Soc 2023, 7: bvad078.
  2. Goldberg SN. Radiofrequency tumor ablation: principles and techniques. Eur J Ultrasound 2001, 13: 129-47.
  3. Zheng BW, Wang JF, Ju JX, et al. Efficacy and safety of cooled and uncooled microwave ablation for the treatment of benign thyroid nodules: a systematic review and meta-analysis. Endocrine 2018, 62: 307-17.
  4. Yue W, Wang S, Wang B, et al. Ultrasound guided percutaneous microwave ablation of benign thyroid nodules: safety and imaging follow-up in 222 patients. Eur J Radiol 2013, 82: e11-6.
  5. Wu W, Gong X, Zhou Q, et al. Ultrasound-guided percutaneous microwave ablation for solid benign thyroid nodules: comparison of MWA versus control group. Int J Endocrinol 2017, 2017: 9724090.
  6. Guo DM, Chen Z, YX, Hong-Hui S. Comparison of radiofrequency ablation and microwave ablation for benign thyroid nodules: a systematic review and meta-analysis. Clin Endocrinol (Oxf) 2021, 95: 187-96.
  7. Teng D, Sui G, Liu C, et al. Long-term efficacy of ultrasound-guided low power microwave ablation for the treatment of primary papillary thyroid microcarcinoma: a 3-year follow-up study. J Cancer Res Clin Oncol 2018, 144: 771-9.
  8. Li N, Dong Y, Ding Y, et al. Comparison of the efficacy and safety of ultrasound-guided radiofrequency ablation and microwave ablation for the treatment of unifocal papillary thyroid microcarcinoma: a retrospective study. Int J Hyperthermia 2024, 41: 2287964.
  9. Zhou HD, Yu XY, Wei Y, et al A preliminary study on the microwave ablation of multifocal papillary thyroid microcarcinoma. Acad Radiol 2024, DOI: 10.1016/j.acra.2024.01.007.
  10. Zhang S, Liu Y, Zhou B, Xu H. Efficacy and safety of percutaneous ultrasound-guided thermal ablation in the treatment of cervical metastatic lymph nodes from papillary thyroid carcinoma. Clin Hemorheol Microcirc 2024, DOI: 10.3233/CH-231998.
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Marco Chianelli
UOC Endocrinologia, Ospedale Regina Apostolorum, Albano Laziale, Roma

 

Il gozzo multinodulare normofunzionante è una condizione frequente dell’età avanzata, che può determinare segni e sintomi compressivi cervicali con vario grado di disfagia e/o dispnea, anche severi. La terapia di elezione in questa patologia è la tiroidectomia, che consente la risoluzione immediata della compressione, in modo definitivo, e anche la diagnosi di eventuali focolai di carcinoma tiroideo. A causa delle dimensioni aumentate e del prolungato tempo operatorio, tuttavia, l’intervento può essere  gravato da una maggiore frequenza di complicanze locali. I pazienti portatori di questa patologia, inoltre, sono frequentemente affetti da comorbilità, che sconsigliano o controindicano l’intervento chirurgico.
Una possibile alternativa è la terapia medico-nucleare, basata sull’uso dello iodio-131 (131I). La terapia citoriduttiva medico-nucleare è molto ben tollerata, non determina effetti sistemici. È semplice ed economica e può essere effettuata in regime ambulatoriale, compatibilmente con i limiti imposti dalla normativa radioprotezionistica. Può essere ripetuta se necessario. Evita i possibili effetti collaterali della terapia chirurgica (1,2).

 


MODALITÀ STANDARD

Note metodologiche
Per questa indicazione lo 131I viene utilizzato a bassa attività/grammo di tessuto tiroideo (dose assorbita di radiazioni: 100 Gy), allo scopo di ridurre la possibilità di effetti collaterali locali, particolarmente importante in questo gruppo di pazienti in cui esistono già effetti compressivi (3).
Secondo la normativa vigente in Italia, la terapia può essere effettuata in regime ambulatoriale se l'attività da somministrare non supera i 600 MBq (16.2 mCi) (4).
I pazienti non necessitano di preparazione, tranne una dieta povera di iodio nei 10 giorni precedenti la terapia e l'evitare l'assunzione di farmaci contenenti iodio e mezzi di contrasto organo-iodato per un tempo idoneo, variabile in base al composto (vedi tutto sul radioiodio).

 

Risultati attesi
Nei pazienti con gozzo di medie dimensioni (fino a 100 cc), la terapia citoriduttiva con radioiodio determina una riduzione di volume della tiroide pari a circa il 25% dopo 3-6 mesi, per raggiungere il 50% dopo un anno e arrivare fino al 60% dopo 3-5 anni. Una seconda dose di 131I, se necessaria, determina un effetto aggiuntivo. Per gozzi di elevate dimensioni (> 100 cc), l’effetto citoriduttivo atteso è minore (circa 30-40% a un anno) e si riduce all’aumentare delle dimensioni iniziali. Nel gozzo semplice l’effetto citoriduttivo è maggiore rispetto a quello osservato nel gozzo nodulare. In oltre il 75% dei pazienti si ottiene un significativo miglioramento dei sintomi compressivi e della funzionalità respiratoria (5).

 

Effetti indesiderati
Raramente il paziente lamenta nausea, ma nei pazienti a rischio è indicata l’assunzione di gastro-protettori (ranitidina 150 1 cp x 2/die per una settimana, iniziando il giorno precedente la terapia con 131I).
Si può verificare ipertiroidismo transitorio da tiroidite attinica (nel 3-5% dei casi), a causa della immissione in circolo degli ormoni tiroidei preformati in seguito al danno cellulare; più raramente ipertiroidismo autoimmune (5%) di lunga durata.
Non è descritto in letteratura un significativo aumento del volume tiroideo conseguente alla terapia con 131I, molto temuto in questi pazienti: uno studio del 1995 ha riportato a 7 giorni dalla terapia un aumento di volume massimo pari al 4% (3,6).
Raramente può insorgere lieve dolenzia cervicale, tipicamente qualche giorno dopo il trattamento, responsiva ai comuni farmaci anti-infiammatori.
L'ipotiroidismo può insorgere dopo circa un anno nel 20% dei pazienti ed entro 6-8 anni nel 30-40% dei pazienti trattati (7).

 

Monitoraggio dopo la terapia
I pazienti dovranno essere monitorati per la verifica del successo terapeutico e per l’insorgenza di possibili effetti collaterali.
Nelle prime settimane dovrà essere monitorata la comparsa di effetti collaterali precoci (dolore ed ipertiroidismo).
Si consiglia una frequente valutazione dello stato funzionale tiroideo nei primi mesi (30 giorni dopo il trattamento e poi ogni 2-3 mesi in base ai risultati) e una volta all’anno dopo i primi 12 mesi, anche nei pazienti eutiroidei. Il monitoraggio della funzione tiroidea, almeno una volta l’anno, deve continuare indefinitamente per la possibile comparsa di ipotiroidismo anche molti anni dopo la terapia (8).
E’ opportuno eseguire una TC del collo di controllo dopo 6-12 mesi, per verificare l’effetto citoriduttivo e la decompressione locale, valutando il diametro traverso della trachea, ed eventualmente pianificare un successivo trattamento, consigliabile nel caso in cui non si verifichino  riduzione clinicamente significativa del volume dopo 6 mesi.

 

Controindicazioni
Le uniche controindicazioni alla terapia con 131I sono la gravidanza e l’allattamento.
La presenza di noduli sospetti per malignità è una precisa indicazione alla tiroidectomia totale.

 

Limiti della terapia citoriduttiva medico-nucleare
Al momento della dimissione i pazienti avranno una residua attività circolante di 131I e dovranno seguire scrupolosamente istruzioni radioprotezionistiche per limitare l’esposizione a radiazioni ionizzanti al pubblico e ai familiari; ciò può comportare limitazioni dell'attività sociale e/o lavorativa. La terapia medico-nucleare non può essere eseguita in pazienti non in grado di seguire tali raccomandazioni (vedi tutto sul radioiodio).
Poichè gli effetti della terapia medico nucleare si ottengono dopo vari mesi, la terapia con 131I non è consigliabile nei pazienti con gravi effetti compressivi, in cui sia indicato un effetto decompressivo rapido.
L’efficacia di questo tipo di terapia, infine, è limitata dalla captazione del radioiodio: solo le aree tiroidee captanti subiscono gli effetti dell’irraggiamento; l’efficacia, pertanto, sarà minore nei gozzi disomogenei, con estese aree non captanti, e limitata alle sole aree captanti.

 


CON UTILIZZO DI rhTSH
Per superare i limiti della terapia citoriduttiva con 131I, è stato recentemente proposto l’impiego del rhTSH perchè la somministrazione del rhTSH aumenta la captazione del 131I, anche nelle aree scarsamente captanti.
A tutt’oggi l’uso del rhTSH per questa indicazione è off label e deve essere impiegato in studi sperimentali dopo autorizzazione del comitato etico, o nel singolo paziente, dopo consenso informato sotto la responsabilità del medico che effettua la somministrazione.

 

Vantaggi
L’impiego del rhTSH, consente il trattamento medico-nucleare in regime ambulatoriale anche di pazienti che, a causa della scarsa captazione avrebbero necessitato di ricovero protetto per le elevate dosi necessarie. Esempio: se un paziente ha una bassa captazione del 131I a 24 ore (20%) e la sua tiroide pesa 60 g, per ottenere una concentrazione di 131I pari a 100 µCi/g è necessario somministrare 30 mCi di 131I (il 20% di 30 mCi è pari a 6 mCi, dose captata dalla tiroide, che, per 60 g di tiroide corrispondono a 100 µCi/g). Per somministrare 30 mCi di 131I è necessario il ricovero ospedaliero in ambiente protetto. Se il paziente viene pre-trattato con rhTSH, si ottiene un aumento della captazione del 131I di circa il 100%; dopo stimolo, pertanto, la captazione del 131I sarà di circa il 40%; per ottenere la stessa concentrazione intra-tiroidea del radioiodio, pertanto, sarà possibile somministrare al paziente solo 15 mCi, compatibili con il trattamento ambulatoriale. La riduzione dell'attività somministrata, infine, determina una netta riduzione dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti, con riduzione del rischio e semplificazione delle norme radioprotezionistiche.
La riduzione di volume complessiva ottenuta dopo somministrazione di rhTSH, inoltre, è maggiore, in quanto rispondono al trattamento anche i noduli che, di base, sono scarsamente captanti. L’uso del rhTSH determina una riduzione di volume dal 35 al 56% maggiore rispetto all’uso del 131I senza stimolo con rhTSH. (3,9,10). In contrasto con quanto avviene con il solo 131I, l’effetto citoriduttivo dopo rhTSH aumenta all’aumentare delle dimensioni del gozzo.

 

Effetti collaterali
L’effetto collaterale più temuto è il transitorio aumento di volume tiroideo, che si può verificare 24-48 ore dopo la somministrazione di rhTSH in circa il 20% dei pazienti. Tale effetto è dose-dipendente: pari al 35% per 0.9 mg rhTSH, 24% per 0.3 mg rhTSH, e 10% for 0.1 mg rhTSH (9,11).
L'aumento di volume, dovuto a edema tiroideo, è sensibile alla somministrazione di cortisone, che può essere somministrato preventivamente nei pazienti a maggior rischio (betametasone 4 mg per via e.v. prima della terapia, da ripetere 24 e 48 ore dopo).
Un altro effetto che si verifica frequentemente è un transitorio ipertiroidismo, conseguente alla stimolazione della produzione di ormoni tiroidei indotta dal rhTSH. Inizia 4-8 ore dopo la somministrazione, raggiunge il massimo 24-48 ore dopo, per normalizzarsi entro 3 settimane. Dosi di rhTSH pari a 0.1 mg determinano un aumento della produzione di ormoni tiroidei contenuta entro i limiti della norma nella maggior parte dei pazienti (12), in assenza di significativi effetti cardiovascolari (13).

 

Note metodologiche
Nonostante non esista un protocollo riconosciuto e condiviso, sono stati ottenuti numerosi dati. Una dose di rhTSH tra 0.1 e 0.03 mg aumenta la captazione di circa il 100%; l’impiego di 0.1 mg sembra dare risultati maggiormente riproducibili. Dosi superiori, fino a 0.3 mg, sono state impiegate ma con scarso incremento della captazione tiroidea del 131I, a scapito di un significativo aumento degli effetti collaterali (14).
Il rhTSH somministrato 24-48 ore prima della dose terapeutica di 131I consente il massimo aumento della captazione. Il protocollo attualmente più consigliabile si basa sulla somministrazione di 0.1 mg di rhTSH seguito, 24 ore dopo, dalla somministrazione di una dose diagnostica di 131I per scintigrafia e captazione e, 48 ore dopo, dalla somministrazione di una dose terapeutica di 131I, tipicamente calcolata per ottenere una concentrazione di 100-120 µCi/g di tessuto tiroideo.

 


BIBLIOGRAFIA

  1. AACE/AME/ETA Thyroid Nodule Guidelines. Endocr Pract 2010, 16 (Suppl 1): 1-43.
  2. Royal College of Physicians. Radioiodine in the management of benign thyroid disease: clinical guidelines. Report of a Working Party. London: RCP, 2007.
  3. Bonnema SJ, Bertelsen H, Mortensen J, et al. The feasibility of high dose iodine 131 treatment as an alternative to surgery in patients with a very large goiter: effect on thyroid function and size and pulmonary function. J Clin Endocrinol Metab 1999, 84: 3636–41.
  4. Raccomandazioni procedurali per la terapia medico nucleare. AIMN 2012.
  5. Nygaard B, Hegedus L, Gervil M, et al. Radioiodine treatment of multinodular non-toxic goitre. BMJ 1993, 307: 828–32.
  6. Nygaard B, Faber J, Hegedus L. Acute changes in thyroid volume and function following 131I therapy of multinodular goitre. Clin Endocrinol (Oxf) 1994, 41: 715–8.
  7. Bonnema SJ, Nielsen VW, Hegedus L. Long-term effects of radioiodine on thyroid function, size and patient satisfaction in non-toxic diffuse goitre. Eur J Endocrinol 2004 150: 439–45.
  8. Association for Clinical Biochemistry, British Thyroid Foundation and British Thyroid Association. UK guidelines for thyroid function tests.
  9. Nielsen VE, Bonnema SJ, Boel-Jorgensen H, et al. Stimulation with 0.3-mg recombinant human thyrotropin prior to iodine 131 therapy to improve the size reduction of benign nontoxic nodular goiter: a prospective randomized double-blind trial. Arch Intern Med 2006, 166: 1476-82.
  10. Silva MN, Rubio IG, Romao R, et al. Administration of a single dose of recombinant human thyrotrophin enhances the efficacy of radioiodine treatment of large compressive multinodular goitres. Clin Endocrinol (Oxf) 2004, 60: 300-8.
  11. Nielsen VE, Bonnema SJ, Hegedus L. The effects of recombinant human thyrotropin, in normal subjects and patients with goitre. Clin Endocrinol (Oxf) 2004, 61: 655-63.
  12. Nieuwlaat WA, Huysmans DA, van den Bosch HC, et al. Pretreatment with a single, low dose of recombinant human thyrotropin allows dose reduction of radioiodine therapy in patients with nodular goiter. J Clin Endocrinol Metab 2003, 88: 3121-9.
  13. Barca MF, Gruppi C, Oliveira MT, et al. Cardiovascular assessment of hyperthyroid patients with multinodular goiter before and after radioiodine treatment preceded by stimulation with recombinant human TSH. Endocrine 2007, 32: 175-81.
  14. Fast S, Nielsen VE, Bonnema SJ, et al. Time to reconsider nonsurgical therapy of benign non-toxic multinodular goitre: focus on recombinant human TSH augmented radioiodine therapy. Eur J Endocrinol 2009, 160: 517-28.
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Piernicola Garofalo
UOC Endocrinologia, AOR Villa Sofia - V. Cervello, Palermo

 

Il gozzo è un disturbo caratterizzato da un aumento di volume della tiroide, che può interessare l'intera ghiandola o essere limitato a lesioni focali (formazione di uno o più noduli).
La prevalenza del gozzo varia in rapporto a diversi fattori, quali l'area geografica, l'età e il periodo di tempo preso in considerazione.

 

Classificazione del gozzo
In base alla diffusione diffuso
uninodulare
plurinodulare
In base alla funzione eutiroideo
ipotiroideo
ipertiroideo
In base alle modalità di comparsa endemico > 5% della popolazione adulta di una determinata area geografica
> 10% della popolazione in età scolare
sporadico occasionale riscontro
familiare presente in più membri della stessa famiglia
In base all'eziologia diffuso sporadico

tiroidite di Hashimoto
tiroidite subacuta
tiroidite acuta suppurativa
gozzo "puberale"
da agenti anti-tiroidei
disormonogenetico
compensatorio (dovuto a aumento del TSH)
resistenza agli ormoni tiroidei

endemico deficit di iodio
sostanze gozzigene
esposizione a radiazioni
nodulare multinodulare
uninodulare

 

 

GOZZO NEONATALE

L'evidenza di gozzo neonatale è una condizione poco frequente. Gozzi di elevate dimensioni possono essere responsabili di comparsa di distress respiratorio neonatale per problemi di tipo compressivo. Le cause possono essere rappresentate da:

  • patologia tiroidea autoimmune materna (morbo di Basedow o molto raramente tiroidite)
  • assunzione materna di farmaci anti-tiroidei
  • difetti dell'ormonogenesi
  • eccessiva assunzione di iodio (farmaci materni)
  • deficit di iodio

 

Gozzo neonatale da patologia autoimmune materna
La patologia tiroidea in gravidanza, pur rappresentando un tema strettamente specialistico e settoriale, rappresenta un importante problema clinico per la sua discreta diffusione nel sesso femminile, il suo frequente mancato riconoscimento, i potenziali effetti sul feto e sul neonato e una certa tendenza all’over- o under-treatment.
Si calcola che la prevalenza delle disfunzioni tiroidee in gravidanza possa variare dallo 0.2% dell’ipertiroidismo (con complicazioni feto-neonatali anche gravi e frequenti), al 2.5% dell’ipotiroidismo, al 4-5% per i noduli tiroidei.
La premessa fondamentale è che tutti i farmaci anti-tiroidei attraversano la placenta e possono interferire con la funzione tiroidea del feto e del neonato e a dosi elevate possono bloccare per lungo tempo il funzionamento della tiroide del feto e del neonato con conseguente gozzo e ipotiroidismo fetale-neonatale.

 

Gozzo neonatale da deficit di iodio
La carenza alimentare di iodio durante la gravidanza compromette la funzione tiroidea del bambino e si traduce in quadri morbosi che variano a seconda del periodo della vita interessato da questo deficit. La quantità di iodio nel neonato raccomandata dalla World Health Organization (WHO) e dall’United Nations Children’s fund (UNICEF) è di 40 µg/die. La particolare sensibilità del neonato alla carenza nutrizionale di iodio è dovuta al basso contenuto tiroideo di questo micronutriente, a fronte di un elevato turn-over intra-tiroideo.
Il deficit funzionale tiroideo si traduce in un aumento del TSH neonatale, rilevabile allo screening, e nella presenza di gozzo neonatale.

 

Disormonogenesi
La disormonogenesi tiroidea è una forma di ipotiroidismo primitivo congenito, presente dunque alla nascita, dovuto a difetti genetici della sintesi dell'ormone tiroideo. La disormonogenesi è dovuta ai difetti ereditari nelle tappe della sintesi e della secrezione dell'ormone tiroideo, la maggior parte dei quali è trasmessa con modalità autosomica recessiva.
La disormonogenesi tiroidea rappresenta il 10-15% dei casi di ipotiroidismo permanente congenito. Oltre ai segni dell'ipotiroidismo, i pazienti con disormonogenesi possono presentare il gozzo.

 

 

GOZZO IN ETÁ PEDIATRICA

Le tiroiditi rappresentano al momento attuale, nel nostro paese, la causa più frequente di gozzo in età pediatrica, mentre il deficit di iodio mantiene la sua importanza in aree limitate del nostro paese.
La diagnosi differenziale di un gozzo deve essere inizialmente fatta tra forme diffuse e forme nodulari. In generale, un aumento diffuso della ghiandola è espressione di uno stimolo “in toto” della tiroide a opera del TSH o di immunoglobuline specifiche, più raramente di un infiltrato diffuso; talvolta un aumento diffuso della ghiandola è dovuto alla presenza di numerose strutture nodulari stipate (gozzo multinodulare). Le forme nodulari possono coesistere con ectopia tiroidea, agenesia unilaterale, presenza del dotto tireoglosso, igroma cistico, cisti dermoide. La diagnosi differenziale, nelle forme nodulari, va effettuata con le neoplasie benigne (adenoma) o maligne (carcinoma midollare, carcinoma follicolare, carcinoma anaplastico)(vedi nodulo in età pediatrica).

 

Forme diffuse
La tiroidite cronica autoimmune è una patologia che colpisce fino al 10% della popolazione giovanile, con una predilezione per il sesso femminile e picco in periodo puberale. E’ una malattia autoimmune della tiroide, caratterizzata cioè da una reazione immunitaria dell’organismo contro un proprio costituente, che si manifesta con l’infiltrazione linfocitaria della tiroide e con la comparsa di autoanticorpi diretti contro antigeni tiroidei (anticorpi anti-tireoperossidasi, ab-TPO, anticorpi anti-tireoglobulina, ab-Tg). La tiroidite cronica autoimmune può presentarsi con gozzo, tiroide di volume normale o più raramente atrofica.
Tra le cause più frequenti di gozzo diffuso ricordiamo la  ridotta sintesi di ormoni tiroidei dovuta alla carenza di iodio, che determina iperstimolazione della ghiandola da parte del TSH, con conseguente aumento di volume del tessuto ghiandolare.
La malattia di Graves è una malattia autoimmune responsabile di circa il 95% dei casi di ipertiroidismo in età pediatrica, e può essere causa di gozzo. E’ per fortuna rara in età pediatrica, con prevalenza di  0.8 casi per 1.000.000 di abitanti tra 0 e 15 anni. Le forme che compaiono in età prepubere sono in genere più aggressive e più difficili da trattare rispetto a quelle che si manifestano nell’adolescenza. L’ipertiroidismo nella malattia di Graves è dovuto alla presenza in circolo di anticorpi particolari, detti anticorpi anti-recettore per il TSH (TRAb)(vedi overview sull’ipertiroidismo).

 

 

DIAGNOSI DI GOZZO

L'inquadramento clinico del gozzo è il passo più importante: nelle zone iodo-carenti, si penserà in prima istanza al deficit di iodio; in una zona non iodo-carente, in un soggetto di sesso femminile, in età adolescenziale si penserà ad una forma autoimmune.

 

Valutazione strumentale
In epoca pre-ecografica, la diagnosi di gozzo  si basava unicamente sull'ispezione e sulla palpazione. In base a questi criteri, la Pan American Health Organization  suggeriva di parlare di gozzo quando il volume dei lobi tiroidei fosse superiore a quello della falange distale del pollice del soggetto in esame e di classificarlo in 5 gradi.

 

Classificazione della gravità del gozzo
Grado Caratteristiche
0 assente
1A palpabile, ma non visibile
1B visibile solo con il capo in posizione estesa
2 visibile con il capo in posizione normale
3 visibile a distanza

 

Questa classificazione, riportata esclusivamente per il valore storico, non è ormai utilizzata, sostituita dalla valutazione ecografica che permette una diagnosi esatta del volume e della morfologia della ghiandola.
Particolare attenzione, in età pediatrica, va posta alle dimensioni di riferimento da considerare: studi su popolazione normale hanno mostrato come i limiti di normalità non siano sempre sovrapponibili. Tale disomogeneità dipende non solo dall'età del paziente, ma anche dal differente apporto di iodio con la dieta che si riflette sul volume ghiandolare. È opportuno che l'ecografia, in età pediatrica venga effettuata solo da personale esperto, che ogni paese elabori ed utilizzi i propri valori di normalità in ragione delle varie fasi di sviluppo puberale e uniformando i limiti massimi di volume della ghiandola da considerare.

 

Valutazione ecografica (volume della tiroide in mL per età e sesso: 50° e 97° centile)
  Maschi Femmine
Età P50 P97 P50 P97
6 1.6 2.91 1.57 2.84
7 1.8 3.29 1.81 3.26
8 2.03 3.71 2.08 3.76
9 2.3 4.19 2.4 4.32
10 2.59 4.73 2.76 4.98
11 2.92 5.34 3.17 5.73
12 3.3 6.03 3.65 6.59

 

 

TERAPIA

L'atteggiamento terapeutico dipende da una serie di variabili che comprendono la valutazione clinica, ormonale, funzionale e dall'apporto iodico ambientale. L'approccio medico farmacologico dipende dalla patogenesi dell'iperplasia ghiandolare.

  • In caso di deficit iodico severo, supplementazione iodica secondo i parametri stabilita dall'OMS.
  • In caso di voluminoso gozzi da disormonogenesi non responsiva alla terapia medica è indicata la terapia chirurgica.
  • Per quanto concerne il gozzo tossico diffuso e la tiroidite cronica autoimmune si rimanda ai relativi capitoli.

 

 

BIBLIOGRAFIA  
 

  1. Radetti G, Zavallone A, Gentili L, et al. Foetal and neonatal thyroid disorders. Minerva Pediatr 2002, 54: 383-400.
  2. Corrias A, Cassio A, Cassio A. Thyroid nodules and cancer in children and adolescents affected by autoimmune thyroiditis. Arch Pediatr Adolesc Med 2008, 162: 526–31.
  3. Corrias A, Mussa A. Diagnostic features of thyroid nodules in pediatrics. Arch Pediatr Adolesc Med 2010, 164: 714–9.
  4. Zimmermann MB, Hess SY, Molinari L, et al. New reference values for thyroid volume by ultrasound in iodine sufficient schoolchildren: a World Health Organization/Nutrition for Health and Development Iodine Deficiency Study Group Report. Am J Clin Nutr 2004, 79: 231–7.
  5. Niedziela M. Pathogenesis, diagnosis and management of thyroid nodules in children. Endocr Relat Cancer 2006, 13: 427–53.
  6. Papendieck P, Gruñeiro-Papendieck L, Venara M, et al. Differentiated thyroid carcinoma: presentation and follow-up in children and adolescents. J Pediatr Endocrinol Metab 2011, 24: 743-8.
  7. Zimmermann MB, Andersson M. Prevalence of iodine deficiency in Europe in 2010. Ann Endocrinol 2011, 72: 164-6.
  8. Rivkees SA. Pediatric Graves' disease: controversies in management. Horm Res Paediatr 2010, 74: 305-11.
  9. Rivkees SA. The treatment of Graves' disease in children. J Pediatr Endocrinol Metab 2006, 19: 1095-111.
  10. De Benoist B, Andersson M, Takkouche B, et al. Prevalence of iodine deficiency worldwide. Lancet 2003, 362: 1859-60.
  11. Marino C, Martinelli M, Monacelli G, et al. Evaluation of goiter using ultrasound criteria: a survey in a middle schoolchildren population of a mountain area in Central Italy. J Endocrinol Invest 2006, 29: 869-75.
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Carlo Cappelli
Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Interna, Spedali Civili di Brescia

 

Gozzo multinodulare
Il TSH è il principale, anche se non unico, fattore che regola la proliferazione e funzione delle cellule tiroidee. Nei paesi iodio-carenti il deficit di iodio rappresenta la principale causa predisponente allo sviluppo di gozzo multinodulare. Il meccanismo principale attraverso il quale la carenza iodica porta alla formazione del gozzo è legato ad una iniziale riduzione della sintesi degli ormoni tiroidei che causano una maggiore increzione di TSH. Il cronico stimolo tireotropinico indurrà ipertrofia e iperplasia dei follicoli.
Un complesso network di vie TSH-dipendenti ma anche indipendenti dirette sulla crescita e funzione delle cellule follicolari tiroidee svolge un ruolo nel processo di goitrogenesi, qualunque sia la causa della diminuita concentrazione di iodio intra-ghiandolare. In particolare, numerosi fattori di crescita, derivanti sia dal circolo sanguigno sia da secrezioni autocrine e paracrine, regolano la proliferazione e differenziazione delle cellule tiroidee (1). A questo proposito è stata dimostrata la presenza sulle cellule follicolari di recettori per fattori stimolanti la crescita, come l’epidermal growth factor (EGF), l’insulin-like growth factor (IGF-1 e IGF-2), o di fattori inibenti quale il transforming growth factor ß (TGF ß) (1). Mutazioni somatiche monoclonali di cellule ad elevata capacità di metabolizzare lo iodio daranno origine a formazioni funzionanti (noduli “caldi”), mentre l’espansione di cloni a bassa o nulla capacità daranno origine a noduli non funzionanti (noduli “freddi”) (2).

 

Mutazioni genetiche del recettore per TSH
Mutazioni somatiche per il recettore del TSH (TSH-R) si riscontrano nel 30-80% dei pazienti affetti da adenoma autonomo (M. di Plummer):

  • mutazioni attivanti il gene del TSH-R causano una sua attivazione costitutiva con proliferazione clonale
  • mutazioni del gene Gs-alfa causano una attivazione costitutiva dell’adenilato-ciclasi con conseguente proliferazione clonale.

 

Adenomi follicolari
Mutazioni puntiformi dei proto-oncogeni H-ras, K-ras e N-ras sono stati identificati sia negli adenomi che carcinomi follicolari (3-7).

 

La teoria del gozzo nodulare come patologia delle cellule staminali
Cellule staminali totipotenti sono state recentemente individuate nel tessuto tiroideo, indipendentemente dall’età del soggetto (8).
In vitro si è evidenziato come la loro potenziale proliferazione e sdifferenzazione sia sotto stretto controllo ed in equilibrio tra processi di apoptosi e fattori di crescita. L’aumento dei processi apoptotici o l’eccessivo stimolo proliferativo può alterare la fine regolazione di questo equilibrio, così da indurre proliferazione delle cellule staminali e trasformazione in cellule progenitrici differenziate, base per lo sviluppo di formazioni nodulari (9).

 

 

  Bibliografia

  1. Krohn K, Fuhrer D, Bayer Y, et al. Molecular pathogenesis of  euthyroid and toxic multinodular goiter. Endocr Rev 2005, 26: 504-24.
  2. Ramelli F, Studer H, Bruggisser D. Pathogenesis of thyroid nodules in multinodular goiter. Am J Pathol 1982, 109: 215.
  3. Lemoine NR, Mayalla ES, Wyllie FS, et al. High frequency of ras oncogene activation in all stages of human thyroid tumorigenesis. Oncogene 1989, 4: 159.
  4. Namba H, Rubin SA, Fagin JA. Point mutations of ras oncogenes are an early event in thyroid tumorigenesis. Mol Endocrinol 1990, 4: 1474.
  5. Suarez HG, du Villard JA, Severino M, et al. Presence of mutations in all three ras genes in human thyroid tumors. Oncogene 1990, 5: 565.
  6. Boss JL. Ras oncogenes in human cancer: a review. Cancer Res 1989, 49: 4682.
  7. Karga H, Lee JK, Vickery AL Jr, et al. Ras oncogene mutations in benign and malignant thyroid neoplasms. J Clin Endocrinol Metab 1991, 73: 832.
  8. Moore KA, Lemischka IR. Stem cells and their niches. Science 2006, 311: 1880-5.
  9. Frisch SM, Francis H. Disruption of epithelial cell-matrix interactions induces apoptosis. J Cell Biol 1994, 124: 619-26.