Stampa

Sofia Asioli1,2 & Maria Vittoria Altavilla1
1Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie (DIBINEM), Alma Mater Studiorum Università di Bologna
2
Programma Neurochirurgia Ipofisi - Pituitary Unit, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna

(aggiornato al 9/12/23)

 

Generalità
I tumori che originano dalle cellule dell’adeno-ipofisi sono stati tradizionalmente (sec. World Health Organization 2017) definiti come “adenomi ipofisari”. Poichè queste neoplasie possono essere localmente invasive e metastatizzare, è stata introdotta la nomenclatura di “Tumori Neuroendocrini Ipofisari (PitNET)” (1-4), per meglio definirne l’entità come neoplasie neuroendocrine e soprattutto per racchiudere l’ampio spettro di andamento clinico: da lesioni piccole e indolenti, a quelle dimensionalmente più importanti, localmente invasive e non resecabili chirurgicamente. Generalmente sono localizzate nella regione della sella turcica, spesso con estensione in sede sovra-sellare, ma vi sono anche localizzazioni ectopiche che includono il seno sfenoidale e, raramente, il clivus.
Clinicamente gli adenomi/PitNETs ipofisari possono essere di piccole dimensioni (< 1 cm, micro-adenomi/PitNETs) e a lenta crescita, motivo per cui vengono diagnosticati perlopiù come riscontro occasionale; possono anche dare origine a sindromi da eccesso ormonale, tra cui iperprolattinemia, acromegalia o gigantismo, morbo di Cushing o ipertiroidismo. Gli adenomi/PitNETs di grandi dimensioni (> 1 cm, macro-adenomi/PitNETs) possono causare invece sintomi da massa intra-cranica (tra i più comuni, ad esempio, cefalea e disturbi del campo visivo) e portare a un quadro di ipopituitarismo. Alcuni possono estendersi verso le sedi inferiori e apparire come masse nasali o para-nasali, mentre in altri casi possono andare incontro a necrosi emorragica acuta, con rapida espansione e conseguente presentazione clinica definita "Apoplessia ipofisaria", caratterizzata da cefalea grave, letargia e sintomi da aumento della pressione intra-cranica (5).
Gli adenomi/PitNETs ipofisari per la maggior parte non sono invasivi e possono presentare una crescita espansiva nella regione sellare. Gli adenomi/PitNETs ipofisari invasivi (sotto-gruppo che rappresenta una percentuale variabile in letteratura, di circa il 30%) nonostante la terapia multi-modale possono comportare la presenza di residuo neoplastico e recidiva, anche precoce e multipla (1). Pertanto, dopo l’intervento neurochirurgico di prima linea, eseguito nel 56% dei PitNETs diagnosticati (6), è richiesta la sorveglianza clinica e in un numero considerevole di pazienti un trattamento adiuvante.
Nella maggior parte dei casi l’identificazione di queste neoplasie è di tipo incidentale, in corso di approfondimenti, perlopiù strumentali, per altri quadri clinici. In particolare, esami strumentali come la risonanza magnetica con mezzo di contrasto (Gadolinio) hanno una forte utilità anche nell’inquadramento e nella classificazione degli adenomi ipofisari, perché permettono di identificare la localizzazione della massa (sede intra-sellare e/o sovra-sellare e/o para-sellare e/o infra-sellare e/o retro-sellare), di caratterizzarne le dimensioni (micro- o macro-adenoma/PitNET), di verificare l’eventuale compressione del chiasma ottico e l’invasione delle strutture contigue (es. seno cavernoso o seno sfenoidale) e la presenza di emorragia o di alterazioni cistiche (1,5). L’evidenza radiologica di crescita invasiva sembra oltretutto avere un valore prognostico, identificando i tumori con potenziale aggressivo e guidandone il trattamento, in aggiunta alla valutazione dei biomarcatori tumorali (es. recettori della somatostatina-SSTR, degli estrogeni-ER) (7).

 

Epidemiologia
I tumori dell’adeno-ipofisi sono al terzo posto (12-15%) tra le neoplasie più frequenti del sistema nervoso centrale nell’adulto. Circa il 20% delle ghiandole ipofisarie "normali" presenta una lesione incidentale radiologicamente rilevabile (8).
Numerosi studi di popolazione degli ultimi 15 anni hanno identificato una prevalenza compresa tra 78 e 116 casi per 100.000 persone (6,9-11). I tumori lattotropi sono i più comuni PitNET funzionali (12), solitamente trattati con terapia farmacologica, per cui la maggior parte di essi non viene rilevata nelle statistiche oncologiche o chirurgiche. Il 56% dei PitNET diagnosticati clinicamente viene sottoposto a resezione chirurgica (6) e tra questi più del 40% sono masse funzionalmente subcliniche o silenti della linea SF1 (13), circa il 15% della linea TPIT, e circa il 30% di quella PIT1, dando luogo in più della metà dei casi a un eccesso di GH (6,13).
L'incidenza degli adenomi ipofisari/PitNETs aumenta con l'età. Circa il 5% dei pazienti riceve la diagnosi prima dei 20 anni (14). Gli adenomi ipofisari/PitNETs si manifestano in ugual misura in entrambi i sessi, anche se alcuni studi mostrano una predominanza femminile di alcuni sottotipi. In particolare, la malattia di Cushing e i tumori lattotropi sono più comuni nei pazienti di sesso femminile, mentre i tumori non funzionanti sono più spesso resecati chirurgicamente nei pazienti di sesso maschile (9,11). La prevalenza degli adenomi ipofisari/ PitNETs è in aumento (6) ed è probabilmente destinata ad aumentare ulteriormente con l’invecchiamento della popolazione e il miglioramento delle tecniche di imaging (9). Tali neoplasie rimangono tuttavia una patologia sotto-diagnosticata, anche quando sono clinicamente rilevanti. Questo è particolarmente vero nella popolazione anziana, perché i sintomi a lenta progressione (anche di adenomi/PitNETs funzionanti, come i tumori corticotropi) vengono confusi con disturbi dovuti all’età avanzata, come è stato ben evidenziato per l'acromegalia in uno studio in cui, con una ricerca attiva della malattia, si è trovata una prevalenza di 1000 casi per milione, 10 volte superiore a quella degli studi inglese e belga (10-12).

 

Classificazione
La classificazione secondo la 4a edizione della World Health Organization (WHO 2017) ha proposto la delineazione dei tipi e sotto-tipi dei tumori primitivi dell’adeno-ipofisi sulla base di criteri anatomo-patologici e dell’espressione dei fattori di trascrizione specifici per ogni linea cellulare, con l’obiettivo di stabilire un approccio univoco e riproducibile ai fini diagnostici. L’ultima modifica di nomenclatura, utilizzata attualmente e presente nella 5° edizione sia della classificazione WHO 2022 dei tumori endocrini e neuroendocrini (1) sia della classificazione WHO 2021 dei tumori del sistema nervoso centrale (5) ha portato al cambio di nomenclatura e di IC-COD (da 0 a 3) sostituendo il termine “adenoma” con “Pituitary Neuroendocrine Tumour/adenoma” (PitNET/adenoma) (15). Inoltre, ha supportato l’utilizzo dei fattori di trascrizione specifici e degli ormoni ipofisari per classificare la linea evolutiva dei PitNET. Tuttavia, nonostante venga suggerito di riportare marcatori di proliferazione (come Ki67 e/o conta mitotica) non è consigliato l’utilizzo di un grading come per le altre neoplasie endocrine. A tal proposito si suggerisce di integrare il grading francese proposto da Trouillas (16), che riporta la suddivisione di adenomi ipofisari/PitNets in 5 categorie (vedi paragrafo “Adenomi/PitNETs aggressivi e grading”).
Infine, viene suggerito l’utilizzo del report standardizzato proposto nel 2019 dall’European Pituitary Pathology Group (15).
La classificazione definisce innanzitutto tre categorie sulla base dell’espressione dei fattori di trascrizione PIT1, TPIT e SF1. All’interno di ognuna vengono poi descritti i sotto-tipi distinti a seconda del tipo di cellula ipofisaria d’origine (figura):

1. PiNETs della linea PIT1:

  • somatotropo;
  • mammo-somatotropo;
  • lattotropo;
  • tireotropo;
  • pluri-ormonale maturo della linea PIT1;
  • immaturo;
  • a cellule staminali acidofile;
  • misto somatotropo-lattotropo;

2. PitNETs della linea TPIT:

  • corticotropo;

3. PitNETs della linea SF1:

  • gonadotropo;

4. PitNETs senza una distinta linea di differenziazione:

  • pluri-ormonali;
  • null cell”;

5. PitNETs multipli

  • multipli e sincroni di distinte linee.

Inoltre, sulla base dell’espressione della CAM 5.2 (cito-cheratina a basso peso molecolare), valutata alla caratterizzazione immuno-istochimica, alcuni adenomi vengono distinti ulteriormente in densamente e sparsamente granulati (tabella).

 

 

Le cellule adeno-ipofisarie secernenti ormoni si differenziano lungo tre linee per formare cellule mature. Ogni tipo di cellula matura dà origine ad almeno un tipo di adenoma/tumore ipofisario. Esistono poi adenomi senza alcuna differenziazione cellulare d’origine, detti “null cell” (modificata da 4).

 

 

Classificazione PitNETs
Tipo di adenoma Ormoni Cheratina (CAM 5.2) Sotto-tipo tumorale
Linea PIT-1
Somatotropi GH, α-subunità Peri-nucleare Tumori somatotropi densamente granulati
GH Corpi fibrosi (>70%) Tumori somatotropi sparsamente granulati
Lattotropi PRL (para-nucleare) Debole/negativa Tumori lattotropi sparsamente granulati
PRL (citoplasmatico) Debole/negativa Tumori lattotropi densamente granulati
Mammo-somatotropi GH (spesso predominante) PRL, α-subunità Peri-nucleare -
Tireotropi α-subunità, β-TSH Debole/negativa -
Pluri-ormonali maturi della linea PIT-1 GH (spesso predominante), PRL, α-subunità, β-TSH Peri-nucleare -
Adenomi a cellule staminali acidofile PRL (predominante), GH (focale/ variabile) Sparsi corpi fibrosi -
Immaturi della linea PIT-1 GH, PRL, α-subunità, β-TSH Focale/variabile -
Linea TPIT
Corticotropi Variabile Variabile Tumori corticotropi densamente granulati
Variabile Tumori corticotropi sparsamente granulati
Peri-nucleare intensa (ad anello) Tumori a cellule di Crooke
Linea SF1
Gonadotropi α-subunità, β-FSH, β-LH Variabile -
Senza linea di differenziazione
Pluri-ormonali non classificabili Espressioni multiple Variabile -
Null cell - Variabile -

 

Adenomi/PitNETs aggressivi e grading
Storicamente, in assenza di chiari segni patologici di malignità, solo i rari tumori ipofisari con metastasi confermate (0.2%) venivano considerati maligni e definiti “carcinomi ipofisari” (17). La classificazione WHO del 2014 introdusse inoltre il termine "adenoma atipico", definito da caratteristiche morfologiche (Ki-67 ≥ 3%, colorazione estesa di p53 e numerose mitosi) che di solito mancano nei tumori benigni. In assenza però di una validazione clinica, questo sistema di classificazione è stato abbandonato nella classificazione WHO del 2017.
Nonostante i vari studi precedenti (16,18-21), la nuova edizione della classificazione WHO (5° edizione, WHO 2022) non supporta alcun sistema di stratificazione prognostica e considera più aggressivi solo alcuni tipi e sotto-tipi di adenomi ipofisari/PitNETs. Tra questi rientrano i tumori lattotropi nei pazienti di sesso maschile, i tumori immaturi della linea PIT1, i tumori a cellule di Crooke, i tumori a cellule staminali acidofile e i tumori corticotropi "silenti" ovvero biochimicamente non funzionanti. Questo approccio fa dell'isto-tipo l’indicatore prognostico e predittivo più forte, ma è ancora dibattuta in letteratura l'evidenza di una prognosi peggiore per questi sotto-tipi cosiddetti "ad alto rischio di recidiva".
Tra le classificazioni, tuttavia, quella maggiormente accreditata è la stratificazione prognostica a 5 gradi proposta da Trouillas et al (16) e validata su 2565 pazienti da studi indipendenti (22-26). In tale sistema la stratificazione viene definita in base all'invasione e all’attività proliferativa. L'invasione viene definita sulla base dell’evidenza radiologica di invasione del seno cavernoso o sfenoidale e si definisce assente (= 1) o presente (= 2). I tumori sono poi considerati proliferanti (designati "b"), se due di questi tre marcatori risultano al di sopra di cut-off pre-definiti:

  • Ki-67 ≥ 3%;
  • conta mitotica > 2 per 10 campi ad alto ingrandimento;
  • p53 positivo (> 10 nuclei fortemente positivi per 10 campi ad alto ingrandimento).

In base a questi criteri, i tumori sono classificati come segue:

  • grado 1a: non invasivo e non proliferante;
  • grado 1b: non invasivo e proliferante;
  • grado 2a: invasivo e non proliferante;
  • grado 2b: invasivo e proliferante;
  • grado 3: tumore maligno con metastasi.

In conclusione, si è evidenziato come i tumori 2b, se definiti accuratamente, rappresentino circa l'8% di tutte le neoplasie resecate chirurgicamente e come mostrino effettivamente un significativo aumento del rischio di recidiva e progressione (da 4 a 8 volte), indipendentemente dal tipo e dal sotto-tipo istologico (18,20).

 

Altre malattie della regione ipofisaria-sellare

1. Altri tumori dell’ipofisi anteriore:

2. Neoplasie dell’ipofisi posteriore e dell’ipotalamo:

  • tumori derivanti dalle cellule ipofisarie:
    • pituicitoma;
    • tumore a cellule granulari della regione sellare/pituicitoma a cellule granulari;
    • oncocitoma a cellule fusate/pituicitoma oncocitico;
    • pituicitoma ependimale;
  • tumori neuronali:
    • gangliocitoma e adenoma/PitNET-gangliocitoma misto;
    • neurocitoma sellare.

3. Altri tumori sellari:

  • meningioma;
  • cordoma.

L'adeno-ipofisi deriva dall'ectoderma orale e i tumori che la riflettono con morfologia squamosa e adamantinomatosa sono noti come craniofaringiomi. Gli studi molecolari hanno identificato due vie molecolari distinte: i cranio-faringiomi papillari ospitano mutazioni BRAF p.V600E, mentre i sotto-tipi adamantinomatosi presentano mutazioni CTTNB1, che determinano immuno-reattività nucleare della ß-catenina (27).
I blastomi ipofisari sono tumori primitivi molto rari, composti da una commistione di cellule neuroendocrine adeno-ipofisarie, cellule primitive della tasca di Rathke e cellule follicolo-stellate. Sono un segno distintivo della sindrome DICER1 (28).
I tumori dell’ipofisi posteriore sono stati a lungo riconosciuti come neoplasie delle cellule ipofisarie (29,30). Ad oggi sappiamo che la neuro-ipofisi normale contiene sotto-tipi cellulari, quali cellule fusate, cellule oncocitiche, granulari ed ependimali (31,32), da cui si ipotizza derivino le diverse neoplasie di questo gruppo, quali i pituicitomi, i tumori a cellule granulari della regione sellare/pituicitomi a cellule granulari, gli oncocitomi a cellule fusate/pituicitomi oncocitici e i pituicitomi ependimali. Tali neoplasie, tutte positive all’indagine immuno-istochimica per anticorpo anti-TTF1, sembrano rappresentare lo spettro di un'unica entità nosologica e nella clsassificazione WHO 2022 dei tumori endocrini e neuroendocrini viene suggerito di classificarle uniformemente come sotto-tipi di pituicitoma (1,30).
Da molti anni è nota anche l'esistenza dei gangliocitomi nella sella turcica, che possono avere una secrezione ormonale e/o possono essere associati agli adenomi/PitNET.
Lo spettro dei tumori neuronali è stato recentemente ampliato dal riconoscimento dei neurocitomi sellari (33).

 

Bibliografia

  1. WHO Classification of Tumours Editorial Board. Endocrine and neuroendocrine tumours. Lyon (France): International Agency for Research on Cancer; 2022. (WHO classification of tumours series, 5th ed, vol. 10).
  2. Asa SL, Casar-Borota O, Chanson P, et al. From pituitary adenoma to pituitary neuroendocrine tumor (PitNET): an International Pituitary Pathology Club proposal. Endocr Relat Cancer 2017, 24: C5-8.
  3. Asa SL, Asioli S, Bozkurt S, et al. Pituitary neuroendocrine tumors (PitNETs): nomenclature evolution, not clinical revolution. Pituitary 2020, 23: 322-5.
  4. Asa SL, Mete O, Cusimano MD, et al. Pituitary neuroendocrine tumors: a model for neuroendocrine tumor classification. Mod Pathol 2021, 34: 1634-50.
  5. WHO Classification of Tumours Editorial Board. Central nervous system tumours. Lyon (France): International Agency for Research on Cancer; 2021. (WHO classification of tumours series, 5th ed, vol. 6).
  6. Daly AF, Rixhon M, Adam C, et al. High prevalence of pituitary adenomas: a cross-sectional study in the province of Liege, Belgium. J Clin Endocrinol Metab 2006, 91: 4769-75.
  7. Delgrange E, Vasiljevic A, Wierinckx A, et al. Expression of estrogen receptor alpha is associated with prolactin pituitary tumor prognosis and supports the sex-related difference in tumor growth. Eur J Endocrinol 2015, 172: 791-801.
  8. Ezzat S, Asa SL, Couldwell WT, et al. The prevalence of pituitary adenomas: a systematic review. Cancer 2004, 101: 613-9.
  9. Fernandez A, Karavitaki N, Wass JA. Prevalence of pituitary adenomas: a community-based, cross-sectional study in Banbury (Oxfordshire, UK). Clin Endocrinol (Oxf) 2010, 72: 377-82.
  10. Fontana E, Gaillard R. Epidémiologie des adénomes hypophysaires: étude dans une agglomération urbaine de Suisse. Rev Med Suisse 2009, 5: 2172-4.
  11. Agustsson TT, Baldvinsdottir T, Jonasson JG, et al. The epidemiology of pituitary adenomas in Iceland, 1955-2012: a nationwide population-based study. Eur J Endocrinol 2015, 173: 655-64.
  12. Daly AF, Beckers A. The epidemiology of pituitary adenomas. Endocrinol Metab Clin North Am 2020, 49: 347-55.
  13. Mete O, Cintosun A, Pressman I, Asa SL. Epidemiology and biomarker profile of pituitary adenohypophysial tumors. Mod Pathol 2018, 31: 900-9.
  14. Kane LA, Leinung MC, Scheithauer BW, et al. Pituitary adenomas in childhood and adolescence. J Clin Endocrinol Metab 1994, 79: 1135-40.
  15. Villa C, Vasiljevic A, Jaffrain-Rea ML, et al. A standardised diagnostic approach to pituitary neuroendocrine tumours (PitNETs): a European Pituitary Pathology Group (EPPG) proposal. Virchows Arch 2019, 475: 687-92.
  16. Trouillas J, Roy P, Sturm N, et al. A new prognostic clinicopathological classification of pituitary adenomas: a multicentric case-control study of 410 patients with 8 years post-operative follow-up. Acta Neuropathol 2013, 126: 123-35.
  17. Dekkers OM, Karavitaki N, Pereira AM. The epidemiology of aggressive pituitary tumors (and its challenges). Rev Endocr Metab Disord 2020, 21: 209-12.
  18. Trouillas J, Burman P, McCormack A, et al. Aggressive pituitary tumours and carcinomas: two sides of the same coin? Eur J Endocrinol 2018, 178: C7–9.
  19. McCormack A, Dekkers OM, Petersenn S, et al & ESE survey collaborators. Treatment of aggressive pituitary tumours and carcinomas: results of a European Society of Endocrinology (ESE) survey 2016. Eur J Endocrinol 2018, 178: 265–76.
  20. Raverot G, Ilie MD, Lasolle H, et al. Aggressive pituitary tumours and pituitary carcinomas. Nature Rev Endocrinol 2021, 17: 671–84.
  21. Burman P, Trouillas J, Losa M, et al & ESE survey collaborators. Aggressive pituitary tumours and carcinomas, characteristics and management of 171 patients. Eur J Endocrinol 2022, 187: 593–605.
  22. Raverot G, Dantony E, Beauvy J, et al. Risk of recurrence in pituitary neuroendocrine tumors: a prospective study using a five-tiered classification. J Clin Endocrinol Metab 2017, 102: 3368–74.
  23. Lelotte J, Mourin A, Fomekong E, et al. Both invasiveness and proliferation criteria predict recurrence of non-functioning pituitary macroadenomas after surgery: a retrospective analysis of a monocentric cohort of 120 patients. Eur J Endocrinol 2018, 178: 237–46.
  24. Asioli S, Righi A, Iommi M, et al. Validation of a clinicopathological score for the prediction of post-surgical evolution of pituitary adenoma: retrospective analysis on 566 patients from a tertiary care centre. Eur J Endocrinol 2019, 180: 127–34.
  25. Guaraldi F, Zoli M, Righi A, et al. A practical algorithm to predict postsurgical recurrence and progression of pituitary neuroendocrine tumours (PitNET)s. Clin Endocrinol 2020, 93: 36–43.
  26. Sahakian N, Appay R, Resseguier N, et al. Real-life clinical impact of a five-tiered classification of pituitary tumors. Eur J Endocrinol 2022, 187: 893–904.
  27. Fukuhara N, Iwata T, Inoshita N, et al. Immunohistochemistry or molecular analysis: which method is better for subtyping craniopharyngioma? Endocr Pathol 2021, 32: 262-8.
  28. De Kock L, Sabbaghian N, Plourde F, et al. Pituitary blastoma: a pathognomonic feature of germ-line DICER1 mutations. Acta Neuropathol 2014, 128: 111-22.
  29. Brat DJ, Scheithauer BW, Staugaitis SM, et al. Pituicytoma: a distinctive low-grade glioma of the neurohypophysis. Am J Surg Pathol 2000, 24: 362-8.
  30. Mete O, Lopes MB, Asa SL. Spindle cell oncocytomas and granular cell tumors of the pituitary are variants of pituicytoma. Am J Surg Pathol 2013, 37: 1694-9.
  31. Roncaroli F, Scheithauer BW, Cenacchi G, et al. 'Spindle cell oncocytoma' of the adenohypophysis: a tumor of folliculostellate cells? Am J Surg Pathol 2002, 26: 1048-55.
  32. Takei Y, Seyama S, Pearl GS, Tindall GT. Ultrastructural study of the human neurohypophysis. II. Cellular elements of neural parenchyma, the pituicytes. Cell Tissue Res 1980, 205: 273-87.
  33. Asa SL, Mete O. Hypothalamic endocrine tumors: an update. J Clin Med 2019, 8: 1741.
Stampa

Giovanni Lasio, Martina Revay
Neurochirurgia, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (MI)

 

L'osso sfenoide, situato al centro della base cranica, è in stretto rapporto con le cavità nasali inferiormente e con l'ipofisi superiormente, contenuta nella struttura ossea, detta sella, situata centralmente nel corpo dello sfenoide e che aggetta nel seno sfenoidale. I nervi olfattori, il giro retto, la parte posteriore del lobo frontale, il pavimento del III ventricolo, il ponte, il mesencefalo ed il chiasma ottico sono le strutture nervose a più stretto contatto con lo sfenoide. I nervi cranici dal II al VI sono pure in stretti rapporti con l'osso sfenoide, in quanto i forami da cui escono/entrano nel cranio sono tutti localizzati nell'osso sfenoide stesso: canale ottico (II), fessura orbitaria superiore (III, IV, VI e branca orbitaria del V), forame rotondo (branca mascellare del V), forame ovale (branca mandibolare del V).

Oltre che importanti rapporti con strutture nervose, l'osso sfenoide ha intimi rapporti con strutture vascolari arteriose e venose. Le arterie carotidi attraversano lo sfenoide prima di entrare nel cranio, l'arteria basilare è addossata alla sua faccia posteriore, mentre il poligono di Willis è situato al di sopra della sua porzione centrale. I seni cavernosi sono appoggiati all'osso sfenoide, che ne forma la parete laterale, mentre la dura sellare ne forma la parete mediale; protrudono all'interno del seno sfenoidale. I seni cavernosi sono uniti dai seni inter-cavernoso superiore ed inferiore, che delineano la parete anteriore della sella e la parete inferiore. Il seno basilare poi connette i seni cavernosi posteriormente al dorsum sellae ed è usualmente il seno di maggiori dimensioni. I seni petrosi inferiori e superiori si uniscono al seno basilare.

La parte successiva è divisa in 3 sezioni: anatomia della regione sellare propriamente detta (vista dal basso) e della regione soprasellare (vista dall'alto), anatomia della ghiandola ipofisaria.

 

Anatomia della regione sellare in proiezione sagittale (in alto a sinistra), coronale dal basso (in basso a sinistra) e assiale dall' alto (a destra).

 

Anatomia della regione sellare propriamente detta (vista dal basso)

Il corpo dello sfenoide contiene il seno sfenoidale, che è in comunicazione con le cavità nasali tramite due osti, simmetrici. Il seno sfenoidale è soggetto a una considerevole variabilità di dimensione, forma e pneumatizzazione. Nell'adulto esistono tre tipi di seno sfenoidale: concale, presellare e sellare, così definiti in base alla pneumatizzazione, assente nel tipo concale e ben presente nel tipo sellare (75%). Il seno sfenoidale è poi attraversato da setti, assai variabili come numero, forma, direzione, spessore, ecc. I canali ottici protrudono nella porzione supero-laterale del seno sfenoidale, mentre la II branca del trigemino protrude nella sua parte infero-laterale. Il recesso ottico-carotideo è situato lateralmente e superiormente fra canale ottico e protuberanza carotidea.

La struttura ossea definita sella turcica, contenuta nella parte centrale del corpo dell' osso sfenoide,  sporge all'interno del seno sfenoidale e ha confini anatomici precisi:

  • postero-superiormente il dorso della sella, il cui margine libero termina lateralmente con i processi clinoidei posteriori e si continua inferiormente nel clivus;
  • i seni cavernosi, che contengono sangue venoso, sono situati lateralmente alla sella. All'interno di essi decorre la porzione orizzontale della carotide interna ed un segmento del VI nervo cranico, mentre il III, il IV e la I branca del V nervo cranico si trovano nel tetto e nella parete laterale del seno cavernoso. Dal segmento intra-cavernoso della carotide nascono l'arteria meningo-ipofisaria, l'arteria del seno cavernoso inferiore e le arterie capsulari. La parete mediale del seno cavernoso è costituita da dura sottile, ma può presentare dei buchi od essere del tutto assente. La distanza fra arteria carotide e faccia laterale dell'ipofisi in condizioni normali varia fra 1 e 3 mm;
  • anteriormente e superiormente il tubercolo della sella e il piano sfeno-etmoidale, separati dal solco chiasmatico;
  • inferiormente il pavimento osseo della sella, che si continua con il clivus. Anteriormente la parete anteriore della sella, il clivus e la parete anteriore ossea dei seni cavernosi aggettano nella cavità del seno sfenoidale;
  • il tetto della sella è costituito dal diaframma sellare, un setto orizzontale di dura che divide la loggia sellare dalla regione sovra-sellare, con un foro centrale per il passaggio del peduncolo ipofisario, struttura che connette l’ipotalamo all’ipofisi. Il diaframma è più sottile attorno al peduncolo e la sua apertura centrale è di solito più ampia di quanto necessario per il passaggio del peduncolo. In questi casi è presente un'invaginazione dell' aracnoide sovrasellare. La sella è internamente rivestita da periostio e contiene l'ipofisi.

Visione endoscopica della sella, seno sfenoidale e carotidi clivali e cavernose dall’accesso TNS

Visione endoscopica della regione sovrasellare (via TNS extended).
Nell'immagine in alto, la freccia rossa indica la carotide clivale dx, la gialla il seno cavernoso sinistro, la bianca attraversa la sella e indica il clivus.
Nell'immagine in basso, la freccia rossa indica il bordo anteriore del chiasma, la gialla l'arteria di Heubner sinistra, la bianca il tratto A1 della cerebrale anteriore dx, la blu la faccia inferiore del lobo frontale dx.

 

Anatomia della regione soprasellare (vista dall'alto)

La regione sovrasellare ha limiti più imprecisi. Può essere definita come la regione delimitata:

  • anteriormente dal tubercolo sellare;
  • inferiormente dal diaframma;
  • posteriormente dalla membrana di Lillequist, una membrana aracnoidea che decorre fra il dorso della sella e la faccia anteriore dei corpi mammillari e che separa la cisterna chiasmatica dalla cisterna inter-peduncolare;
  • superiormente dai nervi ottici, dal chiasma e dal pavimento  del III ventricolo;
  • lateralmente dalle carotidi.

Nervi e vasi della regione sono contenuti all'interno di cisterne limitate da aracnoide e contenenti liquor.

La regione sovrasellare è generalmente approcciata attraverso le cisterne che circondano la parte anteriore dell'incisura tentoriale, definita come uno spazio triangolare situato fra i margini liberi del tentorio. Il chiasma ed i nervi ottici attraversano lo spazio incisurale anteriore, i nervi ottici entrano nel cranio dai canali ottici medialmente alle clinoidi anteriori ed alle carotidi e sono diretti medialmente, posteriormente e superiormente verso il chiasma. Il chiasma è normalmente situato al di sopra del diaframma sellare.

Vista dall'alto la parete laterale del seno cavernoso si estende dalla fessura orbitaria superiore anteriormente, fino all'apice della porzione petrosa dell'osso temporale, posteriormente. Il III nervo cranico entra nel seno dal tetto, lateralmente al dorso sellare, il IV entra in posizione più posteriore e laterale, la branca oftalmica del V entra dalla parte inferiore della parete laterale e il VI entra dalla parete posteriore del seno fra carotide medialmente e III lateralmente.

Una volta entrate nel cranio inferiormente e poi lateralmente al nervo ottico, le carotidi si dirigono lateralmente e danno origine nell'ordine all'arteria oftalmica, alla comunicante posteriore, alla corioidea anteriore, per poi biforcarsi in cerebrale media e cerebrale anteriore, connessa alla cerebrale anteriore controlaterale dalla comunicante anteriore. Dalla carotide nasce l'arteria ipofisaria superiore, che raggiunge il tuber cinereum e si connette alla sua omologa controlaterale per formare un anello attorno all'infundibolo, cui è attaccata l'ipofisi tramite il peduncolo. Gli spazi subaracnoidei della regione sellare e parasellare sono poi attraversati da vasi perforanti che irrorano fra l'altro i nervi ottici, il chiasma, i tratti ottici, le pareti del III ventricolo e l'ipotalamo. Le vene della regione sellare e sovrasellare sono di piccolo calibro e la regione sovrasellare è quasi completamente drenata da tributarie delle vene basali.

Il III ventricolo è situato al centro della testa, superiormente alla sella ed è in stretto rapporto con il poligono di Willis e con il sistema venoso profondo del cervello. La manipolazione delle pareti del III ventricolo può causare disturbi ipotalamici (coscienza, termoregolazione, respirazione, secrezione ormonale, memoria...). E' delimitato da un pavimento, da un tetto, da pareti anteriori, posteriori e laterali. Visto dal basso il pavimento si estende dal chiasma all'acquedotto di Silvio, la metà anteriore è formata da strutture diencefaliche, la metà posteriore da strutture mesencefaliche. Dall'avanti verso l'indietro si trovano: il chiasma, l'infundibolo dell' ipotalamo, il tuber cinereum, i corpi mammilllari, la sostanza perforata posteriore e il tegmento del mesencefalo. L'infundibolo è una struttura imbutiforme localizzata fra il chiasma ed il tuber cinereum. L'ipofisi è connessa all'infundibolo e gli assoni infundibolari si estendono fino al lobo posteriore dell'ipofisi. Il tuber cinereum si fonde nell'infundibolo. La parete anteriore del III ventricolo si estende dai forami di Monro al chiasma inferiormente. L'unica parte visibile è la lamina terminale, un fine strato di sostanza grigia e pia, attaccata alla superficie superiore del chiasma e che riempie il gap fra chiasma e rostro del corpo calloso.

Vista della regione sovrasellare (via pterionale dx).
La freccia rossa indica la carotide dx, la gialla il nervo ottico dx e il chiasma, la bianca il diaframma sellare.

 

Anatomia dell'ipofisi

L’ipofisi è costituita da un lobo anteriore (adeno-ipofisi), che avvolge la parte più distale del peduncolo ipofisario, costituendo la pars tuberalis, e da un lobo posteriore (neuro-ipofisi), più aderente all'osso della sella di quanto non sia il lobo anteriore. Poichè il lobo anteriore è separato dal lobo posteriore, la pars tuberalis è più frequentemente inserita nel lobo posteriore. Cisti della pars intermedia sono di frequente riscontro. 

Nell’adeno-ipofisi sono presenti 6 tipi cellulari diversi:

  • le cellule tireotrope, che secernono il TSH;
  • le cellule corticotrope, che secernono l’ACTH;
  • le cellule lattotrope, che secernono la PRL;
  • le cellule somatotrope, che secernono il GH;
  • le cellule gonadotrope, che secernono le gonadotropine;
  • le cellule follicolo-stellate, che potrebbero rappresentare cellule staminali ipofisarie e la cui funzione sembra importante per la secrezione di fattori di crescita e citochine e per mantenere i corretti rapporti (e quindi l’equilibrio paracrino) fra i diversi tipi cellulari.

Le cellule corticotrope e tireotrope tendono a raggrupparsi insieme nelle zone più centrali della ghiandola, mentre le cellule somatotrope si distribuiscono nelle porzioni più laterali e le cellule gonadotrope, lattotrope e follicolo-stellate sono diffusamente sparse nel parenchima adeno-ipofisario.

La neuro-ipofisi è costituita dalla parte terminale degli assoni delle cellule che secernono vasopressina e ossitocina, i cui corpi cellulari sono contenuti nell’ipotalamo (nei nuclei sopra-ottico e para-ventricolare).

L’ipofisi è vascolarizzata dalle arterie ipofisarie superiori e inferiori e da rami delle arterie comunicanti posteriori, tutte originanti dalla carotide interna o da suoi rami. Le arterie ipofisarie superiori avvolgono la porzione superiore del peduncolo ipofisario, al cui interno comunicano con un plesso primario di capillari sinusoidali spiralizzati. Tali ramuscoli si tramutano in venule e quindi in vene lunghe e sottili che passano sotto il peduncolo ipofisario nella pars distalis dell’adeno-ipofisi, dove si forma un plesso secondario di capillari sinusoidali. Questa disposizione, doppia e parallela, dei plessi capillari prende il nome di sistema portale ipofisario. Il drenaggio venoso fa capo alle vene ipofisarie laterali che si aprono nel seno cavernoso.

Stampa

Renato Cozzi1 & Roberto Attanasio2
Endocrinologia, 1Ospedale Niguarda & 2Istituto Galeazzi, Milano

 

Tutte le strutture della regione ipotalamo-ipofisaria possono essere coinvolte da un’ampia gamma di lesioni di diversa natura (tabella).

 

Lesioni
Tumori derivanti dalle cellule adeno-ipofisarie

Adenomi ipofisari
Carcinomi ipofisari

Tumori derivanti dalle cellule neuro-ipofisarie Pituicitomi
Tumori a cellule granulari (coristomi)
Tumori parasellari Maligni Gliomi
Tumori a cellule germinali
Linfomi primitivi
Metastasi
Tumori neuroectodermici primitivi sovratentoriali
Ependimoblastomi
Potenzialmente maligni (basso-grado)
 
Cordomi
Condrosarcomi
Emangiopericitomi
Tumori fibrosi solitari
Istiocitosi a cellule di Langerhans
Plasmocitomi
Solitamente benigni Craniofaringiomi
Meningiomi
Paragangliomi
Lipomi
Neurinomi/Schwannomi
Gangliocitomi
Lesioni malformative Cisti della tasca di Rathke
Epidermoidi
Dermoidi
Amartomi
Empty sella
Cisti aracnoidi
Lesioni granulomatose, infettive, infiammatorie Ipofisiti
Ascessi ipofisari
Pseudotumori
Tuberculosi
Micosi
Sarcoidosi
Granulomatosi di Wegener
Mucocele sfenoidale
Sindrome di Tolosa–Hunt
Lesioni vascolari Aneurismi
Fistola carotido-cavernosa
Trombosi del seno cavernoso

 

I dati dei registri oncologici suggeriscono che la prevalenza dei tumori primitivi del SNC sia di 130–230/100.000 (1). Le lesioni della regione sellare e parasellare siono molto comuni, fino al 10–15% delle masse intracraniche su casistiche neurochirurgiche (2), e 3–24% su autopsie non mirate (a seconda del numero di sezioni esaminate) (3).

La malignità potenziale di questi tumori può essere definita secondo la classificazione WHO dei tumori del SNC (4,5):

  • tumori di grado I WHO, con basso potenziale proliferativo e buona possibilità di guarigione neurochirurgica;
  • tumori di grado II WHO, infiltrativi con bassa attività mitotica, che possono recidivare e progredire a malignità maggiore;
  • tumori di grado III WHO, con evidenza istologica di malignità;
  • tumori di grado IV WHO, mitoticamente attivi con rapida evoluzione.

La regione parasellare può essere coinvolta da un gran numero di altre lesioni non neoplastiche, infiammatorie, granulomatose, infettive o vascolari. La tabella elenca le varie possibili lesioni secondo un criterio eziopatogenetico e anatomico. È importante ricordare come tutte le classificazioni (e questa non fa eccezione), create per ordinare in qualche modo un grande gruppo di entità diverse, da quelle tipiche e frequenti alle atipiche e rarissime, non sono mai in grado di incasellare in modo del tutto soddisfacente l’ampia varietà delle malattie umane (3).
Secondo diverse casistiche neurochirurgiche comprendenti migliata di casi (1120 casi in 18 anni in un unico centro (6), il Registro Tedesco dei tumori ipofisari con 4122 casi in 10 anni (7), 1469 casi in 10 anni in un unico centro (8), gli adenomi ipofisari comprendono circa il 90% delle lesioni di questa regione. Quindi tutto il resto delle numerosissime cause rappresenta l’~8-15% dei casi: tumori nel 4.2-5.6%, lesioni malformative nel 2.9-5.2%, lesioni infiammatorie nello 0.7-1.2% dei casi. In queste casistiche NCH esiste ovviamente una sottostima delle lesioni vascolari.
Un’osservazione dal punto di vista neuroradiologico, con la valutazione retrospettiva di 2598 RM in 11 anni (9), ha dimostrato che, dopo aver escluso tutte le ipofisi normali (47%), le lesioni non adenomatose rappresentavano il 18% delle lesioni rilevate.

 

Bibliografia

  1. Davis FG, Kupelian V, Freels S, McCarthy B, & Surawicz T. Prevalence estimates for primary brain tumors in the United States by behavior and major histology groups. Neuro-oncology 2001, 3: 152–8.
  2. Terada T, Kovacs K, Stefaneanu L, Horvath E. Incidence, pathology, and recurrence of pituitary adenomas: study of 647 unselected surgical cases. Endocr Pathol 1995, 6: 301–10.
  3. Kovacs K, Horvath E, & Vidal S. Classification of pituitary adenomas. J Neurooncol 2001, 54: 121-7.
  4. Louis DN, Ohgaki H, Wiestler OD, et al. The 2007 WHO classification of tumours of the central nervous system. Acta Neuropathol 2007, 114: 97–109.
  5. Lloyd RV, Kovacs K, Young Jr WF, et al. Pituitary tumors. In: Introduction. WHO classification of tumors of the endocrine organs: pathology and genetics of endocrine organs, Eds. DeLellis R, Lloyd RV, Heitz PV, Eng C, International Agency for Research and Cancer (IARC), Lyon, 2004: pp. 10–13.
  6. Freda PU, & Post KD. Differential diagnosis of sellar masses. Endocrinol Metab Clin N Amer 1999, 28: 81-117.
  7. Saeger W, Lüdecke DM, Buchfelder M, et al. Pathohistological classification of pituitary tumors: 10 years of experience with the German Pituitary Tumor Registry. Eur J Endocrinol 2007, 156: 203-16.
  8. Valassi E, Biller BMK, Klibanski A, & Swearingen B. Clinical features of nonpituitary sellar lesions in a large surgical series. Clin Endocrinol 2010, 73: 798–807.
  9. Famini P, Maya MM, & Melmed S. Pituitary Magnetic Resonance Imaging for Sellar and Parasellar Masses: Ten-Year Experience in 2598 Patients. J Clin Endocrinol Metab 2011, 96: 1633–41.