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Carla Micaela Cuttica
SSD Endocrinologia, EO Ospedali Galliera, Genova

 

Dieta = “mangiare meglio”
Nel diabete usare il termine “dieta” può risultare incompleto e riduttivo, evoca in noi il concetto di sacrificio e di rinuncia, di qualcosa che si fa per un periodo limitato di tempo; è più corretto invece parlare di alimentazione corretta o meglio ancora di terapia medica nutrizionale. L’alimentazione corretta è il cardine della terapia del diabete, in grado di ridurre già di per sé in maniera importante i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) anche di oltre 1 punto percentuale. Se la persona con diabete è anche in eccesso di peso (sovrappeso BMI* = 25-29.9 kg/m2, o obesità BMI ≥ 30 kg/m2), la terapia nutrizionale sarà rivolta anche a far perdere peso: basta un calo anche modesto (5-10% del peso corporeo) per avere effetti positivi.
L’approccio principale per ottenere e mantenere il calo di peso è modificare lo stile di vita: una riduzione della quantità di cibo ingerita (anche moderata, per esempio una riduzione di circa 300-500 calorie al giorno) e un aumento dell’attività fisica (anche modesto, per esempio con un consumo di circa 200-300 calorie al giorno) permettono un lento ma progressivo calo di peso. La terapia nutrizionale con cui tenere sotto controllo il diabete va mantenuta sempre, con costanza, e quindi deve essere il più vicino possibile alla normalità. Non ci sono cibi “assolutamente vietati”, ma solo cibi da consumare “con attenzione” e l’attenzione va posta sulla qualità dei cibi oltre che sulla quantità.
Particolare attenzione va data ai cibi che contengono carboidrati, perché influenzano direttamente i livelli di glicemia. I carboidrati dovrebbero rappresentare il 45-60% delle calorie totali giornaliere, di cui meno del 10% come carboidrati “semplici”. Per avere un migliore controllo della glicemia vanno preferiti quindi i carboidrati “complessi” (es. pane, pasta, cereali anche integrali, legumi, frutti delle aree temperate) che hanno un assorbimento più lento, e quelli a più basso indice glicemico**. I carboidrati “semplici” (a più rapido assorbimento), i “dolci”, non sono vietati in assoluto, ma è necessario ridurne l’assunzione. Se inseriti nel piano nutrizionale, vanno a sostituire parte dei carboidrati complessi, ma possono richiedere variazioni della terapia; vanno comunque assunti con moderazione e attenzione. Bisogna prestare particolare attenzione anche alle bevande zuccherate, che vanno il più possibile evitate. Ricordiamo che l’eccesso di carboidrati semplici comporta ipertrigliceridemia (aumento dei livelli dei grassi trigliceridi nel sangue). I pazienti trattati con insulina ai pasti e che non introducono livelli costanti di carboidrati, devono modificare l’insulina in base ai carboidrati dei pasti, e in questo caso risulta importante eseguire il conteggio dei carboidrati, anche per ridurre il rischio di ipoglicemia o di iperglicemia. Il team curante, in particolare la dietista, sapranno dare le giuste indicazioni. Sono sicuri i dolcificanti privi di calorie non nutritivi, usati con moderazione. Al momento non ci sono studi che suggeriscano l’uso di diete a basso contenuto di carboidrati (< 130 g/die).
Proteine: nei pazienti senza nefropatia (malattia dei reni) dovrebbero fornire il 10-20% delle calorie totali. Nei soggetti con malattia renale va diminuito l’apporto giornaliero di proteine (0.8 g/kg/giorno). Come fonte di proteine possono essere privilegiate le carni bianche (evitando le parti grasse), il pesce, le proteine vegetali; l’importante è variare: un’alimentazione variata è più accettabile e piacevole. Al momento non sono raccomandabili nelle persone con diabete diete per dimagrire con alto contenuto di proteine.
Grassi: dovrebbero fornire circa il 30% delle calorie totali giornaliere. Se è presente un eccesso di colesterolo nel sangue (ipercolesterolemia), va preferito un consumo di grassi con ridotto contenuto di colesterolo, in modo da portare il colesterolo nella dieta a un valore inferiore a 200 mg/die. Vanno limitati al massimo i cibi troppo conditi o troppo ricchi di grassi, specialmente se con grassi saturi (burro, panna, lardo, margarine) o con olio di palma. Vanno preferiti i grassi mono-insaturi (olio d’oliva, oli vegetali tranne olio di palma e di cocco). Vanno introdotte almeno due porzioni alla settimana di pesce, preferibilmente azzurro, in grado di fornire acidi grassi omega-3 polinsaturi, che migliorano il profilo cardiovascolare.
Le fibre, soprattutto solubili, sono importanti: rallentano l’assorbimento di zuccheri e grassi; sono consigliate 5 porzioni al giorno fra vegetali e frutta e 4 porzioni alla settimana di legumi.
Bisogna bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno. Vanno limitati gli alcolici (vino e birra compresi), soprattutto in chi è in eccesso di peso o in chi ha elevati livelli di trigliceridi nel sangue. Può essere consentito mezzo bicchiere di vino a pasto, meglio se rosso. L’alcol può dare ipoglicemia ritardata, soprattutto in chi fa terapia.
Limitare il sale e i cibi conservati sotto sale, soprattutto in chi soffre di ipertensione arteriosa; può essere utilizzato il sale iodato, sempre con moderazione.
Insomma il diabete si può curare anche a tavola, sia a casa che mangiando fuori casa, a patto di saper scegliere i piatti giusti e le giuste porzioni. La dieta mediterranea, tipica del nostro paese, ricca in carboidrati complessi, fibre vegetali, pesce, olio d’oliva, aiuta a migliorare il controllo glicemico e a ridurre i fattori di rischio cardiovascolare. Il team curante saprà dare le giuste indicazioni e suggerimenti.

* BMI = body mass index o indice di massa corporea. Si calcola facendo la divisione fra il peso corporeo espresso in kg e l'altezza espressa in m al quadrato.

** indice glicemico = livelli di glicemia raggiunti dopo assunzione di un alimento rispetto a una pari quantità di pane che è l’alimento di riferimento.