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Dominique Van Doorne

 

I noduli tiroidei benigni sono molto frequenti e diffusi nella popolazione generale. Un corretto apporto di iodio con l’alimentazione e con l’uso quotidiano di un pizzico di sale iodato sta portando a una lenta e progressiva riduzione della frequenza dei noduli tiroidei in Italia.
Molti pazienti scoprono di avere noduli tiroidei per caso, incidentalmente, durante l’esecuzione di altri esami di diagnostica per immagini, come un ecodoppler dei tronchi sovra-aortici. La diagnosi di un nodulo tiroideo comporta un percorso diagnostico-terapeutico che cerca di rispondere a più domande:

  1. si tratta di un nodulo benigno o maligno? La risposta, nel caso che ci sia questo sospetto, è data dall’agoaspirato;
  2. si tratta di un nodulo che produce troppi ormoni tiroidei (cosiddetto nodulo iperfunzionante)? La risposta è data dal dosaggio degli ormoni tiroidei nell’esame del sangue;
  3. si tratta di un nodulo che aumenta progressivamente di volume?

Il 90% dei noduli benigni può essere “osservato” nel tempo, facendo solo controlli periodici dell’ecografia e della funzione tiroidea (ogni 1-3 anni secondo i casi). Tuttavia, il 10% dei noduli tende a crescere nel tempo, raggiungendo delle dimensioni tali da dare sintomi da compressione delle strutture vicine, come la trachea, l’esofago, i nervi e i vasi del collo. I sintomi più frequenti sono un senso di compressione che si avverte soprattutto in alcune posizioni del collo, disturbo respiratorio (dispnea), disturbo della voce (disfonia), fastidio durante la deglutizione (disfagia). Altre volte i noduli benigni voluminosi si manifestano con un gonfiore nella parte bassa del collo, visibile a occhio nudo, che crea un problema estetico.
In Italia, nel 2017, sono stati eseguiti circa 26.000 interventi chirurgici per asportazione di noduli tiroidei benigni sintomatici. Nella maggior parte degli interventi è stata tolta tutta la tiroide (tiroidectomia totale) per la presenza di noduli nei due lobi tiroidei; in un numero più piccolo di casi è stata asportata solo mezza tiroide (emitiroidectomia o lobectomia) per la presenza di uno o più noduli in un solo lobo tiroideo. Negli ultimi 20 anni ci sono stati molti progressi nelle procedure chirurgiche tiroidee, tanto da richiedere che sia praticata solo da chirurghi esperti in tiroidectomia. L’approccio mini-invasivo ne è il miglior esempio, permettendo al chirurgo di trasformare la tradizionale tiroidectomia in MIVAT (tiroidectomia mini-invasiva video-assistita). La MIVAT non è indicata per tutti i pazienti e la tiroidectomia classica è ancora indicata nei noduli e gozzi molto voluminosi o in certi tumori della tiroide. Le due tecniche sono equivalenti per efficacia e tasso di complicanze, ma dal punto di vista del paziente la differenza sta nel minor impatto estetico della MIVAT, che lascia una cicatrice più piccola.
Vantaggi della chirurgia: soluzione definitiva che non richiede più ecografie di controllo.
Svantaggi della chirurgia: ipotiroidismo (se viene tolta tutta la ghiandola), necessità di anestesia generale, necessità di ricovero (1-4 notti) e, ovviamente, la presenza di una cicatrice chirurgica.
Le possibili complicanze della chirurgia sono:

  • ipoparatiroidismo nel 2-6% (solo nei casi di tiroidectomia totale), con necessità di prendere calcio e vitamina D per tutta la vita. Nel caso della lobectomia non si rischia di avere un ipoparatiroidismo, perché le paratiroidi dell’altro lato del collo possono compensare l’eventuale danno delle paratiroidi del lato operato;
  • danno permanente del nervo laringeo ricorrente, in circa l’1% dei pazienti operati, con paralisi di una corda vocale e conseguente disfonia, che richiede una logopedia per riabilitare la voce. Questa complicanza ha un forte impatto sulla qualità di vita del paziente;
  • danno del nervo laringeo superiore nel 3.7% dei casi, che provoca difficoltà a cantare, urlare e fare toni acuti, cose che possono essere un problema molto serio per i cantanti professionisti, ma che per tutti hanno un impatto sulla qualità di vita;
  • emorragia in circa l’1.2% dei casi, con necessità di un rapido re-intervento in rari casi.

Nelle ultime 2 decadi sono stati proposti diversi trattamenti mini-invasivi, mirati al trattamento ambulatoriale dei noduli sintomatici, senza necessità di anestesia generale e con  minimo rischio di danno alla cute e ai tessuti cervicali (1).
L’alcolizzazione percutanea ecoguidata (PEI) è un’alternativa consolidata alla chirurgia, sicura ed efficace per le voluminose cisti tiroidee (a contenuto liquido) recidivanti. Dapprima si aspira il liquido cistico, per esaminarlo allo scopo di escludere le rare cisti neoplastiche. In caso di recidiva della cisti, si riaspira il liquido e si inietta etanolo per “seccare” le pareti della cisti. Attualmente la PEI viene considerata il trattamento di scelta per le grosse cisti recidivanti, poiché l’efficacia (considerata come diminuzione di volume di almeno il 50%) è di circa il 90% con una o più iniezioni di etanolo e il tasso di complicanze è molto basso. Le complicanze maggiori sono eccezionali e per la maggior parte transitorie (paralisi transitoria delle corde vocali). Poiché la riduzione di volume viene mantenuta a lungo nel tempo, la PEI è considerata come il trattamento con il miglior rapporto costo-efficacia per le cisti tiroidee benigne recidivanti dopo l’aspirazione. Al contrario, la PEI non è considerata un’opzione sicura per i noduli solidi, poiché la possibile diffusione dell’etanolo nei tessuti molli cervicali adiacenti può provocare la paralisi della corda vocale con raucedine, o un forte dolore cervicale o ancora la fibrosi dei tessuti cervicali (briglie di tessuto cicatriziale duro).
Da qualche anno è possibile fare una terapia non chirurgica del nodulo tiroideo benigno solido sintomatico, grazie all’uso di onde Laser o onde di radiofrequenza (RF), portate nel nodulo attraverso un ago. Le onde surriscaldano la parte interna del nodulo fino a provocare la morte delle cellule (necrosi). Questa tecnica, chiamata termoablazione del nodulo tiroideo, è molto ben tollerata, viene eseguita in anestesia locale e non richiede ricovero. L’operatore si serve di un ecografo per controllare il corretto posizionamento dell’ago e la quantità di tessuto “bruciato”. È importante sottolineare che, prima di procedere alla termoablazione, bisogna essere certi che si tratti di un nodulo benigno, attraverso l’esecuzione di 1 o 2 agoaspirati. La termoablazione non è indicata nel caso di noduli molto voluminosi o presenza di più noduli grandi (gozzi multinodulari), perché non permette di ottenere risultati soddisfacenti. In questi casi, si procede all’asportazione chirurgica di una parte o di tutta la ghiandola tiroidea.
I vantaggi della termoablazione sono:

  • assenza di cicatrice chirurgica;
  • assenza di anestesia generale;
  • non necessità di ricovero;
  • funzione tiroidea conservata.

Le complicanze durante e subito dopo la procedura sono poco frequenti e per lo più transitorie. In mani esperte non superano l’1% dei casi e consistono in:

  • emorragia all’interno della tiroide (1% dei casi);
  • ematoma cutaneo (0.5% dei casi);
  • bruciatura cutanea (0.5% dei casi);
  • dolore: lieve nel 10% dei casi e moderato nello 0.5%;
  • danno transitorio del nervo ricorrente che controlla la voce (0.5% dei casi).

Sono estremamente rare (pochi casi descritti nel mondo, che non succedono quando l’operatore è esperto) le complicanze gravi: rottura del nodulo o danno permanente del nervo laringeo ricorrente con disfonia e dispnea da sforzo persistenti.
La termoablazione, sia con Laser che con RF, permette di ottenere una riduzione di circa il 50-80% del volume del nodulo nei mesi successivi. Se la riduzione del volume del nodulo non è ritenuta sufficiente, si procede a una seconda seduta di termoablazione. La riduzione delle dimensioni del nodulo persiste per molti anni (anche 5-10). Alcuni noduli riprendono a crescere dopo 5 anni, per cui può essere necessario ripetere la procedura.
In conclusione, i noduli tiroidei benigni nella maggior parte dei casi possono essere tenuti sotto osservazione con ecografie periodiche, non ravvicinate (ogni 1-3 anni secondo i casi). La chirurgia è ancora l’unica scelta terapeutica per i noduli molto voluminosi o nei casi di gozzi multinodulari con diversi noduli grandi e/o in crescita. Sono attualmente disponibili trattamenti meno invasivi come alternativa alla chirurgia tradizionale, per la riduzione delle dimensioni dei noduli benigni voluminosi e sintomatici. Nel caso di noduli grandi e che danno sintomi, si può prendere in considerazione la termoablazione per ridurre il volume del nodulo ed evitare il rischio di complicanze della chirurgia. Per fare la scelta migliore, bisogna ricordarsi di chiedere al medico quali sono i risultati e le complicanze del trattamento proposto e qual è la sua esperienza nell’esecuzione della procedura chirurgica o della nuova tecnica ablativa, poiché, come già detto, il tasso di complicanze diminuisce quando la procedura invasiva viene eseguita da medici esperti in centri altamente specializzati.

 

Bibliografia

  1. Gharib H, et al. Nonsurgical, image-guided, minimally invasive therapy for thyroid nodules. J Clin Endocrinol Metab 2013, 98: 3949-57.