dell'iperparatiroidismo
Diabete e demenza
Giuseppe Lisco
Dipartimento Interdisciplinare di Medicina, Università degli Studi di Bari
(aggiornato ad agosto 2024)
Introduzione alla demenza
Definizione: la demenza è una patologia acquisita, cronica, evolutiva, a eziologia variabile (tabella), caratterizzata da deterioramento progressivo e irreversibile delle funzioni cerebrali, che include i seguenti domini: perdita di memoria, alterazione del linguaggio, alterazioni comportamentali, funzioni visuo-spaziali ed esecutive (1).
Diagnosi differenziale delle demenze |
Depressione maggiore Encefalopatia traumatica cronica Decadimento cognitivo età-correlato Etilismo cronico Carenza di vitamina B12 Demenza vascolare Demenze nel contesto di patologie neuro-degenerative (es, Parkinson, demenza a corpi di Levy, Huntington, demenza fronto-temporale, malattia da prioni, idrocefalo) Deficit di tiamina (vitamina B1) o sindrome di Wernicke-Korsakoff Alterazioni elettrolitiche Ipoglicemia cronica Ipotiroidismo e ipertiroidismo Malattie da accumulo (es, morbo di Wilson) |
La forma più comune di demenza è la demenza di Alzheimer (DA), in cui è strutturalmente alterata la proteina tau, necessaria per la stabilizzazione dei micro-tubuli a livello neuronale e il trasporto assonale di molecole e nutrienti. Tale alterazione la rende instabile, incapace di legare e stabilizzare i micro-tubuli e, al contrario, capace di aggregarsi con le altre proteine tau strutturalmente alterate a formare aggregati fibrillari (tangles), che precipitano e si accumulano a livello assonale. Dal punto di vista biochimico, la conseguenza di tale alterazione è la riduzione dell’efficienza del trasporto assonale, l’ostacolo alla circolazione di sostanze nutrienti e l’anomalo accumulo di aggregati fibrillari all’interno dei neuroni, che portano dapprima ad alterazione funzionale, successivamente strutturale e infine a morte cellulare. Accanto agli aggregati fibrillari, la più importante alterazione istologica della DA è la presenza di placche di sostanza ß-amiloide (placche senili), che si accumulano a livello corticale a partire dall’ippocampo (2).
La DA evolve attraverso una serie di stadi (3). Le alterazioni neuroanatomo-funzionali si sviluppano durante la fase pre-clinica (asintomatica) della durata di anni, durante i quali giocano un ruolo patogenetico rilevante fattori di rischio e predisposizione genetica. Questa fase è caratterizzata dal precoce deterioramento della corteccia ento-rinale situata a livello dei lobi temporali medi perifericamente all’ipotalamo. La corteccia ento-rinale svolge un ruolo di primaria importanza nella regolazione dei processi cognitivi legati alla memoria a breve termine e visuo-spaziale. In questa fase, di solito, non sono presenti sintomi clinici distintivi. Nello stadio successivo, iniziano a comparire alterazioni cognitive di grado lieve, tali da consentire il regolare svolgimento delle attività quotidiane. Il disturbo più frequentemente riferito quale sintomo d’esordio di demenza è la riduzione della memoria a breve termine. Un esame obiettivo specifico può mettere in evidenza, più in generale, un decadimento cognitivo di grado lieve.
Il decadimento cognitivo evolve progressivamente, diventando clinicamente rilevante e progressivamente ingravescente, classificabile in lieve, moderato, moderato-severo, grave, estremamente grave. I deficit mnesici, specialmente della memoria a breve termine, si accompagnano al significativo interessamento delle aree cerebrali deputate al controllo del linguaggio, della memoria visuo-spaziale, del ragionamento critico e della capacità di calcolo. Le alterazioni cognitivo-comportamentali più comuni sono perdita di memoria, disorientamento spazio-temporale, significativo rallentamento ideo-motorio nello svolgimento di attività complesse, difficoltà nella gestione del denaro, ridotta capacità di giudizio critico, perdita di iniziativa, alterazioni dell’umore o ansietà.
Le fasi avanzate di malattia sono caratterizzate dalla perdita pressoché totale delle capacità mnesiche, tale da compromettere il riconoscimento sistematico di luoghi e persone fino a poco prima familiari. Si manifestano difficoltà evidenti di linguaggio, scrittura, lettura, comprensione di un testo scritto o di un racconto, disegno, capacità di calcolo e di risoluzione di problemi. È quasi del tutto compromessa la capacità di svolgere semplici attività della vita quotidiana, come badare all’igiene personale, fare la spesa, interagire con altre persone.
Nella forma avanzata di malattia subentrano gravi alterazioni cognitive e psichiche, che compromettono del tutto l’auto-sufficienza, inclusa la perdita di controllo sulle funzioni fisiologiche (es, disfagia, incontinenza), principali cause di morbilità e mortalità correlate alla DA, quali malnutrizione, infezioni, ospedalizzazioni ricorrenti.
Diabete mellito e demenza
Il DM è molto frequente nella popolazione generale, con prevalenza stimata attorno al 10% della popolazione mondiale (4). Esiste una consolidata evidenza che suggerisce l’esistenza di un’associazione tra demenze e DM. Una revisione sistematica della letteratura ha evidenziato che, rispetto alla condizione di euglicemia, il rischio di decadimento cognitivo e demenza aumenta dal 25 al 91% in presenza di pre-diabete e DM (5). Scarso controllo glicemico e frequenti episodi di ipoglicemia sembrano correlare positivamente con questo rischio, a suggerire che l’instabilità glicemica rappresenti una delle variabili principali nella patogenesi della demenza nel DM2. Il rischio di demenza è fortemente condizionato dal controllo glicemico anche tra i pazienti con DM1. Uno studio di coorte longitudinale su oltre 2800 pazienti con DM1 seguiti tra il 1997 e il 2015 ha documentato un aumento del rischio di demenza nel corso del follow-up: del 66% tra coloro che avevano presentato episodi recidivanti di ipoglicemia grave, del 211% con episodi frequenti di iperglicemia grave e del 620% tra coloro che avevano presentato frequenti episodi di entrambe le alterazioni glicemiche (6). Anche le morbilità associate al DM, che includono insulino-resistenza, obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia aterogena, micro-angiopatia, aterosclerosi, steatosi epatica, rientrano tra i fattori di rischio di decadimento cognitivo e demenza (7).
Evidenze sperimentali e cliniche hanno messo in luce l’esistenza di un forte legame fisiopatologico tra DM e demenza. È stata descritta un’alterazione del metabolismo della sostanza amiloide, sia a livello dei tessuti periferici che cerebrale, così come è stato documentato il ridotto trasporto di acetilcolina attraverso la barriera emato-encefalica in pazienti con DM2 e DA. Esiste evidenza sperimentale di miglioramento delle funzioni cognitive dopo esposizione a insulina e agenti insulino-sensibilizzanti (8,9).
Sono stati identificati alcuni meccanismi biochimici e molecolari alla base di DM e DA, che riguardano l’espressione di geni codificanti per insulina, IGF-1, IGF-2 e loro recettori. La ridotta espressione di tali geni si accompagna a riduzione della sintesi o azione di questi ormoni e la conseguente attenuazione delle loro vie di segnale intra-cellulare a livello corticale si associa a morte cellulare e progressione del decadimento cognitivo (10). Tali alterazioni si associano anche ad aumento dello stress ossidativo, marcata attivazione di mediatori della flogosi e disfunzione mitocondriale (11). L’insulina, inoltre, svolge importanti funzioni a livello cerebrale, connesse alla regolazione della captazione, utilizzo e immagazzinamento del glucosio. Queste includono l’induzione dell’espressione di trasportatori del glucosio (GLUT4), la soppressione dell’espressione della ß3-glicogeno-sintetasi chinasi (GSK3b), la regolazione dell’apoptosi e la neuro-infiammazione attraverso la regolazione della fosforilazione di FOXO, CREB e NF-kB (12). Dato che GSK3b è in grado di fosforilare la proteina tau e di ostacolarne il legame ai micro-tubuli a livello assonale, per garantire lo svolgimento regolare dell’attività della proteina tau è necessaria una ridotta espressione/attività di GSK3b (condizione che si verifica in presenza di adeguati livelli di insulina a livello cerebrale) (12).
Deficit insulinico e insulino-resistenza a livello cerebrale sono coinvolte anche in modo indiretto nella patogenesi della demenza nei pazienti con diabete. La sintesi della metallo-proteasi coinvolta nella degradazione dell’insulina (IDE) è regolata dall’insulina stessa, che controlla la sua concentrazione tissutale con una sorta di feed-back negativo. L’IDE è deputata anche alla degradazione extra-cellulare di sostanze di accumulo come la ß-amiloide e l’amilina. Per prevenire o ridurre l’accumulo di amiloide a livello cellulare, è fondamentale un adeguato funzionamento di IDE (13). In condizioni di deficit insulinico e insulino-resistenza, si riducono i livelli di espressione/attività di IDE e, conseguentemente, si accumula ß-amiloide a livello del tessuto cerebrale corticale (13). Inoltre, l’accumulo di ß-amiloide si associa al deterioramento del signaling insulinico a livello neuronale, suggerendo che la ß-amiloide possa indurre una condizione di insulino-resistenza cerebrale, tale da generare una sorta di circolo vizioso (13). Simili alterazioni sono osservate anche in condizioni dismetaboliche, quali sindrome metabolica, pre-diabete e obesità, in cui predomina il quadro di insulino-resistenza; evidenze epidemiologiche dimostrano un significativo aumento della prevalenza di decadimento cognitivo e demenze (inclusa DA) in queste popolazioni. Pertanto, questo modello ha basi fisiopatologiche solide, che tendono a identificare la DA come una forma di DM cerebrale, oggi nota come DM di tipo 3 (11).
Forme sporadiche di DA con esordio precoce e decorso rapidamente evolutivo si associano a mutazioni del gene codificante per l’apolipoproteina E (APOE). Esistono 3 forme alleliche predominanti del gene APOE (2, 3 e 4). Se l’allele APOE2 è protettivo nei confronti della DA, la variante APOE4, invece, incrementa considerevolmente il rischio di demenza (14). Dal punto di vista fisiopatologico, mutazioni di APOE facilitano l’accumulo intra-cellulare di proteina tau e la deposizione di ß-amiloide a livello cerebrale. Inoltre, si associano ad alterazione del metabolismo lipidico cerebrale, tale da facilitare l’accumulo di colesterolo a livello neuronale, indurre neuro-infiammazione e ostacolare la sintesi della guaina mielinica (15).
Una causa comune di decadimento cognitivo nel DM2, anche se meno frequente rispetto alla DA, è la demenza su base vascolare. Si tratta di una complicanza cronica correlata al DM, che aumenta sensibilmente la suscettibilità al danno vascolare di vasi cerebrali grandi (aterosclerosi) e piccoli (micro-angiopatia), con conseguente danno ipossico-ischemico a livello corticale. Da notare che non infrequentemente la demenza su base vascolare si sovrappone alla DA, in un quadro clinico indistinguibile rispetto alla sola DA, ma caratterizzato da deterioramento più rapido e severo delle funzioni cognitive (16).
Aspetti terapeutici
Il trattamento della DA si avvale, oltre che del trattamento specifico dei fattori di rischio eventualmente associati (terapia anti-ipertensiva, statine, anti-iperglicemici, depressione, psicosi), nelle forme lievi e in fase iniziale di inibitori della colinesterasi e nelle forme moderate o in fase più avanzata della memantina (antagonista del recettore dell’N-metil-D-aspartato, NMDA) (17).
Lecanemab è stato recentemente approvato per uso clinico dalla FDA (ma non in Europa) (18,19). Si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro la proteina ß-amiloide, somministrabile per via endovenosa, che si è dimostrato in grado di contrastarne l’accumulo a livello corticale e di poter rallentare il decorso clinico della DA (19). Il farmaco è gravato da frequenti effetti avversi cerebrali, come micro- e macro-emorragie, siderosi superficiale ed edema. La frequenza e la gravità di questi effetti avversi ne limita l’impiego (20).
Non esistono terapie mirate per la prevenzione e cura del decadimento cognitivo e della demenza nei pazienti con DM2. Tuttavia interventi sullo stile di vita (21) e farmacologici mirati al controllo di iperglicemia, ipertensione arteriosa, dislipidemia e altri fattori di rischio possono avere effetti positivi sulla prognosi dei pazienti con demenza e diabete. Relativamente ai farmaci anti-iperglicemici, risultati controversi ma complessivamente promettenti sono stati ottenuti dall’impiego di pioglitazone (che si associa a riduzione del rischio di demenza, specialmente nei pazienti con storia di cardiopatia ischemica o ictus cerebrale di natura ischemica, 22), metformina, agonisti GLP-1 e gliflozine (23-25). Al contrario, le sulfaniluree si accompagnano a un eccesso di rischio (26). Alla base di questi risultati vi è l’azione anti-iperglicemica, insulino-sensibilizzante, anti-ossidante, anti-apoptotica, anti-infiammatoria. Sono in corso studi mirati per stabilire l’effetto di tali molecole sull’evoluzione del decadimento cognitivo in pazienti con DA (27,28). Risultati promettenti in termini di neuro-protezione potrebbero derivare anche dall’impiego di tirzepatide (29).
Bibliografia
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Scheda insuline
Vincenzo Fiore1,2, Antonella Poggi1, Antonella Di Pasquali1,2, Massimo Marci1, Rossella Dionisio3 & Emanuele Spreafico4
1UOC Medicina-Geriatria, UO Diabetologia Clinica, Tivoli (Roma)
2UOC Medicina, Subiaco (Roma)
3UO Diabetologia, Ospedale S Carlo, Milano
4UO Diabetologia, Endocrinologia e Nutrizione Clinica, ASST di Monza - Presidio di Desio
Insuline in commercio (100 U/mL se non altrimenti specificato) | |||
TIPO | AZIONE | ||
Inizio | Picco (h) | Durata (h) | |
AZIONE RAPIDA |
30-60’ | 2-3 | 6-8 |
ANALOGHI AD AZIONE RAPIDA
|
5-15’ | 0.5-1.5 | 5-6 |
ANALOGHI AD AZIONE ULTRA-RAPIDA
|
1-10' | 1-3 | 3-5 |
AD AZIONE INTERMEDIA Insulina umana isofano: flac 10 mL (Humulin I, Protaphane) |
2-4 h | 4-10 | 10-16 |
UMANA AD AZIONE LENTA Insulina umana regolare + Zn (Humulin L) |
2-4 h | 4-12 | 12-18 |
UMANA A LUNGA DURATA D’AZIONE Insulina umana ultralenta (Humulin U) |
6-10 h | 10-16 | 18-24 |
ANALOGHI AD AZIONE RITARDATA | 2-4 h | No |
20-24 |
|
1-2 h | 6-8 |
14-18 |
|
1-2 h | 4-8 | 10-20 (42) |
PREMISCELATE CON INSULINA UMANA (RH/NPH) (il profilo d’azione è condizionato dalla percentuale dei due tipi di insulina)
|
1-2 h | 4-8 | 10-20 |
PREMISCELATE CON ANALOGHI (il profilo d’azione è condizionato dalla percentuale dei due tipi di analogo)
|
20-60' |
1-8 |
18-20 |
|
24-42 |
||
PREMISCELATE ANALOGO INSULINA/ANALOGO GLP-1 |
1-2 |
13-25 |
24-42 |
*Lispro: non controindicata in gravidanza e allattamento; non esistono aghi dedicati prodotti dall’azienda, con caratteristiche peculiari
**Aspart: in pazienti con insufficienza epatica la velocità di assorbimento risulta diminuita; gli aghi specificamente dedicati, previsti nella RCP, hanno un range di lunghezza limitato a 5-8 mm; potrebbero verificarsi problemi di stabilità nelle soluzioni infusionali per via endovenosa utilizzate oltre le 24 ore (es. pompe-siringhe)
**Glulisina: non vi è indicazione per l’uso in gravidanza e durante l’allattamento; non può essere infusa in soluzione glucosata o di Ringer; non vi è esperienza in pazienti con insufficienza epatica; non vi è esperienza in bambini al di sotto dei 6 anni; non è possibile somministrare mezze unità; non sono disponibili aghi specificamente dedicati
Glargine: non vi sono dati sul passaggio placentare. Ad oggi studi su piccoli campioni di nati esposti non segnalano effetti embrio-fetotossici. Cat C nella FDA
Detemir: non vi sono dati sul passaggio placentare. Ad oggi studi su piccoli campioni di nati esposti non segnalano effetti embrio-fetotossici. Cat B nella FDA
Scheda acarbosio
Francesca Grippaldi
Medicina Generale indirizzo Endocrinologico, Ospedale Civile Maggiore, Verona
Servizio di Diabetologia, Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (VR)
Meccanismo d’azione
Inibitore dell'alfa-glicosidasi intestinale, enzima che scinde i carboidrati complessi e i disaccaridi trasformandoli in monosaccaridi. Ritarda l'assorbimento dei carboidrati dal tratto gastrointestinale, riducendo conseguentemente le escursioni glicemiche post-prandiali.
Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Compresse da 50 mg (Acarbosio Aurobindo, Acarbosio DOC, Acarbosio Tecnigen, Acarphage, Glucobay) e 100 mg (Acarbosio DOC, Acarbosio Tecnigen, Acarphage, Glucobay).
Iniziare con 1 compressa da 50 mg x 3 volte al giorno all'inizio del pasto (eventualmente anche 25 mg x 3 volte al giorno). Dopo 4-8 settimane aumentare la posologia a 1 compressa da 100 mg x 3 volte al giorno per la fase di mantenimento. Se necessario, si può aumentare, sotto stretto controllo medico, fino a 2 compresse da 100 mg x 3 volte al giorno. Qualora si manifestino effetti indesiderati, nonostante il rispetto scrupoloso della dieta prescritta, si consiglia di non aumentare il dosaggio del farmaco ed eventualmente ridurlo.
Indicazioni
Diabete mellito non-insulino-dipendente in pazienti sottoposti a trattamento mediante la sola dieta o con l'associazione di dieta e ipoglicemizzanti orali.
Diabete mellito insulino-dipendente in pazienti sottoposti a terapia insulinica e dietetica.
Contro-indicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Gravidanza ed allattamento.
Enteropatie croniche associate a disturbi della digestione e dell'assorbimento.
Età inferiore ai 18 anni.
Pazienti gastroresecati.
Stati patologici che possono essere aggravati da un aumento della produzione di gas a livello intestinale, quali sindrome di Roemheld, grosse ernie, ostruzioni o ulcerazioni intestinali.
Pazienti con grave compromissione della funzionalità renale (clearance della creatinina < 25 mL/min).
Effetti collaterali
Molto comuni: flatulenza.
Comuni: diarrea, dolore gastro-intestinale e addominale.
Non comuni: nausea, vomito, dispepsia.
Rari: aumento degli enzimi epatici.
Molto rari: ittero, edema, reazioni cutanee allergiche, disturbi epatici, stitichezza, occlusione intestinale, trombocitopenia. Non nota la frequenza di epatite.
Gli effetti collaterali a carico dell'apparato gastrointestinale sono dose-dipendenti e tendono ad essere accentuati dal mancato rispetto della dieta ipoglucidica prescritta.
Limitazioni prescrittive
Nessuna.
Scheda gliflozine
Chiara Di Loreto
UOS Diabetologia, Distretto del Perugino, USL Umbria 1
Meccanismo d’azione
Inibizione selettiva del cotrasportatore sodio-glucosio (SGLT-2) a livello renale. Nel paziente affetto da diabete mellito, nonostante l'iperglicemia, il riassorbimento del glucosio a livello renale persiste e il SGLT-2 è sovra-espresso. L'inibizione dello SGLT-2 provoca glicosuria, con riduzione sia della glicemia a digiuno, sia di quella post-prandiale, indipendentemente dai livelli di insulina.
Preparazioni, via di somministrazione, posologia
- Dapagliflozin: compresse rivestite da 5 e 10 mg (Forxiga)
- in combinazione con metformina: (Xigduo) cp 5/850 mg, 5/1000 mg
- in combinazione con saxagliptin: (Qtern) cp rivestite 10/5 mg
- Canagliflozin: compresse da 100 e 300 mg (Invokana).
- in combinazione con metformina: (Vokanamet) cp 50/850 mg, 50/1000 mg, 150/850 mg, 150/1000 mg
- Empagliflozin: compresse da 10 e 25 mg (Jardiance)
- in combinazione con metformina: (Synjardy) cp 5/850 mg, 5/1000 mg, 12.5/850 mg, 12.5/1000 mg
- in combinazione con linagliptin: (Glixambi) cp 10/5 mg, 25/5 mg
- Ertugliflozin: compresse rivestite da 5 e 15 mg (Steglatro)
- in combinazione con metformina: (Segluromet) cp 2.5/850 mg, 2.5/1000 mg, 7.5/850 mg, 7.5/1000 mg
- in combinazione con sitagliptin: (Steglujan) cp 5/100 mg, cp 15/100 mg
- in combinazione con metformina: (Segluromet) cp 2.5/850 mg, 2.5/1000 mg, 7.5/850 mg, 7.5/1000 mg
Le compresse non associate a metformina, sono da assumere per os una volta al giorno, indipendentemente dai pasti.
Le compresse associate a metformina vanno assunte due volte al giorno.
Tutti i dosaggi sono efficaci sia in monoterapia, sia in associazione con altri ipoglicemizzanti orali o insulina. In caso di elevati valori glicemici, è possibile iniziare subito con la dose più alta di gliflozina.
Dati recenti dimostrano una maggiore efficacia della associazione tra dapaglifozin e GLP-1 rispetto al trattamento con i singoli medicinali, in aggiunta alla metformina. Negli studi di registrazione è stata dimostrata l’efficacia dell’associazione di empagliflozina + linagliptin in aggiunta a metformina, rispetto alla sola associazione linagliptina + metformina.
Indicazioni
Diabete tipo 2: in adulti e bambini ≥ 10 anni, non adeguatamente controllati, in aggiunta a dieta ed esercizio:
- in mono-terapia quando l’impiego di metformina è ritenuto inappropriato a causa di intolleranza;
- in aggiunta ad altri medicinali per il trattamento del DM2.
Insufficienza cardiaca cronica sintomatica negli adulti (solo dapagliflozin ed empagliflozin).
Malattia renale cronica negli adulti (solo dapagliflozin ed empagliflozin).
Contro-indicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o agli eccipienti (la compressa contiene lattosio anidro).
Non utilizzare nella terapia del diabete mellito tipo 1 e in caso di chetoacidosi diabetica.
Non utilizzare in gravidanza e durante l'allattamento.
Precauzioni
Compromissione renale:
- dapagliflozin:
- eGFR < 45 mL/min: efficacia ridotta
- eGFR < 25 mL/min: non iniziare il trattamento
- empagliflozin:
- eGFR < 60 mL/min: utilizzare 10 mg
- eGFR < 45 mL/min: efficacia ridotta
- eGFR < 20 mL/min: non iniziare il trattamento
- canagliflozin:
- eGFR 30-60 mL/min: utilizzare 100 mg
- eGFR < 30 mL/min: continuare con 100 mg se già in corso (fino alla dialisi o al trapianto renale), ma non iniziare ex novo
- ertugliflozin:
- eGFR 45-60 mL/min: iniziare con 5 mg 8e titolare se n recessario fino a 15 mg
- eGFR < 45 mL/min: non iniziare il trattamento
- eGFR < 30 mL/min:interrompere il trattamento
Compromissione epatica:
- dapagliflozin: se moderata-lieve non necessario aggiustamento del dosaggio; se grave iniziare con 5 mg (aumentabile a 10 se ben tollerata)
- empagliflozin, canagliflozin, ertugliflozin: se moderata-lieve non necessario aggiustamento del dosaggio; se grave non utilizzare.
Per l’indicazione diabete si raccomanda l’abbondante idratazione e attenzione all’uso combinato con i diuretici dell'ansa, che vanno detitolati/sospesi o massima allerta in tutte le condizioni intercorrenti che possano causare deplezione di volume.
In pazienti trattati con inibitori di SGLT-2, sono stati segnalati rari casi di chetoacidosi diabetica (DKA); nella maggior parte di questi casi la presentazione della condizione era atipica, con aumento di glicemia solo moderato (< 250 mg/dL). È importante considerare la DKA in presenza di sintomi non specifici, come nausea, vomito, anoressia, dolore addominale, sete eccessiva, difficoltà a respirare, confusione, sonnolenza, indipendentemente dai livelli ematici di glucosio. Prima di iniziare il trattamento con gliflozine è necessario considerare fattori anamnestici che possano predisporre alla DKA. Sono ad alto rischio di DKA pazienti con ridotta attività residua delle cellule β (es. LADA, pazienti con DM2 e bassi livelli di peptide C, pazienti con storia di pancreatite), pazienti con condizioni che comportano ridotto apporto di cibo o grave disidratazione, pazienti per i quali le dosi di insulina sono state ridotte o pazienti che richiedono un aumento di insulina a causa di malattie acute, interventi chirurgici o abuso di alcool.
Effetti collaterali
Comuni: vulvo-vaginiti, balaniti e infezioni genitali correlate; infezioni delle vie urinarie. Poliuria, polidipsia. Aumento dell'ematocrito, dislipidemia. Dolori alla schiena. Ipoglicemia (se usato con sulfaniluree o insulina).
Non comuni: prurito vulvo-vaginale, deplezione di volume, costipazione, iperidrosi, nicturia, aumento dei livelli ematici di creatinina e/o di urea.
Nella pratica clinica l’incidenza di infezioni è sovrapponibile a quella degli studi registrativi. È necessario fornire consigli adeguati al paziente per minimizzare il rischio infettivo e consigliare terapia adeguata e/o la sospensione temporanea del farmaco in caso di infezioni derivanti da SGLT2-i.
Limitazioni prescrittive
Nota 100 per il DM2.
Piano terapeutico AIFA per le altre indicazioni (empagliflozin non rimborsato per malattia renale).
Scheda gliptine
Maurizio Poggi1, Rossella Dionisio2 & Emanuele Spreafico3
1AO Sant’Andrea, Roma
2UO Diabetologia, Ospedale S Carlo, Milano
3UO Diabetologia, Endocrinologia e Nutrizione Clinica, ASST di Monza - Presidio di Desio
MECCANISMO D'AZIONE
Diminuzione del metabolismo del GLP-1, attraverso inibizione dell'enzima DDP-4, che, in condizioni fisiologiche, inattiva sia GLP-1 che GIP.
INDICAZIONI
DMT2 in scarso compenso con le prescrizioni comportamentali e/o in fallimento con la terapia orale in atto (metformina e/o altri ipoglicemizzanti orali).
CONTRO-INDICAZIONI
Cautela in soggetti con pregresse pancreatiti, storia di abitudine all'alcool, importante ipertrigliceridemia.
Necessario aggiustamento posologico in caso di insufficienza renale grave (ad eccezione del linagliptin).
Saxagliptin, vildagliptin e alogliptin non sono raccomandati in classe NYHA III-IV.
PREPARAZIONI, VIE DI SOMMINISTRAZIONE E POSOLOGIA
Tutte le molecole vengono somministrate per via orale. Possono essere impiegate in monoterapia o in associazione a metformina, sulfaniluree, glitazoni, insulina.
- cp da 25 mg (Januvia, Meliglix, Sitagliptin Aurobindo, Sitagliptin DOC, Sitagliptin EG, Sitagliptin HCS, Sitagliptin Sandoz, Sitagliptin TEVA, Sitagliptin Zentiva, Tesavel, Xelevia)
- cp da 50 mg (Januvia, Meliglix, Sitagliptin Aurobindo, Sitagliptin Biogaran, Sitagliptin DOC, Sitagliptin EG, Sitagliptin Grindeks, Sitagliptin HCS, Sitagliptin Mylan, Sitagliptin Pensa, Sitagliptin Sandoz, Sitagliptin Sun, Sitagliptin TEVA, Sitagliptin Zentiva, Tesavel, Xelevia)
- cp da 100 mg (Januvia, Meliglix, Sitagliptin Aurobindo, Sitagliptin Biogaran, Sitagliptin DOC, Sitagliptin EG, Sitagliptin Grindeks, Sitagliptin HCS, Sitagliptin Pensa, Sitagliptin Sandoz, Sitagliptin Sun, Sitagliptin TEVA, Tesavel, Xelevia), 1 cp/die.
- In associazione a metformina:
- 50 mg + 850 mg (Efficib, Janumet, Sitagliptin e Metformina DOC, Sitagliptin e Metformina Dr.Reddy's, Sitagliptin e Metformina EG, Sitagliptin e Metformina Grindeks, Sitagliptin e Metformina KRKA, Sitagliptin e Metformina Mylan, Sitagliptin e Metformina Pensa, Sitagliptin e Metformina Sandoz, Sitagliptin e Metformina TEVA, Sitagliptin e Metformina Zentiva, Velmetia);
- 50 mg + 1000 mg (Efficib, Janumet, Sitagliptin e Metformina DOC, Sitagliptin e Metformina Dr.Reddy's, Sitagliptin e Metformina EG, Sitagliptin e Metformina Grindeks, Sitagliptin e Metformina KRKA, Sitagliptin e Metformina Mylan, Sitagliptin e Metformina Pensa, Sitagliptin e Metformina Sandoz, Sitagliptin e Metformina TEVA, Sitagliptin e Metformina Zentiva, Velmetia);
- 50 mg + 500 mg a rilascio modificato (Diesmit);
- 50 mg + 1000 mg a rilascio modificato (Diesmit)
- 100 mg + 1000 mg a rilascio modificato (Diesmit)
- In associazione a ertugliflozin: 100 mg + 5 mg (Steglujan), 100 mg + 15 mg (Steglujan)
- cp 50 mg (Galvus, Vildagliptin Accord, Vildagliptin Aurobindo, Vildagliptin DOC, Vildagliptin EG, Vildagliptin KRKA, Vildagliptin Mylan, Vildagliptin Pensa, Vildagliptin Sandoz, Vildagliptin TEVA).
- In associazione a metformina:
- 50 mg + 850 mg (Eucreas, Vildagliptin e Metformina Accord, Vildagliptin e Metformina Aurobindo, Vildagliptin e Metformina DOC, Vildagliptin e Metformina EG, Vildagliptin e Metformina KRKA, Vildagliptin e Metformina Pensa, Vildagliptin e Metformina Sandoz, Vildagliptin e Metformina TEVA, Vildagliptin e Metformina Zentiva);
- 50 mg + 1000 mg (Eucreas, Vildagliptin e Metformina Accord, Vildagliptin e Metformina Aurobindo, Vildagliptin e Metformina DOC, Vildagliptin e Metformina EG, Vildagliptin e Metformina KRKA, Vildagliptin e Metformina Pensa, Vildagliptin e Metformina Sandoz, Vildagliptin e Metformina TEVA, Vildagliptin e Metformina Zentiva).
- cp da 2.5 mg e 5 mg (Onglyza).
- In associazione a metformina: 2.5 mg + 850 mg e 2.5 mg + 1000 mg (Komboglyze).
- In associazione a dapagliflozin: cp 5 mg + 10 mg (Qtern)
- cp 5 mg (Trajenta).
- In associazione a metformina: 2.5 mg + 850 mg e 2.5 mg + 1000 mg (Jentadueto).
- In associazione a empagliflozin: 5 mg + 10 mg e 5 mg + 25 mg (Glyxambi)
- cp 6.25 mg, 12.5 mg, 25 mg (Vipidia).
- In associazione a metformina: 12.5 mg + 850 mg e 12.5 mg + 1000 mg (Vipdomet).
- In associazione a pioglitazone: 12.5 mg + 30 mg, 12.5 mg + 45 mg, 25 mg + 30 mg, 25 mg + 45 mg (Incresync).
EFFETTI COLLATERALI
Riportati casi di rinofaringite e cefalea.
LIMITAZIONI PRESCRITTIVE
Nota 100.