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Filippo Egalini
Divisione di Endocrinologia, Diabete e Metabolismo, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Torino

(aggiornato al 25 marzo 2024)

 

Meccanismo di azione
Inclisiran è un acido ribonucleico ipocolesterolemizzante, a doppio filamento, interferente breve (siRNA), coniugato a un filamento senso con N-acetilgalattosammina triantennaria (GalNAc) per indirizzare la captazione verso gli epatociti. Negli epatociti, inclisiran utilizza il meccanismo di interferenza dell’RNA e dirige la degradazione catalitica dell’mRNA per la proproteina convertasi subtilisina kexina tipo 9 (PCSK9). Questo aumenta il riciclo del recettore dell’LDL-C e la sua espressione sulla superficie della cellula dell’epatocita, che aumenta la captazione dell’LDL-C e ne diminuisce i livelli circolanti.

 

Indicazioni
Adulti con ipercolesterolemia primaria (eterozigote familiare e non familiare) o dislipidemia mista, in aggiunta alla dieta:

  • in associazione a una statina o una statina con altre terapie ipolipemizzanti in pazienti non in grado di raggiungere gli obiettivi per l'LDL-C con la dose massima tollerata di una statina;
  • in mono-terapia o in associazione ad altre terapie ipolipemizzanti in pazienti intolleranti alle statine o per i quali una statina è controindicata.

Criteri rimborsabilità
Adulti di età ≤ 80 anni:

  • in prevenzione primaria con ipercolesterolemia familiare eterozigote e livelli di LDL-C ≥ 130 mg/dL nonostante terapia da almeno sei mesi con statina ad alta potenza alla massima dose tollerata + ezetimibe, oppure con dimostrata intolleranza alle statine e/o all'ezetimibe;
  • in prevenzione secondaria con ipercolesterolemia familiare eterozigote o ipercolesterolemia non familiare o dislipidemia mista e livelli di LDL-C ≥ 70 mg/dL nonostante terapia da almeno sei mesi con statina ad alta potenza alla massima dose tollerata + ezetimibe oppure dopo una sola rilevazione di LDL-C in caso di IMA recente (ultimi dodici mesi) o eventi CV multipli oppure con dimostrata intolleranza alle statine e/o all'ezetimibe.

 

Preparazioni, modalità di somministrazione, posologia
Inclisiran (Leqvio): siringhe pre-riempite contenenti 284 mg di inclisiran sodico in 1.5 mL di soluzione (189 mg/mL). Non sono richieste condizioni particolari di conservazione.
La dose raccomandata è di 284 mg come singola iniezione sottocutanea: all’inizio, dopo 3 mesi e successivamente ogni 6 mesi.
Il farmaco deve essere somministrato in addome; altri possibili siti alternativi sono il braccio e la coscia. La somministrazione deve essere effettuata da un operatore sanitario.
Per mantenere basso l’LDL-C, si raccomanda che inclisiran sia somministrato entro 2 settimane dall’ultima dose di un anticorpo monoclonale inibitore di PCSK9 (ma può essere somministrato immediatamente).

 

Efficacia e sicurezza
Riduzione di LDL-C a 17 mesi del 48% (studio ORION-9 in soggetti con ipercolesterolemia familiare eterozigote), del 52% (studio ORION-10 in soggetti con malattia CV accertata), del 50% (studio ORION-11 in soggetti con malattia CV accertata o soggetti con rischio CV equivalente).
La sicurezza del farmaco è stata dimostrata a seguito di un’analisi post-hoc degli studi ORION, considerando un periodo medio di esposizione al farmaco di 2.8 anni.

 

Controindicazioni e avvertenze
Ipersensibilità al principio attivo o agli eccipienti (sodio idrossido, acido fosforico).
Popolazione pediatrica: non sono disponibili dati.
Gravidanza: evitare l’uso.
Allattamento: non è noto se inclisiran passi nel latte materno, per cui la decisione di assumerlo deve essere presa dopo una valutazione medica del rapporto rischio/beneficio.
Anziani:
non sono necessari aggiustamenti della dose in pazienti con età ≤ 65 anni.
Non si prevedono interazioni con altri farmaci.
Compromissione della funzione renale: non sono necessarie correzioni della dose ma l’esperienza è limitata nel caso di compromissione severa. Nell’emodializzato, considerata l’eliminazione renale del farmaco, l’emodialisi non deve essere praticata per almeno 72 ore dopo la somministrazione.
Compromissione epatica: non sono necessari aggiustamenti della dose in pazienti con compromissione lieve o moderata (Child-Pugh classe A e B), mentre non sono disponibili dati in pazienti con compromissione severa (Child-Pugh classe C), in cui il farmaco deve essere utilizzato con cautela.

 

Effetti indesiderati
Reazioni avverse in sede di iniezione: negli studi registrativi di intensità lieve o moderata, transitorie e risoltesi senza sequele nell’8.2% dei trattati (vs 1.8% con placebo).
Incremento transaminasi: negli studi clinici di fase III, incrementi asintomatici tra 1 e 3 ULN nel 17-20% dei trattati (vs 11-14% con placebo).

 

Regime di fornitura
Classe di rimborsabilità A. Medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti – cardiologo, internista, neurologo, endocrinologo (RRL).

 

Costo (al marzo 2024)

Prezzo ex factory € 2823.39 (IVA esclusa), al pubblico € 4659.82 (IVA inclusa).
È obbligatorio applicare uno sconto sul prezzo ex factory alle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate SSN.

 

Bibliografia

  • Riclassificazione del medicinale per uso umano «Leqvio», ai sensi dell'art. 8, comma 10, della Legge 24 dicembre 1993, n. 537. Determina 13 settembre 2022. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 231 del 3/10/2022.
  • Raal FJ, et al; ORION-9 Investigators. Inclisiran for the treatment of heterozygous familial hypercholesterolemia. N Engl J Med 2020, 382: 1520-30.
  • Ray KK, et al; ORION-10 and ORION-11 Investigators. Two phase 3 trials of inclisiran in patients with elevated LDL cholesterol. N Engl J Med 2020, 382: 1507-19.
  • Wright RS, et al. Safety and tolerability of inclisiran for treatment of hypercholesterolemia in 7 clinical trials. J Am Coll Cardiol 2023, 82: 2251-61.
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Francesco Cavagnini
Istituto Auxologico Italiano, Università di Milano

 

Considerato fino a pochi anni or sono un semplice serbatoio di energia depositata in forma di trigliceridi, il tessuto adiposo è stato recentemente riconosciuto come un organo distinto, l’organo adiposo. Concepito dapprima come tessuto senza un’architettura specifica, a struttura e distribuzione diffusa, questo tessuto si è rivelato costituito da due tipi di cellule adipose con specifiche caratteristiche morfo-funzionali, dotato di una struttura ben definita e provvisto di una distribuzione peculiare.
Istologicamente, vi si riconoscono due tipi di cellule.

  • Gli adipociti bianchi sono sferici, occupati da un unico vacuolo di grasso che sospinge alla periferia il nucleo e il citoplasma, ridotto ad una sottile rima, con mitocondri dotati di poche creste. Rappresentano una riserva energetica: mentre in caso di sovra-alimentazione si ingrossano accumulando trigliceridi, in caso di carenza alimentare provvedono ad ossidare i trigliceridi con produzione di energia (ATP), riducendo quindi le loro dimensioni.
  • Gli adipociti bruni sono più piccoli dei precedenti, poligonali, con nucleo centrale circondato da numerosi piccoli vacuoli di grasso e abbondante citoplasma ricco di mitocondri con molte creste laminari. Tali cellule sono in stretto contatto con vasi sanguigni e fibre nervose adrenergiche. Grazie alla presenza nei mitocondri di una proteina (UCP-1, uncoupling protein1) in grado di disaccoppiare e quindi rendere inefficace la fosforilazione ossidativa, gli adipociti bruni hanno una funzione opposta ai precedenti: anziché conservare e produrre al bisogno energia in forma di ATP, la disperdono sotto forma di calore. In questo modo assicurano l’omeostasi termica dell’organismo in caso di abbassamento della temperatura ambientale oppure aumentano il dispendio energetico in caso di sovra-alimentazione. Questo processo biochimico è innescato da una stimolazione adrenergica, con liberazione di noradrenalina e attivazione dei suoi recettori β3 specificamente espressi sulla membrana di questi adipociti. Il calore prodotto verrà facilmente diffuso all’intero organismo attraverso la ricca rete vascolare che li circonda. Di fatto, nell’animale geneticamente modificato, l’assenza del recettore adrenergico β3 o del tessuto adiposo bruno è seguita dallo sviluppo di obesità. L’adipocita bruno, a differenza dell’adipocita bianco, non modifica sostanzialmente la propria morfologia in caso di eccessivo apporto calorico.

I progenitori dell’adipocita bianco e bruno non sono i fibroblasti presenti nel tessuto adiposo stesso, bensì cellule endoteliali (periciti) dei capillari che lo irrorano.

Circa la struttura del tessuto adiposo, è stato di recente documentato come essa non sia di tipo continuo e uniforme, bensì costituita da diversi depositi di grasso, tra loro isolabili in quanto provvisti di una membrana connettivale. In seno ad ogni deposito sono riconoscibili adipociti bruni frammisti agli adipociti bianchi. Nella specie umana, gli adipociti bianchi sono largamente prevalenti su quelli bruni.

La copresenza dei due citotipi nel tessuto adiposo è la premessa per il fenomeno della trans-differenziazione reversibile tra i due tipi di adipociti, fenomeno che conferisce al tessuto adiposo una sorprendente plasticità. Infatti, la prolungata esposizione al freddo, così come l’attivazione protratta del sistema adrenergico (pazienti con feocromocitoma), induce un aumento degli adipociti bruni nel tessuto adiposo. Questo aumento non sembra tanto dovuto ad una proliferazione di cellule progenitrici, ma piuttosto ad una trasformazione diretta (trans-differenziazione) degli adipociti bianchi in adipociti bruni con neo-espressione della proteina UCP-1. Al contrario, l’elevazione della temperatura ambientale nell’animale da esperimento, induce una trasformazione degli adipociti bruni, che perdono la caratteristica multi-vacuolarità per diventare simili agli adipociti bianchi, con un unico vacuolo di grasso intra-cellulare e con abolizione dell’espressione di UCP-1. Un ruolo chiave nel processo di trans-differenziazione è svolto da una miochina prodotta dal muscolo, denominata irisina, che induce una riprogrammazione genica del tessuto adiposo in risposta a variazioni nutrizionali.

Un altro elemento importante nell’istologia del tessuto adiposo è costituito dai macrofagi. Nell’obesità è presente una vera patologia del tessuto adiposo: questo mostra una massiva infiltrazione di macrofagi, responsabili della produzione di numerose citochine (TNFα, IL-6, IL-1α, ecc) che impattano con il recettore insulinico causando insulino-resistenza.

Per quanto riguarda la sua distribuzione, il tessuto adiposo si trova localizzato in sede sottocutanea, nell’omento e in sede profonda, peri-viscerale. La sua distribuzione distrettuale differisce nei due sessi e riveste notevole rilevanza clinica. Nella donna è più rappresentato in regione gluteo-femorale, nell’uomo a livello addominale. L’adipe dei due distretti, superficiale e profondo, sembra dotato di diverse caratteristiche funzionali, presentando addirittura una diversa capacità di espressione genica. Di fatto, è oggi ben documentato che in entrambi i sessi un eccesso di adipe viscerale, quale si osserva nella sindrome metabolica, si associa ad un aumentato rischio cardiovascolare.

A conferire al tessuto adiposo la dignità di “organo” contribuisce la capacità della sua componente bianca di produrre un elevato numero di ormoni e altre molecole biologicamente attive (adipochine), tanto da poter essere considerato un organo endocrino.

Di recente è stato ipotizzato che in caso di iperalimentazione avrebbe luogo un’espansione del compartimento adiposo sottocutaneo, che assorbirebbe l’eccesso di energia introdotta, limitando la neoformazione di adipe viscerale. Tale espansione si verificherebbe per ingrossamento degli adipociti bianchi pre-esistenti, per neo-formazione di nuovi adipociti a partire da cellule progenitrici e anche per trans-differenziazione di adipociti bruni in adipociti bianchi. Ben si comprende come una disfunzione dell’adipe sottocutaneo, con inceppamento di questo meccanismo, possa contribuire all’instaurarsi dell’obesità viscerale con le conseguenti ripercussioni cliniche.

Queste nuove acquisizioni anatomo-funzionali sul tessuto adiposo possiedono un forte potenziale terapeutico, stimolando la ricerca di nuovi farmaci (es. agonisti selettivi dei recettori β3-aderenergici) per il trattamento dell’obesità.

 

Bibliografia

  1. Cinti S. The adipose organ at a glance. Dis Model Mech 2012, 5: 588–94.
  2. Smorlesi A, Frontini A, et al. The adipose organ: white-brown adipocyte plasticity and metabolic inflammation. Obes Rev 2012, 13 Suppl 2: 83-96.
  3. Frontini A, Vitali A, et al. White-to-brown transdifferentiation of omental adipocytes in patients affected by pheochromocytoma. Biochim Biophys Acta 2013, 1831: 950–9.
  4. Boström P, Wu J, et al. A PGC1α-dependent myokine that drives browning of white fat and thermogenesis. Nature 2012, 481: 463–8.
  5. Alligier M, Gabert L, et al. Visceral fat accumulation during lipid overfeeding is related to subcutaneous adipose tissue characteristics in healthy men. J Clin Endocrinol Metab 2013, 98: 802–10.
  6. Frontini A, Giordano A, et al. Endothelial cells of adipose tissues: a niche of adipogenesis. Cell Cycle 2012, 11: 2765-6.
  7. Tran KV, Gealekman O, et al. The vascular endothelium of the adipose tissue gives rise to both white and brown fat cells. Cell Metab 2012, 15: 222-9.