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Gravidanza post chirurgia bariatrica
Silvia Irina Briganti
Università Telematica San Raffaele
(aggiornato al 15 luglio 2025)
La chirurgia bariatrica è oggi una delle opzioni terapeutiche più frequenti in caso di obesità severa. Per essere candidati a questo tipo di chirurgia i pazienti devono soddisfare dei criteri specifici di selezione, tra cui l’indice di massa corporea (BMI) e l’eventuale presenza di comorbilità.
La fase pre-operatoria
È frequente la presenza di marcata irregolarità mestruale, in particolare oligo-amenorrea o amenorrea secondaria. La perdita di peso che segue l’intervento di chirurgia bariatrica è spesso in grado di determinare il ripristino della regolarità mestruale anche in tempi brevi (1). Inoltre, le modifiche anatomiche a carico del tratto gastro-intestinale (in particolare quelle relative all’acidità intra-gastrica) possono avere ripercussioni sulla capacità di assorbimento di alcuni farmaci, tra cui i contraccettivi orali (2). Ne consegue, quindi, quanto sia fondamentale in fase pre-operatoria una corretta informazione circa le tematiche relative alla fertilità, al fine di evitare gravidanze indesiderate. In particolare, è consigliabile suggerire di valutare terapie contraccettive alternative a quella orale, ad esempio mediante applicazione di cerotti trans-dermici o dispositivi intra-uterini, che possano by-passare il tratto digestivo e quindi non risentire delle modifiche di assorbimento. È altresì fondamentale informare adeguatamente le pazienti, ma anche i partner, che, per quanto le procedure di chirurgia bariatrica possano migliorare la funzione ovarica e la regolarità mestruale, non devono essere considerate terapie specifiche per l’infertilità di coppia, condizione che richiede comunque un inquadramento specialistico integrato multi-disciplinare (3).
La fase post-operatoria
Le linee guida raccomandano di non avviare una ricerca attiva di gravidanza prima che siano trascorsi almeno 12-18 mesi dall’intervento di chirurgia bariatrica. Le ragioni di tale attesa sono da ricercare principalmente nella stabilizzazione del peso e dello stato nutrizionale materno e nella prevenzione di eventuali carenze vitaminiche e minerali, potenzialmente dannose sia per la madre che per il nascituro. Nutrienti particolarmente a rischio di carenza per effetto delle modifiche anatomiche post-chirurgia bariatrica sono calcio, ferro, vitamina D, acido folico, vitamina A, vitamina K, vitamina B1 e vitamina B12 (3,4).
Tabella 1 Carenze minerali e vitaminiche ed esiti materno-fetali in gravidanza |
|
Calcio | Sviluppo osseo |
Ferro | Anemia |
Vitamina A | Micro-oftalmia fetale Malformazioni fetali congenite |
Vitamina B1 | Encefalopatia |
Vitamina B12 | Anemia |
Vitamina D | Pre-eclampsia |
Acido folico | Anemia Difetti di chiusura del tubo neurale |
Vitamina K | Emorragia cerebrale fetale |
Dopo l’intervento di chirurgia bariatrica occorre sottoporre i pazienti a uno screening emato-chimico periodico, al fine di individuare eventuali carenze da supplementare: eseguire di routine (a 3-6 e 12 mesi per il primo anno e, successivamente, ogni 12 mesi o prima, secondo necessità) la valutazione dell’emocromo e il dosaggio dei livelli ematici di calcio, fosfato e magnesio, ferro, transferrina e ferritina, vitamina B12 e acido folico, sodio e potassio, vitamina D e PTH.
È consigliabile raccomandare l’assunzione di integratori multi-vitaminici e multi-minerali per almeno 12 mesi dopo procedure restrittive (ad esempio sleeve gastrectomy) e a vita dopo procedure malassorbitive (ad esempio by-pass gastrico) (2,3,5).
Per tutto il primo anno post-intervento è consigliabile abbinare una terapia con inibitore di pompa protonica (PPI), per ridurre il rischio di reflusso gastro-esofageo.
In caso di gravidanza, il monitoraggio laboratoristico può essere più o meno frequente, tuttavia è assolutamente fondamentale che la paziente metta al corrente il più precocemente possibile l’equipe di follow-up post-chirurgia bariatrica dello stato gravidico in atto. In corso di gravidanza è obbligatorio sospendere il PPI e tutti gli integratori la cui assunzione non sia chiaramente considerata sicura per mancanza di evidenze scientifiche e studi (rientrano in questa categoria i principali integratori consigliati in fase post-chirurgica) e affidarsi a formulazioni multi-vitaminiche e multi-minerali approvate in gravidanza, preferibilmente previo contatto con il ginecologo curante (2,3,5):
- vitamina D: formulazioni a base di colecalciferolo al dosaggio di 400 UI/die;
- acido folico: 800 µg/die se BMI all’inizio della gestazione < 30 kg/m2 oppure 5 mg/die se BMI > 30 kg/m2. La corretta supplementazione è particolarmente rilevante per evitare lo sviluppo di difetti di chiusura del tubo neurale;
- ferro: 65 mg/die;
- calcio: 1200 mg/die;
- vitamina B12: 1000 µg/settimana, preferibilmente in formulazione intramuscolare;
- vitamina A: non superare il dosaggio di 5000 UI/die, perchè l’eccesso può causare malformazioni fetali cerebrali e cardio-vascolari.
Infine, è fondamentale ricordare che la paziente sottoposta a intervento di chirurgia bariatrica non è candidabile a screening per diabete gestazionale (GDM) con curva da carico orale con 75 g di glucosio, per la possibilità di ipoglicemia reattiva secondaria a dumping syndrome, effetto collaterale molto comune soprattutto in caso di interventi malassorbitivi come il by-pass gastrico. In queste pazienti lo screening per GDM prevede il dosaggio della glicemia venosa a digiuno e il monitoraggio glicemico a digiuno, un’ora e due ore dopo i pasti mediante determinazione della glicemia capillare e/o tramite monitoraggio glicemico continuo per almeno una settimana. Il timing dello screening per GDM deve rispettare le linee guida per tutte le donne in gravidanza:
- screening precoce tra la 16°-18° settimana ed eventuale ripetizione alla 24°-28° settimana in caso di presenza di specifici fattori di rischio (glicemia a digiuno 100-125 mg/dL, BMI > 30 kg/m2 o pregresso GDM nelle prime settimane di gravidanza);
- 24°-28° settimana per tutte le altre pazienti (6).
In conclusione, la gestione della gravidanza post-chirurgia bariatrica rappresenta una situazione delicata da inquadrare in centri di riferimento, preferibilmente all’interno di un equipe multi-disciplinare che coinvolga, oltre all’endocrinologo, anche il ginecologo e il chirurgo.
Bibliografia
- Maggard MA, Yermilov I, Li Z, et al. pregnancy and fertility following bariatric surgery. A systematic review. JAMA 2008, 300: 2286-96.
- Miller AD, Smith KM. Medication and nutrient administration considerations after bariatric surgery. Am J Health Syst Pharm 2006, 63: 1852-7.
- American College of Obstetricians and Gynecologists. ACOG practice bulletin no. 105: bariatric surgery and pregnancy. Obstet Gynecol 2009, 113: 1405.
- Karmon A, Sheiner E. Pregnancy after bariatric surgery: a comprehensive review. Arch Gynecol Obstet 2008, 277: 381–8.
- Ciangura C, Coupaye M, Deruelle P, et al. Clinical practice guidelines for childbearing female candidates for bariatric surgery, pregnancy, and post-partum management after bariatric surgery. Obes Surg 2019, 29: 3722-34.
- AMD-SID. Standard Italiani per la cura del diabete mellito. 2018.
Anatomia e fisiologia dell'organo adiposo
Anatomia e istologia dell'organo adiposo
Francesco Cavagnini
Istituto Auxologico Italiano, Università di Milano
Considerato fino a pochi anni or sono un semplice serbatoio di energia depositata in forma di trigliceridi, il tessuto adiposo è stato recentemente riconosciuto come un organo distinto, l’organo adiposo. Concepito dapprima come tessuto senza un’architettura specifica, a struttura e distribuzione diffusa, questo tessuto si è rivelato costituito da due tipi di cellule adipose con specifiche caratteristiche morfo-funzionali, dotato di una struttura ben definita e provvisto di una distribuzione peculiare.
Istologicamente, vi si riconoscono due tipi di cellule.
- Gli adipociti bianchi sono sferici, occupati da un unico vacuolo di grasso che sospinge alla periferia il nucleo e il citoplasma, ridotto ad una sottile rima, con mitocondri dotati di poche creste. Rappresentano una riserva energetica: mentre in caso di sovra-alimentazione si ingrossano accumulando trigliceridi, in caso di carenza alimentare provvedono ad ossidare i trigliceridi con produzione di energia (ATP), riducendo quindi le loro dimensioni.
- Gli adipociti bruni sono più piccoli dei precedenti, poligonali, con nucleo centrale circondato da numerosi piccoli vacuoli di grasso e abbondante citoplasma ricco di mitocondri con molte creste laminari. Tali cellule sono in stretto contatto con vasi sanguigni e fibre nervose adrenergiche. Grazie alla presenza nei mitocondri di una proteina (UCP-1, uncoupling protein1) in grado di disaccoppiare e quindi rendere inefficace la fosforilazione ossidativa, gli adipociti bruni hanno una funzione opposta ai precedenti: anziché conservare e produrre al bisogno energia in forma di ATP, la disperdono sotto forma di calore. In questo modo assicurano l’omeostasi termica dell’organismo in caso di abbassamento della temperatura ambientale oppure aumentano il dispendio energetico in caso di sovra-alimentazione. Questo processo biochimico è innescato da una stimolazione adrenergica, con liberazione di noradrenalina e attivazione dei suoi recettori β3 specificamente espressi sulla membrana di questi adipociti. Il calore prodotto verrà facilmente diffuso all’intero organismo attraverso la ricca rete vascolare che li circonda. Di fatto, nell’animale geneticamente modificato, l’assenza del recettore adrenergico β3 o del tessuto adiposo bruno è seguita dallo sviluppo di obesità. L’adipocita bruno, a differenza dell’adipocita bianco, non modifica sostanzialmente la propria morfologia in caso di eccessivo apporto calorico.
I progenitori dell’adipocita bianco e bruno non sono i fibroblasti presenti nel tessuto adiposo stesso, bensì cellule endoteliali (periciti) dei capillari che lo irrorano.
Circa la struttura del tessuto adiposo, è stato di recente documentato come essa non sia di tipo continuo e uniforme, bensì costituita da diversi depositi di grasso, tra loro isolabili in quanto provvisti di una membrana connettivale. In seno ad ogni deposito sono riconoscibili adipociti bruni frammisti agli adipociti bianchi. Nella specie umana, gli adipociti bianchi sono largamente prevalenti su quelli bruni.
La copresenza dei due citotipi nel tessuto adiposo è la premessa per il fenomeno della trans-differenziazione reversibile tra i due tipi di adipociti, fenomeno che conferisce al tessuto adiposo una sorprendente plasticità. Infatti, la prolungata esposizione al freddo, così come l’attivazione protratta del sistema adrenergico (pazienti con feocromocitoma), induce un aumento degli adipociti bruni nel tessuto adiposo. Questo aumento non sembra tanto dovuto ad una proliferazione di cellule progenitrici, ma piuttosto ad una trasformazione diretta (trans-differenziazione) degli adipociti bianchi in adipociti bruni con neo-espressione della proteina UCP-1. Al contrario, l’elevazione della temperatura ambientale nell’animale da esperimento, induce una trasformazione degli adipociti bruni, che perdono la caratteristica multi-vacuolarità per diventare simili agli adipociti bianchi, con un unico vacuolo di grasso intra-cellulare e con abolizione dell’espressione di UCP-1. Un ruolo chiave nel processo di trans-differenziazione è svolto da una miochina prodotta dal muscolo, denominata irisina, che induce una riprogrammazione genica del tessuto adiposo in risposta a variazioni nutrizionali.
Un altro elemento importante nell’istologia del tessuto adiposo è costituito dai macrofagi. Nell’obesità è presente una vera patologia del tessuto adiposo: questo mostra una massiva infiltrazione di macrofagi, responsabili della produzione di numerose citochine (TNFα, IL-6, IL-1α, ecc) che impattano con il recettore insulinico causando insulino-resistenza.
Per quanto riguarda la sua distribuzione, il tessuto adiposo si trova localizzato in sede sottocutanea, nell’omento e in sede profonda, peri-viscerale. La sua distribuzione distrettuale differisce nei due sessi e riveste notevole rilevanza clinica. Nella donna è più rappresentato in regione gluteo-femorale, nell’uomo a livello addominale. L’adipe dei due distretti, superficiale e profondo, sembra dotato di diverse caratteristiche funzionali, presentando addirittura una diversa capacità di espressione genica. Di fatto, è oggi ben documentato che in entrambi i sessi un eccesso di adipe viscerale, quale si osserva nella sindrome metabolica, si associa ad un aumentato rischio cardiovascolare.
A conferire al tessuto adiposo la dignità di “organo” contribuisce la capacità della sua componente bianca di produrre un elevato numero di ormoni e altre molecole biologicamente attive (adipochine), tanto da poter essere considerato un organo endocrino.
Di recente è stato ipotizzato che in caso di iperalimentazione avrebbe luogo un’espansione del compartimento adiposo sottocutaneo, che assorbirebbe l’eccesso di energia introdotta, limitando la neoformazione di adipe viscerale. Tale espansione si verificherebbe per ingrossamento degli adipociti bianchi pre-esistenti, per neo-formazione di nuovi adipociti a partire da cellule progenitrici e anche per trans-differenziazione di adipociti bruni in adipociti bianchi. Ben si comprende come una disfunzione dell’adipe sottocutaneo, con inceppamento di questo meccanismo, possa contribuire all’instaurarsi dell’obesità viscerale con le conseguenti ripercussioni cliniche.
Queste nuove acquisizioni anatomo-funzionali sul tessuto adiposo possiedono un forte potenziale terapeutico, stimolando la ricerca di nuovi farmaci (es. agonisti selettivi dei recettori β3-aderenergici) per il trattamento dell’obesità.
Bibliografia
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