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Marco Caputo
Synlab Med srl, Calenzano (FI)

(aggiornamento marzo 2023)

 

La scelta di misurare la copeptina al posto di AVP è dovuta alla sua maggiore praticabilità in termini di stabilità e praticità operativa, oltre alla comprovata affidabilità come complemento alla diagnostica delle alterazioni del bilancio dell’acqua.
I metodi più diffusi sono quelli in immuno-fluorescenza omogenea automatizzata, che utilizzano un doppio tracciante fluorescente. L’intensità del segnale è direttamente proporzionale alla concentrazione di copeptina nel campione.
Possibili interferenze:

  • sepsi, shock settico, infezioni bronchiali, BPCO e cardio-vasculopatie intercorrenti possono indurre aumenti aspecifici di concentrazione ematica della copeptina;
  • terapie con antagonisti della vasopressina, altre patologie che coinvolgano la secrezione di vasopressina, inducono un aumento di concentrazione ematica di copeptina;
  • sono stati riportati casi di aumenti di copeptina ectopica prodotta da carcinomi bronchiali;
  • l’interpretazione del dato in caso di diabete insipido centrale o periferico può essere complicata dall’incompleta espressione clinica della patologia;
  • anticorpi eterofili (specialmente anti-topo) possono produrre risultati inaccurati per sovrastima o sottostima. Il laboratorio dovrebbe essere avvertito in caso di discrepanza del risultato con il quadro clinico.

Campione: plasma in EDTA (tappo lilla). Campioni emolizzati non sono accettabili.

Preparazione paziente: è indicato il digiuno e l’astensione da liquidi, inclusa acqua, nelle 8 ore precedenti il prelievo.

Conservazione: stabile 7 giorni a 4-8°C, dopo va congelato.

 

Riferimenti

  • Tietz Textbook of Laboratory Medicine, 7th Edition, 2022.
  • Advances in Clinical Chemistry 1st Edition, 2019.
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Romolo Dorizzi1 & Marco Caputo2
1Laboratorio, UO Corelab-Laboratorio Unico di Area Vasta Romagna, Pievesestina di Cesena (FC)
2Laboratorio Chimica Clinica ed Ematologia, Ospedale G. Fracastoro, Azienda USL 20, Verona

 

 

Il medico di laboratorio ha cura di scegliere la strumentazione e i metodi più validi, fa in modo che le fasi pre-analitiche (di preparazione del paziente e raccolta e gestione del campione) e di refertazione siano adeguate, e ottimizza l’accuratezza e la precisione dei risultati.
Un metodo si definisce “accurato” quando il risultato è prossimo al cosiddetto “valore vero”, “preciso” quando produce risultati riproducibili.
I risultati analitici sono tuttavia soggetti a errore, indipendentemente dalla qualità del laboratorio e dall’abilità di chi vi lavora. Gli aspetti quantitativi della mancanza di precisione meritano di essere chiariti. Ad esempio, se misuriamo molte volte la concentrazione di ACTH in un campione di plasma con due metodi diversi, uno molto preciso ed uno poco preciso, l’istogramma della distribuzione dei risultati avrà in entrambi i casi un aspetto (normale) gaussiano, ma nel caso del metodo preciso i risultati saranno più concentrati intorno alla concentrazione media. La deviazione standard (DS) è la misura di questa distribuzione intorno al valore medio: la DS è grande se la distribuzione è ampia ed è piccola se la distribuzione è stretta. Per i dati che hanno distribuzione gaussiana, come avviene nel caso degli errori analitici, l’aspetto della curva è completamente definito dalla media e dalla DS. In particolare, si verifica che:

  • circa il 67% dei risultati è compreso nell’ambito definito da media ± 1 DS
  • circa il 95% dei risultati è compreso nell’ambito definito da media ± 2 DS
  • circa il 99% dei risultati è compreso nell’ambito definito da media ± 3 DS.

La figura mostra (in alto a sinistra) un esame accurato, che si avvicina cioè al valore vero, ma è scarsamente riproducibile (i risultati cioè si disperdono intorno al risultato vero), e (ialtn basso a destra) un esame preciso, in cui i punti si disperdono in un’area molto stretta, ma molto distante dal valore vero (l’esame è poco accurato); in alto a destra un esame accurato e preciso e in basso a sinistra un esame inaccurato e impreciso.
Poiché spesso gli esami ormonali non possiedono entrambe le caratteristiche ideali di accuratezza e precisione, è opportuno impiegare esami accurati per la diagnosi ed esami precisi per il monitoraggio (un esempio potrebbe essere rappresentato dal dosaggio del paratormone nella diagnosi di iperparatiroidismo primario e dalla determinazione della calcemia nel follow-up del paziente dopo paratiroidectomia).
È importante che il medico di laboratorio comunichi ai clinici i dati relativi all’imprecisione analitica dei diversi esami che sono a loro disposizione. Infatti, la tecnologia e l’elettronica hanno consentito progressi nell’automazione, rapidità e riproducibilità degli esami di laboratorio (soprattutto per gli esami immunometrici) ma non sempre nella loro accuratezza.
Mentre le fasi analitiche sono automatizzate, facilmente controllabili e riproducibili (la quota degli errori analitici si aggira consistentemente intorno al 10% di tutti gli errori), le fasi a carico dell’operatore umano sono suscettibili di molte possibilità di errore ed è in questa direzione che devono indirizzarsi gli sforzi per il miglioramento della qualità degli esami endocrinologici.
Sempre maggiore importanza viene data alle cause biologiche di variazione dei risultati. Infatti, la concentrazione di ogni analita, indipendentemente dalla variabilità analitica, non rimane assolutamente costante nel tempo, nello stato di salute e di malattia, ma oscilla intorno ad un punto omeostatico che è specifico del soggetto o generale. Non tutte le cause di questa variabilità sono note ed in alcuni casi tale variabilità può essere molto rilevante.
Tra le cause di variabilità intra-individuale possono essere ricordate:

  • l’età, che può influenzare la concentrazione di un costituente del sangue nei primi giorni di vita, durante l’adolescenza e nell’età avanzata;
  • la dieta, che influenza molti esami (tra i più classici la curva da carico di glucosio, l’escrezione urinaria di idrossiprolina e di calcio). Vi sono alimenti comuni che hanno effetti particolari e rilevanti. La caffeina, per esempio, aumenta la concentrazione di glucosio e altera la tolleranza al carico di glucosio, riduce il ritmo circadiano del cortisolo, aumenta la concentrazione di sodio, potassio, calcio e magnesio nelle urine;
  • le caratteristiche secretorie specifiche dei diversi ormoni, quali il ritmo circadiano che determina concentrazioni diverse nel corso della giornata particolarmente rilevanti per ACTH e cortisolo, e i picchi secretori per il GH;
  • la postura: passare dalla posizione supina a quella eretta porta ad una riduzione del volume di sangue del 10%, con conseguente aumento della concentrazione di proteine, enzimi ed ormoni proteici, poiché solo il fluido privo di proteine passa nei tessuti;
  • il fumo, attraverso l’azione della nicotina, può influenzare molti esami di laboratorio in modo proporzionato al numero di sigarette fumate. La concentrazione di glucosio plasmatico può aumentare di 10 mg/dL (0.56 mmol/L) entro 10 minuti dal momento in cui si è fumato; tale effetto può protrarsi per un’ora. I fumatori tendono avere una concentrazione di glucosio più alta rispetto ai non fumatori, con un’alterata tolleranza glicemica. Il GH, inoltre, può aumentare anche 10 volte nella mezz’ora successiva al momento in cui si è fumata una sigaretta.
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Romolo Dorizzi1 & Marco Caputo2
1Laboratorio, UO Corelab-Laboratorio Unico di Area Vasta Romagna, Pievesestina di Cesena (FC)
2Laboratorio Chimica Clinica ed Ematologia, Ospedale G. Fracastoro, Azienda USL 20, Verona

 

Gli esami di laboratorio non dovrebbero esistere isolati dal contesto clinico. Infatti, nel momento in cui essi sono richiesti, il clinico ha già fatto una ipotesi provvisoria o ha approntato una lista di ipotesi diagnostiche basate sui sintomi e sui segni di ogni paziente.
Per valutare e interpretare un esame diagnostico è necessario conoscere come si comporta nel “malato” e nel “sano”. L’esame ideale dovrebbe essere anomalo nel 100% dei malati e non essere anomalo nel 100% dei soggetti sani. Questo ideale è raggiunto molto di rado; generalmente si verifica una sovrapposizione tra i due gruppi di soggetti. È pertanto utile ricordare alcune definizione di carattere epidemiologico che sono utili nel definire le capacità diagnostiche di un test.

  • Sensibilità (percentuale dei risultati veri positivi) è la percentuale di risultati positivi di un esame nei pazienti affetti da una malattia. Un esame che è sempre anomalo (o positivo) nei pazienti malati ha una sensibilità del 100%.
  • Specificità (percentuale dei risultati veri negativi) è la percentuale dei risultati negativi di un esame nei pazienti non affetti da malattia. Un esame che è sempre negativo nei soggetti sani ha una specificità del 100%.
  • Percentuale di falsi negativi è la percentuale di risultati negativi nei pazienti affetti da malattia.
  • Percentuale di falsi positivi è la percentuale di risultati positivi di un esame nei pazienti non affetti da una particolare malattia.